venerdì 31 gennaio 2020

“Buona sera. Tua madre probabilmente merita di morire.”, il romanzo GLI INCUBI DI HAZEL

Per un gotico contemporaneo e fiabesco: 
GLI INCUBI DI HAZEL 

UNA STORIA PER BAMBINI? O L'ESPERIENZA DI UN INCONSCIO QUALSIASI?

“Le persone che ammazzano altre persone sono tantissime. Lo hanno sempre fatto, per tutta la storia dell’umanità […] Questo libro dice perché.”
  

“Buona sera. Tua madre probabilmente merita di morire.”, così inizia Gli incubi di Hazel. Nessuno si aspetterebbe che un incipit ci possa propinare una sentenza così frettolosa e sommaria, eppure l’autore qui non usa mezzi termini. Il nostro inconscio e la nostra parte “mostruosa” vengono così spiattellati con crudele genuinità: non possiamo mentire all’autore, non possiamo più nasconderci dietro le maschere sociali.

Questo strano autore è il giovane Leander Deeny, nato nel 1980 e di origini irlandesi. Ha vissuto a New York, e in Inghilterra dove ha frequentato l’Università di Oxford e la London Academy of Music Art, non terminando però gli studi. Il suo primo e unico romanzo, per ora, ha riscosso un grande successo… nonostante ci dica, a tutti, che la nostra madre merita di morire. Una mente assai interessante, visionaria e sadica… sicuramente dispettosa e gotica in un modo ironico, cinico ma profondamente intriso di una bontà così umana da essere chiaroscurata tra le incertezze, le debolezze e le perversioni. Deeny è sincero, e questo ci deve andare bene se vogliamo godere delle sue parole.
Lui ci parla di Hazel, sì una “nocciolina” che nocciolina non è… dato che è una bambina di dieci anni piuttosto burbera; dai ragionamenti adulti e infantili al contempo… sa quello che vuole ma soprattutto, e categoricamente, ciò che non vuole. La piccola viene mandata dai genitori dalla Zia Eugenia: una tipa assai odiosa e spocchiosa. Lady Eugenia Pequierde non sopporta alcun essere vivente: l’ultima volta che ha visto Hazel gli ha rovinato il Natale e gli ha ripetuto assai troppo spesso quanto fosse stupida… e di quanto probabilmente non avesse degli amici… insomma la classica persona frustrata che mette il dito nelle nostre piaghe con gusto. Hazel infatti non ha amici, è forse un po’ viziata dai genitori… ma solamente perché il piccolo dispotismo di Hazel li sfinisce. Lei non vuole assolutamente andare dalla zia; i genitori vogliono assolutamente andare in Egitto. Hazel finisce, quindi, dopo una sequela di capricci e proteste inverosimili (assai esilaranti ed espresse attraverso paragoni assurdi, che volevano mostrare alla mamma quanto Hazel avrebbe preferito qualunque tortura a tre settimane dalla terribile Eugenia). Il maniero dei Pequierde è in rovina: dopo la morte del marito di Eugenia, il quale era il vero detentore di titolo nobiliare e patrimonio, tutto è allo stato di abbandono, anche perché Lord Pequierde scommetteva molto in qualsiasi assurda scommessa, e perdeva sempre. La sua morte nella fossa delle tigri allo zoo sembra quasi la punizione per una scommessa persa… ma proprio questa morte sarà poi il motore di molte brutte cose pensate e fatte all’interno del romanzo, da diversi personaggi. Hazel trova in questa casa piena di funghi, muffe, puzze e segni di tazze di tea ovunque, Zia Eugenia e il figlio Isambard… un bambino, a detta della madre, molto intelligente e ligio allo studio che vive isolato in una delle torri del maniero: appartenente ubbidiente e silenzioso, molto amichevole con Hazel e assolutamente succube della madre, merita pena e compassione… ma piano piano insinua un senso di inquietudine che avrà le sue ragioni verso la fine della storia. Oltre a questi due personaggi ,dai capelli improponibili, troviamo la governante Dungeon, lo pseudo maggiordomo Pude, il giardiniere Boynce: tutti assolutamente inadeguati nelle loro mansioni, e ormai probabilmente diventati stupidi dopo esserselo sentito dire così tante volte dalla crudele Eugenia. In quella casa tutto ha un cattivo odore, non c’è la tv; i sughi di carne, di cui è ossessionata la Signora Dungeon, infestano gli stomaci di tutti… e il cavolo bollito è l’unica alternativa a quel sapore pesante e insostenibile.

Hazel subisce, Hazel odia Eugenia sempre di più… “Noce”, “Nocciola”, “Mandorla” – come viene chiamata apposta o per follia dalla zietta –  a un certo punto incontra tre incubi. Di chi sono? E soprattutto cosa faranno mai a una bambina di dieci anni che è piombata nel loro bivacco interrompendo sonnellini e mangiate di biscotti.
Ah non vi ho detto che quella proprietà ha uno strano alone di fumo di sigaretta tutto intorno: le anatre fumano; dopotutto il cane ha la testa di legno e i due maiali sono cucini insieme… chi non sarebbe talmente stressato da fumare troppo.
Il tutto è magistralmente contornato da sprazzi di illustrazioni, di David Roberts,  a ogni inizio capitolo; e da “aperture” nei fogli di guardia di inizio e fine libro; non ne posso parlare, dovete vedere. Molte cose qui debbono essere viste per essere credute.
La prima edizione è del 2008, l’edizione in foto risale al 2010 ed è della Newton Compton



Peccato non aver potuto acquistare altri libri di Deeny, anche perché credo sia impegnato a salvare il mondo: ha interpretato Capitan America versione magra e sfigata in “Capitan America. Il Primo Vendicatore”. Nulla da dire sulla tua carriera da attore… ma io avrei bisogno di un altro tuo libro, e forse di qualche altro incubo di cui poter essere regista.
“Non è facile fare amicizia. Anche se coloro con cui cerchi di fare amicizia non sono struzzi rana o gorillopardi o pitospini, o assassini o pazzi. La gente è complicata, sola, arrabbiata o ansiosa: è così e basta.
Ma devi provarci lo stesso. Per quanto la gente ti possa spaventare, devi decisamente cercare di conoscerla.
Perché i fifoni non piaccono a nessuno.”

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venerdì 17 gennaio 2020

ARTICOLO num.2: I FANTASMI DI CHARLES DICKENS TRA REALTÀ E SIMBOLO

I FANTASMI DI CHARLES DICKENS TRA REALTÀ E SIMBOLO

UN CANTO DI NATALE

                                                                                     Ph. Francesca Lucidi
In foto l'edizione Newton Compton dei RACCONTI DI NATALE, contenente Un Canto di Natale, Le Campane, Il Grillo del Focolare, La Battaglia della Vita e Il Patto col Fantasma.

Una delle letture tipiche del periodo natalizio è Un Canto di Natale  (A Christmas Carol, in Prose. Being a Ghost-Story of Christmas) di Charles Dickens. La storia è quella, primamente indigesta, dell’avaro Ebenezer Scrooge, che subisce l’apparizione dell’inquieto fantasma del  suo socio in affari Jacob Marley, morto sette anni prima proprio alla Vigilia di Natale, il quale gli preannuncia la visita di tre spettri che Scrooge deve seguire pena la maledizione irrimediabile della sua anima nera e avvizzita… e forse “morta come un chiodo di porta”. 

Henri Christiaan Pieck (19 April 1895, Den Helder – 12 January 1972, The Hague)
                                                                  
In questa storia su cui non voglio anticiparvi nulla, anche se molti ne conoscono lo svolgimento… spicca anche la vita quotidiana della famiglia del mal pagato impiegato di Ebenezer ScroogeBob Cratchit.
La povertà e la ricchezza d’animo di questo nucleo familiare si contrappone all’avarizia e alla disumanità del protagonista di questa storia dai toni gotici, intrisa della critica sociale che per Dickens fu la materia prima da cui trarre le sue storie tormentate, oscure ma rischiarate dal riscatto e dalla morale più luminosa e positiva. Dickens trasse dalla sua stessa esperienza personale la veemenza con la quale raccontò le sue storie.
John Dickens, il padre di Charles, fu rinchiuso per debiti alla Marshalsea dal febbraio al maggio del 1824, quando lo scrittore aveva solo 12 anni. Tutta la famiglia si spostò dal quartiere popolare di Camden Town (quartiere dove vive anche la famgilia Cratchit) direttamente alla prigione; tranne Charles che venne mandato a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe: la Warren’s Blacking Warehouse, e visse in una stanza con altri due ragazzi presso la struttura di una certa Mrs Roylace, sempre a Camden Town.
Dickens rimase profondamente scioccato da quell’esperienza e si impegnò tutta la vita per la difesa dei più poveri, e contro la “New Poor Law” (1834) che non faceva altro che trasformare i poveri in schiavi a buon mercato, intrappolati nelle “Case di Lavoro” dove ricevevano poco cibo e nessuna assistenza. Dickens definì lo stato come “Un genitore cattivo e negligente nei confronti dei più poveri”… i poveri che Dickens andò a visitare più volte anche presso le scarse strutture “scolastiche”per i ceti meno abbienti.
Un Canto di Natale fu un successo clamoroso e vendette seimila copie in soli cinque giorni (fu pronto per l’acquisto e la vendita il 19 dicembre 1843). Dickens impiegò solo sei settimane per la stesura, e i manoscritti presentano una stesura di getto zeppa di note a margine. La verve con la quale lo scrittore ci catapulta tra le strade gelide della prima Londra industriale si evince in ogni passo… le sequenze descrittive ci portano a vestire i panni della GENTE di Londra, ad annusare i cibi portati a cuocere nelle botteghe per il Natale; a vivere i sentimenti puri e genuini della gente semplice e povera… ma ricca di ciò che a Scrooge manca da molto tempo. La semplicità è nei cuori dei personaggi di Dickens, la complessità è nelle metafore e nelle evocazioni vivide e violente… nella durezza della cruda quotidianità di un popolo dimenticato e sul quale Dickens scommette la salvezza… non solo dell’animo dello spietato Scrooge.
Le tragiche condizioni dei lavoratori della Londra del tempo, sono testimoniate dal rinvenimento di cento scheletri durante uno scavo nel parcheggio di New Covent Garden; già parzialmente epurato da altri scavi negli anni sessanta, finalizzati allo spostamento del mercato dal centro della città alla zona sud-ovest. Nel sito del mercato in passato vi era un cimitero, il quale era adiacente alla Chiesa di San Giorgio a Martire. Tra i resti ne furono rinvenuti numerosi associabili bambini e ragazzi. Ogni individuo era morto a causa di una vita molto dura, disumana: infezioni, violenze, sifilide endemica… tutto a testimoniare quanto ciò che Dickens racconta nei suoi scritti sia stato realmente un racconto horror… ma purtroppo tutt’altro che inventato.
La stessa prigione dove fu rinchiuso il padre dello scrittore è tristemente nota per le condizioni in cui vivevano i prigionieri: chi non poteva permettersi di pagare i servizi era condannato a una morte per stenti ( la prigione era a gestione privata, come tutte le prigioni della Londra del XIX secolo).
Il grande successo di Un Canto di Natale non è casuale… Dickens è definito uno scrittore “generoso”, non solo per il suo stile… ma probabilmente per l’amore che circondò ogni sua opera. Nonostante il numero delle vendite del racconto, Dickens in proporzione non guadagnò moltissimo: vendette le copie a soli 5 penny, nonostante l’edizione da lui scelta fosse molto costosa. Ogni volume aveva una copertina in velluto e una carta color salmone con incisioni decorate.
La grande passione dello scrittore era ed è assolutamente contagiosa: fu famoso anche per le letture pubbliche delle sue opere, in cui riusciva a impersonare ogni soggetto… probabilmente perché ogni personaggio ha una base reale che è divertente andare a cercare seguendo i suoi indizi, e anche gli eventi della sua vita privata.
Ma su questo forse torneremo…
“E CHE DIO CI BENEDICA TUTTI QUANTI!”

Scrivania utilizzata da C. Dickens per le sue letture pubblice.Dal Web.