mercoledì 18 novembre 2020

TRYTE di Luca Giribone

 NOIR, GIALLO METROPOLITANO, FANTASCIENZA E METALETTERATURA 

INTRODUZIONE

Ph Francesca Lucidi

“L’ultimo passo della ragione è di riconoscere che si sono un’infinità di cose che la sorpassano.”

(Blaise Pascal)

Questa è una delle tre citazioni che aprono il volume, che aprono il cancello verso una cripta che non ha tempo, non ha reliquie… o forse ne ha ma non sono materiali, sono qualcosa di molto più antico; resta da stabilire quanto, e da dove si siano generate.

Torna Luca Giribone, lo scrittore della “lucida” allucinazione, con TRYTE. Dovrei dire che questo romanzo è il seguito di NEW YORK 1941. Forse…, se pronunciassi ciò mi sentirei in difetto e in imbarazzo.

Più che sfogliare pagine, leggere parole, dobbiamo espanderci; andare avanti nella storia uscendo dal nostro essere verso un “Tutto” misterioso che si maschera da “romanzetto”, volutamente.

Immaginate di trovarvi in un corridoio asettico, senza indicazioni su luogo e tempo, ai lati due file di porte; ogni ingresso non apre a un percorso ma vi fa rinascere, o nascere da capo, o per la prima volta. Quale il senso? Già la citazione iniziale vi deve far abbandonare la volontà di arrivare a una risposta univoca, a una trama pronta e chiusa. In questo libro tutto pare già conosciuto, e ricorda qualcosa che abbiamo letto, un film che abbiamo visto, una serie tv che a sua volta riprende fatti realmente accaduti. Chi è nato prima? In questo caso siamo sia l’uovo che la gallina.

Multiple storie che si vestono da noir, da poliziesco, da inchiesta; quando tutto viene stretto in un’aura fantascientifica che non è così tanto fantastica e futuristica, dato che riporta alle massime filosofiche che hanno sorpreso l’uomo dalla prima volta in cui ha guardato il cielo.

“Forse ho stuzzicato gli Yin e Yang dell’esistenza e della non esistenza, se mai essi hanno una consistenza, fino al punto di evocare i loro demoni, ed eccomi qui, tutti loro intorno, come una giuria chiamata a condannare i miei peccati.”

(Andrea Mainelli, scrittore, ex dio, condannato a morte)

CENNI SULLA TRAMA E STRUTTURA

Edito da Europa Edizioni, nel 2018, TRYTE appara subito un’opera più matura rispetto al precursore (ironico dire ciò), NEW YORK 1941. Ho apprezzato molto la pregevole introduzione ad opera del Generale Pasquale Muggeo, che dà risalto alla dimensione thriller del libro. Questa volta, la quarta di copertina è scritta magnificamente e orienta sufficientemente il lettore nella scelta.

In passato rimasi invischiata nella rete a strascico che vuole prender solo determinati tipi di specie definite. Qui non c’è un solo genere, perché alla fine ciò che tutto riunisce è altro, ma lo capirete solo nelle ultimissime pagine.

Come nel volume precedente, troviamo capitoli che sono persone, personaggi con tutto ciò che essi vivono, vedono e raccontano in prima persona; abbiamo poi i turni del narratore… ed ecco il ritorno dei corsivi che marcano una citazione, ma ciò che pare riportato per la forma grafica è un segnale: cosa è reale, cosa è creato, cosa è parola di altri, pensiero di uno, finzione?

In NEW YORK un’allucinazione apre al lettore, incastra il protagonista, non si rivela per ciò che realmente è. Qui la sensazione ha una spiegazione perché chi la subisce sta subendo inenarrabili torture. Lo scrittore Andrea Mainelli è fuggito dalla Capitale, ma ciò non è bastato. Il suo “romanzetto” è alle stampe: un noir che pare fare il verso a uno scandalo italiano. Il corrotto Sindaco di Roma, Spirati, è una divinità dai mille occhi e dalle infinite braccia. Andrea si deve sacrificare, dopotutto lo sapeva. La vita dello scrittore pare niente rispetto al meccanismo innescato e che continuerà autonomamente grazie all’editor e amante di Andrea, Elena; e ad altri personaggi… che sono qui e ora? No, non tutti.

È chiaro che NEW YORK e TRYTE bisogna caricarseli insieme. Se vi dicessi altro vi svelerei troppo; tecnicamente non potrebbe neanche essere uno spoiler, un’anticipazione. È anche vero che un’indagine c’è, quindi chi è affamato di verità e intrighi deve godersi poliziotti, investigazioni: insomma tutti i crismi di uno dei generi che in questo romanzo di “non genere” sono inseriti, e gli amanti del giallo metropolitano potranno gustarsi.

 Un cerchio si chiude, ma in un moto circolare perpetuo, come ad esempio viene immaginato il ciclo della vita, delle stagioni, della natura: inizio e fine si confondono perché il movimento necessario delle cose non si ferma mai; anche se tanti soffrono, muoiono (o rinascono, almeno qui, e per certe filosofie), ma magari non è tutto una tragedia… la consapevolezza data a qualcuno sarà il regalo finale dell’autore, dell’autore “vero” e reale.

La storia che andiamo a leggere ha del quotidiano, dell’insopportabile, del crudo; porta poi ai miei personaggi preferiti: quelli lontani di qualche decennio, fino al 1941, anzi adesso qualche anno più tardi.

Il mondo elettronico, futuristico, fa l’occhiolino anche da alcuni ricordi che un certo personaggio non dovrebbe avere; dato che riguardano nomi famosissimi che però ancora non esistono, cronologicamente.

Ritroviamo il nostro amato INFORMATORE; si aggiunge un PROGRAMMATORE dal passato doloroso che si ribella a una falsa gratitudine che diventa prigione. La scelta… la rosa di decisioni si divide in obblighi dall’alto e in scelte consapevoli. Come ogni evoluzione, come ogni generazione, qualcosa cade o si rompe per far fuoriuscire ciò che inizia il suo cammino di vita.

Ci sarà un altro nome in codice, perché qui c’è molto dietro quasi ogni cosa.

Sono felice di aver inteso completamente quel “Forse…” campeggiante nel titolo del volume precedente: pensavo fosse il vezzo dispettoso di un autore che si diverte a giocare col tempo; se leggerete questa coppia di libri mi direte se avevo ragione.

ANALISI E CONSIDERAZIONI

Suburra, Matrix… il noir. Vi piace ciò che ho citato? Bene. Qui troverete un po' di tutto, per fare il verso? Beh… sì, l’idea è quella. L’intento però sta nel gioco del celamento finalizzato allo svelamento di verità più grandi. Pesantezza filosofica? Non proprio. Le riflessioni sono tante, ma uno scrittore è pur sempre un sognatore che, un giorno, ha iniziato a sentir qualcosa di strano nel petto guardando il cielo come quei primi uomini che vi ho sopra citato.

“Ed ecco la magia. Quando un’illusione ottica prende vita, ogni volta che si fissa troppo a lungo una porzione di spazio, mescola e unifica le forme, le confonde rendendole luminose, quasi scintillanti, e alla fine la fantasia afferra le redini delineando un quadro coerente.

L’ispirazione.

La storia.

Fu allora che compresi di voler diventare uno scrittore. Non per qualche tipo di illuminazione divina o per la consapevolezza reale o presunta di avere cose fondamentali da dire, ma per la coscienza del fatto che esistevano storie.”

(Dei ricordi d’infanzia di Andrea Mainelli, il personaggio di Tryte, colui che muore subito, mentre “qualcuno” gli sopravvive)

La lettura del romanzo non è facile, e c’è una dose di accanimento di Giribone sul povero Andrea, e non solo… ma devo dire che l’occhio per occhio dente per dente che l’autore perpetra in vece di Frank è assolutamente giusto, coerente.

Usciamo da NEW YORK con un dio che pare assoluto, in TRYTE il dio muore subito… ma per lasciar spazio a nuovi decisionisti, e governatori di sé stessi, che preferisco. Alla fine, credo che in questa riflessione metaletteraria e metafisica ci sia un vero demiurgo: Luca Giribone. Il nostro autore sa giocare bene le sue carte, ci invita a riflessioni profonde e ad avventure crude, a consapevolezze magari non necessarie per noi. Noi siamo lettori, e badate che lui i lettori li sa coccolare. Luca è un personaggio sopra le righe che ha pensieri forti, convinzioni personali inattaccabili, anche se gli piace generare in noi il dubbio. Frank siamo noi, e dopotutto Giribone mostra un certo amore per il giornalista incasinato Frank, ne sono convinta.

Qui abbiamo un libro congeniato per il successo, per rapire, per essere diverso. Ci riesce? Questo lo deve decidere ogni incarnazione che il libro dovrà intraprendere nel suo Karma. Alla fine, è questo che ci hai detto, Luca. Se vi piace arrovellarvi il cervello, se amate la fantascienza o semplicemente apprezzate la narrativa ipercontemporanea, ossia frutto della generazione che si annoia facilmente e vuole esser presa per il collo, e anche un po' in giro… ma in modo consapevole e rispettoso del sano diritto del lettore a divertirsi ed evadere, ecco che questo libro fa per voi. In merito a questo mi vengono alla mente le dolci parole che Giribone inserisce nei suoi ringraziamenti:

“A voi che avete voluto partecipare a questo gioco, a questa voglia di deviare dalla strada maestra per sfrecciare, fra terra e cielo, come un bimbo che si lascia andare a cavallo di una bicicletta in mezzo all’erba, lieto e felice”.

Luca non è così “duro” come sembra; dopotutto una divertente corsa sfrenata è pur sempre insidiosa. Si può cadere, poi sta a noi non prenderci troppo sul serio e goderci anche il capitombolo. Io l’ho fatto, perché con questa lettura esco dal mio solito territorio; però adesso ci ritorno… perché l’esplorazione serve per sbirciare, raccogliere dati ed esperienze, poi abbiamo pur sempre voglia di un territorio adatto a noi, che non è detto debba cambiare per forza. 

Grazie Luca per avermi dato l’opportunità di leggere i tuoi romanzi.


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