di Jason Ray Forbus
Illustrato da Theoretical Part
Copertina e Tavola 10 di Gianrico Reale
UNA NUBE OSCURA CI AVVOLGE, PREPARATE LE
PUPILLE A FISSARE L’INCREDIBILE
Un albo di cupo vagare, di sonno, risveglio. Un
fermarsi del tempo, dove il tempo muove gli ingranaggi che enormi ci sovrastano.
Il raccolto di un’esistenza, forse privata della coscienza di sé? e da chi? per
cosa? Poche le certezze perché la poeticità ermetica, caustica e danzante, ci
invita ad un ballo mascherato: scorgere le forme non è facile nel turbine d’estasi
e inquietudine. Le volte di un’oscura cattedrale, i corridoi infiniti di un
edificio d’anime e contorsioni; poi lineamenti sensuali che voluttuosi ci
invitano al sublime. Cupa cattedrale che ti mostri sopra il logorio di vite che
si consumano, e poi si “risolvono” in qualcosa che non ha nome!
Numerosi
simboli e figure, la determinazione spetta al viaggiatore. Tutto è maestoso e
resta nella domanda del dove: dentro o fuori di noi?
Una grandezza che atterrisce; eppur si scatena il
piacere di una carne che sente lo scuotere dei simboli provocatori. A sinistra
le parole: brevi lampi di un temporale insistente… quasi fattosi muro di
foschie ed elettricità. Il muro pare anche soffice dell’essenza spirituale che
riesce ad emanare. A destra illustrazioni a pagina singola: evocazioni a Gustav
Doré; gotiche fascinazioni che riescono a tener ferme vertigini alla Escher. La
veste grafica contemporanea, in una carta liscia, lucida e piacevole lega antichità,
riferimenti e novità in una struttura che ha le ossa della stessa sostanza del
discorso sul tempo che le parole gridano. Urla, ma sommesse e provenienti da un
posto profondo.
“Rendere le messi”: ciò che una vita raccoglie va
portato presso le porte eterne; il grano è fatto di chicchi di anni, di
conteggi autodistruttivi tenuti sulla carta dell’inconsapevolezza di un vivere
privato della parola.
“ABBASSAI
REVERENTE IL CAPO,
COSÌ
COME MI ERA STATO DETTO DI
FARE
IL
GIORNO IN CUI MI RUBARONO IL GIOCO E LA PAROLA”
˜
“MA
A CHI MI INCHINAVO?”
Il corvo, già presente in copertina, non può non
portare la pelle, indurita dal ribrezzo ma tenuta sotto scacco dallo
scioglimento che la bellezza provoca ai nervi, a sentire il tocco di Edgar
Allan Poe.
Poe scelse il corvo per motivazioni pragmatiche
lucidamente espresse nel suo LA FILOSOFIA DELLA COMPOSIZIONE. Anche qui ci
ritroviamo in un lavoro orchestrato ad arte… ma nulla sarà freddo: bruceremo.
Come l’antecedente dello scrittore dell’incubo, il corvo decide il “quando”.
“È
TARDI, DISSE IL CORVO
È
TARDI”
Ph Francesca Lucidi
Memento mori, teschi ed esseri maestosi che possono
evocare il dio cornuto Cernunnos. La “Natura” nel suo senso di vita, morte e
potenza si manifesta nella sua essenza divina che sta ma non determina: noi
determiniamo… anche il padrone da servire.
Ph Francesca Lucidi
Morte? Incubo? Visione o creazione fittizia? L’incontro
tra mente, tumulti e colpe cosa può aprire?
L’uomo può costruire cattedrali magnifiche in terra,
forse per cercar di guadagnarsi un ricovero nell’altrove. L’uomo può anche
costruire dimore per l’oblio… o è l’oblio che non è vuoto ed è architetto
laborioso?
A fine volume il testo è ricomposto e presentato semplicemente
su sfondo nero. Giusto il tempo di pulirsi le scarpe, o le coscienze, e forse
ci avviamo solo quando siamo alla fine; dipende dal passo e dalle “messi”.
Un albo per collezionisti, per animi artistici che non
smettono di cospargere il corpo di nero languore in cerca di un effetto
paradosso che faccia emergere dalla carne le essenze più pure. Pagine per chi
sa prendere il tempo: sì, aprite le pagine e state lì. Non è facile leggere ciò
che non è facilmente disponibile all’uomo che sempre cerca chi dica esplicitamente
“cosa”. Non è facile leggere ciò che non è scritto ma c’è.
IL CANTO DEI DANNATI è la speranza realizzata di
lavori che sappiano essere diversi, coraggiosi. Una lussuria da perdonare e
consumare su un letto di ciglia rapite.
Ph Francesca Lucidi