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mercoledì 15 dicembre 2021

L'EREDITÀ DI CHRISTINE

di 

LAURA USAI

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2021

Edizione 1°

Editrice AUTOPUBBLICAZIONE

Prezzo €9,52 al momento dell’acquisto

Formato in copertina flessibile

Num. Pagine 209

TEMI

Che significato può avere un cambio d’abito? Stoffa color verde bottiglia cinta da bianchi pizzi, una appena percettibile porzione di petto che si mostra al mondo dopo tempo. Un respiro che si fa più profondo, forse per sollievo… più certamente per inquietudine verso un futuro pieno di possibilità e per questo incerto. Ambientazione vittoriana per un romanzo di formazione; una ragazza, Christine, colpita da un grave lutto che lascia in eredità sospensioni, gesti mancati.

 La giovane fanciulla si fa intrecciare i biondi capelli mentre i cavilli si sovrastano l’un altro nella testa, e nello spirito che ancora cerca ciò che mancò. I ricordi non smettono di porre domande.

 La famiglia: il luogo da dove veniamo, e se proprio lì si affollano i buchi neri ecco che l’intero firmamento del nostro cielo si spegne.

Christine si trova sola; la tenuta di Cornfield Hall la accoglie in una famiglia pacata, gentile. Le emicranie del padrone di casa, le velleità artistiche della figlia maggiore e le marachelle dei più giovani Williams fanno da sfondo a giornate tutte uguali: senza entusiasmo, affetto accolto o dimostrato, tempo. Ma proprio il tempo viene scosso dalla melodia di una suonata di pianoforte a quattro mani: il Signor Lawrence, con i suoi neri capelli che si scompigliano all’unisono con le emozioni, torna dalle sue missioni marittime per affrontare l’oceano più cristallino e profondo: il cuore di Christine.

I biscotti del tea del pomeriggio della Signora Williams acquistano nuovo sapore. L’esistenza della nostra protagonista sembra guadagnare terreno rispetto alla noia, alla stasi… e come spesso accade quando si avverte che gli eventi iniziano a muoversi per dritto ecco che una curva spunta all’improvviso: l’avvocato Bailey si fa messaggero di una rivelazione scioccante. 

Segreti di famiglia, tombe che nascondono dolori insanabili, passioni rivoluzionarie: ecco, proprio una visione riformista è il medicamento a un periodo storico crudele con i poveri, i lavoratori. Quando le donne esistono solo come una sbiadita ombra degli uomini; le Workhouse mandano tanfo di vergogne; gli intellettuali imbracciano la penna per denunciare ciò che gli occhi dell’uomo comune scelgono di non vedere, o di accettare con muta disperazione. Specialmente lo sguardo delle classi più “privilegiate” pare paralizzato in convenzioni asfissianti che foraggiano scelte difficili, dure; perdonabili?

Una lettura ben congeniata, originata sicuramente da un grande amore per la letteratura dell’epoca. Il secondo Ottocento e le sue eroine che possono aver mancamenti certo, ma che sanno anche rialzarsi con fiera convinzione per trovare il proprio posto nel mondo cambiandolo per tutte noi donne. 

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Il suo tentativo di dipanare i fili che avvolgono il misterioso passato dei suoi genitori la condurrà alla scoperta di segreti dolorosi e verità sconcertanti. Nel frattempo, la presenza del Signor Lawrence si rivelerà sempre più determinante […]

L’AUTRICE

Laura è nata con l’amore per i libri, per la scrittura. Legge e compone avidamente fin dalla tenera età. Una scrittrice giovane che produce molto materiale, e se lo pubblica da sola. 

Nel 2017 esce il primo racconto GLI OCCHI DEL DISINGANNO. Nel 2019 viene alla luce il fantasy IL SEGRETO DELLA CURATRICE, che ha un grande successo tra i lettori di Amazon, piattaforma attraverso la quale la Nostra pubblica i suoi lavori. 

Nel maggio del 2020 esce il racconto MAITE, dai toni più romantici. L’EREDITÀ DI CHRISTINE esce a marzo 2021. 

Attenzione, è già disponibile il seguito de IL SEGRETO DELLA CURATRICE, con il titolo LA DONNA SENZA NOME.  

LA DEDICA PER I LETTORI

A chi ha il coraggio di credere nei propri sogni.


L’EREDITÀ DI CHRISTINE


LA CARROZZA È PRONTA, STATE ATTENTI AGLI SGUARDI DELLA CAMERIERA

Siete un vulcano pronto a esplodere, siete fragile come un cristallo ma al contempo forte come una piccola barca che resiste alle tempeste più turbolente.

Questa è l’essenza di Christine, la sua evoluzione che nel tormento trova il senso fuggevole del suo passato, e del futuro che si guadagnerà con fiera e giusta sottomissione alla sua natura, ai suoi desideri e alla sua storia. La natura che sboccerà nelle carni di Christine verrà innaffiata di lacrime di paura, di malinconia, di dolore; il seme della libertà spingerà il terreno di un secolo severo con chi non nasce uomo, o ricco. La sottomissione a cui cederà la protagonista non ha nulla di arrendevole: a volte ci si ostina a portare alto il nome di imposizione ingiuste, di consuetudini crudeli, accettate perché la maggioranza delle persone non fa nulla per cambiare le cose. 

Christine crede di aver perduto tutta la sua famiglia: la sorte scoprirà scrigni di menzogne; ciocche di capelli mostreranno riflessi così noti quanto mai immaginati. 

A volte il dolore cambia il nostro modo di dimostrare affetto.

Il gelo sembra avvolgere ogni giornata; il sole resta velato da nubi scaturite da un’infanzia e una giovinezza passate a chiedersi perché non c’è amore nella nostra vita. L’amore però non ha un solo modo per svelarsi e toccarci; le convinzioni di ciò che dovrebbe essere ci privano di ciò che realmente è. Restare incastrati nel sommesso pianto di una vita che non si è avuta è una tentazione forte, avvelenata. 

Il passato in sé non si può cambiare, ma può mutare il nostro modo di vederlo.

La condizione della donna, i diritti dei lavoratori; la crudeltà di una Londra che pare lasciare alle mogli ripudiate solo l’alternativa della prostituzione. Dove pare che la gentilezza non possa albergare tra muri scrostati o strade umide e buie ecco che l’autrice ci mostra quanto nella storia l’amore abbia diversi stratagemmi per tendere le sue mani. La servitù che diviene una famiglia, una madre e un’amica; una sconosciuta che dai suoi occhi profondi ci invita ad un abbraccio sincero. Un cimitero che ci spezza la schiena sotto il peso del dolore ma può anche concederci il lusso del ricordo, dell’elaborazione di un dolore che sa divenire formazione e protezione. 

Ci si può unire al prossimo su inaspettati sentieri: la direzione deve deviarsi in favore dei nostri personali valori. 

Questa storia è sì anche il racconto di una vicenda sentimentale; da qui però prende le suddette deviazioni per narrare quanto il “giusto” si possa celare nelle azioni più inspiegabili per il nostro discernimento; queste azioni possono rivelarsi tutt’altro che facili perché tutt’altro che immediatamente comprensibili a chi vogliamo salvaguardare. 

Un romanzo che parla di donne, di diritti e di famiglie; quest’ultime hanno confini ben più ampi di quanto si possa immaginare nel luogo stretto e fintamente accogliente che è “l’appropriato”.

A volte le idee comuni legano più di un sentimento.

CONSIDERAZIONI

Laura Usai scrive in modo preciso, puntuale: lei stessa ci informa, a fine volume, riguardo le sue ricerche in merito all’Età Vittoriana. Come autopubblicazione, ci troviamo davanti ad un volume che non manca di nulla: biografia dell’autrice, citazione delle fonti ed editing precisissimo. 

L’autrice mi ha comunicato l’intenzione di non creare una trama eccessivamente complessa; L’EREDITÀ DI CHRISTINE è effettivamente una lettura piacevole che si porta avanti senza sforzi. In realtà io credo che questa storia contenga potenzialità che potrebbero creare altri risvolti non dico complessi… ma sicuramente affascinanti. Il profumo dolciastro del romantico avvolge tutte le pagine: magari spero in un seguito che possa dare maggior spazio e lustro alle porticine strette strette che l’autrice ha aperto verso vicende storiche che secondo me avrebbero parecchio da dire. Forse un prequel potrebbe soddisfare la morbosa curiosità che certe rivelazioni possono far nascere in più di un letture. 

Consiglio questo romanzo a tutti gli amanti di Jane Austen, Emily Brontë. Altri riferimenti ad autori ed opere li troverete a fine libro: cosa utile per chi volesse tornare sui passi di grandi scrittori che hanno dato il via a filoni letterari che ancora accompagnano il nostro gusto e le nostre coscienze. 


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domenica 7 febbraio 2021

HALGAS

 UN ROMANZO FANTASY DISTOPICO 

DI MARINA MILANI

Ph Francesca Lucidi

NOTE SULL’AUTRICE

Marina Milani è un insegnante e vive a Pavia; è un’avida lettrice, una viaggiatrice. Pubblica il racconto Cacciatori Notturni, inserito nella raccolta Chiama quando vuoi edita da Mondadori. Vive il concorso Voce di donne con il racconto Frammenti.


CENNI SULLA TRAMA E TEMATICHE

«UNA CITTÀ CIRCONDATA DA UN ALTO MURO, DI MODO CHE GLI STRANIERI NON POSSANO ENTRARE A PORTARE VIA LE NOSTE RICCHEZZE. UNA CITTÀ COPERTA DA UNA CUPOLA CHE FILTRA L’ARIA E I RAGGI DEL SOLE E LASCIA PASSARE L’ACQUA DEL CIELO LE RARE VOLTE CHE PIOVE. ATTORNO ALLA CITTÀ C’È UN MARE SPORCO, DI COLORE SCURO E… NON CI SONO CAMPI, NON CI SONO FORESTE, NON CI SONO PRATI.»

«DEVE ESSERE ORRIBILE. COME FA LA GENTE A RESISTERE?»

«LA GENTE SI È TROVATA UN’ALTERNATIVA. ESISTE UN MICROCHIP, CHE SI CHIAMA IPSE, CHE VA MOLTO DI MODA A MIDLAND, LA MIA CITTÀ. TE LO FAI INNESTARE SOTTOPELLE E VEDI TUTTI I MARI CHE VUOI, LE FORESTE, E I CIELI STELLATI.»

Edito da Edikit nel 2020, un romanzo fantasy distopico, illuminato da note romantiche e da un discorso complesso sull’identità e la ricerca di sé. Halgas inventa una società futura fondata sull’annientamento del pensiero individuale: la tecnologia regola le vite di un’umanità omologata, controllata, perfetta. Donne e uomini non si riproducono più toccandosi ed amandosi; tutto è immobile e soffocato da una nube che oscura un sole lontano, separato da una realtà terrena piegata dalla mancanza di acqua e da una divisione in rigide caste non strettamente economiche ma razziali, genetiche e utilitaristiche. Tutti sono selezionati in funzione di un sistema invisibile, che da sotto la pelle del tuo braccio ti controlla e culla, come una madre apprensiva ed oppressiva: ognuno ha il suo IPSE impiantato, il proprio dispositivo che rintraccia e monitora. Un IPSE ti fa vivere in una prigione asettica che regala come unico compagno di cella un alter-ego sapientemente programmato per il tuo “bene”.

Il mondo come lo conosciamo non esiste più. C’è un emisfero desertico, popolato da umani imbambolati o schiavizzati in città-prigioni che accolgono tutti… tutti quelli che accettano il fatto di essere introdotti in cambio della promessa di non uscire mai più. C’è un emisfero sommerso, di cui non si parla, di cui i ragazzi assembrati nelle scuole non sanno nulla. In realtà, lì vive un’etnia considerata estinta che sarà l’ultimo baluardo della speranza. Gli Halgas sono creature fatte di pace, branchie e saggezza. Una vecchia guerra ha lasciato testimoni silenziosi che nuotano e pescano, e nascondono una tecnologia avanzatissima non sconosciuta agli “Uguali”. Nell’emisfero desertico ci sono Uguali più Uguali degli altri, e ogni differenza viene annientata in un battito di ciglia. Una ragazzina depressa e insicura; un professore delicato amante della poesia; un hacker dalla battuta pronta; un ragazzo affascinante con occhi nerissimi misteriosi…

Sul pontile una creatura emerge, i suoi capelli sgocciolano e si può avvertire un odore salmastro e il fruscio di una muta che avvolge membra possenti. A volte i piccoli slanci dei nostri malesseri interiori possono mettere in moto qualcosa di diverso, una reazione, una rivoluzione. Andiamo contro le regole quasi per noia, in una vita organizzata e vigliacca invischiata nella ricerca spasmodica di ordine. Un sassolino può innescare una frana: un potere iperstrutturato può avere più falle di quante esso stesso potrebbe immaginare, tronfio in una sicurezza che non può soffocare gli istinti, abbattere la potenza della libertà, piegare una vita quando essa inizia sentire il lieve respiro salvifico della speranza.

 Se hai un motivo per vivere puoi resistere a tutto, anche se sei una ragazzina debole e insicura, piena di lentiggini su una pelle delicata. Un romanzo che presenta diversi protagonisti e altrettanti punti di vista che immergono il lettore in psicologie diverse, in sensazioni comuni a tutti ma tanto differenti da rivendicare la specificità in una realtà che si è venduta a una illusoria maligna perfezione.

A Midland i libri non sono ben visti; tra le pagine impolverate la memoria guida le azioni del giusto, di chi sa ascoltare e porsi domande. Alleanze e affetti profondi; saggezza e riscoperta forza interiore; capacità di sognare un mondo diverso, di mettersi in prima linea scoprendo sé stessi in una sofferenza formatrice. Si può essere la versione migliore e coerente di noi stessi avendo il coraggio di considerare l’impossibile, di non sottomettersi al sonno dell’anima. Il viaggio di Halgas attraverserà confini inimmaginabili… ma dopotutto è questa la metafora più antica che porta l’uomo alla riappropriazione del sé.


ANALISI E CONSIDERAZIONI

“FORSE LE LORO PASSIONI POTEVANO ANCHE CONDURLI VERSO ALTI OBIETTIVI E NON SOLO VERSO LA DISTRUZIONE.”

ASPETTI POSITIVI

Una scrittura incalzante, nessun vuoto in una narrazione che tiene le redini con decisione. Vampe di vitalità o soffocante fumo di prigioni visibili e invisibili, il tutto inframezzato dai sospiri delle emozioni: depressione, solitudine, tristezza; desiderio di rivincita, indomito coraggio, onore. Ogni personaggio è funzionale a un’analisi dell’essere vivente, mostrato come uomo, Halgas o Mutapelle. Le diversità si riuniscono nell’universalità delle emozioni sopracitate. Una ragazzina con la sindrome dell’abbandono può ritrovare sé stessa nel fondo più profondo; un uomo insicuro che attira troppe donne può conoscere per una volta cosa sia l’amore; un hacker riottoso per la prima volta comprende cosa significhi scegliere di adoperare il talento per una causa; un ragazzo dovrà affrontare la sfida della sua natura che conoscerà la disumanizzazione innalzata dal tocco vero di un sentimento puro. Una femmina, un pesce, un rettile: un vessillo vivente di speranza  comprenderà l’essere umano e le sue contraddizioni. Ogni scelta narrativa crea un mondo coerente che porta la forza di moniti, profezie da scongiurare e guerre da combattere una volta per tutte. Le scelte chiameranno schieramenti netti, non facili. La commozione riesce a scaturire dalla semplicità di persone imperfette nelle proprie debolezze che apriranno il sentiero verso la vera “evoluzione”.

LE PECCHE INASPETTATE

Durante la lettura qualcosa mi costringeva a tornare indietro: perdevo il filo ma non comprendevo la ragione tanto grande era la passione che ogni riga scatenava in me. Purtroppo, dopo circa cento pagine ho trovato il mattone accidentato, la falla nel sistema di Halgas. In alcuni punti la consecutio temporum cede, frana. I tempi verbali iniziano a sovrapporsi in modo totalmente errato. Ne ho parlato con l’autrice, indicando esempi e pagine da rileggere. Ho molto apprezzato l’onestà di Marina che ha riconosciuto l'errore. I miei migliori auguri a un’autrice talentuosa, umile e educata. La ringrazio anche per aver atteso il mio lavoro, da lei tanto desiderato.

Grazie Marina per avermi inviato una copia del tuo libro. Buon lavoro!

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sabato 9 gennaio 2021

IMPRONTE

 UNA RACCOLTA POETICA 

di SIMONE CHIANI

Ph Francesca Lucidi

INFORMAZIONI SULL’AUTORE

Simone Chiani nasce a Viterbo nel 1997, si forma in campo umanistico con una laurea in Lettere moderne e applica vocazione, erudizione e passione nel suo lavoro come giornalista e scrittore. Nel 2018 pubblica la raccolta poetica Evasione, Prosimetro.

INTRODUZIONE: ATTRAVERSO LA MISSIONE DEL POETA

Edito da Ensemble, nel 2020.

“IL MONDO CHE HAI INTORNO NON VALE QUELLO CHE HAI DENTRO”

Dal sottotitolo dell’opera partiamo con un interrogativo sulla nostra visione esterna, immediatamente identificata come limitata, oscurante il mondo interiore. Ciò non deve far pensare a un rifiuto del reale; il poeta propone una riappropriazione del tutto, come? Attraverso una nuova concezione dell’elemento che maggiormente regola, ingabbia, il sentire e il vivere: il tempo. Chiani non rifiuta la relazione con il mondo, e specialmente con l’altro; è esattamente il contrario. Ciò che viene posto in discussione è il meccanismo delle nostre fisiologiche rappresentazioni del reale, così intrappolante nella corsa del tempo che fugge; che contiamo, che subiamo nel senso perenne del cammino come proiettato verso una fine, non verso un futuro che si costruisce in attimi.

La poesia è vista come il mezzo per avvicinarsi al cosmo, specialmente quello interiore. Il “sentimento poetico” viene chiamato in aiuto, per riunire un’umanità definita “dispersa” perché lontana dalla consapevolezza del sé: priva di un sano dialogo interno, anche se tumultuoso ma autentico. Convivere con il prossimo, comprenderlo, fare comunità… azioni dipendenti dall’insegnamento del sé con il sé. Partire da cerchi più piccoli, riappropriarsi da ciò che a noi pare minuzia: l’attimo.

Il tempo può non essere subito se ogni attimo dell’esistenza viene visto, riconosciuto e incarnato con potenza. Si può creare un tempo “personale”; perché la vita, come il reale, è mutevole e sfuggente. Il rapporto causa-effetto ci invischia in ricerche che si perdono perché tutto ciò che possiamo vedere al di fuori di noi è sempre diverso. L’unitarietà anelata nel livellamento delle contraddizioni è impossibile da trovare, anche solo scorgere. Anzi, le contraddizioni sono ciò che l’artista restituisce all’umanità; non per lanciar dubbio, ma per fa sì che quel dubbio diventi naturale, finanche bellezza.

L’Impronta è il simbolo di questi concetti: esse mutano, sono dipendenti dall’azione momentanea che la genera. Il calco, il passo e ciò che è calzato determina una sequela di attimi, vissuti, stasi e movimenti che sono irripetibili; ma coerenti in quella sfuggevolezza che vuole che ogni passo quasi annulli il precedente; non per cancellarlo ma per rinnovare, sempre.

Poesie, impronte e momenti di vita sono un tutt’uno per spingersi verso l’incarnazione delle proprie, uniche, verità. Il sottotitolo non sminuisce il reale ma ci fa ripartire dal nostro interno; rendendoci liberi da un punto di vista che risente delle cose che sfuggono, cambiano e muoiono al di fuori di noi.


LA STRUTTURA

IMPRONTE riprende la precedente opera, EVASIONE. Questo per riprendere la mutevolezza, per togliere i punti fermi e riaprire il flusso, lo scorrere. La presente racconta è divisa in tre sezioni: “Passo Sbadato” che in una non omogeneità, nella semplicità di una forma che riprende la scrittura automatica, vuole mimare un certo tipo di impressione sul suolo del vivere, e dell’esperienza di lettura; “Passo Spedito” dove le linee si fanno più definite e la razionalità è uno degli appoggi; “Passo Calcolato” in cui il calcolo domina ogni aspetto. In questo ultimo caso l’autore ci parla di un lavoro “dispendioso”.

I tre modi sono tre approcci, sono tre forme della poesia e altrettante incarnazioni del reale e dell’esperienza di lettura, per chi vorrà affrontare la sfida di una pacificazione con il tempo e la bolla più grande dove viviamo in tante bolle più piccole.

Chiani riprende le forme canoniche della poesia della grande tradizione: il sonetto, l’ottava… poi troviamo strutture più libere abitate da versi, però, sempre canonici.


ANALISI E CONSIDERAZIONI: CALCANDO LE IMPRONTE

Il primo “Passo” ci accoglie nella fuggevolezza e nell’intangibilità; ciò non è bloccante ma genera il muoversi dell’esistenza. Questa parte inziale  si avvia con brevità che inneggiano alla follia, all’intuizione di un momento fatto della visione di un filo d’erba. L’amore, la donna e lo stare insieme che dilata il tempo, e per un frangente pare vincerlo. Nel sentimento con la femminea insegnante, colei che ferma e dilata, ecco che il poeta si sente esistere; perché in quegli attimi vissuti intensamente… è proprio lì che l’esistenza abita. Così l’uomo si attacca alla sua donna, ma in questo primo passo si “sfoga” e rinasce in poesie a lampi, a fiammate. Il poeta si fa fenice, grazie al suo vestire il vuoto per scrollarselo con il bruciare del vivere completo. Il vuoto completa; cosa non paradossale per le filosofie che riuniscono gli opposti.

Lo sfogo del poeta, però, non deve essere un abbandono alla tempesta: questo concetto ci accoglie nella seconda parte, la quale il Chiani ci aveva spiegato come più razionale. La prima lirica “Idilliaco Momento” pare un respiro più profondo, dopo gli stralci brevi e le sferzate caustiche o sentimentali della parte iniziale della raccolta. Un incontro con la donna amata, la natura, un tutt’uno che segna un’unione dove le brutture sono solo lontane; poi arriva il pensiero cosciente tra l’estasi, giunge il distacco e tutto è ricordo.

“C’È BISOGNO DI ORIZZONTI” è, a mio avviso, uno dei momenti più alti della raccolta. Proprio perché mantiene le promesse introduttive, dove l’erudizione vuota deve lasciar spazio ad altro, nonostante una sapienza nel maneggiare i materiali della tradizione e le conoscenze sulla poesia. In realtà, in alcuni momenti, ho avvertito la pesantezza della conoscenza, della formazione tecnica del poeta; mi sono sentita distaccata dal sentimento che nella terza parte pare abbandonarmi, ma qui ci troviamo ancora nel “Passo Spedito”; godiamoci questi versi, insieme:

“C’è bisogno di orizzonti

per sapere dove andiamo,

remoti e inviolati

devon sempre rinnovarsi:

 

se conosco il traguardo

non ha senso la strada;

acquisiamo un senso

quando ci lasciamo al caso.”

Qui ho avvertito davvero il mantenimento e l’esplosione della missione del poeta; che poi sa anche affilare il suo coltello e mostrare le aberrazioni di una comunità di pecore sopite. Ma chi veglia e vede? “l’uomo d’adattamento”.

Ciò a cui siamo abituati, il far come la rondine che non si gode la primavera perché pensa all’inverno, non è l’adattamento che per noi può essere sopravvivenza:

“Smettiamo di vivere quando

in un istante non ben definito

iniziamo a pensare al dopo

lasciando alla morte tutto ciò che rimane

e precludendo l’istinto al futuro.”

Questi, tra i versi che più mi hanno fatto sentire l’impatto dell’invito a vivere a pieno. Ma il poeta non si calma, a volte vaga. Il coinvolgimento sentimentale può inciampare su termini aulici, desueti; il cammino ci introduce alla terza parte dove le fulminee comparse di un “sentimento nero”, le fiamme che sanno incendiare una città spenta; Il “come” che rivendica il suo trono usurpato dal “quando”, ci abbandonano e sento la formazione umanistica del Chiani prendere il sopravvento.

Il “Passo Calcolato” mi ha trovata persa in sonetti ben calibrati, ma forse, a mio parere, appena un po' troppo lontani dal poter coinvolgere quella società dispersa la cui capacità di attenzione non resiste neanche con la benedizione di Dante o “Giacomo”. Tra queste pagine, però, un titolo: “QUANTISTICAMENTE IMPERFETTO”; tra i versi ritrovo il senso e…

“Tutto ciò che occorre sapere

non è dato saperlo

piuttosto il conosciuto

non occorre di certo.

È così deciso: da sempre

in qualsivoglia caso

avremo l’inutile

e mancherà il necessario;”

[…]

Le stesse parole del Chiani possono dar voce a impressioni che ho avvertito nella terza parte, e hanno trovato ristoro in liriche come quella da cui vi ho estratto questi versi giusti. E non parlo di conteggi ma di coerenza tra intenti, spinte e reazioni sperate e su questo tono raggiungibili.

Al temine di IMPRONTE, il camminare porta sotto la luna; lì dove mi sento a mio agio, e dove anche il poeta pare trovare una muta risposta che riconcilia.

“giova più

folta lode d’immeritati inganni

o a te

modesto elogio di tersa realtà?”

Credo che il poeta si stia interrogando anche su di sé, sulla poesia e non solo su quell’esteriorità per la quale conoscenza e ridimensionamento ci accompagnano. Cosa risponderà la luna? Sta a voi scoprirlo, scegliendo di leggere IMPRONTE; alimentando ancora il popolo di chi vuole la poesia e rivendica l’alto sconvolgimento dell’animo in visioni intime, che però possono essere di tutti.

Ringrazio Simone Chiani per avermi gentilmente donato la sua opera.


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