sabato 23 gennaio 2021

LA FILOSOFIA DEL GIARDINIERE

 RIFLESSIONI SULLA CURA

di Roberto Marchesini

Ph Francesca Lucidi 
Ebook disponibile su Amzon Kindle

ROBERTO MARCHESINI

Filosofo ed etologo nato il 16 aprile del 1959; Marchesini è inquadrabile nella corrente del cosiddetto Post-Human: una concezione comprendente l’idea di un uomo-ibrido, che considera la diversità non come una devianza ma come principio stesso dell’essere.

Marchesini ha collaborato con numerosi giornali e riviste come Il Manifesto, La Stampa e Tuttoscienze. Da ottobre 2017 cura la rubrica di Etologia del Corriere della Sera. Formatosi come veterinario ha ampliato i suoi studi e la sua filosofia in numerose direzioni; voglio ricordare il suo impegno didattico verso i più piccoli, indirizzato all’importanza della relazione dell’uomo con le altre specie. L’alterità e l’interazione sono per Marchesini fondanti per lo sviluppo della personalità; l’animale non è più considerato un oggetto ma un soggetto stesso della relazione.


LA FILOSOFIA DEL GIARDINIERE. Riflessioni sulla cura

“Il giardino ti mostra sempre ciò che non sai, del mondo e quindi di te, che sei del mondo. Ti insegna a rispettare la terra, a comprendere come ogni cosa sia in realtà una relazione […]”

Parte dei saggi brevi Parva e edito da Graphe Edizioni nel 2018, questo testo è un complesso discorso sul decentramento e sulla cura di chi sa abbracciare la “chiamata”; di chi può ambire all’epifania potenziale della Filosofia del giardiniere.

Il filosofo si fa giardiniere; il giardino si fa filosofia e viceversa. Un cammino lento attraverso le stagioni e gli anni, proiettato in una sospensione che porta, attraverso la cura, alla creazione del giardino. Anche se di mera creazione non si può parlare. Una terra arida calpestata dai trattori e dai passi; animali nascosti negli anfratti. Tutto parte dalla speranza che è il principio cardine della diligenza del giardiniere, che ancora riesce ad immaginare. Nell’immaginazione come nel giardino in potenza vi è una sospensione che sa di desiderio; ciò, però, non è mancanza, come siamo abituati a percepire.

Un linguaggio non facile; un’idea che si nasconde dietro a poetica e filosofia, come una bestiolina rara che si protegge in una profonda tana circondata di radici dagli intrecci spaventosi perché di bellezza e forza incontenibili. Un’etica che esce dall’umano per riportare a un tutto dove l’individuazione è sciolta dalla vita. L’idea e il linguaggio dell’Evangelista di Pan possono sembrarci condanne, a noi presuntuosi dell’ordine… destinati, per questa idea, all’insuccesso. Si inneggia al languore che ha immensa bellezza rispetto alla sazietà; l’immaginazione e il giardino insegnano la beffa del “progetto”. Potremmo davvero aver bisogno del sublime della perdita di controllo.

La natura stessa non è più concepita come arredo ma come un essere vivente; all’interno e intorno vi sono altri innumerevoli esseri viventi che interagiscono in modi anche inaspettati: virtualità nascoste che il giardiniere può esplorare. Estro ed Estasi: saper fuggire da sé in un abbandono alla nostalgia ancestrale della terra. Poggiare l’orecchio su di essa… perché non dovremmo farlo?

Il giardiniere risponde a una chiamata, è inquieto e continuamente sollecitato dalla cura. Nel grande giardino egli andrà sempre alla ricerca della pianta che soffre; è un posseduto e rinuncia a ogni forma di chiusura.

L’autore appunta e immagina su un taccuino. La città pare concedere alla natura un qualche spazio verde nato solo per biciclette, cani e bambini. Mentre il giardino saprebbe connettere i piani temporali, insegnarci il disordine dionisiaco. Quando si pianta non si sa dove porterà il ramo o la siepe.

“Un bosco, uno qualsiasi di quelli che ornano il qui intorno, ha più ordine nell’apparente confusione di quanto ne sapremmo fare con precisa metrica.”

Un’umiltà felice della consapevolezza della propria pochezza, la potenza del volo sgraziato che comunque resta in aria. La “verità” lascia posto al fallimento, ora visto come la facoltà di poter intercettare un ordine imprevisto. Il giardiniere non cerca l’ascesa e così trascende. Il giardiniere è un vero creativo grazie allo strumento del dialogo. La filosofia delle cose non è nelle cose, ma dobbiamo poter comprendere che non è neanche nella nostra testa. Il dialogo e la coesione non vogliono la corsa: correndo perdiamo coesione… la nostra frenesia di controllo erode lo spazio e non lo può dominare. La filosofia fa finalmente emergere frasi che non solo sue.

La terra ci feconda, e non accade il contrario.

La terra è proposta come un partner con cui accordarsi, nell’armonia e non nella negoziazione.

Le piante sanno insegnarci lo scorrere, l’unione felice tra la cinetica dell’emergere e la staticità del radicamento. La nostra felice ignoranza! Che giace nella meraviglia sgombra di esperienza, come accade per i bambini.

“Vorrei dei bambini qui accanto, perché l’arte del giardiniere è il miglior seminario per la gioventù. Purtroppo in questa pallida giornata so che sono rimasti intrappolati dietro un banco ad ascoltare storie che non possono capire e apprezzare.”

Passano tre anni e il giardino si apre alla nostra vista, come anche la scrittura che pare farsi più chiara… per noi che abbiamo faticato nello sradicamento di certezze che ci privavano del vero radicamento. Un albero si eleva e si fa metafora della conoscenza. Noi siamo abituati ad aver paura di ciò che si nasconde, cerchiamo la certezza del tronco dimenticando che un albero non cresce ascendendo al cielo: le radici, anche, rappresentano un moto di crescita. L’indefinito è la vera direzione che ci fa ergere, evolvere. l’ALTERITÀ non è polarità, polemica: nella mente collettiva si è giardiniere lasciandosi abitare.

Diventare giardino è accettare di non poter dire l’ultima parola: Marchesini ci porta alla conclusione con il concetto cardine della virtualità dei dialoghi possibili, ora ai nostri occhi necessari… dopo la lettura.

A fine saggio una serie di foto da diversi giardini del mondo, le parole si perdono nel silenzio del verde.

Un testo per decentrarsi, essere forti nell’elevazione che viene dall’estendersi al nascosto, all’altro e al non ordinato o ordinario. Essere post-umani in una forza rinnovata.