domenica 5 aprile 2020

SALVATORE QUASIMODO... E FORSE IL CUORE CI RESTA

SALVATORE QUASIMODO

POESIE

 Ph. Francesca Lucidi
L'edizione in foto è del 1992 e fa parte della collana "Tascabili Newton". Molti di noi forse possiedono un volume di quella collana: le famose bancarelle, piene di tesori, spesso rivelano questi piccoli oggetti malandati ma pieni di storia e carattere. Personalmente adoro queste edizioni: hanno spesso delle introduzioni ben fatte, il formato è maneggevole pur non procurando una grave miopia a causa dei caratteri. 

«Quasimodo ha certo dato assai di più di ciò che le nostre voci non sono riuscite a riconoscere.»

Carlo Bo

Salvatore Quasimodo ha dato voce alla solitudine in modo, in un primo momento, intimo… sempre circondando le parole di uno spazio di silenzi e immagini. La natura e l’uomo inquieto si fondono e compenetrano. La poesia pian piano diviene però per l’autore lo strumento non solo atto e abile a fotografare la misera condizione dell’uomo, così immobile nell’illusione di essere al centro del mondo… e poi confuso da illusori sprazzi di luce che non gli impediscono di giungere alla morte, alla fine (come nella poesia Ed è subito sera)… diventa anche strumento di rinnovamento.
La Seconda Guerra Mondiale, infatti, segna la poetica del Quasimodo, che lascia la PROPRIA solitudine per entrare in una condivisione del dolore che diviene universale. La poesia si fa etica… si fa strumento per la critica e il rinnovamento sociale. La poesia, però, non è separata dalla vita. I versi di Quasimodo, seppur nelle nebbie e le gelide nevi che circondano l’uomo, mostrano forse una via: LA PIETÀ UMANA. Il CUORE diventa il tramite attraverso il quale qualcosa può sopravvivere (come nella poesia Forse il cuore). 

 Ph. Francesca Lucidi

Propongo uno sguardo verso la visione sociale espressa nella raccolta Giorno dopo Giorno: assolutamente attuale e compresibile… e apro una flessione su come la raccolta stessa sembra scorgerci, ossia da come può vederci e comprenderci.
Ad oggi, in questo Aprile 2020, così lascio questo canto e questa pietà urlata nella desolazione:
Neve
Scende la sera: ancora ci lasciate
o immagini care della terra, alberi,
animali, povera gente chiusa
dentro i mantelli dei soldati, madri
dal ventre inaridito dalle lacrime.
E la neve ci illumina dai prati

come  luna. Oh, questi morti. Battete
sulla fronte, battete fino al cuore.
Che urli almeno qualcuno nel silenzio,
in questo cerchio bianco di sepolti.


L’INFANZIA, LA SICILIA E I PRIMI STUDI

Salvatore Quasimodo è il poeta di una quotidianità tormentata: il 
quotidiano viene espresso in un tempo dell’interiorità, e non è  più contornato con l’ironia pascoliana. Quasimodo nasce in Sicilia, il 20 Agosto del 1901 a Modica; nella sua infanzia attraversa sia la tragedia della Grande Guerra, che non combatté essendo nato nel 1901, sia il terremoto di Messina del 1908. Il padre Gaetano, capostazione, nel 1909 è incaricato  della riorganizzazione del traffico ferroviario della stazione di Messina a seguito del terremoto e di un successivo maremoto; in quel periodo la famiglia vive addirittura in un carro merci, situato su un binario morto della stazione. Salvatore Quasimodo consegue, nel 1919, un diploma d’indirizzo tecnico proprio a Messina. Durante il suo periodo messinese fondò nel 1917 il Nuovo Giornale Letterario, insieme al giurista Salvatore Pugliatti e al futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Sul mensile pubblica le sue prime poesie; in realtà l’unico rivenditore della rivista resta lo zio tabaccaio di La Pira.



 L’ABBANDONO DELL’ISOLA E IL “VIAGGIO” VERSO LA PRIMA RACCOLTA POETICA

La sua Sicilia resta il motore primigenio della sua poetica e anche il paesaggio che fa da sfondo e nutrimento alla sua espressione, che parte dalla constatazione di una solitudine silenziosa e profondamente intima, la quale attanaglia il poeta dal momento in cui deve lasciare la terra natia per motivi di studio e lavoro. Il poeta durante la sua vita attraversa l’Italia: frequenta Roma (vi si trasferisce nel 1919), pensando di terminare gli studi di ingegneria…  ma si barcamena tra diverse posizioni lavorative; il soggiorno fu però determinante perché in quel periodo inizia a studiare il greco e il latino sotto la guida di Monsignor Mariano Rampolla del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Papa Leone XII. A Roma collabora anche con diversi periodici. Le sue sofferenze economiche si dissipano quando è assunto dal Ministero dei lavori pubblici che lo assegna, come geometra, al Genio Civile di Reggio Calabria nel 1926. Nello stesso anno sposa, dopo una convivenza, Bice Donetti, più anziana di otto anni. Che muore nel 1946. A due anni dalla morte della moglie Quasimodo si risposa con la ballerina Maria Cumani. Da questo matrimonio nasce il figlio Alessandro Quasimodo, a sua volta poeta, attore e regista.
Dal momento che ha acquisito una posizione economica più solida, Quasimodo si immerge sempre di più nell’attività letteraria. Avviene così una svolta per la sua carriera e il suo sviluppo stilistico: viene invitato a Firenze dallo scrittore Elio Vittorini, che nel 1927 aveva sposato la sorella di Quasimodo Rosa. Vittorini lo introduce nella vita letteraria di Firenze e in questo frangente il poeta conosce, tra gli altri, Eugenio Montale e Alessandro Bonsanti. Alessandro Bonsanti in quel periodo dirigeva la rivista Solaria, proprio tra quelle pagine vengono pubblicate tre poesie di Quasimodo, che in quel periodo affina così il suo stile ermetico. Nel 1930 il poeta pubblica la sua prima raccolta: Acque e terre, proprio per le Edizioni Solaria.


IL “RITORNO ALL’ORDINE”

Ricordiamo che dopo la Prima Guerra Mondiale viene abbandonato lo slancio energico delle Avanguardie per quello che viene chiamato il “Ritorno all’ordine”: il ritmo poetico viene ricostruito, così come anche il verso. A differenza delle Avanguardie che costituivano una rottura con la tradizione, quest’ultima viene richiamata e si torna a versi come l’endecasillabo. In italia questo gusto di ritorno agli echi di Petrarca o Leopardi, è più forte: teorizzato sulla rivista La Ronda da Cardarelli, tra le riviste che lo promuovono c’è anche, appunto, Solaria.


L’ERMETISMO E LA RACCOLTA ACQUE E TERRE

L’ermetismo è la più grande corrente tra le due Guerre. Questa nuova tendenza si esprime con il culto della parola, che viene caricata di significato e isolata all’interno del verso. Non si ha più il fiume espressivo dannunziano, anche se alcuni echi di D’Annunzio possono ritrovarsi nella celebrazione della natura che Quasimodo racconta nella sua raccolta Acque e Terre. Nelle poesie di quello che viene chiamato “Il primo Quasimodo ermetico” si sentono gli echi del panismo dannunziano attraverso la presenza della natura dell’isola natia del poeta: come già detto, però, gli ermetici esprimono concetti importanti con pochissime parole, a differenza di quanto proposto dallo stile dannunziano. In Acque e Terre la Sicilia è presa come l’emblema di una malinconia che evoca una felicità perduta, e questa rievocazione del passato non fa che esaltare un’angoscia esistenziale che si evolverà verso livelli più “universali”. Questo sentimento di angoscia e ricordi circonda anche la seconda raccolta poetica di Quasimodo: Oboe Sommerso.


OBOE SOMMERSO

Quasimodo continua a girare l’Italia per motivi di lavoro: viene impiegato, nel 1931, presso il Genio Civile di Imperia; in seguito viene mandato a Genova.
A Genova conosce Camillo Sbarbato e tutti gli intellettuali intorno alla rivista Circoli. Per le edizioni della stessa rivista, Quasimodo pubblica la sua seconda raccolta: Oboe Sommerso, che raccoglie le poesie scritte tra il 1931 e il 1932. Tra questi versi si ritrova un Quasimodo che è ormai alla maturità stilistica, e che aderisce completamente ai modi ermetici. Ancora la Sicilia e una ricerca della pace interiore che si affida, qui, al divino (come nelle poesie DAMMI IL MIO GIORNO; L’ANGELO; AMEN PER LA DOMENICA IN ALBIS). Questo raccoglimento spirituale viene però rivolto anche alla Natura… sempre presente come personificazione dei moti dell’animo del poeta (ricordiamo le poesia PREGHIERA ALLA PIOGGIA).


VERSO MILANO: DALL’INTIMISMO AL CONFRONTO CON LA VITA IN “ED È SUBITO SERA” E “GIORNO DOPO GIORNO”

Quasimodo continua a viaggiare per lavoro, passa da Cagliari per poi trasferirsi a Milano, dove viene destinato alla sede del Genio Civile di Sondrio.
Nel 1938 lascia il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura. Inizia a lavorare in ambito editoriale per Cesare Zavattini. Collabora alla rivista Letteratura, vicina all’ermetismo.
In questo periodo inizia anche la traduzione dei lirici greci.
Nel 1941 è nominato professore di Letteratura Italiana presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano (vi insegnerà fino al 1968). Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1942, entra nella collana Lo specchio della Arnoldo Mondadori con la raccolta Ed è subito sera, in cui sono racchiuse anche le Nuove Poesie (scritte tra il 1939 e il 1942). Qui il ritmo poetico si fa più disteso: vi troviamo endecasillabi e versi lunghissimi. Quasimodo esce dalla propria solitudine individuale per abbracciare una visione universale della stessa. Il poeta si confronta con la vita, si sposta dal paesaggio siciliano e apre uno spazio su quello lombardo, che lo aveva accolto in quegl’anni. La poesia diventa pian piano una riflessione sulla condizione dolorosa dell’essere umano. Emblematici i versi della poesia Ed è subito sera:

Ognuno sta solo
sul cuore della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

Questi versi in realtà sono la terzina finale di una poesia della raccolta Acque e Terre: Solitudini, di diciannove versi più lunga; questo dimostra anche l’evoluzione in senso ermetico di Quasimodo. Questi versi sono adesso ciò che fa da overture alla raccolta, appunto, Ed è subito sera.
La solitudine del poeta diviene, qui, la solitudine generale dell’essere umano. Questo isolamento è dettato dall’incomunicabilità e dalla difficoltà dei rapporti interpersonali.
L’uomo è da solo mentre sta nella sua condizione illusoria che lo fa credere il centro del mondo. Ricerca il senso del mondo, il superamento della morte… e nel frattempo viene dolorosamente raggiunto da dolorosi sprazzi di luce illusoria che poi lo accompagnano fino alla fine, alla sera: alla morte.
I versi sono evocativi, isolati da spazi bianchi che esaltano la gravità delle immagini suggerite dal poeta. Le frasi sono coordinate tra loro in un silenzioso ma tumultuoso viaggio verso la constatazione della limitatezza dell’uomo. La luce benefica ma dolorosa non basta.
A differenza del dolore, poi dispiegato tra i versi di Montale, Quasimodo propone una poesia che ha un ruolo, che può fare qualcosa. Da specchio e comprensione della condizione dell’essere umano diventa poi espressione della coscienza popolare, e missione per un rinnovamento.
Quasimodo sceglie così di denunciare i mali del tempo.
La poesia, ora più comprensibile rispetto al “Primo Quasimodo”, passa alla fase del “Secondo Quasimodo” con la pubblicazione della raccolta Giorno dopo Giorno nel 1947.
L’impegno morale e civile dell’autore diviene così sempre più profondo, e richiama a una speranza possibile, nonostante le tragedie lasciate dalla Seconda Guerra Mondiale… la PIETÀ UMANA è l’unico riscatto possibile:

Sprofonderà l'odore acre dei tigli
nella notte di pioggia. Sarà vano
il tempo della gioia, la sua furia,
...quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l'indolenza,
il ricordo d'un gesto, d'una sillaba,
ma come d'un volo lento d'uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta: forse
un'ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un'acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore...

La poesia etica di Quasimodo si connota, sempre più maggiormente, di toni civili: diviene “epica”. Ciò è mantenuto e fortificato nelle raccolte successive, scritte dal 1949 al 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile.


IL PREMIO NOBEL

Dopo diversi riconoscimenti, nel 1959 Quasimodo ottiene il premio Nobel per la letteratura «per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi». L’assegnazione del Nobel al poeta non è stata scevra di polemiche, ma a questo proposito è bene ricordare le parole di Carlo Bo: «Quasimodo ha certo dato assai di più di ciò che le nostre voci non sono riuscite a riconoscere.»
Dopo aver ricevuto il Nobel, il poeta fa ritorno a Roccalumera, ultimo piccolo luogo della Sicilia ad aver accolto la famiglia Quasimodo, e consegna il premio al padre novantenne.
Salvatore Quasimodo continua i suoi viaggi in Italia e in Europa. Ottiene la laurea honoris causa dall’Università di Messina nel 1960 e, nel 1967, la laurea honoris causa dall’Università di Oxford.
Nel 1966 pubblica la sua ultima opera: Dare e Avere.


LA MORTE E LA SEPOLTURA
 
Nel giugno del 1968, mentre si trova per un premio letterario ad Amalfi, il poeta viene colpito da un ictus. Muore durante la corsa verso l’ospedale di Napoli.
Il corpo di Quasimodo viene tumulato nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, dove riposano anche le spoglie del grande Alessandro Manzoni.


INFORMAZIONI DI CONTORNO, MA NON TROPPO
Salvatore Quasimodo è stato anche un importante traduttore, occupandosi dei lirici greci, ma non solo: si dedica anche alle opere di Molière e Shakespeare. Di quest’ultimo molti lettori appassionati hanno in casa un volume tradotto dal poeta siciliano.
Quasimodo riesce a far parte anche della Massoneria. Nel 1922 viene iniziato presso la Loggia “Arnaldo da Brescia” di Licata.