lunedì 18 gennaio 2021

IL CANTO DEI DANNATI

 

di Jason Ray Forbus

Illustrato da Theoretical Part

Copertina e Tavola 10 di Gianrico Reale

Ph Francesca Lucidi

UNA NUBE OSCURA CI AVVOLGE, PREPARATE LE PUPILLE A FISSARE L’INCREDIBILE

Un albo di cupo vagare, di sonno, risveglio. Un fermarsi del tempo, dove il tempo muove gli ingranaggi che enormi ci sovrastano. Il raccolto di un’esistenza, forse privata della coscienza di sé? e da chi? per cosa? Poche le certezze perché la poeticità ermetica, caustica e danzante, ci invita ad un ballo mascherato: scorgere le forme non è facile nel turbine d’estasi e inquietudine. Le volte di un’oscura cattedrale, i corridoi infiniti di un edificio d’anime e contorsioni; poi lineamenti sensuali che voluttuosi ci invitano al sublime. Cupa cattedrale che ti mostri sopra il logorio di vite che si consumano, e poi si “risolvono” in qualcosa che non ha nome!

 Numerosi simboli e figure, la determinazione spetta al viaggiatore. Tutto è maestoso e resta nella domanda del dove: dentro o fuori di noi?

Una grandezza che atterrisce; eppur si scatena il piacere di una carne che sente lo scuotere dei simboli provocatori. A sinistra le parole: brevi lampi di un temporale insistente… quasi fattosi muro di foschie ed elettricità. Il muro pare anche soffice dell’essenza spirituale che riesce ad emanare. A destra illustrazioni a pagina singola: evocazioni a Gustav Doré; gotiche fascinazioni che riescono a tener ferme vertigini alla Escher. La veste grafica contemporanea, in una carta liscia, lucida e piacevole lega antichità, riferimenti e novità in una struttura che ha le ossa della stessa sostanza del discorso sul tempo che le parole gridano. Urla, ma sommesse e provenienti da un posto profondo.

“Rendere le messi”: ciò che una vita raccoglie va portato presso le porte eterne; il grano è fatto di chicchi di anni, di conteggi autodistruttivi tenuti sulla carta dell’inconsapevolezza di un vivere privato della parola.

“ABBASSAI REVERENTE IL CAPO,

COSÌ COME MI ERA STATO DETTO DI

FARE

IL GIORNO IN CUI MI RUBARONO IL GIOCO E LA PAROLA”

˜

“MA A CHI MI INCHINAVO?”

Il corvo, già presente in copertina, non può non portare la pelle, indurita dal ribrezzo ma tenuta sotto scacco dallo scioglimento che la bellezza provoca ai nervi, a sentire il tocco di Edgar Allan Poe.

Poe scelse il corvo per motivazioni pragmatiche lucidamente espresse nel suo LA FILOSOFIA DELLA COMPOSIZIONE. Anche qui ci ritroviamo in un lavoro orchestrato ad arte… ma nulla sarà freddo: bruceremo. Come l’antecedente dello scrittore dell’incubo, il corvo decide il “quando”.

“È TARDI, DISSE IL CORVO

È TARDI”

Ph Francesca Lucidi

Memento mori, teschi ed esseri maestosi che possono evocare il dio cornuto Cernunnos. La “Natura” nel suo senso di vita, morte e potenza si manifesta nella sua essenza divina che sta ma non determina: noi determiniamo… anche il padrone da servire.

Ph Francesca Lucidi

Morte? Incubo? Visione o creazione fittizia? L’incontro tra mente, tumulti e colpe cosa può aprire?

L’uomo può costruire cattedrali magnifiche in terra, forse per cercar di guadagnarsi un ricovero nell’altrove. L’uomo può anche costruire dimore per l’oblio… o è l’oblio che non è vuoto ed è architetto laborioso?

A fine volume il testo è ricomposto e presentato semplicemente su sfondo nero. Giusto il tempo di pulirsi le scarpe, o le coscienze, e forse ci avviamo solo quando siamo alla fine; dipende dal passo e dalle “messi”.

Un albo per collezionisti, per animi artistici che non smettono di cospargere il corpo di nero languore in cerca di un effetto paradosso che faccia emergere dalla carne le essenze più pure. Pagine per chi sa prendere il tempo: sì, aprite le pagine e state lì. Non è facile leggere ciò che non è facilmente disponibile all’uomo che sempre cerca chi dica esplicitamente “cosa”. Non è facile leggere ciò che non è scritto ma c’è.

IL CANTO DEI DANNATI è la speranza realizzata di lavori che sappiano essere diversi, coraggiosi. Una lussuria da perdonare e consumare su un letto di ciglia rapite.

Ph Francesca Lucidi

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