mercoledì 26 agosto 2020

NEW YORK 1941 di Luca Giribone

 

L’AUTORE

Luca Giribone nasce a Torino nel 1975. Fin da giovanissimo si dedica alla scrittura, collaborando con La Stampa di Savona nell’inserto giovanile Il Menabò. Si trasferisce a Milano e segue la sua passione per il mondo della comunicazione: proprio per questa sua attitudine inizia a lavorare nel mondo pubblicitario come copywriter.

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NEW YORK 1941. FORSE

Ph. Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

L’opera qui presentata è stata pubblicata da Europa Edizioni nel 2017. Partendo dalle informazioni in quarta di copertina, New York 1941. Forse è un breve romanzo dichiarato come “noir, sapientemente hard boiled”; si promettono colpi di scena, si preannuncia che nulla è quello che sembra e, sempre nelle informazioni preliminari concesse al lettore, si citano i protagonisti e una questione legata alla corruzione dell’uomo più potente di New York. Fin qui niente di strano… se non fosse che questi dettagli sono relativi solo a metà del romanzo. Questa particolare “falla” finisce per trasformare in qualcosa di poco chiaro i potenziali punti di forza e i gorghi affascinanti in cui si trova avvinto il lettore. Partiamo dalla storia…

TRAMA E STRUTTURA

Img Pixabay Edited

Frank Logan è un giornalista del New York Daily, talentuoso e arrivista, sicuro ma spezzato. Sono proprio i suoi pensieri confusi a darci il benvenuto in una lettura che sicuramente mantiene la promessa relativa ai colpi di scena. Frank ci accoglie in un dormiveglia, anche se non si può parlare di quella situazione in senso stretto… le sensazioni però sono simili ma nulla è identificabile con certezza. Fin da questo primo incontro con il protagonista ci approcciamo alla struttura “doppia” del romanzo: i fatti raccontati dal narratore onnisciente sono riportati in tondo, e questo “Dio” creatore viene interrotto in maniera sommessamente potente dai pensieri dei personaggi, dai loro ricordi e dalla narrazione in prima persona di ciò che vedono, vivono e ricordano; i narratori invadenti interrompono la scrittura usuale con un corsivo marcato che suggerisce subito una rottura, potremmo dire una “falla” nell’intreccio apparentemente ben congeniato e diretto allo scopo del suo compiersi in maniera impeccabile.

Il ricordo… questo elemento è forse la chiave che il lettore dovrebbe cercare, dato che non c’è!

Ogni attore di questa storia psichedelica (ma non si era detto noir?) ripercorre alcuni momenti della propria vita fino a dover sbatter su un nome che non si riesce a ripescare nella mente, un data, un seguito a qualche vicenda che sicuramente sarebbe impossibile dimenticare per pura rimozione difensiva. Lo smarrimento del non ricordo viene avvertito da ogni personaggio: siamo partiti da Frank… ma ciò è vissuto anche da Dorothy.

Dorothy è un’affascinante avvocatessa originaria del sud, vive con Frank un amore intenso ma diviso tra la preoccupazione costante per le sorti del suo amato cacciatore di scoop e una risolutezza che fa splendere la donna, tra una sigaretta accesa e un rimprovero al suo amato troppo dedito all’alcol. Frank si sente perennemente colpevole davanti a Dorothy, sia per le sue piccole manchevolezze e debolezze che per l’effettivo pericolo a cui si espone ogni giorno… trascinando con sé la sua donna, che naturalmente risponderebbe di ogni passo falso, o oltre, di Frank.

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Questa volta la questione è davvero gigantesca e potenzialmente, molto potenzialmente, senza via di uscita… come le profonde fondamenta di un grattacielo approvato e voluto da tutti, ma che nelle strutture della sua costruzione nasconde parecchi cadaveri caduti per la crescita di qualcosa di più importante solo perché socialmente riconosciuto.

Il Sindaco Richmond ha saputo farsi strada distribuendo caramelle allucinatorie fatte di promesse, piccole necessità soddisfatte, sorrisi e apparizioni ben studiate su giornali improvvisamente felici per un’uscita inaspettata dal deficit finanziario. Frank ha fiutato il tipico odore della corruzione: un misto tra acqua di colonia costosa, fumo di sigaretta, e morte. Chi aiuterà Frank in questa suo assalto suicida? Potremmo pensare che l’amico poliziotto Jim Ross sarà l’aiutante prescelto.

GIMME THE BALL JIMMY!  

Jimm Ross è un segugio, o almeno da qualche parte deve pur esserci un animale da cerca in un corpo da ippopotamo ingurgita gelato.  Jim, come gli altri personaggi, non è di New York. La storia di Jim parte da lontano, da una casa abitata da altre persone dalla corporatura molto robusta… e la cosa non impedisce a Fleur Ross di occuparsi di quasi tutte le case dell’alta società di Boston, compresa quella dei Flynn, dove il capostipite Ross ha un bel da fare con quelle mani che sanno fare proprio tutto! Della famiglia Ross fa parte anche Bobby, un ragazzo disabile che ama alla follia suo fratello Jimmy. Fleur è una donna risoluta, la sola cultura accademica che Jimmy memorizza tra una definizione sprezzante sul mondo e la promessa solenne di badare SEMPRE a Bobby. Purtroppo, la vita di strada crea legami forti legati dalla voglia di fare branco, ma il branco ha la maledetta potenzialità di riversarsi violentemente sul membro più debole. Jimmy contravviene alla “grande promessa”; Jimmy “la palla”, perché è così che tutti lo chiamano, viene ingannato da un amore grande e apparentemente necessario e va contro sé stesso come se una forza dall’alto guidi la sua stupida e prevedibile vita fallace.

Jim Ross, ormai poliziotto, forse per rimediare a qualche senso di colpa, incontra Frank. Una panchina e una brioche con il gelato… un appuntamento misterioso dato al giornalista Frank Logan tramite un ennesimo biglietto anonimo. Il risoluto giornalista ha paura, ha capito e cerca come può di sopravvivere; se non per lui stesso… per Dorothy.

L’appuntamento è alle dieci di sera a Staten IsIand. Questo luogo in realtà non è solo il posto più adatto per venir uccisi tra le nebbie e le ombre della brulicante malavita degli anni Quaranta… Staten Island è un “PUNTO DI VISTA”. Sì, vi siete affezionati a questa storia? Sicuramente potreste darmi una risposta affermativa: chi non vorrebbe giustizia per la vedova Marley? Adesso, però, dovete dimenticare tutto, stracciare la quarta di copertina e prepararvi a un vortice che risucchia i multipli punti di vista della narrazione per fare in mille pezzi il presunto bel romanzo noir e far esplodere tutt’altro.

Frank sicuramente è destinato a patire la punizione per il solito “aver ficcato il naso”, qualcuno magari interviene, come nelle più rosee aspettative. Jim un ruolo alla fine lo assume… anche perché sa decisamente molto di più di quello che si potrebbe mai aspettare.

Un convento di suore, la speranza di Frank di aver trovato un “informatore”; Bobby che nella notte accoglie un poliziotto e un giornalista da romanzetto d’appendice per portarli nel profondo della... consapevolezza?

Bobby? Sì, Bobby è il classico individuo così puro e sensibile da poter essere il tramite per mondi, o verità, che non riusciamo a percepire perché persi nel vacuo quotidiano chiacchiericcio.

A questo punto devo essere onesta e dirvi che arriva la fantascienza, il futuristico, il metafisico… il metanarrativo.

Il romanzo, noir mezzo hard boiled, vedrà Frank attraversare una porta che lo obbligherà a una vista obbligata che fa male agli occhi e alla testa, e la morfina che ha preso prima dell’incontro con Bobby non può bastare.

Ho parlato di un autore che gioca a fare Dio: Frank dovrà scegliere se compiere un atto di fede per cercare di scoprire il significato della vita e della morte, e soprattutto penserà a Dorothy, a quanto deve a lei almeno un tentativo.

Negli anni Quaranta il mondo è duro e fatto di armi, silenzi e bocche cucite sapientemente: tutti vogliono vivere nella totale superficie di un apparente benessere, se non realmente presente almeno in potenza (il Sogno Americano!). La guerra, nel 1941, ancora sembra una cosa che non riguarda le casette ricolme di famiglie ben assemblate e nascostamente crepate all’interno.

Ed è tutto un mondo limitato a una morale appassita e alla vita quieta di una coppia felice di non esssere capace di pensare al significato della vita stessa, o di essere, al contrario, capace di non pensarci.

Potreste dire che da allora non sia cambiato poi molto il quadretto sociale, il punto è proprio questo: passato, presente e futuro a volte si manifestano in lapsus che ci fanno credere di aver dormito troppo poco, Frank dovrà svegliarsi e decidere di cedere alla non decisione. In fine…

Bastava solo stare lì ad aspettare.

ANALISI E RECENSIONE

Ripartiamo dalla quarta di copertina:

Un romanzo noir, sapientemente hard boiled, parrebbe al lettore.

Questa storia ha, inizialmente, tutte le caratteristiche del noir metropolitano: New York fa da protagonista con i suoi intrecci, le sue ferite, il suo benessere parziale misto al martirio delle fasce più deboli. La componente sociologica che distacca il noir dal semplice giallo deduttivo si distribuisce tra i personaggi positivi in lotta con il crimine. Si sa, però, che la parte dei buoni non è così edificante in storie di questo genere… il protagonista è un personaggio ambiguo che si trova a svolgere il suo ruolo non per una volontà di giustizia per una malsana ricerca di risposte, dettata anche e soprattutto da motivazioni personali.

Sarà. Ma i giornali campano di sventure. Forse col tempo ti abitui al fatto che una tragedia è uguale a un buon numero di copie vendute. E finisci per essere contento quando un treno deraglia e muoiono trenta persone.

Nel noir il protagonista finisce per essere la vittima, non c’è un solo delitto da decifrare ma un’intera collettività marcia da affrontare dal punto di vista di una vita dissoluta, disordinata e che procede con un piede nel lato della malavita stessa. In questo caso non abbiamo il classico detective privato con un passato turbolento nella polizia ma un giornalista… lo stigma viene però recuperato nel passato di Frank: il padre era un poliziotto che sembra incarnare meglio i dettami dell’hard boiled, in esasperazione.

Come è morto tuo padre Frank?

Rispetto al noir, l’hard boiled è invaso di azione; in questo romanzo si passa da sommessi movimenti e storie poco confortanti fino a un’azione preceduta, però, dai tipici climax del thriller. Nel mezzo una voragine…

Ci si abitua ad una storia, che potremmo dire scontata per quanto sia ben dentro i suoi panni, ma quella storia così ben delineata in quarta di copertina… ad un certo punto implode.

Fin qui non possiamo non apprezzare la scrittura perfettamente studiata dall’autore, anche se sfuggono piccole imprecisioni come delle virgolette alte poco attenzionate o un sindaco declassato ad assessore. Sviste editoriali facilmente risolvibili.

Nella prima parte del romanzo mi sono concessa un innamoramento folle nei confronti dei personaggi, grazie alle confessioni “corsive”. Queste sono le parti a cui il lettore deve fare particolare attenzione: i nomi che sfuggono, i ricordi che sfumano nel nulla nonostante gli sforzi dei loro deboli detentori… cosa succede? Come è possibile che il nome di una sorella morta o il decesso di un genitore sfuggano come il numero di telefono di un conoscente utilizzato poche volte?

La storia di Jim e del fragile Bobby ha riempito il mio spirito di rabbia e commozione: in poche pagine la storia dei reietti di una città che promette meraviglie, la saggezza della strada mista alla sua indicibile e spietata rabbia.

 Niente, a un certo punto siamo nella storia, siamo a Staten Island e dobbiamo gettare tutto a mare.

Sicuramente viene ben mantenuta la promessa di stupire e, nonostante lo straniamento iniziale siamo costretti ad andare avanti totalmente avvinti dalla necessità di capire; anche il protagonista prescelto deve capire, anche se non “crede”.

Buttate via il noir, l’hard boiled… qui arriva la fantascienza.

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Ecco il punto caldo. Il lettore vuole essere stupito ma non va mai tradita la sua fiducia. Mettiamo il caso che io acquisti un libro che in quarta di copertina promette storie di vita quotidiana… che “non sono quello che sembrano”. Si sfiora l’eventualità che le storie possano generare brividi o inquietudine, ma non si cita espressamente l’horror. Mettiamo anche il caso che io odi l’horror, che questo genere non faccia proprio per me… pensate al mio stato mentale quando, a metà delle pagine del mio volume, mi trovo in una bella storia horror con tutti i crismi. Come dovrei sentirmi? Potrei andare avanti se la storia ormai mi ha coinvolta, o posso rimettere il libro sugli scaffali abbandonando qualcosa che non avrei voluto per me.

In New York 1941 si citano il noir e l’hard boiled in quarta di copertina, si chiama in causa lo stupore del lettore, in modo quasi tautologico; poi se abbiamo la curiosità di leggere la biografia dell’autore siamo informati del fatto che il libro sviluppa “temi fantastici”, tutto qui.

Siamo chiari: questo romanzo parte dal noir, si sposta sull’hard boiled (perché comunque i duri fanno sempre il loro effetto), e poi è nettamente fantascienza, sfociando nella metafisica. Le mura del genere che si evoca come principale cadono e resti tra le macerie. Badate bene, il libro è scritto bene e la storia è fatta per stupire… e forse, proprio qui, si è andati appena un po' oltre.

Il tuo Dio è il tuo autore. Il Dio che potrebbe far morire è l’onnipotente padrone del tuo destino scritto su un foglio di carta.

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Nella storia ci troveremo davanti a questa frase, e nulla sembrerà più vero.

La fase oltre gli eventi, la svolta metafisica che propone una serie di mirabili riflessioni metanarrative è assolutamente potente… riuscendo a coinvolgere anche un’allergica alla fantascienza come me.

Qui lo shock iniziale allarma e fa temere un sensazionalismo puntato all’emersione di un mostro marino letterario vorace. Alla fine, Luca Giribone sa quello che fa, ma dovrebbe considerare che anche i lettori sanno quello che fanno.

New York 1941 può essere oltrepassato nel successivo romanzo dello scrittore: TRYTE (il quale parrebbe un seguito, che però non posso assolutamente immaginare).

Secondo voi da cosa dipende la vita di un personaggio? Conan Doyle tentò di uccidere il suo Sherlock Holmes, sappiamo tutti chi reclamò più volte il suo primato: il lettore.

Il Dio del personaggio è l’autore o il lettore? Il Dio dell’autore chi potrebbe essere?

Io preferisco pensare tutto in termini meno assolutisti: collaborazione questa parola mi piace.

Consiglio la lettura di questo romanzo perché sicuramente è qualcosa dalle immense potenzialità; basta solo che questo potenziale non ceda, in futuro, alle lusinghe del “nuovo” e del “mai visto prima” in modo eccessivo fino a sbatterci contro il viso ben rasato. Il film Matrix lo abbiamo visto un po' tutti… ma le copie dei gialli di Agatha Christie non smettono di attrarre un gran numero di voraci lettori.

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Buona lettura!