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martedì 6 ottobre 2020

SUSINE E IL DORMIVEGLIA

TOMO I

Nella luce

Di

Bruno Enna e Clément Lefévre

Edito da Tunué (2018)

 

Ph. Francesca Lucidi

GLI AUTORI

BRUNO ENNA

Nato nel 1969, l’Italiano Bruno Enna lavora in noti e prestigiosi contesti come la Walt Disney Company Italia o la Sergio Bonelli Editore.

Nel 1997 debutta sul settimanale TOPOLINO, e collabora a diversi progetti: è da citare la “Trilogia Gotica” che comprende Dracula di Bram Topker, Lo strano caso del dottor Ratkyll e mister Hyde, Duckestein di Mary Shelduck.

Sceneggiatore per le serie tv WinxClub e Monster Allergy, dal 2004 entra a far parte anche della grande famiglia di Dylan Dog, presso la Sergio Bonelli Editore.

Nel 2016, scrive per la casa editrice francese Soleil Coer de papier, disegnato da Giovanni Rigano; e i volumi della storia illustrata da Clément Lefévre Susine et le dormeveil.

Nel 2019 vince il Premio Papersera, riservato agli autori Disney che si sono particolarmente distinti nella loro carriera.

CLÉMENT LEFÉVRE

Nato nel 1978, studia graphic design a Parigi e inizia a lavorare nel mondo della comunicazione. Illustratore autodidatta, approda nel mondo della letteratura per ragazzi solo 2009.

Riesce a diffondere le sue opere a livello internazionale collaborando con case editrici come Soleil, ETnbsp, Threshold Youth, Chocolate. In italia pubblica con Tunué anche La spaventosa paura di Epiphanie Frayeur, oltre al frutto della collaborazione con Bruno Enna Susine e il dormiveglia.

Attualmente lavora a tempo pieno come autore e illustratore. Partecipa altresì a numerose mostre presso gallerie in Francia e altri paesi del mondo.

 

SUSINE E IL DORMIVEGLIA

Nella luce

STRUTTURA E CENNI SULLA TRAMA

Susine è un ricco albo illustrato di grandi dimensioni. La copertina rigida presenta un piatto anteriore interamente illustrato: è già una porta, una vista improbabile su un mondo straordinario. Gli elementi che circoscrivono una serie di personaggi assurdi sono gli accenni degli occhi di susine e della sua mente, della sua testa che sarà il portale per un viaggio assai particolare; nella parte superiore possiamo riconoscere i tratti di un gufo o di una civetta, interpretati in senso antropomorfo: quell’accenno di volto presenta quello che sarà lo psicoterapeuta di Susine… questo è un viaggio all’interno di una mente, di un inconscio. Chissà che questa sia la chiave per la comprensione della storia.

All’interno c’è tutto il mondo illustrativo: aperture che sono paesaggi; spot che presentano capitoli, protagonista e personaggi/oggetti; passanti che abbracciano le doppie dimensioni e accompagnano il testo presentando ogni cosa che accade, ogni cosa che Susine vede. I colori sono prorompenti, su toni caldi e associazioni niente affatto realistiche.

La storia è raccontata come reale dal punto di vista di chi ha vissuto davvero il DORMIVEGLIA. È Susine che racconta, una protagonista che, però, non è più bambina ma si proietta in un ricordo, in una visione a cui siamo invitati.

«Ricordo che, a quel tempo, vivevo al 12 di Rue de Cauchemars, non avevo

Il cellulare e potevo giocare solo per mezzora con il Ds Lite. Ricordo anche che,

quando dicevo “cacca” tutti ancora ridevano.

La mia camera era una stanza-da-figlia-unica, piena di cose di cui non mi va di parlare.

E comunque, a me interessavano solo i cappelli i berretti, i tubi di plastica morbida e lo scotch! Con un buon rotolo di scotch per me era facile costruire

un nuovo Coprizucca Canalizzatore

Nel Prologo ci vengono introdotti elementi che anticipano il secondo Tomo, e ci spiegano come esistano due “mondi” nel Dormiveglia: il Mondo di Prima, leggero; e il Mondo di Dopo, pesante.

Molta importanza hanno le luci e le ombre… e non a caso il tomo primo si intitola Nella luce. Ma questo lo capiremo tra poco.

Susine è una bambina sola, socializza poco e i genitori la lasciano spesso da sola… così presi dal lavoro e dalla loro personale faida da perpetrare l’uno contro l’altro. L’unica figura che sembra calmare e tenere attaccata Susine ai sentori del reale è la nonna. Purtroppo, la sorte ha in serbo una brutta separazione per la piccola… e questo cambierà tutto.

Susine è una bimba particolare e la soluzione più semplice sembra quella di inviarla di filata da uno psicologo. Fortunatamente la scuola ne ha uno bello e pronto. Le cose non sembrano cambiare molto, fino al giorno in cui il caso si adopera di nuovo con strane carte ruvide e “macchiate” che compaiono sulla scrivania dello psicologo di Susine. La curiosità della piccola mette in moto un meccanismo di gesti, sensazioni e percezioni: uno dei misteriosi cartoncini mostra “chiaramente” un Coprizucca Canalizzatore. Per costruirne uno non servono oggetti molto complicati, per il collegamento occorre un televisore, spento.

Ph. Francesca Lucidi

Susine partirà.

La piccola è disarmata davanti a una realtà completamente diversa, ma con sé porta qualcosa di molto prezioso: i racconti che gli narrava sempre la sua cara nonnina, il cui odore riusciva sempre a sentirsi addosso.

Susine capisce subito di essere arrivata nel misterioso mondo del Dormiveglia di cui gli aveva parlato la nonna… quando ancora c’erano le orecchie: sì, la nonna era stata chiara sul fatto che in quel posto si è sospesi tra il buio e la luce e lo spazio è così affilato da poter tagliare le orecchie!

Se in questa altra realtà le lacrime di Susine possono sciogliere una sabbia assai infastidita, e il mare non è proprio un mare normale, la gente qui può anche EVOLVERSI, e come? Essendo felice.

Il regno è governato da una misteriosa Regina delle Lacrime, e Susine attira subito l’attenzione perché lei ha un’ombra, che non sa affatto di liquirizia. Nella luce le “persone” non hanno un’ombra, e il fatto che Susine ne abbia una ben visibile e che non ha sapori di nessun tipo… fa sì che la piccola venga chiamata, nientemeno, al cospetto della Regina.

Il viaggio comprenderà un treno che non va su terra, e passeggeri mezzi persona e mezzi qualunque altra cosa. Bisogna pagare il biglietto e un uomo senza testa che vende teste da passeggio sarà molto gentile con Susine. Un minuscolo palombaro e uno zombie da corsa la accompagnano… ma restare troppo nella luce può far ammalare la tua ombra!

La piccola compie il suo primo viaggio, accompagnata dalle storie della nonna, e scopre anche di saperne raccontare di sue… con effetti assai particolari!

Ora non posso dirvi troppo altrimenti potrei perdere le orecchie! Sta a voi procurarvi un Coprizucca Canalizzatore. E magari un biglietto, senza doverlo chiedere a qualcuno senza testa che potrebbe essere nel pieno di una terribile emicrania!

COME È RACCONTATA LA STORIA?

STILE, SUGGESTIONI E VALUTAZIONI

Il linguaggio utilizzato è molto semplice, il tutto a bilanciare perfettamente la storia assurda, surreale, piena di stimoli immaginativi ed illustrazioni esplosive e ipnotiche.

André Breton, il redattore del Primo Manifesto Surrealista del 1924, sarebbe probabilmente un grande fan di questo albo illustrato. Se il Dadaismo aveva accentuato e promosso all’estremo il collage del reale con scomposizioni e riassemblamenti inusuali, ecco che il Surrealismo porta la rivincita sul reale e le regole dell’arte a un altro livello. Le immense scoperte fatte da Sigmund Freud sull’inconscio, e tutto ciò che sappiamo, vengono prese come punto di partenza per la liberazione dell’Inconscio, del sogno, di una realtà “altra”, non meno importante, anzi. La rivincita del soggettivo, iniziata con il Simbolismo, esplode e abbatte il muro verso le dimensioni nascoste dell’altrove psichico, percettivo e visivo.

Ph. Francesca Lucidi

Susine è una continua associazione di oggetti e tratti comuni reinterpretati nella plasmazione di figure che non esistono ma che esistono e persistono perché Susine le crea, le vede e le vive. Non è un caso che io abbia citato i principi del Surrealismo quando in questo albo troviamo una bambina che va dallo psicologo e vive una realtà complicata da cui chiunque vorrebbe fuggire. Il Dormiveglia è reale? Ma che domanda è mai questa? Lo è. Ciò che ci sembra di ascoltare quando ancora non siamo svegli del tutto noi lo ascoltiamo con le orecchie, il nostro mezzo di percezione che in comunicazione è il più collegato alla ragione: il canale uditivo è il privilegiato delle persone “superlogiche”. La vista è solo qualcosa che serve a chi vive di immagini; le sensazioni come il gusto, l’olfatto e le emozioni sono, invece, ciò che più tocca complessivamente… e nell’albo in oggetto troviamo tutto; ricordate che le ombre hanno un gusto?

Pensate che un albo illustrato sia fatto di colori belli e una storiella? No! Un Albo è un mezzo di comunicazione che implica una grande conoscenza dei meccanismi comunicativi. Ricordate che l’uomo comunica finché vive, e capire come ciò accade è una pratica istintiva ma anche un’arte fine ed elaborata. Non a caso il nostro illustratore ha lavorato tanto tempo proprio in questo campo.

Non è da sottovalutare l'aspetto metanarrativo di SUSINE, in cui narrare può scatenare metamorfosi visibili che sono la manifestazione esteriore di ciò che accade all'interno di chi racconta e di ascolta una storia; ovviamente nell'inconscio/dormiveglia le cose vanno un pò al contrario...

Ph. Francesca Lucidi

Susine può affascinare i piccoli, comprendere i giovani speciali che non si riconoscono nella realtà che sembra decapitare ogni slancio inusuale; può anche essere un mezzo di studio o di liberazione per gli adulti che, come i genitori di Susine, hanno perso le orecchie! Ma queste orecchie si perdono vagando tra i mondi percettivi o stando a bisticciare sul pavimento normale di una quotidianità “reale” dove nessuno si prende cura della propria ombra?

Ringrazio la Casa Editrice Tunué, di cuore.


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Grazie e buona lettura!

 

 

sabato 3 ottobre 2020

UN ALBO ILLUSTRATO PER CONFRONTARSI CON LA FUGGEVOLEZZA...

POLLINE
Una storia d’amore
di
Davide Calì e Monica Barengo

Edizioni Kite
Ph. Francesca Lucidi

DAVIDE CALÍ

Nasce a Liestal, in Svizzera, il 5 febbraio del 1972. Fumettista e scrittore, ha pubblicato anche sotto pseudonimi (Miyazawa, Daikon).

Cresciuto in Italia, ha iniziato la sua carriera come fumettista. La carriera come scrittore per ragazzi si avvia nel 1998. Dal 2004, gli Stati Uniti sono la patria dove la maggioranza dei suoi lavori viene pubblicata. Anche in Francia, Davide Calì, è pubblicato in maniera continuativa da diverse case editrici. In Italia, i suoi lavori sono curati principalmente dalle case editrici Kite, Orecchio Acerbo e Biancoenero.  Ha collaborato anche con Arka e Zoolibri.

Alcuni suoi fumetti vengono pubblicati regolarmente sul mensile francese Mes Premiers J’aime lire.

Davide Calì lavora anche nel campo della formazione: ha collaborato con il MiMaster di illustrazione editoriale, con l’Ars in Fabula di Macerata, L’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino; ha tenuto anche un corso all’Accademia di Belle Arti di Tallin, in Estonia.

Calì è molto impegnato in numerosi progetti di promozione della lettura, anche utilizzando il Web. Ha anche deciso di donare a titolo gratuito alcuni di questi progetti, e ne hanno beneficiato librai, insegnanti e bibliotecari… e la lettura!

I suoi testi sono così amati che dei suoi lavori sono diventanti dei testi destinati al teatro per ragazzi; questo accade non solo in Italia ma anche in Francia, Belgio e Giappone.

Molto ricca è la lista delle sue opere… come anche quella dei riconoscimenti ottenuti.

MONICA BARENGO

Nasce a Torino nel 1990, amante dell’immagine e della lettura, Monica ottiene il diploma con indirizzo Arti Figurative al liceo P. Marinetti di Caluso.

Grazie a una borsa di studio per merito studia allo IED di Torino.

Tra i riconoscimenti ottenuti spicca la selezione alla mostra Children’s Book Fair di Bologna del 2012.

 

POLLINE

Ph. Francesca Lucidi

“Un mattino una ragazza che mai aveva coltivato fiori

si accorse che nel suo giardino,

da una pianta che nemmeno sapeva di avere,

ne era spuntato uno bianco, bellissimo.

Nel giardino c’erano diverse piante: alcune erano spinose.

Altre ancora avevano foglie sottili e lunghe, alcune davano

Fiori, altre no, ma di nessuna conosceva il nome.

Quel fiore bianco spuntato tra il verde senza nome

divenne subito il suo preferito.”

Così inizia questo albo illustrato breve, poetico, sospeso in un giardino di significati multipli evocati, e simboli forti che si celano dietro frasi lievi e apparentemente semplici.

Il formato materiale è grande, i colori sembrano simulare lettere, inviate… chissà, a sé stessi o a qualcuno. La carta appare leggermente ruvida e una vegetazione rappresentata in maniera malinconica, monocromatica, nasconde gli innumerevoli colori dell’animo in poche tonalità che si dividono tra delicati tratti scuri illuminati da chiarori sporchi. L’unica figura umana è la protagonista senza nome: le proporzioni sono innaturali e l’artistica visione dell’illustratrice travalica il tratto per creare una manifestazione delle emozioni e delle evocazioni grazie alla posizione delle mani, alle espressioni accennate di un volto tondo e spigoloso come una luna piena. Tutto è molto lunare, perché perso tra pensieri e malinconie… interrogativi e sospiri.

I protagonisti indiscussi a livello grafico sono la ragazza e il fiore bianco, gli unici due elementi che riportano tonalità più chiare che fanno spiccare questo affresco minimale in cui oggetti quotidiani come una tazza di caffè diventano l’interpretazione di un tempo, di una fase, di un momento che contiene gesti e aspettative; “pieni” e “vuoti”.

Un oggetto compare spesso: una forbice che sembra quasi identificare la vita con le sue occorrenze, le sue apparenti crudeltà manifestate in privazioni e allontanamenti.

Questo albo racconta una storia piccola e semplice che non ha uno svolgimento che si risolve in un finale chiaro. La favola interviene attraverso un animale parlante che non snocciola una morale ma frasi che invitano a un compito per niente facile.

L’Amore è il tema principale, ma non aspettiamoci il racconto di un incontro tra due persone. La ragazza e un fiore creano un legame, anzi, la giovane sente dentro di sé una possessione amorosa nascere dal nulla. La felicità, la felice fatalità non dura… il tempo passa e la protagonista soffre pensando all’oggetto del suo sentimento che gli sfugge. I “perché” nella sua testa sono molti, l’avvilimento si sostituisce alla sorpresa positiva. Questo perché quelle forbici agiscono apparentemente senza un motivo e la ragazza si trova spiazzata.

Tutti noi, quando qualcosa ci abbandona o ci viene portato via… ci chiediamo il perché. Aspettiamo, spesso, eternamente il ritorno di qualcosa, o di qualcuno.

Le parole di quell’animale parlante ci irriterebbero… un anno passa e qualcosa nell’aria ricongiunge la ragazza a quelle frasi enigmatiche che aveva ascoltato.

Facciamo attenzione ai pochi elementi che l’albo ci mette a disposizione: la forbice lascia spazio a una chiave. Cosa sbloccherà quella chiave?

Vi capita mai di sentire nell’aria il profumo di quel qualcosa che non è più tra le nostre mani, e in quel sentore sentiamo sì forte quella presenza che ci manca. Sollievo, o dolore? L’Amore può esistere solo in corrispondenza con un “oggetto”? Crediamo che prendendoci cura di ciò che amiamo questo non potrà mai lasciarci… a volte la cura non basta.

Giro il piatto posteriore dell’albo e vi riporto delle parole:

“Dovresti amare solo per amore,

né per dare qualcosa né per esserne ricambiata.

Dovresti godere di ciò che hai,

non di ciò che ottieni”.

Ph. Francesca Lucidi

Il fiore e la chiave ci congedano… e spero sarete curiosi di sapere se la ragazza è riuscita ad arrivare a un pensiero, a un’illuminazione balsamica per il suo cuore afflitto.

Questo è un albo per adulti, secondo me. È un piccolo volume che non fa domande ma ne genera molte.

L’allegoria proposta è applicabile a molti eventi della vita. Si vede che i due autori sono lettori che amano i lettori… perché è proprio a questi ultimi che viene data la responsabilità del senso totale di questo libro. 


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Grazie e buona lettura!

 

 

sabato 12 settembre 2020

SNOWHITE di ANA JUAN

 UN ALBO ILLUSTRATO FATTO DI FILAMENTI DI PURO BUIO 

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE E CENNI BIOGRAFICI SULL’AUTRICE

Ana Juan nasce a Valencia nel 1961, artista poliedrica e originale; si distingue per uno stile spettrale, onirico.

Studia all’Università Politecnica di Madrid, e si diploma in Belle Arti nel 1982. Inizia a lavorare per la stampa spagnola, realizzando copertine, illustrazioni e fumetti. Inizia a esporre i suoi lavori in mostre personali e collettive non solo in tutta la Spagna ma anche a New York e Ginevra. Viaggia tra la Francia e il Giappone.

Ana raggiunge il Giappone grazie a una borsa di studio editoriale, e vi rimane per tre mesi.

Nel 1995 inizia a collaborare con il New Yorker, per il quale illustrerà anche la copertina dedicata all’attentato subito dal settimanale francese Charlie Hebdo.

L’artista collabora anche con El PaÍs e illustra diverse copertine per i libri di Isabel Allende.

Durante la sua carriera ha esposto i suoi lavori in diverse occasioni e ha ricevuto una grande quantità di prestigiosi premi e riconoscimenti. Tra i tanti si ricorda il Premio Nazionale di Illustrazione conferito dal Ministero della Cultura di Spagna. Se vogliamo citare un’approvazione che ha il suo peso pur non essendo un premio o una medaglia… nel 2017, Ana Juan illustra, dietro esplicita autorizzazione dell’autore, il racconto di Stephen King L’Uomo vestito di nero.

Tra i suoi “mondi oscuri” ho scelto Snowhite, il primo libro della Juan, uscito nel 2001 e edito in Italia solo nel 2011 grazie a Logos Edizioni. Se volete approfondire la conoscenza di Ana Juan, in lingua italiana… potrete farlo proprio grazie alla Logos.

 

TRAMA

Ecco Biancaneve, di nuovo. Credo che la fiaba dei fratelli Grimm abbia subìto un numero imprecisato di riletture, rimaneggiamenti. Ana Juan inizia il libro ringraziando i Fratelli, bene. Partiamo subito con il dire che l’immaginario presentato non è bello, non è magico e non è adatto ai bambini: infatti, il volume è sconsigliato al di sotto dei quattordici anni di età. In realtà credo che un adulto non possa uscirne meno turbato: qui non ci sono creature magiche, streghe o incantesimi; i personaggi sono tremendamente reali e crudeli.

Lady Hawthorn si punge con lo spillone del suo cappello e vede cadere il sangue sulla neve, desidera una bambina che richiamasse i due elementi ed ecco che nasce Snowhite. Ovviamente la madre della bimba muore, certamente il papà si risposa. Invidia? Ah sì, è altrettanto vero e sicuro che uno specchio fomenta il demone dell’invidia dentro una donna narcisista e senza scrupoli. Ah, dimenticavo che anche il papà, ovviamente, muore. Fin qui tutto torna. Adesso vi aspetterete il seguito della storia con nani amorevoli e Principe azzurro: qui i nani sono degli sfruttatori senza cuore, il Principe è solo un uomo che di cognome fa Prince… e di certo non ci sono scarpette di cristallo. Però, la bara di cristallo è al suo posto, in piedi in mezzo alla sala di una taverna di infimo ordine. Devo anche informarvi che non leggerete di mele rosse. Il lieto fine? Se pensate che una siringa, una paralisi sospetta, e una violenza carnale mista a necrofilia “accennata” possano essere premesse a qualcosa di buono… ma penso che dovrete scoprirlo da soli.


STRUTTURA, ILLUSTRAZIONI E ANALISI (e permettetemi qualche considerazione personale)

Snowhite è un albo illustrato, presenta un formato orizzontale e una copertina rigida. I fogli di guardia sono illustrati a doppio spread, e veniamo subito in contatto con la piccola protagonista, persa in un labirinto.

Le uniche note di colore sono il titolo in copertina, di un rosso “avvertimento”, e i fogli di guardia che ricordano il colore delle prime fotografie… che avevano sempre un qualcosa di inquietante.

Ph Francesca Lucidi

Se apriamo il volume, troviamo una netta divisione degli spazi: nella pagina di sinistra c’è un bianco totale e freddo, interrotto dai caratteri delle piccole parti in scrittura che a volte sono sormontate da uno spot completamente nero: solo contorni riempiti di nero lucido che prendono la forma di qualche personaggio o oggetto. Sulla pagina di destra l’illustrazione disperata che danza tra i vorticosi segni di un carboncino rabbioso che sa essere soffice come la neve o assoluto come la morte.

Questo dualismo viene a volte interrotto da aperture di illustrazioni silenziose che catapultano il lettore direttamente nella storia; direi in un incubo.

Ana Juan non è per tutti, indubbiamente la sua complessità stilistica attira, avvinghia e ti porta via. Non c’è speranza di uscita dal labirinto di Snowhite. La bellezza della protagonista non mostra i canoni dell’equilibrio e dell’armonia: ogni scena è un vortice di scura inquietudine. Gli occhi dei personaggi sono quasi sempre simili allo sguardo fisso di un cadavere o all’espressione di un Urlo di Munch che si moltiplica. Modigliani sembra fare l’occhiolino da palpebre affilate, da iridi assenti, da bulbi monocolore. Le figure fluttuano come le oniriche figure di Marc Chagall, ma qui non ci sono colori, non ci sono violini… la vita non si mostra multiforme ma direzionata unicamente verso l’assenza di speranza.

Ph Francesca Lucidi

Se avessi avuto di fronte un silent book forse avrei avuto una reazione diversa. Parole affilate, poche e fredde, unite a immagini tra il dark e il macabro. Il dark della Juan, però, è veramente uno “scuro”, senza porte antipanico.

La temporalità si contestualizza vagamente tramite abiti, oggetti e accessori: tutto evoca gli Anni Venti.

Si cita la guerra, si vede una siringa.

I ringraziamenti ai Fratelli Grimm forse sono scuse velate? È stato difficile scindere il mio impatto con l’opera dalla sua analisi distaccata. Ana Juan è sicuramente un’artista gigantesca, pesante, penetrante: basta vedere le innumerevoli imitazioni tentate da numerosi illustratori contemporanei. Non capisco perché mi sento combattuta. Fossi entrata in una sua mostra sarei rimasta estasiata, ma leggere questa storia mi ha lasciata solo un senso di angoscia e incertezza. Illustrare è comunque narrare, e questo tratto è ciò che distingue l’illustrazione dal mero disegno; però la struttura del libro sembra un libro dei morti, un catalogo della miseria umana messa lì, non capisco bene il perché: denuncia? Semplice descrizione? Credo di dover continuare il mio cammino con Ana Juan per capire qualcosa di più…  ma forse la comprensione è solo un mio sciocco tarlo.

Ph Francesca Lucidi

La tecnica della Juan è misurata, la passione e la forza sono orchestrate per creare un mondo che non lascia indifferenti. Dopotutto l’arte non è solo prati verdi e cieli colorati… assolutamente no. Non sono solo certa che il concetto della Juan possa contenersi in un volume, con testi dell’artista, illustrazioni dell’artista. È tutto un buco nero potentissimo. Quando la Juan si mette al servizio di contenuti di altri, basta guardare le copertine da lei curate o i lavori con Matz Mainka… lì qualcosa sembra muoversi.

Ana Juan sicuramente riscuote molto successo perché attualmente il dolore attira più di qualunque speranza, ma il valore dell’artista è proprio nei suoi lavori grafici, in tutto. Riguardo alle tematiche credo ci voglia tempo per comprende il ruolo di Ana Juan nella nostra epoca. Un’opera d’arte è tale quando emerge, e quando un nutrito numero di esperti del campo decidono che un determinato materiale scaturito dall’intelletto e dal lavoro umano lo è. Detto questo credo di poter apprezzare la grandezza e la forza dei lavori di Ana Juan senza dire che mi piacciono le sue narrazioni. La difficoltà sta proprio nello scindere l’impatto personale dal lucido confronto con un messaggio veicolato da un sublime incantatore dell’immaginazione.

Non sono costretta a rileggere questa storia, sicuramente riguarderò le tavole… e rifletterò, e mi perderò, ancora.

Nell’epoca della creazione spasmodica di contenuti da parte di tutti, credo si debba distaccare il giudizio personale e il proprio impatto con un’opera dalla diffusione della cultura. Non sempre “qui”, “ora” ed io… possiamo mettere il punto accanto ad un prodotto artistico.

 

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Grazie e buona lettura!

 

 

 

 

mercoledì 9 settembre 2020

RUBY E LA STORIA DI QUANDO INCONTRÒ UNA PREOCCUPAZIONE di Tom Percival

 

Ph Francesca Lucidi

Edito da Giunti nel 2020, RUBY E LA STORIA DI QUANDO INCONTRÒ UNA PREOCCUPAZIONE è un albo illustrato di Tom Percival.

Tom Percival è nato il 10 marzo del 1977. Tom e la sua immaginazione vivono a stretto contatto da sempre, come raccontato nel sito ufficiale dell’artista. Disegna da quando è riuscito a tenere per la prima volta in mano una matita e da tutta la vita inventa cose, e dichiara con sicurezza che non ha nessuna intenzione di smettere… anche perché sembra che ciò gli sia assolutamente impossibile.

L’albo ha grandi dimensioni e spicca subito per le tonalità accese della copertina rigida. Il giallo è il colore predominante, ed è accompagnato da piccoli toni di celeste che comprendono il titolo, un piccolo essere di cui capiremo l’entità, e l’abito della protagonista che si presenta in copertina con un’espressione tutt’altro che serena.

La storia è semplice ma tratta di un argomento difficile: le preoccupazioni. Anche per un adulto, ogni giorno, è complicato avere a che fare con questioni che ci assillano, che ci preoccupano e ci mettono in ansia. Non sempre si riesce a identificarle e un senso di malessere e smarrimento ci assale stancando la nostra vitalità. Se ciò succede per i grandi, figuratevi quanto può diventare arduo spiegare, da parte nostra, tutta questa spinosa questione ai più piccoli. I bambini hanno, però, dei vantaggi: sono meno soggetti a interferenze esterne, sono individui ancora in costruzione e mantengono una innata curiosità che permette alla comprensione di essere più recettiva. Gli albi illustrati, specialmente quelli per l’infanzia, non si perdono in troppe parole e comunicano sfruttando tutti i mezzi della narrazione non solo verbale. Vivere è raccontare e raccontarsi, e lo facciamo in ogni istante con il tono della voce, con la postura, anche con il modo di vestirci o pettinarci. Il mondo della comunicazione studia tutti questi elementi, non solo nel marketing ma anche nella psicologia. I colori hanno un ruolo comunicativo molto forte, l’utilizzo dello spazio, osservato e spiegato dalla prossemica, anche. Un albo non è una narrazione di poco conto: è straordinariamente vicino a ciò che si vive ogni giorno, è un’espressione di tante manifestazioni di significato che utilizziamo o percepiamo quotidianamente in modo più o meno conscio.

Voglio esaminare questo albo proprio esaltandone la forza comunicativa.

 

LA TRAMA ATTRAVERSO SEGNI E SIGNIFICAZIONI

IL RUOLO DEI COLORI E DELLA PROSSEMICA

Ruby è una bimba serena che sta bene con sé stessa, appare subito su uno spazio bianco. Il bianco è il colore della speranza, della pace. Sapevate che esistono circa sessantasette tonalità di bianco? Beh, diciamo che non è un colore scontato come si potrebbe pensare. Ruby appare in uno spazio bianco privo di confini e ha gli occhi bene aperti, le braccia sono spalancate e le sopracciglia sono rivolte verso l’alto: tutti elementi che mostrano apertura verso il mondo. Andando avanti spicca la bimba che gioca, con un forte alone giallo intorno: il giallo può essere interpretato come luce solare, ma ciò non è espresso chiaramente. Il giallo è il colore dell’energia positiva, ma specialmente dell’attività. In psicologia è il colore preferito delle persone felici; è anche generalmente associato ai bambini.

I colori sono utilizzati dal marketing per veicolare un determinato messaggio o “sentimento”, ma sono anche degli strumenti attraverso i quali la psicologia ha tentato di sondare l’animo umano. Riguardo a quest’ultima valenza non si può non citare il Test dei colori di Luscher, ideato nel 1949 dallo psicologo Max Luscher: il test è costituito da diverse tavole di colore e una di forme. Attraverso le sezioni che racchiudono differenti tonalità di determinati colori, e anche una tavola con otto colori determinati e determinanti, il metodo si propone di indagare il paziente sotto molteplici punti di vista come l’umore o il mondo in cui vede, percepisce e vive il mondo interno ed esterno. Ogni colore significa qualcosa, e attraverso l’attenzione al cromatismo e alle pose assunte da Ruby si possono cogliere tutti i livelli di significato che un “semplice” albo può sprigionare.

Dopo la presentazione del personaggio, un’apertura mostra la Ruby che gioca. Ritroviamo ancora l’alone giallo dell’energia positiva, vediamo i tranquillizzanti blu e verdi. Ad un certo punto qualcosa accade: un altro spazio bianco, ma questa volta al centro un nuovo personaggio… una preoccupazione!

Ruby trova inaspettatamente una preoccupazione, apparentemente piccola… e stranamente gialla. Ogni colore ha delle valenze doppie, in negativo e in positivo: il giallo, oltre ad essere un colore “felice”, può anche indicare conflitto. Ed ecco che l’energia positiva che circondava Ruby diventa un personaggio meritevole di una pagina tutta sua, e ha un’altra forma e valenza.

Ph Francesca Lucidi

La piccola preoccupazione inizia a seguire Ruby dappertutto. Possiamo osservare l’evoluzione di questo rapporto tramite la prossemica. La prossemica fa parte della semiotica, la disciplina che studia i segni con le loro significazioni. Un segno rimanda a qualcosa di altro… e nel caso delle narrazioni attraverso diversi mezzi questo accade su più livelli. Il termine inglese proxemics deriva da proximity (prossimità); fu introdotto negli anni Sessanta dall’antropologo americano E. T. Hall, e indica lo studio dello spazio e delle distanze, di come ci si muove e dispone rispetto ad oggetti e persone. Questa realtà è determinata anche dal contesto culturale. La territorialità è un meccanismo istintivo, e il nostro spazio vitale, determinato in una specie di bolla non sferica dal diametro di circa un metro, viene da noi gestito a seconda dello status personale o dell’interlocutore, e a seconda delle situazioni. Vi sono diversi tipi di “distanza”: una intima, riservata alle persone più strette (0-45cm); una personale, riservata ad esempio agli amici (45-120cm); una sociale, più formale (dal metro e mezzo ai tre metri e mezzo); una pubblica, nettamente superiore. Quando si narra attraverso le illustrazioni le pose dei personaggi raccontano storie e particolari.

La piccola preoccupazione all’inizio si trova a una distanza personale rispetto a Ruby, ma man mano che la bimba pone più attenzione alla preoccupazione ecco questa si avvicina invadendo lo spazio intimo della bimba. I colori mutano: il giallo resta solo addosso alla preoccupazione e tutto il mondo di Ruby diventa grigio: quest’ultimo è il colore dell’immobilità. La bimba si trova chiusa nel suo spazio intimo, ormai occupato dalla preoccupazione, che non ha volto, ma solo due occhi tondi e fissi e un grande sopracciglio orizzontale.

Ad un certo punto il grigio invade la stessa figura di Ruby: la bimba e la preoccupazione diventano scure…

Ph Francesca Lucidi

È interessante vedere come, pian piano, la postura della bambina cambia: quando siede la schiena appare curva, il che indica ansia e disagio.

Ad un certo punto qualcosa accade… e un incontro cambierà radicalmente la brutta situazione di Ruby, portando anche un insegnamento per il futuro.

In PNL (Programmazione Neurolinguistica) si pone molta attenzione ai fattori comunicativi non verbali. Il rapport, ossia il legame che si crea tra due persone, può essere facilitato o meglio compreso attraverso l’osservazione di ciò che fa l’altro, e soprattutto su come lo fa. Avete mai notato che spesso una coppia di amici o di fidanzati… usa la stessa gestualità o lo stesso tono di voce? Non è semplice scimmiottamento ma è l’effetto del rapport. Il rispecchiamento è questo fenomeno che possiamo osservare: può essere inconscio, ma anche conscio, ossia sfruttato per entrare in sintonia con l’altro. Se una persona parla in genere con un tono basso potrebbe avvertire del disagio se noi ci ostiniamo a parlare con un tono alto. Ruby si troverà proprio davanti a uno specchio, anzi a un bambino. Nel nuovo personaggio possiamo trovare le stesse pose che la bimba mostrava nelle tavole precedenti. Attraverso la creazione del rapporto con il nuovo amico, riuscirà in primis a comprendere l’altro, e poi a comprendere sé stessa. E tutto questo accade ogni giorno, a tutti noi. Un contatto visivo tra due bambini dà inizio a un meccanismo di comprensione che segnerà il destino della preoccupazione.

Aprirsi può essere rischioso… ma anche meravigliosamente curativo.

Citando la filosofa e insegnate di pedagogia Luigina Mortari: “Vivere significa azzardare!”.

Questo albo per i piccoli credo che sia un ricco manifesto di comunicazione, e un valido aiuto per parlare a sé stessi delle proprie ansie, in modo proattivo, giocoso e semplice. Non è sempre necessario complicare le cose per accedere a significati importanti.

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Grazie e buona lettura!

 

 

lunedì 31 agosto 2020

IL GRANDE LIBRO DI NEIL GAIMAN




Ph. Francesca Lucidi

Qui ci troviamo di fronte a una raccolta di racconti a fumetti assai strana… ma non potremmo aspettarci nulla di diverso, basta leggere i nomi che svettano sulla copertina. Neil Gaiman e un piccolo nugolo di illustratori, noti agli appassionati del genere, ci accolgono tra pagine inquiete, tinte forti o sfocature… ma tutto è ricondotto a un immaginario pregno di orrore ma anche di sentimento; a un universo in fieri che si modifica a seconda dei ruoli interpretati; a un' umanità che può essere più spietata dell’inferno.

Il volume è edito da Magic Press Edizioni, ed è datato 2016.

All’interno troviamo quattro storie, di cui una divisa in due microstorie. In ordine: Mistero Celeste, di Neil Gaiman e Graig Russell; Il San Valentino di Arlecchino, di Neil Gaiman e John Bolton; Creature della notte, di Neil Gaiman e Michael Zulli; Le vicende relative al caso della scomparsa di Miss Finch, di Neil Gaiman e Michael Zulli.

Credo sia il caso di analizzarle singolarmente, per assaporarne bene la carne fibrosa e ricca di una macabra vitalità. 

MISTERO CELESTE

La storia trae origine da un racconto di Neil Gaiman apparso per la prima volta nell’antologia Midnight Graffiti nel 1992, e successivamente incluso nelle raccolte Angels e Visitations e Smoke and Mirrors. Graig Russel ne cura l’adattamento a fumetti nel 2002 per la Dark Horse.

Per la biografia di Neil Gaiman cliccate QUI: verrete indirizzati a un precedente contenuto del Penny Blood Blog.

GRAIG RUSSELL

Philip Graig Russel, illustratore, sceneggiatore e fumettista statunitense, nasce il 30 ottobre del 1951 a Wellsville. Si laurea in pittura all’Università di Cincinnati e mostra da subito un’attitudine poliedrica e scarsamente mainstream.

 Lavora per la Marvel Comics nella realizzazione degli albi di nicchia Killraven e Dottor Strange; collabora, poi, con la DC Comics, in alcuni numeri della seria a fumetti scritta da Neil Gaiman Sandman. Ciò che mostra il suo ampio immaginario culturale è l’adattamento di materiale inusuale come Il flauto magico di Mozart, Salomè di Strauss, e L’anello del Nibelungo di Wagner. Tra le sue opere è da annoverare la versione a fumetti di alcune fiabe di Oscar Wilde.

Il suo legame con Neil Gaiman è forte e si manifesta con gli adattamenti di Coraline, American Gods, Il Figlio del Cimitero… e pare sia atteso anche un lavoro su Miti del Nord: l’ultimo articolo a riguardo, che ho potuto reperire, risale dall’aprile del 2020, adesso non sono riuscita a comprendere a che punto sia l’edizione, a causa del grave momento che sta vivendo ogni realtà di questo mondo.

ATTRAVERSO MISTERO CELESTE

Il racconto inizia da un ricordo, da una rimembranza scaturita da un uomo comune, quasi di mezza età, infelice e distaccato da una vita apparentemente perfetta in cui non si riconosce; il tutto non nel modo consueto della psicopatica società contemporanea… c’è qualcosa di più: c’è un vuoto, un ricordo forse incompleto, un dono non richiesto. Vivi, morti e immortali strappano via esistenze senza motivi che possiamo conoscere in modo certo.

Qui bisogna fare uno sforzo di fede, in Gaiman, e forse nella nostra capacità di trarre insegnamenti da giochi sadici o ben congegnate messe in scena dei significati celati dell’universo: sia esso visto nei suoi piccoli e oscuri anfratti, sia nella magnificenza del suo tutto.

Dalla normale quotidianità di una creatura infelice, umana, imperfetta si passa agli esseri perfetti per eccellenza: gli angeli.

Ci troviamo nel luogo dove governa “IL NOME”; appena oltre una grande città di luce… solo le tenebre. Gli angeli lavorano alacremente alla costruzione dell’universo, secondo il disegno del NOME.

Ma come si arriva da Los Angeles, in California, ai tempi prima dei tempi? Forse un uomo… forse due donne e una bambina…

Al primo ricordo spezzato si somma il ricordo lucido di qualcun altro.

L’angelo Raguel viene richiamato alla sua funzione: la vendetta. Un suo fratello è stato trovato morto, e il Primo Angelo, il comandante delle milizie del Nome scuote Raguel dalla sua cella… irradiando della sua luce dissimile da quella di qualunque altro essere celeste. Lucifero non è ancora caduto ma camminerà un po' oltre la luce, il Nome si cela e un corpo esanime chiede giustizia. Carasel si è tolto la vita compiendo il gesto più estremo nei confronti del creato? Dovremo attraversare il tempo della creazione delle grandi cose del mondo come l’Amore, la Morte… noi saremo costretti ad interrogarci, come forse anche gli Angeli che lavorano senza sosta per cesellare grandi cose sconosciute anche a loro stessi. Gli esseri celesti non hanno esistenza al di fuori della loro funzione e non hanno sesso.

Alla fine, i due ricordi avranno ragione di essere affiancati?

Qualcuno non ha di certo mai smesso di fare il suo lavoro.

Luci e ombre si mostrano ovunque in questo racconto, con tutta la loro forza. Si passa dalla descrizione di una pratica sessuale consumata in modo squallido all’amore più puro che si possa concepire. Il tratto di Russell riesce a vestire l’uomo e la contemporaneità fino dar vita ad angeli talmente meravigliosi e vigorosi da sembrare i principi di qualche fiaba illustrata di un altro secolo. Gaiman mescola crudeltà e delicatezza, fiaba e orrore, vuote bassezze e metafisica. Russell è l’architetto perfetto per un progetto dai confini non delineati, e questo mi ricorda qualcosa…

Il SAN VALENTINO DI ARLECCHINO

Anche in questo caso ci troviamo di fronte un volume pubblicato, primamente, dalla Dark Horse.

JOHN “MIRABILIS” BOLTON

Come per gli altri illustratori, la raccolta della Magic Press riporta in coda la biografia del creatore delle immagini di questa storia assai inquietante. La differenza la fa un intervento di Neil Gaiman stesso, inserita dopo la fine de Il San Valentino di Arlecchino. Un autoritratto di Bolton campeggia tra le pagine, con il volto coperto da una maschera antigas rossa; sullo sfondo un’indefinita sfumatura di colori, dove si poggia una postura tra il composto e il misterioso: le mani sono dietro la schiena, gli occhi sono coperti da particolari della maschera che presentano un’altra macchia di colore su un occhio… e sull’altro un bulbo oculare da pesce impagliato, morto… potremmo pensare “è solo una maschera”, in realtà quell’immagine è il preludio all’esoterismo che circonda la figura di Bolton. Gaiman racconta di un artista-evocatore, di un uomo legato alla Massoneria, a strane tradizioni, oggetti e compiti. Lo studio del fumettista è come una cripta, e più o meno lo è… senza il “come”. La maschera antigas non è un orpello scelto per un autoritratto surrealista, è l’oggetto rituale che Bolton DEVE indossare prima di mettersi a lavoro. L’oscurità scende e le candele vengono accese: dai bagliori e dall’oscurità qualcosa uscirà e reclamerà vita, dettagli, materialità. Gaiman parla di Bolton come di un personaggio delle sue magiche e oscure storie… si arriva a parlare di “morti che seppelliscono i morti”, di paura, di strani legami indissolubili di interdipendenza con l’ignoto. Di certo è sempre, forse, una buona precauzione avere un coltello con sé. Gaiman si allontana dallo studio di Bolton e tra gli alberi qualcosa osserva… ma è bene ricordare che spesso “NON È SAGGIO GUARDARE TROPPO DA VICINO”.

Sono da ricordare le collaborazioni di Bolton con lo sceneggiatore Chris Claremont (autore di X-Men), e con Clive Barker per la versione a fumetti dell’horror Hellraiser (romanzo e film di Barker). Ha lavorato con Neil Gaiman anche per la miniserie a fumetti The Books of Magic.

L’ARLECCHINATA

Nel suo intervento extra-storia, Gaiman non parla solo di John Bolton ma anche della figura di Arlecchino, che penseremmo meno nota oltreoceano.

Siamo abituati a collegare la figura di Arlecchino al Carnevale, all’allegria, alle risate. Gaiman tenta un’etimologia del termine e ci troveremo di fronte a termini come “elfo”, “spiritello”“inferno”. Ciò che nell’Antica Roma era burla e nella Commedia dell’Arte scherzo, ribaltamento e simbolo, nella seconda metà del diciassettesimo secolo trova il suo doppio oscuro in Inghilterra e poi in America. Arlecchino e altri personaggi della Commedia dell’Arte italiana, lontano dalla loro patria, diventano esseri magici. Anche Pulcinella, il vecchio eccentrico gobbo col naso adunco, muta in un assassino… e se noi associamo la maschera nera proprio a lui, pensate che nelle commedie più recenti del mondo anglosassone è Arlecchino ad avere il volto nero come la fuliggine.

Dov’è l’allegria del Carnevale?  Beh, in questo fumetto che andremo ad analizzare sicuramente possiamo imbatterci nel famigerato “ribaltamento”, però alla maniera di Gaiman.

SEGUENDO ARLECCHINO… CHE SEGUE QUALCUN ALTRO

L’Arlecchino in cui ci fa imbattere Gaiman non ha nulla di divertente: è mascherato (e ok), porta con sé un bastone e una bombetta che evocano subito il magico. Le pose di questo personaggio sono scomposte, teatrali (e ok), ma anche così contorte e innaturali che paiono attribuibili a un demonio, a un incubo che si nasconde nell’ombra di una camera da letto, a un essere strisciante che guarda e aspetta il momento giusto per colpire. Però… che bello, è San Valentino! In questa festività si danno e si ricevono doni: l’amore “impregna” ogni cosa e si va al ristorante a mangiare piatti a tema, magari di colore rosso. In questa storia accade più o meno questo… se non fosse che Missy, la “Valentina”, non troverà un biglietto attaccato alla sua porta ma un cuore sanguinante. Penserete che la ragazza sia esplosa in isteria e terrore…

Missy ha tante cose da fare, dopo aver tentato, in modo superficiale e sfuggevole, di cercare risposte al cimitero. Missy poi dovrà pur mangiare. Arlecchino la segue sempre, invisibile. Il demonietto mascherato e scavato in volto la osserva, mentre crea scompiglio tra la gente normale.

Arlecchino viene dal mondo dei morti, così dichiara. Con i morti parla e i vivi non lo vedono, almeno così lui crede.

Tutto sembra sotto controllo, tutti sono nei loro panni e nei loro ruoli. Ma il bello dell’Arlecchinata non è il cambiamento?

Scoprirete tutto leggendo, anche se è garantito lo straniamento, la perturbazione, l’effetto disturbante della confusione degli archetipi.

Bolton usa uno stile fotorealista. I personaggi sembrano veri ma i loro contorni sono tremolanti, sfocati… proviamo a mettere a fuoco ma le figure sono simili a istantanee mal riuscite, a esseri che vogliono sfuggire alla vista e alla concentrazione di un momento di analisi. Tutto si muove e tutto è fermo, allo stesso tempo. La quotidianità è grigia, il soprannaturale è l’unico colore che sembra chiazzar di sangue le vite della gente normale. Storia e immagini si fondono perfettamente in un effetto allucinatorio: Il San Valentino di Arlecchino è un Carnevale freddo, è colori sbiaditi, è psichedelia sommessa e penetrante. Molto turba, ma non si capisce se per questo effetto basti ciò che vediamo… forse Arlecchino è più vicino e più vivo di quanto lo sia una sua riproduzione?

CREATURE DELLA NOTTE
E
LE VICENDE RELATIVE AL CASO DELLA SCOMPARSA DI MISS FINCH

Gli ultimi due fumetti della racconta sono in realtà tre: il titolo Creature della Notte contiene Il Prezzo e La Figlia dei Gufi. Tutti i titoli nominati sono illustrati da Michael Zulli, che ha già lavorato con Gaiman nel contesto della grande famiglia di Sandman. Come per gli altri fumetti de Il Grande Libro di Neil Gaiman, l’edizione originale è ad opera della Dark Horse.

Lo stile di Zulli è colorato, espressivo attraverso l’accentuazione dei volti e dei modi dei personaggi.

In Il Prezzo, primi e primissimi piani si dividono tra animali, domestici e non, e lo scrittore che ritroveremo anche nelle bizzarra e inquietante storia di Miss Finch. I protagonisti sono un uomo e un gatto nero, apparso dinanzi a una casa che vede arrivare spesso gatti abbandonati che paiono spuntare dal nulla. So che state pensando alla solita storia del gatto nero indemoniato o che per lo meno promette tormenti. Effettivamente molti sono i preliminari riferimenti che non possono non far pensare a Il gatto nero di Edgar Allan Poe: un uomo racconta una storia difficile da credere, numerosi animali vengono accuditi da una famiglia che pare amorevole, un gatto nero ruba la scena e il suo pelo verrà tinto di rosso sangue. Conoscendo Gaiman, ed essendo arrivati a questo punto alla metà della raccolta (supponendo una lettura), si è già inteso che i paradigmi vengono ripresi dallo scrittore solo per essere smentiti, guardati da un lato diverso… reinterpretati per onorare il disfunzionale, che è però autentico. La superstizione è sì chiamata in causa, come ne La figlia dei Gufi, ma è combattuta con l’amore che Gaiman è solito costruire: insolito, fuori dagli schemi, oltre la paura e i limiti. Il gatto nero sembra legato alla fortuna della famiglia che lo accoglie, una cantina diventa il punto di svolta per una riflessione sulle coincidenze… ma non credete che un diavolo in forma di gatto nero sia troppo scontato per Gaiman?

La figlia dei Gufi è una di quelle vecchie storie che signori dell’alta società possono raccontarsi in salotti immobili e avvolti dai fumi di sigari costosi. Si parla di una storia che forse è vera, qualcuno l’ha riportata. Molte leggende nascono da un bambino abbandonato. In questo caso si tratta di una bambina, ciò che la distingue non è una copertina ricamata o una strana voglia sulla pelle, come accade nelle fiabe: quel batuffolo d’uomo racchiude tra le minuscole dita una borra di gufo. La borra è un rigurgito di cibo indigesto, caratteristico di determinate specie di uccelli. I gufi sono dalla notte dei tempi associati all’oscurità e quindi al male. Le leggi degli uomini erano, o forse sono, spesso intrise delle leggi della paura… e quindi, quale sorte ci si aspetta per l’orfana? Primamente si può pensare che già aver salva la vita possa essere un gran regalo per la piccola creatura sfortunata; non sempre vivere e diventare bellissime può destinare alla felicità. L’uomo che si veste di ferrea morale spesso nasconde il demone del desiderio represso…

Ma cosa significa essere una “figlia dei gufi” se non poter sorvolare le tenebre, siano fatte di aria o carne. Un rapace agisce all’improvviso, è un predatore che non lascia nulla della sua vittima perché porta via, rapisce, come farebbe un alato angelo dell’oltretomba.  

Le vicende relative al caso della scomparsa di Miss Finch inizia al tavolo di un ristorante: tre amici mangiano sushi riflettendo se sia il caso di raccontare a qualcuno l’orribile e incredibile faccenda nella quale sono stati coinvolti poco prima, anzi, che ha “avvolto” principalmente Miss Finch (anche se questo non era il suo vero nome). E poi… come era bella Miss Finch.

Il punto di vista esterno alla storia è in realtà interno perché occhio, memoria ed esperienza dello scrittore già conosciuto in Il Prezzo. Non ci è dato di sapere se sia davvero la stessa persona, ma l’involucro è lo stesso.

Lo scrittore parla con i due commensali, amici che pare conoscere da tempo: una donna dai capelli rossi, giornalista capace e vorace; un uomo di bell’aspetto che si barcamena tra mille progetti dopo aver esordito in un talk show.

La scena si sposta dal ristorante verso le ore precedenti, sospese in un ricordo che pare un’allucinazione. In effetti il narratore racconta la sua storia, a parte, e l’illustratore ci mostra il ricordo di qualcosa che sa di senso di colpa ma anche di immenso stupore e meraviglia.

Tutto parte dalla fine della vicenda, dal ristorante, per poi ricominciare in una camera d’albergo di Londra, città dove lo scrittore era volato per lavorare. Una telefonata dai due amici costringe l’uomo a una serata di distrazione che sarebbe iniziata con un teatro per poi dirigersi verso il famoso ristorante di sushi. C’è solo un piccolo fastidio: la rossa giornalista Jane deve portare con sé un’amica, che è in Inghilterra solo per pochi giorni. Miss Finch è una biogeologa avvolta in abiti neri, fascianti, che la nascondono. La donna appare subito una anomalia in un mondo colorato e caotico, che ingurgita parassiti da cibo crudo alla moda… e che si diverte con macchine di tortura per animali come i circhi. Questi sono i pensieri di Miss Finch, che non si esime dal rimarcare il suo distacco e la sua disapprovazione verso la maggior parte delle cose che sembrano non avere importanza per i tre amici che cercano solo l’effetto ludico di una serata all’insegna del disimpegno e del divertimento, così come tutti lo concepiscono. Il teatro salta e il gruppo si dirige a un circo: non si tratta del solito spettacolo di acrobati e animali (Miss Finch non sembra però rassicurata). L’intrattenimento attende la comitiva nei sotterranei di Londra. Ecco che un circo dell’orrore accoglie una moltitudine ristretta di persone alla ricerca di una fuga dalla noia. 

Gli artisti sono personaggi inquietanti che paiono tristemente osceni solo perché truccati male, eccessivamente: così vengono descritti dal punto di vista dei normali tre che cercano divertimento ma nel disincanto non godono e non comprendono a fondo tutte le “messe in scena” imperfette, ma anche ben congegnate che a loro si presentano. Si parte cercando di generare paura, ma l’uomo contemporaneo pare troppo distratto anche per spaventarsi… ma si sa che la paura è una componente importante per la sopravvivenza. Quale altro forte sentimento attanaglia l’uomo insieme alla paura? Il desiderio. Chissà che qualcuno possa finalmente sbocciare e abbracciare la propria agognata natura repressa. Miss Finch non esce da quelle umide, e infinite, stanze sotterranee… ma chi ne resta più turbato?

È da far notare un fugace riferimento al musicista Alice Cooper, la star dell’horror rock che ha fatto del weird e del trucco sbafato il suo marchio. Michael Zulli e Neil Gaiman sono stati i creatori del fumetto che include tra i personaggi proprio il musicista, questo perché l’opera è la trasposizione in immagini e parole del concept album di Cooper The Last Temptation. Il fumetto porta lo stesso nome… e devo dire che questi continui rimandi e sassolini, che percorrono la raccolta qui presentata, sono un intrattenimento che può aprire porte dell’immaginario abili a legare a Gaiman anche i neofiti.

CONCLUSIONE

IL GRANDE LIBRO DI NEIL GAIMAN è un percorso a stanze, proprio come quello presente in Le vicende relative al caso della scomparsa di Miss Finch. Passo dopo passo ci si alterna tra voli altissimi tra le vette dello sconosciuto, oltre i confini dell’universo, e si scende a picchiata, a tratti, sui marciapiedi di una vita fatta di malvagità gratuita e bassezze tipicamente umane. C’è il perdono, c’è la collera ma anche la giustizia. Ci si spaventa e si prova disgusto per un gesto infernale fatto da un demonietto invisibile e ci si gira dall’altra parte per non restare a guardare i preliminari crudi di un rapporto carnale; ci si commuove tra la purezza di concetti filosofici che si fanno carne, piume e passione. Angeli, animali, donne sole e sfiorite, fanciulle indifese che nascondono una forza innaturale; sciocco disincanto metropolitano e vegetazioni che spuntano dal nulla per ricondurre l’uomo superbo con i piedi a terra, o con tutto il corpo a terra.

 Gaiman è un narratore, un imbonitore e un arlecchino; i fumettisti sono una squadra perfetta di sceneggiatori dell’impossibile, e biologi delle nascoste disfunzioni della creatura umana: nata sì con il peccato, ma sempre più disconnessa dalle essenze primigenie che crearono il bene e il male per il grande dono del libero arbitrio. Avete timore, è comprensibile… non so se un gatto nero spuntato dal nulla possa farvi compagnia, dopotutto le superstizioni che prende in prestito Gaiman sono il pretesto per far cadere il sipario delle sciocche sovrastrutture umane che negano una visione più sviluppata, che sia in grado di scorgere nelle tenebre quanto l’apparenza possa ingannare e nascondere il riflesso malvagio che la duplicità insita in ogni cosa nasconde.  

 

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Grazie e buona lettura!