giovedì 11 giugno 2020

I RAGAZZI DELLA VIA BOERI di Enrico Tommasi

 UN ROMANZO DI FORMAZIONE

TRA RISVOLTI FANTOZZIANI E PROFONDA UMANITÀ

Ph. Francesca Lucidi

I RAGAZZI DELLA VIA BOERI
di Enrico Tommasi

Edito da Primiceri Editore nel 2019

In foto la versione Ebook, visualizzata da Kindle Fire 7.

TRAMA

Il periodo storico da raggiungere, armati di maglioni fatti a mano e musicassette, è quel lasso di tempo che inizia nel 1980 e si estende per almeno quattro anni; direi per due vite… dato che l’autore, che è qui anche il narratore, afferma di essere nato a Salerno nel 1961 e a Milano nel settembre del 1980.

Il nodo emotivo e diegetico del romanzo si svolge a Milano nel pensionato Egidio Trezzi, struttura dell’Opera Cardinal Ferrari, sito in via Boeri numero 3.

Un gruppo di ragazzi, provenienti da tutte le parti d’Italia, lascia la tana “familiare” e si dirige al Trezzi. Tutti sono stati dichiarati “non idonei” a una più ambita collocazione… ma questo fortuito tiro della sorte li cambierà per sempre: da quel momento, tutti, diventeranno e resteranno dei “Trezzini”.

Il narratore ripercorre le tappe di quel periodo dall’abbandono della calda Campania, della madre protettiva e così “italiana” e del padre militare austero e pudico nelle manifestazioni sentimentali, fino ad accompagnarci nel percorso di questo umoristico e nostalgico romanzo di formazione.

Il Trezzi non accoglie solo studenti poco abbienti (anche se molti mostrano una certa spavalderia nell’ostentare un benessere economico che è solo il risultato di una mente fantasiosa e di una curiosa capacità di “adattamento”); il pensionato ospita anche lavoratori che si trovano a Milano per mantenere una famiglia lontana. Ciò che rende il Trezzi un posto molto “caro” è la presenza, appunto, dei CARISSIMI: la struttura si adopera anche per l’accoglienza e la nutrizione dei diseredati della società, di quelli che senza mezzi termini chiamiamo distrattamente BARBONI.

Il narratore incontra i “Carissimi” nelle prime battute di questa commedia milanese. Anche lui, come noi, aveva considerato superficialmente quelle creature invisibili; il Trezzi gli fa, però, il regalo di attirare la sua attenzione su tutte quelle cose della vita che fino a quel momento erano ottenebrate dalla sicurezza dei pasti materni e dei baci notturni paterni, ricevuti di nascosto fingendo di dormire.

Il Trezzi è un casermone quasi inquietante: è perennemente cinto da una nube di fumo di sigaretta, nebbia e olezzi provenienti da ogni parte. Questo strano microcosmo, in realtà non così lontano dal centro nevralgico della Milano adornata e luccicante, diventa però immediatamente la VERA CASA del protagonista. Questo ragazzo, essendo figlio di un militare, ha subito diversi trasferimenti… e si accorgerà, forse troppo tardi, dove si sono realmente fissate le sue radici emotive, inconsce e “umanitarie” (ma questo lo capiremo alla fine di questa strana e colorita cronaca).

Dopo il dettagliato racconto di partenza, sgomento e adattamento ecco che inizia la visita nel freak show trezzino. Il protagonista incontra una MAREA di personaggi che rappresenta tipi e sottotipi umani, maschere, superstizioni; idiomi e usanze…  particolarità gastronomiche e stili disparati. La lista dei nomi da ricordare è assai lunga. Il valore di questo affollato compendio umano è nelle generali categorie principali: la BANDA DEI SALENTINI, LE GUARDIE E I LADRI… I POLITICANTI… I CARISSIMI; nel mezzo il protagonista, forse un po’ insicuro e camaleontico nel suo educato adattarsi a tutto e a tutti (più o meno). Egli non spiccherà mai particolarmente, anche perché la magia sta proprio nel suo ANNULLARSI (e questo lo spiegherò presto nel successivo paragrafo).

Nella storia dei Trezzini si mostra la STORIA dell’Italia sotto ogni punto di vista: economia, disagi, scontri politici e tentativi; paure e sommosse pacifiche e meno pacifiche. Alla fine, tra scorribande e aule dell’Università Cattolica, viene raccontata un’evoluzione persone e universale: una piccola società di ragazzotti diventa il MANIFESTO di un’Italia in cambiamento dove le differenze tra le varie località è marcata ma, anche, dove l’incoscienza giovanile non ancora inquinata dai meccanismi del mondo è il mezzo per comprendere, unire e mondarsi. In realtà, lavarsi via gli odori del Trezzi non è cosa facile: è proprio questo che spinge l’autore a raccontare la storia a distanza di molti anni. Alla fine capiremo perché; alla fine capiremo tanti perché che magari non sono affari del protagonista ma affari nostri… noi in certe circostanze cosa avremmo fatto?

 

STILE (se così si può dire, al Trezzi)                   

L’autore e il narratore coincidono: questo è dichiarato in modo chiaro, fiero, FERMO. Il protagonista non credo possa identificarsi in un solo individuo, neanche nello stesso narratore: il Trezzi, poi, è solo un edificio… i Trezzini, invece, non sono le sole anime che parlano, o in silenzio raccontano. Credo fermamente che il vero protagonista del romanzo sia l’UMANITÀ: in senso stretto e nel più ampio significato.

Si potrebbe pensare a una focalizzazione fissa, a un unico punto di vista interno: in realtà lo sguardo del narratore sa attraversare ogni uscio e si alterna tra soggettività e onniscienza (quasi vojeuristica).

Il linguaggio è semplice e colloquiale, nutrito di dialoghi inframezzati da espressioni dialettali e saggezza fin troppo popolare, ma per questo esilarante.

Ogni cosa è paragonata a un’immagine: le similitudini e le metafore sono davvero molte, forse troppe. Non c’è da dimenticare che è un racconto a posteriori, e che è un adulto uomo affermato che racconta una gioventù che ai giovani d’oggi sembra una razza aliena. Molte di queste figure retoriche di paragone sono sviluppate da raffronti militari e storici… che senza una passatina su Wikipedia non sono, sempre, immediatamente intuibili. Anche il cinema, quello popolare, ha un ruolo nella creazione di questi specchi sovrapposti: BENVENUTI AL SUD, FANTOZZI… o L’ALLENATORE NEL PALLONE tra gli immaginari citati.

Segni e simboli sono qui di una nobile BASSEZZA. È necessario approcciare al romanzo senza pregiudizi: dopotutto è un maschio diciottenne che parla… di altri maschi e di cose assolutamente da VERI UOMINI.

Non vi è retorica ma tante sfigate partite di calcio e poco lusinghiere massime sul gentil sesso… ma è ovvio che prendere alla lettera tutto questo è un errore: il romanzo è una TESTIMONIANZA, magari non comprensibile a tutte le generazioni o a tutte le mentalità… ma è sincero e RUSPANTE.

A fare da cornice a questo caos rumoroso e poco elegante vi sono l’Introduzione e l’Epilogo.

L’introduzione è curata proprio da uno dei Trezzini. I nomi citati nel romanzo sono ovviamente inventati, i personaggi NO. Io sono stata una privilegiata nell’aver “saputo” a quale Trezzino imputare introduzione e abitudini che sono stata costretta a conoscere leggendo questa storia (la cosa mi ha fatto una certa impressione!). La chiusa è tessuta dall’autore che si ricongiunge così con il narratore diventando un UOMO TUTTO D’UN PEZZO: non nel senso abituale ma nella riunificazione di ricordi, esperienze di vita e consapevolezze.

In realtà, le parti che ho apprezzato di più sono state proprio l’inizio e la fine… probabilmente perché sono una donna nata nel 1983. Sono d’accordo con l’autore sul fatto che questo romanzo sia stato scritto in trance: a volte tutto corre molto velocemente e, per chi non è Trezzino, non è sempre facilissimo ricondurre nomi, caratteristiche e puntine da disegno piazzate sulla cartina dell’Italia.

L’umorismo è l’imbragatura di sicurezza che non abbandona mai il lettore: tutto è familiare, confortante anche quando le condizioni “climatiche” sono tragiche.

Immagine recente del "Trezzi". Fonte: http://www.viaggispirituali.it/strutture-turismo-religioso/lombardia/pensionato-egidio-trezzi-dell-opera-card-ferrari_1909/

 BREVE ANALISI

Lo sforzo da compiere per apprezzare questo romanzo è l’IMMEDESIMAZIONE. L’attivazione di una forte empatia è sicuramente dipendente da fattori anagrafici: chi è nato in un mondo ancora non affollato dalla tecnologia ricorda quei rapporti non caratterizzati da una eccessiva presenza manifestata attraverso i mezzi di comunicazione; ciò facilità la comprensione emotiva.

Anni fa, sembra strano pensarlo, si passavano mesi senza “sentire” gli amici geograficamente lontani… ma i rapporti erano cementati ad un suolo impastato dal legame profondo della condivisione reale del quotidiano. Tutto ciò è molto, molto bello… permettetemi di dirlo. Per chi ha vissuto quella realtà è un dolce ritorno; per i millennialsè l’occasione per una lezione di storia, autentica, e che forse non avrebbero altrimenti l’occasione di sperimentare.

Il romanzo è al contempo egoista e GENEROSO.

L’autore si monda di qualche piccola innocente colpa causata da quella frenesia di vita che annebbia i ricordi e i “debiti” con l’esistenza; questo porta a una presentazione della storia in modo molto personale.

La soggettività della scrittura è il terreno dove si gioca la partita con questo libro.

Tommasi è, però, al contempo GENEROSO: il Trezzi ci manifesta un altruismo a volte perduto, trascurato… durante la descrizione delle festività natalizie possiamo ritrovare quella critica sociale esperenziale da “Canto di Natale”. La retorica sicuramente non è il mezzo scelto; il LIRISMO di alcune parti è, però, ciò che mi ha coinvolta maggiormente e mi ha permesso di emozionarmi, anche quando mi sono trovata a leggere di comportamenti assolutamente lontani da me.


Cari universitari mi rivolgo a voi: penso che qualche brivido di commozione vi assalirebbe molto facilmente.

Cari genitori… anche voi ne potreste venir colpiti: lo capirete se vorrete armarvi di attrezzature di fortuna e partire per un viaggio che ha tra le pieghe la realtà che spesso i vostri figli nascondono, per puro AMORE.


Ecco una vecchia foto scattata all'intero dell'Opera Cardinal Ferrari. Si rimanda al sito ufficiale: