giovedì 9 aprile 2020

MISTICI ECHI FAVOLISTICI PER "VEDERE"

L'OCCHIO DEL LUPO
di
Daniel Pennac

 Ph. Francesca Lucidi
In foto compare il formato ebook di Salani Editore, disponibile su Amazon.
Di questa edizione non ho amato particolarmente le illustrazioni rare, e in bianco e nero... dato che i colori sono un dato fondamentale del romanzo, dei personaggi e degli echi immaginativi che la storia emana. In ogni modo scelgo spesso le edizioni della Salani, qui però ci voleva uno sforzo in più nella cura dell'impatto visivo del romanzo.


DANIEL PENNACCHIONI

Daniel Pennacchioni nasce nel 1944 a Casablanca. I suoi genitori sono militari, per questo motivo Daniel viaggia molto e durante la sua infanzia vede e vive l’Africa, il Sud-Est Asiato e in fine la Francia.
Affetto da dislessia, non si distingue particolarmente negli studi… fino a che un professore si accorge del suo potenziale e lo invita a scrivere grazie al progetto tutto particolare di un romanzo a puntate, a cadenza settimanale.
Nel 1968 consegue la laurea in lettere all’Università di Nizza. Diventa insegnante; grazie a questa professione si può così dedicare alla scrittura. Curiosamente il suo primo intervento pubblico è un pamphlet del 1973, che esprime una critica verso l’esercito; provenendo da una famiglia di militari preferisce però firmarsi con uno pseudonimo: Pennac.
In seguito Daniel Pennac si cimenta nel genere fantascientifico grazie all’incontro con Tudor Eliad: con lui scrive Les enfants de Yalta (1977), e Père Noël (1979).
Inizia poi a scrivere libri per bambini. Da una scommessa con gli amici scaturisce la sua ispirazione verso i gialli grotteschi, da cui nasce il ciclo di Malaussène (Il paradiso degli orchi è il primo volume, pubblicato nel 1985 con il titolo Au bonheur des ogres). Il ciclo si sviluppa intorno alla figura di Benjamin Malaussène, di professione “capro espiatorio”, e alla sua famiglia.
Nel 1992 Daniel Pennac pubblica il manifesto a favore della lettura Come un Romanzo, di cui riporto due righe che esprimono cos’è la lettura per l’uomo:

“La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire.”

Le parole che ho scelto possono richiamare anche qualcosa riguardo al libro dell’autore che qui ho sentito la necessità di proporre.
L’autore, nel 2013, viene insignito della Laurea ad Honorem, per l’impegno nella pedagogia, presso l’Università di Bologna: in particolare per “per aver posto la necessità del leggere al centro dell’azione educativa, per la sua mirabile attenzione allo sguardo, al vissuto, ai diritti propri dell’infanzia e dell’adolescenza”. Il rettore Ivano Dionigi aggiunge anche: “Pennac è un classico, uno scrittore che scrive per gli altri, che parla per noi, sa insegnare, affascinare, convincere”.
Durante il suo discorso, Pennac si rivolge ai demagoghi della letteratura… colpevoli di inneggiare senza stimoli, senza formare i lettori, senza parlare ad essi veramente: senza diffondere davvero qualcosa. L’Intellettuale viene visto come un privilegiato distaccato… ma a questi sterili meccanismi controproducenti Pennac contrappone una figura: il passeur, l’intermediario che riesce a smuovere qualcosa senza cercare di controllarlo.
L’autore definisce così i passeurs: “Intermediari che trasmettono la cultura agli altri. Sono quei professori, critici, librai, bibliotecari e anche lettori curiosi di tutto, leggono tutto, non confiscano nulla, trasmettono il meglio ai più”. Tutto ciò non implica però un meccanismo di giudizio, riferibile più a quelli che l’autore chiama “i guardiani del tempio”, i demagoghi appunto. Pennac infatti specifica:

“Passeur supremo è colui che non vi domanda mai cosa pensate del libro che avete appena finito di leggere, perché sa che la letteratura non ha nulla a che fare con la comunicazione. Se siamo passeurs convinti, siamo anche i guardiani del nostro tempio interiore.”

Queste righe le lascio aperte… sospese in attesa di una venuta presso il vostro “tempio interiore”. Chissà che non vi “traghettino” verso spunti e riflessioni.


L’OCCHIO DEL LUPO

Questo romanzo fa parte degli scritti per ragazzi di Pennac. È pubblicato nel 1984 con il titolo L'œil du loup. In Italia viene edito da Salani nel 1993.
L’occhio del lupo è una storia metanarrativa dove due personaggi raccontano: apparentemente immobili, quasi invisibili, o per cui il mondo sembra essere distante e inesistente. Lupo Azzurro vive in uno Zoo in una qualche città “dell’altro mondo”: ha un solo occhio aperto, l’altro è malato e serrato.
Lupo Azzurro, da quando è morta la lupa dall’aspetto di pernice che occupava la gabbia con lui da anni, trotta lungo il recinto e non si ferma. L’occhio del lupo ha smesso di vedere ciò che gli mostra la visuale di una delle due direzioni del suo cammino inquieto: i visitatori e lo Zoo. Lo sguardo di Lupo Azzurro “attraversa” le persone: le attraversa come fossero fantasmi inconsistenti e senza volto. Quando l’occhio percorre l’altro senso del cammino… vede solo la gabbia: una visuale che la bestia sembra preferire. Cosa fermerà questo moto ossessivo? Un ragazzo.
Il ragazzo fissa Lupo Azzurro e l’animale ne viene disturbato… fino a che si sente costretto a fermarsi e a guardare anch’esso quello strano visitatore che da giorni non si sposta, e come “un albero gelato” sta e guarda. Lupo Azzurro conosce molto bene l’uomo… tanto da disprezzarlo e non volerlo guardare, vedere, sentire. A un tratto accade qualcosa che fa sentire a suo agio la belva che i piccoli dell’uomo sono, lì, abituati ad additare con spavento. A un tratto il ragazzo chiude un occhio: i due iniziano a fissarsi da pari a pari, con una visione parziale che diventa in un attimo TOTALE.
Il ragazzo e il lupo iniziano così una serie di viaggi incredibili: Il Grande Nord e le “ Tre Afriche”… famiglie, abbandoni e animali meravigliosi… e l’uomo, l’uomo che ha due pelli e una è quella degli animali, l’uomo che è un “collezionista”. Le storie dei personaggi sono commoventi, a volte crudeli; sono anche piene di orgoglio e onore. Un umile ragazzo e una belva feroce diventano simbolo di coraggio e  pazienza… di sacrificio. Tra le prime pagine della storia la malinconia sembra soffocarci: tutto però viene pian piano mitigato da altri personaggi esilaranti o così saggi da proferire parole che ci affrettiamo ad appuntare mentre quella strana fonte di narrazione ci mostra due vite, o forse di più.
Ci sono molte perdite che dobbiamo sopportare, come hanno fatto il Ragazzo e Lupo Azzurro… forse qualcosa cambierà: guardate bene quella pupilla nera simile a una lupacchiotta accucciata. Da quella pupilla si giunge a una fine diversa da quella che i personaggi si aspettavano; forse Lupo Azzurro aveva molte più aspettative del Ragazzo… forse per questo è così inquieto, cosi “lupo”.
Tante volte il cambiamento può restituire qualcosa in una forma inaspettata… le cose possono essere davvero migliori se riusciamo ad aprire bene entrambi gli occhi. La visione parziale delle aspettative e del rancore… sembra quasi che una coscienza universale si diverta a sparpagliare le anime per vedere cosa succede. Un grande occhio e una grande anima possono sempre trovare il proprio grande mondo, anche se in un formato inaspettato.


Buona Lettura…
E non fate l’errore di pensarlo solo un romanzo per ragazzi: è colpa della visione parziale di una delle direzioni a cui siamo abituati, trottando ossessivamente.