Per un gotico contemporaneo e fiabesco:
GLI INCUBI DI HAZEL
UNA STORIA PER BAMBINI? O L'ESPERIENZA DI UN INCONSCIO QUALSIASI?
“Le persone che ammazzano altre persone sono
tantissime. Lo hanno sempre fatto, per tutta la storia dell’umanità […] Questo
libro dice perché.”
“Buona sera. Tua
madre probabilmente merita di morire.”, così inizia Gli incubi di Hazel. Nessuno si aspetterebbe che un incipit ci
possa propinare una sentenza così frettolosa e sommaria, eppure l’autore qui
non usa mezzi termini. Il nostro inconscio e la nostra parte “mostruosa”
vengono così spiattellati con crudele genuinità: non possiamo mentire
all’autore, non possiamo più nasconderci dietro le maschere sociali.
Questo strano
autore è il giovane Leander Deeny, nato nel 1980 e di origini irlandesi. Ha
vissuto a New York, e in Inghilterra dove ha frequentato l’Università di Oxford
e la London Academy of Music Art, non terminando però gli studi. Il suo primo e
unico romanzo, per ora, ha riscosso un grande successo… nonostante ci dica, a
tutti, che la nostra madre merita di morire. Una mente assai interessante,
visionaria e sadica… sicuramente dispettosa e gotica in un modo ironico, cinico
ma profondamente intriso di una bontà così umana da essere chiaroscurata tra le
incertezze, le debolezze e le perversioni. Deeny è sincero, e questo ci deve
andare bene se vogliamo godere delle sue parole.
Lui ci parla di
Hazel, sì una “nocciolina” che nocciolina non è… dato che è una bambina di
dieci anni piuttosto burbera; dai ragionamenti adulti e infantili al contempo…
sa quello che vuole ma soprattutto, e categoricamente, ciò che non vuole. La
piccola viene mandata dai genitori dalla Zia Eugenia: una tipa assai odiosa e
spocchiosa. Lady Eugenia Pequierde non sopporta alcun essere vivente: l’ultima
volta che ha visto Hazel gli ha rovinato il Natale e gli ha ripetuto assai
troppo spesso quanto fosse stupida… e di quanto probabilmente non avesse degli
amici… insomma la classica persona frustrata che mette il dito nelle nostre
piaghe con gusto. Hazel infatti non ha amici, è forse un po’ viziata dai
genitori… ma solamente perché il piccolo dispotismo di Hazel li sfinisce. Lei
non vuole assolutamente andare dalla zia; i genitori vogliono assolutamente
andare in Egitto. Hazel finisce, quindi, dopo una sequela di capricci e
proteste inverosimili (assai esilaranti ed espresse attraverso paragoni assurdi,
che volevano mostrare alla mamma quanto Hazel avrebbe preferito qualunque
tortura a tre settimane dalla terribile Eugenia). Il maniero dei Pequierde è in
rovina: dopo la morte del marito di Eugenia, il quale era il vero detentore di
titolo nobiliare e patrimonio, tutto è allo stato di abbandono, anche perché
Lord Pequierde scommetteva molto in qualsiasi assurda scommessa, e perdeva
sempre. La sua morte nella fossa delle tigri allo zoo sembra quasi la punizione
per una scommessa persa… ma proprio questa morte sarà poi il motore di molte brutte
cose pensate e fatte all’interno del romanzo, da diversi personaggi. Hazel
trova in questa casa piena di funghi, muffe, puzze e segni di tazze di tea
ovunque, Zia Eugenia e il figlio Isambard… un bambino, a detta della madre,
molto intelligente e ligio allo studio che vive isolato in una delle torri del
maniero: appartenente ubbidiente e silenzioso, molto amichevole con Hazel e
assolutamente succube della madre, merita pena e compassione… ma piano piano
insinua un senso di inquietudine che avrà le sue ragioni verso la fine della
storia. Oltre a questi due personaggi ,dai capelli improponibili, troviamo la
governante Dungeon, lo pseudo maggiordomo Pude, il giardiniere Boynce: tutti
assolutamente inadeguati nelle loro mansioni, e ormai probabilmente diventati
stupidi dopo esserselo sentito dire così tante volte dalla crudele Eugenia. In
quella casa tutto ha un cattivo odore, non c’è la tv; i sughi di carne, di cui
è ossessionata la Signora Dungeon, infestano gli stomaci di tutti… e il cavolo
bollito è l’unica alternativa a quel sapore pesante e insostenibile.
Hazel subisce,
Hazel odia Eugenia sempre di più… “Noce”, “Nocciola”, “Mandorla” – come viene
chiamata apposta o per follia dalla zietta –
a un certo punto incontra tre incubi. Di chi sono? E soprattutto cosa
faranno mai a una bambina di dieci anni che è piombata nel loro bivacco
interrompendo sonnellini e mangiate di biscotti.
Ah non vi ho
detto che quella proprietà ha uno strano alone di fumo di sigaretta tutto
intorno: le anatre fumano; dopotutto il cane ha la testa di legno e i due
maiali sono cucini insieme… chi non sarebbe talmente stressato da fumare
troppo.
Il tutto è
magistralmente contornato da sprazzi di illustrazioni, di David Roberts, a ogni inizio capitolo; e da “aperture” nei
fogli di guardia di inizio e fine libro; non ne posso parlare, dovete vedere.
Molte cose qui debbono essere viste per essere credute.
La prima
edizione è del 2008, l’edizione in foto risale al 2010 ed è della Newton
Compton.
Peccato non aver
potuto acquistare altri libri di Deeny, anche perché credo sia impegnato a
salvare il mondo: ha interpretato Capitan America versione magra e sfigata in
“Capitan America. Il Primo Vendicatore”. Nulla da dire sulla tua carriera da
attore… ma io avrei bisogno di un altro tuo libro, e forse di qualche altro
incubo di cui poter essere regista.
“Non è facile
fare amicizia. Anche se coloro con cui cerchi di fare amicizia non sono struzzi
rana o gorillopardi o pitospini, o assassini o pazzi. La gente è complicata,
sola, arrabbiata o ansiosa: è così e basta.
Ma devi provarci
lo stesso. Per quanto la gente ti possa spaventare, devi decisamente cercare di
conoscerla.
Perché i fifoni
non piaccono a nessuno.”
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