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sabato 4 dicembre 2021

DENTRO SOFFIA IL VENTO

 di

 Francesca Diotallevi



Anno di Pubblicazione 2020

Edizione 3° (Prima edizione Neri Pozza 2016)

Editrice BEAT (Biblioteca Editori Associati di Tascabili)

Prezzo di copertina €9,00

Num. Pagine 222

TEMI

Un vecchio curato poggia le mani sul bastone mentre il diavolo sta a sentire; nel bosco vive lei… la strega; nelle stalle l’alito delle bestie crea nubi che vanno a cingere occhi duri che hanno sete di vendetta, e di carne, e di “fiamme”. Un dolce accondiscendente sorriso sbuca da sotto un elmetto ammaccato; due zoccoli corrono nel bosco mentre una volpe dal muso argentato spezzerà i vostri cuori bramosi di risposte e salvezza. 

Il pregiudizio che inibisce l’umanità, l’umanità che inibisce il pregiudizio. Una fiaba e una cronaca; immaginazione e spennellate di sogno dove la neve delle Alpi va a poggiarsi su cuori induriti dall’inverno, dalla solitudine e dalla guerra. La Grande Guerra porta via i figli di una terra dove si parla poco e si va in chiesa a capo chino, con le mani strette per pregare o per stringersi in sé stessi quasi a voler sfuggire dallo sguardo di Dio; mani indurite dal gelo e dal lavoro, che troppo spesso non conoscono carezze. Il ghiaccio, però, può pericolosamente cedere: si spacca perché subisce i pugni di chi ha un conto in sospeso con la vita, di chi piange su una lapide avvolta dal muschio o di chi bussa per cercare il divino sotto una coltre di ignoranza e silenzi. Amicizia e passione; crudeltà figlia della paura, coraggio figlio di quegli spaventi che sanno smuovere cuori messi sottochiave. La Valle d’Aosta percorsa da carovane di zingari e storie di paese che sanno condannare velocemente, chi è nato lì e chi viene da altrove… tutti non potranno scappare.

Un romanzo che parla di un amore inteso come sentimento che si innalza alla filosofia per poi coricarsi tra i gemiti di corpi meravigliosamente umani.

DALLA QUARTA DI COPERTINA

[…] Fiamma prepara decotti per curare ogni malanno: asma, reumatismi, cattiva digestione, insonnia, infezioni… infusi d’erbe che, in bocca alla gente del borgo diventano «pozioni» approntate da una «strega» che ha venduto l’anima al diavolo. Solo una persona, negli anni, ha avuto il coraggio di superare i pregiudizi della comunità […]

L’AUTRICE

Francesca Diotallevi, nata a Milano nel 1985, con DOVE SOFFIA IL VENTO vince il Premio Neri Pozza sezione giovani nel 2016. Nel 2013, pubblica Le stanze buie con l’editrice Mursia; nel 2015 pubblica Amedeo Je t’aime con Mondadori Electa; nel 2018 Dai tuoi occhi solamente con Neri Pozza. È laureata in Scienze dei Beni Culturali.

Appassionata la sua nota a fine volume; mi piace riportare alcune parole che rivolge alla famiglia… soprattutto perché ciò rende giustizia a tanti dolori e redenzioni che incontrerete se vorrete leggere Dentro soffia il vento:

Grazie per aver creduto in me, per avermi permesso di sbagliare e di ritrovare la strada. Ce l’abbiamo tutti, una strada dentro. Io sono incredibilmente fortunata a poterla percorrere con voi accanto. 

DENTRO SOFFIA IL VENTO

SEGUIAMO LA NEVE, CI SONO ORME SALDE… MA ALCUNI PASSI SON NASCOSTI

«Strega, figlia del demonio arpia» erano solo alcune parole che ricordo. Con gli anni avrei imparato a buttarmi tutto alle spalle, a compatirli per quel loro marcarmi con un insulto per scongiurare la paura che io e mia madre incutevamo loro. Come se vivere nel bosco lontane da tutto e conoscere i segreti delle piante e delle erbe ci rendesse persone malvagie e pericolose. La superstizione, io, non l’ho mai capita.

Fiamma non ha neanche due decadi di vita, una matassa di lunghi capelli lunghi e “irriverenti”: vive sola in un capanno, nel bosco. Odore di cenere ed erbe; un tavolo ricoperto di oggetti e piante essiccate. La stanza è buia, e fiamme viventi illuminano l’oscura foresta: fiamme di fuoco e fili viventi. La ragazza è odiata pubblicamente, ma la notte, segretamente, la gente di Saint- Rhémy corre da Fiamma per ricercare sollievo dai dolori della carne. La carne, qui, soffre perché un cacciatore ti spezza le zampe per non farti scappare, perché una polmonite ti attanaglia e ghermisce attraverso l’alito delle montagne; perché un odio profondo ti pulsa dai lombi e si copre gli occhi per non vedere seni piccoli e appuntiti che ti invitano alla beatitudine. 

Maledetti il dolore e i segreti che si celano dietro labbra serrate; un altro odore si avverte nell’aria: resina, cuoio e tabacco. Yann ha lasciato metà della sua vita tra i passi innevati delle Alpi; quella stessa metà gli fu restituita attraverso un alito caldo e misericordioso, una notte di tanti anni prima… maledicendolo. Raphael, il fratello di Yann, era stato l’unico amico di Fiamma, la sua famiglia oltre la madre Vivienne che era fuggita dal borgo per incontrare, si dice, il peccato zingaro. Tutti temono vergogne gettate sempre addosso a chi cerca di sopravvivere; però, le vere colpe non hanno voce… forse si sentono venir sparate attraverso la canna di un fucile… o forse si adagiano tra le pagine di libri amorevolmente passati da due mani a due altre mani lisce ma tremanti. 

Fiamma vive nella solitudine, prima benedetta ma poi debilitante da quando la Guerra ha portato via Raph. Nessuno viene risparmiato dal manto della vita: caldo e splendente o ruvido con pieghe tra le quali ci si perde. 

Un parroco venuto da Roma, Don Agape, scopre presto che nelle piccole cose si nasconde ciò che sempre lo ha terrorizzato, bloccato in un corpo possente ma inerme. Don Agape dovrà scoprire cosa fare con la sua stazza, il suo corpo e la sua fede. 

CONSIDERAZIONI

La Diotallevi ci accompagna attraverso visioni che possono sembrar sogni… eppure hanno radici reali, e una lapide lo testimonia. Alla fine del volume scopriremo da dove salgono le suggestioni che hanno creato personaggi combattuti, e per questo reali; tangibilmente avvertibili nel loro odore e nel loro sguardo. Tutti gli sguardi ci trapasseranno da parte a parte, così come la Guerra fa all’umanità… che proprio tra le trincee trova la sua sconfitta. Ogni capitolo riporta il punto di vista di un personaggio: Fiamma, Yann e Don Agape; e dei corsivi, che paiono vibrare, riporteranno memorie che tutti, al contempo, bramano di scordare e tenere strette. Il modo di raccontare è così deciso: l’autrice riesce a scomparire ma a tenere forti le redini di un carrozzone “zingaro” variopinto che porta misteri, meraviglie; trascinato dagli scalpitanti cavalli del fato. Tutto sembra agir per conto suo, ma la Diotallevi onora la libertà presentandoci i personaggi con tutto ciò che hanno nella pancia. Molte le frasi potenti da sottolineare, da rileggere e passarsi sul viso. Il vento davvero attraverserà il lettore. Si soffrirà, non posso nascondervelo, ma c’è da dire: 

Tutto ciò che segna le svolte della vita è fatto di dolore.

Il tema della Guerra è sfiorato, ma violentemente: ci sembrerà che essa resterà lì in un angolo… ma ci troveremo tra le trincee constatando che

 Quell’inferno che Don Jacques minacciava tra le sue prediche, e di cui ci facevamo beffe, esiste davvero. 

Più piani temporali si uniscono per ritrovarsi in un unico tempo che travalica i “due mondi”, così come accade in alcune radure dove pare che alcune visioni danzino ancora sopra le macerie dei ricordi. Fiori di camomilla profumano e i piedi si riposano quando ci fermiamo a contemplare il momento; il tempo: 

Ne abbiamo a disposizione uno sputo e lo sprechiamo a vivere una vita che non vogliamo. Mettendo a tacere i nostri desideri. Siamo così fragili, così insensati.

I miei sentimenti sono usciti sconvolti da questa lettura, che io reputo davvero meravigliosa. 

 

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domenica 28 novembre 2021

FIABE ABRUZZESI

di

DOMENICO CIAMPOLI

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2019

Edizione 1°

Editrice Aliribelli Edizioni https://www.aliribelli.com/prodotto/fiabe-abruzzesi/

Prezzo di copertina €10,00

Copertina flessibile


L’AUTORE

Domenico Ciampoli, scrittore, bibliotecario e slavista nato ad Atessa il 23 agosto del 1852. Studia primamente nel suo Abruzzo, concludendo il liceo a l’Aquila; in seguito, si laurea in lettere all’Università di Napoli. 

Inizia a insegnare, prima nei licei e poi nelle università. Cura diverse traduzioni di canti epici slavi, oltre a racconti e romanzi di classici russi come Tolstoj e Gogol. Quest’ultimo autore non può non riportarci alle suggestioni folkloristiche che tanto hanno trovato esaltazione nell’opera di Ciampoli sulla cultura abruzzese. Lo scrittore ha caro il suo bagaglio di ricordi e lo nutre con ricerche sul campo, che si esplicitano nell’ascolto della voce del popolo, dei contadini, delle donne. Ciampoli cura un filone verista di matrice abruzzese: pubblica nel 1878 BIANCA DEL SANGRO e FIORI DI MONTE, nel 1880 FIABE ABRUZZESI e RACCONTI ABRUZZESI. Le prime prove vengono accolte con minore entusiasmo rispetto al lavoro del 1882, TRECCE NERE, dalla maggiore attenzione verso i particolari di costume. 

Ciampoli lascia l’insegnamento nel 1892 ed inizia a lavorare nelle biblioteche, dirigendone alcune tra le più importanti del paese come la Biblioteca Nazionale di Roma. All’inizio degli anni Venti va in pensione e muore pochi anni dopo a Roma, il 21 marzo del 1929.

FIABE ABRUZZESI

INTRODUZIONE

Aliribelli recupera questo straordinario lavoro quasi sconosciuto e lo pubblica nel 2019. Il volume è breve, ma duro, affascinante e indimenticabile come le colline e le montagne d’Abruzzo: merlate di castelli misteriosi, di rocce illuminate dal sole cocente delle estati torbide o dal gelo cristallino degli inverni ululanti. Le ginestre tingono di giallo paesaggi sconfinati che non smettono mai di parlare al viaggiatore curioso, all’ascoltatore attento, all’astante sorpreso in un sentiero dall’urlo del gheppio o dal volo maestoso del grifone. In Abruzzo puoi trovare rughe sorridenti che stanno sedute nelle viuzze del borgo; le mani affaccendate ricamano e intrecciano, mentre le bocche raccontano di ombre e santi, di morti e salvezze. Mentre ti fermi puoi scorgere un portale antico, iniziali principesche su architravi o bifore. Quel muro scrostato mostra una Madonna, e una donna passa e si segna mentre una preghiera mescola italiano e dialetto in una formula di protezione senza tempo o autore. Ecco che nell’aria si avverte il ribollire di sughi e zuppe, e il pane fragrante fa da contrappunto a ossa rotte di cui la storia ancora continua a parlare… tra chi sta seduto a tavola, sia esso abruzzese o straniero ben accolto. 

ABRUZZO FORTE E GENTILE, così si dice. Ciampoli ci conduce alla scoperta di misteri che saranno monito o trastullo; di personaggi che ancora sopravvivono in energie che ti fanno salire un sussulto mentre giri per quel cunicolo o quella strada di montagna. Folklore dal nero mantello ed elementi gotici classici che promettono e mantengono ricchezze, stupore, compassione e rapimento emozionale. 

Tutto “FORSE È STORIA ED È IN VOCE DI LEGGENDA”.

Cinque racconti: LA RUPE DELLA ZITA, LA MAGGIORANA, ASILO, IL POEMA DI CORRADINO e IL DUCA ZOPPO

Storie di passione, morte, dannazione o ascesa al cielo fin tra le braccia della Vergine Maria; burle o vicende che ancora fanno paura e vanno raccontate sottovoce, dando la responsabilità della fonte a qualcun altro. Fantasmi insanguinati o scheletri che camminano; vesti dorate e corone del primo di maggio. Si banchetta e si beve, si ascolta e si prega. So che una nube rossa inghiottì un’abbazia… e io son di quelle zone e posso dire che certi alberi paiono aver brandelli di mantello e lacrime di dolore. Dante Alighieri stesso denunciò chi con scaltrezza portò morte e sconfitta: “Tagliacozzo, Ove senz’armi vinse il vecchio Alardo”. 

Una raccolta per proteggere la specificità del seme di un’Italia che è ricca per ciò che custodirono e custodiscono le genti; in amore, rispetto, conoscenza e cura. Ogni muro che cade nell’incuria è una parte di noi che non tornerà mai più. I libri sono i padri e le madri delle memorie di cui non dobbiamo mai fare a meno. 


UNO SGUARDO AI RACCONTI: TEMATICHE E STILE

I cinque racconti attraversano l’Abruzzo, da Gissi a Popoli fino ai Piani Palentini con un occhio a Scurcola Marsicana e l’altro a Tagliacozzo. La voce è impersonale o dello stesso autore che veste i panni del viaggiatore curioso o del cantore che si prende la responsabilità di un poema epico in prosa, vero e immaginifico, popolare e storico. Tutto è dato come vero o presunto, comunque indiscutibile perché la gente è testimone e documento; depositario e protettore. Le parole creano un linguaggio ostico e musicale; passando dal tono solenne all’armonia ripetitiva di parole che paiono un canto facile da ricordare, o per lo meno indimenticabile per il contenuto oscuro e affascinante. L’atmosfera è accattivante perché quotidiana e sublime insieme; si conosce la storia attraverso ciò che resta più impresso: le sensazioni, i brividi e lo stupore. Puoi guardare un burrone e ti sembra di vedere amanti fantasma, puoi sapere che ci sono segrete da visitare che possono essere la prova della fine di un curato ambizioso un po' troppo fiducioso. Nei tempi dei cavalieri non v’era solo onore ma anche una sete di vendetta paziente e affilata. Le genti sono ritratte in una semplicità ricca: si conoscono usi e costumi attraverso sentori di magia e fiaba che mettono in secondo piano date e nomi reali, che però si avrà la voglia di andare a cercare… tanto restano attaccate certe sentenze e azioni. Non c’è rudere, chiesa o castello senza la sua storia: eventi reali si sono arricchiti delle impressioni degli abitanti guadagnando una longevità di cui il Ciampoli ha bevuto e ce ne offre un sorso che ti fa alticcio, traballante ed eccitato. 

L’aratro, la spada e la nobiltà di un popolo che è baluardo di storie e affetti. Ciampoli rivendica la dignità della tradizione popolare, del poema mai concluso che si riscrive in ogni bocca che lo fa rinascere e sopravvivere:

E perché no? Forse il popolo non ha i suoi poemi che si tramandano di padre in figlio […]

Tutto che è forte e gentile, mesto e meraviglioso trova un’eco fedele tra la queta pace dei boschi, tra le rupi ove dominano il montanaro e l’aquila, dove al soffio della tramontana fischiano ancora i merli del bieco castello feudale, e paiono raccontare storie di terrore. 

CENNI STORICI SULLA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO

CARLO D’ANGIÒ Figlio del re di Francia Luigi VIII Il Leone e di Bianca di Castiglia. Re di Sicilia dal 1266 fino ai Vespri Siciliani del 1282. In seguito, continuò a regnare sulle terre peninsulari del Regno, con capitale Napoli. Guadagnò numerosi altri titoli come Conte di Provenza e di Forcalaquier, per il matrimonio con Beatrice di Provenza; e Conte di d’Angiò e del Maine per investitura dal fratello, re di Francia, Luigi IX Il Santo. Carlo conquisto anche l’Albania e si autoproclamò Re nel 1272. Da Maria di Antiochia comprò il titolo di Re di Gerusalemme. 

LA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO Combattuta nei Piani Palentini il 23 agosto del 1268 tra i ghibellini di Corradino di Svevia e le truppe di Carlo di parte guelfa; viene ricordata con il nome di “Battaglia di Tagliacozzo” perché la città era sede comitale. 

Carlo era stato investito del Regno di Sicilia da Papa Clemente IV, Corradino era stato chiamato dai ghibellini per rivendicare il trono dopo la morte di Corrado di Svevia, e la sconfitta dello zio Manfredi presso Benevento. Corradino si dirige in Puglia a Lucera, che si era ribellata ed era sotto assedio delle truppe angioine. Carlo era impegnato nella crociata per debellare la presenza islamica in Italia meridionale. 

Carlo raggiunse Corradino e la battaglia si svolse nei Piani Palentini, nei territori pianeggianti di Scurcola Marsicana. Le truppe di Corradino erano più nutrite rispetto alle angioine. Come trappola gli angioni persero una prima battaglia, e i ghibellini gioirono… ma in realtà andarono verso insegne regali messe ad arte e Carlo era da tutt’altra parte. Rotti gli schieramenti le truppe angioine, composte da 800 elementi, nel frattempo si erano nascoste dietro un avvallamento. Lo schieramento ghibellino venne preso di sorpresa e si consumò un massacro. Corradino fuggì, prima a Roma poi presso Nettuno per imbarcarsi probabilmente verso Pisa. Il Signore del luogo lo tradì e consegnò a Carlo d’Angiò. Corradino fu processato sommariamente e decapitato presso l’attuale piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre del 1268. 

La battaglia venne ricordata da Dante Alighieri nel XXVIII canto dell’Inferno.

In occasione della vittoria, Carlo finanziò la fondazione dell’Abbazia di Santa Maria della Vittoria. 

Il Ciampoli ci racconta di una nube di sangue e un presagio. L’Abbazia non resistette oltre il XVI secolo. I portali originali sono stati trasferiti nelle altre chiese principali di Scurcola. 


OSSERVAZIONI SULL’EDIZIONE 

Felice della scelta di aver promosso una proposta tanto coraggiosa e direi necessaria. Aliribelli cura diverse pubblicazioni atte a far conoscere le tradizioni e la storia di varie parti dell’Italia Centro-Meridionale. Avrei però inserito un’introduzione che potesse permettere una più ampia conoscenza dell’autore e dei suoi intenti, magari aggiungendo qualche aiutino documentaristico di argomento storico. Avrei amato qualche immagine dei luoghi narrati, o illustrazioni a tema. Ovviamente sono tutte mie fantasie e desideri. Data la suggestiva atmosfera gotica dei racconti avrei scelto una copertina più artistica ed evocativa. 

Auguro alla casa editrice un’ottima continuazione per il loro appassionato lavoro. 

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mercoledì 24 novembre 2021

CHE COSA SA MINOSSE


STORIA DI FANTASMI E GENTE STRANA

di

Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2020

Edizione 1°

Editrice Scrittori Giunti

Prezzo di copertina €15,00

Copertina rigida con sovraccoperta

TEMI

Misteri e strane voci di paese; gente di città, armata di ruvido pragmatismo, che si ritrova in un mondo di credenze e superstizioni. La tanto ricercata tranquillità di due coniugi, alla ricerca di un sogno di pace, che sarà scalfita da fenomeni apparentemente inspiegabili. Pochi personaggi, stile scorrevole e una straordinaria maestria nel creare tensione crescente tinta di deliziosa ironia. Una lettura leggera, ma niente affatto inconsistente, che non rinuncia all’analisi sociologica di tratti tipicamente umani… e non.


DALL’ALETTA INTERNA

“E così i due approdarono tra gli Appennini, poco desiderosi di stringere amicizia con i ruvidi abitanti del paese vicino e determinati a godersi il loro incantevole buon retiro. Però non sono soli: dalle profondità della cantina – che i locali chiamano “inferno” – emerge un grosso gatto nero che si considera il vero padrone di casa e che, in virtù del suo pelo nerissimo, accetta l’epiteto di Minosse con felina condiscendenza.”CHE COSA SA MINOSSE


AFFACCIAMOCI ALLA TRAMA GUARDANDO IN GIÙ, O IN SU

«Questa quercia sembra più che centenaria.»

Marta sorrise, saggiandone il tronco con la mano. Quindi passeggiarono attorno all’edificio, seguiti dal frinire delle cicale nella calura estiva.

Marta tirò Maurizio per un braccio: «Guarda, c’è un cartello lì di fianco. C’è scritto: IN VENDITA».

«Già, in vendita. E chi la compra? Nessuno, a quanto vedo.»

«E se la comperassimo noi?» disse Marta dopo averci pensato un attimo.

Maurizio è vicino ai cinquanta, è uno scrittore che si ciba di sigarette quando l’ispirazione va a farsi benedire. E usare quest’ultima espressione è assai adeguato, e allo stesso tempo fin troppo lontano dal modo di pensare di un personaggio decisamente con pochi fronzoli, e con la risposta sempre pronta, forse…

Marta è sua moglie. Loro sono una coppia di città che parla poco e ha i ruoli ben divisi: Marta non scoccia Maurizio e Maurizio cerca di render felice sua moglie accontentandola; probabilmente per farsi perdonare un carattere un po' brusco; ma di certo non maleducato o rozzo. Lui è un uomo istruito e famoso; è normale che faccia notizia un personaggio del genere che va a mettere radici nel mezzo dell’Appennino, dove qualche persona rozza si può incontrare facilmente, almeno così è normale che possano pensare dei cittadini. 

I montanari sono strani, ma chissà perché chi viene da fuori crede che quella gente abbia una risposta per tutto, per lo meno per ciò che accade tra le montagne; e si sa che le montagne brulicano di storie. 

In un piccolo paese i ruoli sono ben definiti, tutti sanno tutto di chiunque; anche quando quel “chiunque”, che diventa qualcuno nello specifico, non sa esso stesso che pesci pigliare. 

Marta e Maurizio si fanno il regalo di una magione antica corredata di torre. Scenario assai suggestivo per uno scrittore. Sicuramente fa specie che lì ci abitasse da prima, non si sa da quando, un gatto nero con una macchietta bianca… come solo Edgar Allan Poe avrebbe potuto metter lì tra una quercia millenaria e una cantina soprannominata “inferno”. Tutto è ai posti giusti per creare la classica storia di misteri, fantasmi ed atrocità. Nel mezzo ci si trovano un uomo poco superstizioso e una moglie distrutta da un’insonnia che ha il sottofondo di scalini che si salgono e scendono da soli. C’è anche la governante che si fa il segno della croce… di certo io sarei ben terrorizzata se un sogno si trasformasse repentinamente in un incubo annunciato dal rizzar del pelo di un gatto nero dal nome dantesco. 

Quando si parla di presenze inquiete si pensa subito alla morte, e di conseguenza a chi dovrebbe renderla quieta come dovrebbe fare un prete; sì un prete potrebbe essere la risposta giusta… se non usasse dire “probabilmente” così troppo spesso. 

Voi cosa fareste per difendere un sogno di pace? Rischiereste di farvi male, di trovarvi faccia a faccia con il diavolo? Fino a dove sareste disposti a spingervi? La paura e il desiderio di difendere ciò che avete guadagnato quanto pesano, se messi su due bilance poste una di fianco all’altra? Pace e coraggio possono convivere? Dopotutto aver comprato e ristrutturato una enorme casa/fortezza medioevale è anche un investimento non da poco; quindi è pure una questione economica. 


IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, CON CONSIDERAZIONI DEGNE DI UN “PROFESSORE”

Un piccolo romanzo tra il thriller, il fantastico e il popolare. La musica delle montagne mista ai passi pesanti di manovali di paese. Un bicchiere di vino sorseggiato tra una fiamma che balugina e una finestra che pencola; di certo il telefono che non smette di squillare riporta tutto ad un piano molto terreno… quando invece dall’aldilà qualcuno penzola e non si arrende. 

C’è sempre un “professore” nei centri minuscoli dove la gente non ha perso tanto tempo a studiare, perché di certo il pane è buono ma faticoso da mettere insieme quando te lo devi far da solo. C’è sempre quella persona che conserva mappe, incartamenti e libri ammuffiti; il tutto in una casa fatiscente perché il luogo comune vuole che gli istruiti siano sempre solitari e squattrinati. Di certo ciò non riguarda Maurizio, lo scrittore famoso di città… ma la città è un altro mondo e un’altra dimensione.

 Sottile psicologia spicciola, fine analisi di “perché” visti da tanti punti di vista; dato che qui non si giudica, perché non sta bene giudicare, ma dubitare in silenzio è astuta sopravvivenza. A volte ci si ferma alla superficie; a raddrizzare un quadro storto o a rimettere in pari il terriccio smosso lì sotto i piedi; ma se in cielo e in terra ci son più cose di quante ne sogni la filosofia, sotto terra cosa ci può stare? 

Una lettura lieve che rilassa e rabbrividisce quanto l’aria di montagna. Due emisferi che si incontrano e si scontrano tra il sacro e il profano, il non detto e il non accertabile. Poesia e magia al cospetto di pragmatismo e concretezza… 

Maurizio si meravigliò molto. Di solito a quell’ora i rumori della notte accompagnavano il suo lavoro al computer. Li ascoltava, seduto sul davanzale, fumando. Erano suoni discreti come lo stormire delle fronde, lontani richiami di rapaci notturni, forse una civetta o un gufo, il frinire di molti grilli, un rametto secco spezzato al passaggio di un piccolo animale…

Insomma, la musica della notte.

Uno stile adatto a tutti può soddisfare chi sta dalla parte del prete e anche chi sta dalla parte del professore. 

Questo romanzo è una bruschetta fatta alla brace con un filo di olio buono: semplice, efficace; ti riempie la pancia e ti fa contento. Di certo può scottare all’inizio… ma sono impagabili quei morsi rumorosi che fanno da sottofondo al soffiare del vento nella cappa del camino. E beh, davanti al camino si sa che si raccontano sempre tante storie, di quelle VERE MA VERE DAVVERO. 

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sabato 23 gennaio 2021

LA FILOSOFIA DEL GIARDINIERE

 RIFLESSIONI SULLA CURA

di Roberto Marchesini

Ph Francesca Lucidi 
Ebook disponibile su Amzon Kindle

ROBERTO MARCHESINI

Filosofo ed etologo nato il 16 aprile del 1959; Marchesini è inquadrabile nella corrente del cosiddetto Post-Human: una concezione comprendente l’idea di un uomo-ibrido, che considera la diversità non come una devianza ma come principio stesso dell’essere.

Marchesini ha collaborato con numerosi giornali e riviste come Il Manifesto, La Stampa e Tuttoscienze. Da ottobre 2017 cura la rubrica di Etologia del Corriere della Sera. Formatosi come veterinario ha ampliato i suoi studi e la sua filosofia in numerose direzioni; voglio ricordare il suo impegno didattico verso i più piccoli, indirizzato all’importanza della relazione dell’uomo con le altre specie. L’alterità e l’interazione sono per Marchesini fondanti per lo sviluppo della personalità; l’animale non è più considerato un oggetto ma un soggetto stesso della relazione.


LA FILOSOFIA DEL GIARDINIERE. Riflessioni sulla cura

“Il giardino ti mostra sempre ciò che non sai, del mondo e quindi di te, che sei del mondo. Ti insegna a rispettare la terra, a comprendere come ogni cosa sia in realtà una relazione […]”

Parte dei saggi brevi Parva e edito da Graphe Edizioni nel 2018, questo testo è un complesso discorso sul decentramento e sulla cura di chi sa abbracciare la “chiamata”; di chi può ambire all’epifania potenziale della Filosofia del giardiniere.

Il filosofo si fa giardiniere; il giardino si fa filosofia e viceversa. Un cammino lento attraverso le stagioni e gli anni, proiettato in una sospensione che porta, attraverso la cura, alla creazione del giardino. Anche se di mera creazione non si può parlare. Una terra arida calpestata dai trattori e dai passi; animali nascosti negli anfratti. Tutto parte dalla speranza che è il principio cardine della diligenza del giardiniere, che ancora riesce ad immaginare. Nell’immaginazione come nel giardino in potenza vi è una sospensione che sa di desiderio; ciò, però, non è mancanza, come siamo abituati a percepire.

Un linguaggio non facile; un’idea che si nasconde dietro a poetica e filosofia, come una bestiolina rara che si protegge in una profonda tana circondata di radici dagli intrecci spaventosi perché di bellezza e forza incontenibili. Un’etica che esce dall’umano per riportare a un tutto dove l’individuazione è sciolta dalla vita. L’idea e il linguaggio dell’Evangelista di Pan possono sembrarci condanne, a noi presuntuosi dell’ordine… destinati, per questa idea, all’insuccesso. Si inneggia al languore che ha immensa bellezza rispetto alla sazietà; l’immaginazione e il giardino insegnano la beffa del “progetto”. Potremmo davvero aver bisogno del sublime della perdita di controllo.

La natura stessa non è più concepita come arredo ma come un essere vivente; all’interno e intorno vi sono altri innumerevoli esseri viventi che interagiscono in modi anche inaspettati: virtualità nascoste che il giardiniere può esplorare. Estro ed Estasi: saper fuggire da sé in un abbandono alla nostalgia ancestrale della terra. Poggiare l’orecchio su di essa… perché non dovremmo farlo?

Il giardiniere risponde a una chiamata, è inquieto e continuamente sollecitato dalla cura. Nel grande giardino egli andrà sempre alla ricerca della pianta che soffre; è un posseduto e rinuncia a ogni forma di chiusura.

L’autore appunta e immagina su un taccuino. La città pare concedere alla natura un qualche spazio verde nato solo per biciclette, cani e bambini. Mentre il giardino saprebbe connettere i piani temporali, insegnarci il disordine dionisiaco. Quando si pianta non si sa dove porterà il ramo o la siepe.

“Un bosco, uno qualsiasi di quelli che ornano il qui intorno, ha più ordine nell’apparente confusione di quanto ne sapremmo fare con precisa metrica.”

Un’umiltà felice della consapevolezza della propria pochezza, la potenza del volo sgraziato che comunque resta in aria. La “verità” lascia posto al fallimento, ora visto come la facoltà di poter intercettare un ordine imprevisto. Il giardiniere non cerca l’ascesa e così trascende. Il giardiniere è un vero creativo grazie allo strumento del dialogo. La filosofia delle cose non è nelle cose, ma dobbiamo poter comprendere che non è neanche nella nostra testa. Il dialogo e la coesione non vogliono la corsa: correndo perdiamo coesione… la nostra frenesia di controllo erode lo spazio e non lo può dominare. La filosofia fa finalmente emergere frasi che non solo sue.

La terra ci feconda, e non accade il contrario.

La terra è proposta come un partner con cui accordarsi, nell’armonia e non nella negoziazione.

Le piante sanno insegnarci lo scorrere, l’unione felice tra la cinetica dell’emergere e la staticità del radicamento. La nostra felice ignoranza! Che giace nella meraviglia sgombra di esperienza, come accade per i bambini.

“Vorrei dei bambini qui accanto, perché l’arte del giardiniere è il miglior seminario per la gioventù. Purtroppo in questa pallida giornata so che sono rimasti intrappolati dietro un banco ad ascoltare storie che non possono capire e apprezzare.”

Passano tre anni e il giardino si apre alla nostra vista, come anche la scrittura che pare farsi più chiara… per noi che abbiamo faticato nello sradicamento di certezze che ci privavano del vero radicamento. Un albero si eleva e si fa metafora della conoscenza. Noi siamo abituati ad aver paura di ciò che si nasconde, cerchiamo la certezza del tronco dimenticando che un albero non cresce ascendendo al cielo: le radici, anche, rappresentano un moto di crescita. L’indefinito è la vera direzione che ci fa ergere, evolvere. l’ALTERITÀ non è polarità, polemica: nella mente collettiva si è giardiniere lasciandosi abitare.

Diventare giardino è accettare di non poter dire l’ultima parola: Marchesini ci porta alla conclusione con il concetto cardine della virtualità dei dialoghi possibili, ora ai nostri occhi necessari… dopo la lettura.

A fine saggio una serie di foto da diversi giardini del mondo, le parole si perdono nel silenzio del verde.

Un testo per decentrarsi, essere forti nell’elevazione che viene dall’estendersi al nascosto, all’altro e al non ordinato o ordinario. Essere post-umani in una forza rinnovata.

 

 

venerdì 15 gennaio 2021

L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI

 di 

JEAN GIONO

A PIEDI NUDI, CON UN BASTONE PER NON FERIRE... VENITE A TOCCARE LA VOSTRA UMANITÀ

Ph Francesca Lucidi

CENNI BIOGRAFICI SULL’AUTORE

Jean Giono nasce il 30 marzo del 1895 a Manosque. Suo padre è un calzolaio e sua madre una stiratrice. Autore dalle origini piemontesi e dall’indole così libera da rendere la sua figura inclassifficabile. Si sa che la libertà può generare paura e incomprensioni, specialmente in periodo storico in cui le divisioni sono le spaccature profonde che fanno sopravvivere a stento l’umanità; Giono ne pagherà le spese.

A causa della malattia del padre, Giono abbandona gli studi e va a lavorare in banca. Riesce però a formarsi una solida conoscenza e passione letteraria grazie alle autonome letture della Bibbia, di Omero, di Kipling. La sua modesta famiglia non è affatto gretta e lo incoraggia nei suoi incontri con i libri e la scrittura.

Partecipa direttamente alla Prima Guerra Mondiale, come “soldato di seconda classe senza croce di guerra”. Resta ferito a Verdun, dopo il concedo vede rafforzarsi i suoi ideali pacifisti.

Nel 1924 pubblica la raccolta di versi ACCOMPAGNATI DAL FLAUTO; nel 1927 lavora alla stesura del primo romanzo: LA MENZOGNA DI ULISSE (uscito solo nel 1930), una trasposizione dell’Odissea nel tempo presente.

Atmosfere mediterranee e pagane perdurano nella “Trilogia di Pan”: COLLINA (1929), UNO DI BAUMUGNES (1929), REGAIN (1930). La Natura si pone sempre più al centro degli scritti di Giono, con forza misteriosa e ambivalente. I contadini provenzali diventano i portavoce di questo legame misterico, idilliaco, anche tinto degli aspetti ostili di questa Natura potente e manifestata in tutte le sue espressioni.

Grazie al successo di COLLINA, lo scrittore può dedicarsi completamente alla letteratura. Nel 1931 esce IL GRANDE GREGGE, dove viene rievocato il dramma della guerra in trincea. Poi, la Natura fa il suo ritorno con una voce che ha i toni della predicazione: sono da ricordare IL CANTO DEL MONDO (1934) e CHE LA MIA GIOIA RESTI (1935). Personaggi inviolati come i paesaggi che abitano, strettamente a contatto con le realtà della vita: tristezza e gioia si mostrano senza veli.

Giono è un solitario e al contempo è profondamente interessato all’umanità nei suoi aspetti più autentici, appunto “inviolati”, forti e, a volte, contradditori. La sua osservazione si nutre delle conversazioni che intreccia con i contadini provenzali incontrati durante lunghe passeggiate: così nascerà anche L’UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI. Una fattoria di Contadour diventa luogo di incontro tra Giono e un nugolo di ascoltatori. “Vere ricchezze” e pace tra gli argomenti delle aperte disquisizioni.

Lo scrittore propone i suoi ideali in numerosi saggi, tra cui PRESENTAZIONE DI PAN (1930) e LETTERA AI CONTADINI SULLA POVERTÀ E SULLA PACE (1938). Nel 1939 viene incarcerato con l’accusa di propaganda antimilitarista. In molti iniziano a posare l’occhio del sospetto sul libero e indipendente Giono. Lui, che aveva dato rifugio a due cugini comunisti, si guadagna anche le accuse degli stessi comunisti francesi. Lui, che aveva dato rifugio a due ebrei e un ricercato della Gestapo, viene accusato di collaborazionismo con i nazisti nel 1944: una nuova prigionia, e un divieto a pubblicare.

Dall’isolamento continua a nutrire il suo spirito: nasce così il ciclo di cronache con al centro la leggendaria figura del nonno dello scrittore, Pietro Antonio Giono, colonnello degli ussari… generoso e appassionato “eroe” del risorgimento. Nascono così MORTE DI UN PERSONAGGIO (1949), l’USSARO SUL TETTO (1951), LA PAZZA GIOIA (1957), ANGELO (1958): commistioni di generi dalla storia d’amore fino all’avventuroso, passando per il racconto picaresco.

Giono si spegne il 9 ottobre del 1970, nella casa di Manosque in cui ha sempre vissuto con la moglie e le due figlie.


L’UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI

“NON BISOGNA DISDEGNARE NULLA. LA FELICITÀ È UNA RICERCA. OCCORRE IMPEGNARVI L’ESPERIENZA E LA PROPRIA IMMAGINAZIONE.” 

(da Viaggio in Italia di Jean Giono, 1953)

“La loro condizione era senza speranza. Non avevano altro da fare che attendere la morte: situazione che non predispone alla virtù.”

Edito da Salani editore nel 2016, con nota sull’autore di Leopoldo Carra e le straordinarie illustrazioni di Peppo Bianchesi, un libro che nella sua brevità incarna il succo dell’impegno nella semplicità e nella fecondità, il senso dell’essere un “atleta di Dio”.

Giono amava la calligrafia: proprio un tratto, un segno nero scaturisce da una penna per farsi figure e significati. Le illustrazioni mescolano le forme della vita con le parole francesi di Giono, che si fanno vento ed erba. Il testo non può prescindere dalla parte visuale del libro, e viceversa. La comunione di queste due forme espressive si fa bandiera di comunità, di collaborazione silenziosa con i sensi profondi della vita. Questo è Giono: lavoro costante senza fatica, schiena piegata senza dolore, serenità e socialità nella solitudine che opera senza conoscere cosa sia l’egoismo.

Ph Francesca Lucidi

lo scrittore bambino camminava con il padre portando ghiande in tasca per piantarle. Dall’esperienza, dai ricordi e dal fervore di chi vuole promuovere un messaggio rivoluzionario parte la storia di pace che riesce anche a spezzare la scia distruttiva dell’umanità, della guerra, della lotta gli uni contro gli altri sponsorizzata dal progresso e dal capitalismo.

L’ordine naturale riesce a parlare attraverso le poche parole scelte di Giono. Sottomettendoci alla Natura, uscendo senza scarpe dal folle antropocentrismo possiamo scoprire una forza generatrice non rinchiusa su sé stessa. Possiamo essere seme, possiamo essere ventre, possiamo essere padri e madri del mondo non solo per capacità biologica ma per volontà dell’animo e libertà del cuore e della mente.

Non ci troviamo dinanzi a un semplicistico idillio bucolico, l’uomo si distacca da un’esistenza vissuta in funzione di sé stessi: la felicità non viene più cercata perché ne diventiamo noi stessi il germoglio. Come? Attraverso la soluzione più semplice ed ardua al contempo: le azioni.

L’eroe di questa storia sembra incrollabile, sopravvive a due guerre, sopravvive alla morte della speranza. Chi è? Una sagoma nera che appare durante una passeggiata dello scrittore in territori aridi, su in una altitudine che riflette un cielo spietato e un vento violento, che paiono essere a loro volta il prodotto di mondo umano sottostante perso nel suo sanguinoso dividersi e guerreggiare. La sagoma nera è un pastore, un uomo dalla casa ordinata, che mangia minestre profumate e si presenta ben sbarbato al cospetto della sua solitudine. Il pastore passa la serata a dividere ghiande, le scruta, sempre il silenzio. Lo scrittore è suo ospite e osserva. Il giorno dopo la morbosa curiosità di Giono gli fa seguire l’uomo: un passo dopo l’altro, un bastone appuntito, buche nel terreno e da un sacchetto umido le ghiande vanno a finire nella terra. Ma di chi è quella terra? Forse tale imponente e instancabile lavoro è per far fruttare una proprietà, per ricavarne un guadagno in denaro… no! Proprio il discorso sulla proprietà si scioglie nell’azione perpetua di un uomo che sfida il vuoto con il lavoro silenzioso. Il pastore si fa creatore. Le evocazioni bibliche si liberano degli esclusivi connotati religiosi per diventare una dimostrazione universale di quanto l’uomo possa avvicinarsi davvero a DIO, ma questa volta non solo per la potenza distruttiva.

Una storia che tiene in parallelo un uomo solo, due guerre e piccoli villaggi dove si muore presto perché si pensa solo all’ambizione di stare da un’altra parte. Vite spezzate. L’uomo buca altrettanti appezzamenti di terra ma non semina vita… sparge morte e sangue. I tratti neri delle illustrazioni si animano di colore solo per enfatizzare la sostanza e il contrasto tra le simbologie della vita e della morte.


Ph Francesca Lucidi

Pensate che un povero pastore solo possa sopravvivere? E per giunta senza l’ufficializzazione e la certificazione di un ente, di un potere. Forse qualcuno oltre lo scrittore aprirà gli occhi. Ma voi, cercate di camminare a passo lento, riscoprite il gesto, perdete l’uso della vana parola. Giono riesce a far scorrere l’acqua nelle crepe, a tingere di verde il rosso liquido della crudele ambizione umana. Ridimensionarsi per diventare assoluti, spogliarsi dell’essere degli uomini per riscoprire davvero la missione che il divino, o se preferite… la vita, ha dato alle nostre mani e ai nostri spiriti. Una lettura schietta, una lettura non adatta a chi ricerca tante parole o intrecci e orpelli. Giono è la ghianda da cui può iniziare a fiorire la varietà più grande della pace espressa nella comune presa di responsabilità del mondo intero… ma partendo sempre da un piccolo sguardo attento, da una mano che leggera si posa su ogni cosa.

“CHI AVREBBE POTUTO IMMAGINARE, NEI VILLAGGI E NELLE AMMINISTRAZIONI, UNA TALE OSTINAZIONE NELLA PIÙ MAGNIFICA GENEROSITÀ?”

 

Ph Francesca Lucidi

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martedì 12 gennaio 2021

LA RIVOLTA DEGLI SCHELETRI NELL'ARMADIO

 di

 J. R. FORBUS

Illustrazioni di Giorgio e Matteo Franzoni, Martina Gianello, Ramadan Ramadani

Progetto grafico interno e impaginazione

 di Sara Calmosi

Edito da Aliribelli Edizioni

Disponibile in formato cartaceo, ebook e audiobook

Ph Francesca Lucidi

L’AUTORE

Jason Ray Forbus non ci dice chi è ma cosa fa… e questo ci dice irrimediabilmente chi è. Forbus sogna a occhi aperti; è continuamente spinto verso l’orizzonte, anzi, verso ogni orizzonte possibile. Ama leggere, scrivere; fantasticare è una necessità, è insito nella natura dell’autore e per capirlo basta addentrarsi in uno dei suoi libri. Sì, le pubblicazioni targate “Forbus” sono tante come anche i riconoscimenti in ambito letterario.

Ph Francesca Lucidi

LA CASA EDITRICE

Parto dall’ultima pagina del libro, e iniziare dalla fine non è strano in un volume che racchiude l’assurdo, ma è un improbabile reso possibile dalla proiezione continuamente attuabile verso il nostro mondo, la nostra storia. La Mission di Aliribelli è fatta di visioni, forme editoriali multiformi, di volontà, appunto, proiettive verso luoghi meravigliosi dove poter far giungere i lettori. Una piccola casa editrice indipendente in crescita, una realtà che vuole abbracciare tutti: piccoli e grandi verso le dicotomie del reale e dell’immaginario. Aliribelli è un sogno reso tangibile da storie di libertà, diversità, voglia di esplorare ogni pertugio per poi, magari, scivolare sull’erba umida e trovarsi in una radura sconosciuta, sotto milioni di stelle.

Questa paginetta dedicata a intenti e “politica” trova perfettamente posto in un libro che parla di diritti, statuti, documenti di diritti richiesti a gran voce. Partire dall’”obiettivo sogno” vi può aiutare a sintonizzarvi su una frequenza distorta. Abituare le orecchie alle onde anomale può far ascoltare delle verità di cui abbiamo bisogno, verità che abbiamo la necessità di ricordare.


LA RIVOLTA DEGLI SCHELETRI NELL’ARMADIO

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

Mano sul cuore:

“Giuro eterna alleanza alla Sacra Libertà, fedeltà alla Ragione e amore alla Democrazia!

La tirannia non incatenerà mai il mio spirito; lotterò con ardore, ma senza odiare; resisterò, ma senza fare ad altrui male.

Io giuro nella fratellanza universale!”

Pubblicato nel 2016, il libro in causa (beh, qui di cause ce ne saranno: legali, di quelle degne di apparire in qualche programma superseguito più per morbosa curiosità che per spirito di giustizia)… sì, il libro qui presente non è recente ma è una vera e propria bandiera per la casa editrice e l’autore. Un volume ben strutturato e lavorato nella grafica in ogni minima sfumatura di diversità e cura.

Una storia di oppressione smuove le acque, finanche quelle che ospitano il povero Nessie. No, non siamo in Scozia ma in Inghilterra, più precisamente a Wolverhampton. Una cittadina nota per i primi semafori che ora è fissa sul rosso allarme!


APRIAMO L’ARMADIO: CENNI SULLA TRAMA, ANALISI E CONSIDERAZIONI

L’economia va fatta girare, la politica è un affare anche più grosso. La crisi ha visto saltare teste e test di valutazione del mercato. Ma si sa che nel disastro c’è sempre qualcuno che prospera, strisciando di soppiatto e raccattando le ultime provviste; facendosi ossessionare non dal problema ma dalla soluzione che viene dal problema stesso. “Sir” Desrius ha una onorevole carriera di venditore di sabbia nel deserto; i suoi genitori pare siano valsi molto, come esseri umani? Beh, Desrius ha a cuore gli umani, ma solo perché sono la merce più preziosa sia per vendere sia per investire. Che idea! Un Parco degli Orrori: veri mostri soggiogati da promesse non mantenute, malpagati, sfruttati e invischiati nelle catene della speranza di una pensione dignitosa. I mostri hanno sogni, lo credevate? Dopotutto non sono tanto diversi da noi, ve ne accorgerete.

Ossogrigio sogna di fare il ballerino, il licantropo Walt cerca l’anima gemella, Frankestein è in eterna lotta con la mania di colmare il bisogno di una figura paterna… ed è un filosofo. Desrius assume chi ha sogni; pare che chi ha sogni alti non pretenda di essere pagato il giusto, e pare che chi è convito di essere diverso si accontenti di quello che gli arriva. È un meccanismo sottile e malato: irretire, ghettizzare, privare; incutere paura in modo sorridente e mellifluo. Dai al cane gli scarti, distrailo mentre ti pappi tutta la polpa. La sciocca tronfia sicurezza di chi vive senza “amore” non tiene conto di quanto i sogni non muoiano mai, anche se si è già morti: scheletri, fantasmi, zombie o vampiri. C’è il fuoco di un cucciolo di drago rosso che riuscirà a mantenere il calore dove l’amicizia e il coraggio troveranno la loro voce e la loro forza, tra continui capitomboli, sgambetti e ridicole situazioni zeppe delle stranezze di ogni “attore”. E qualcuno morirà, una seconda volta. Le streghe volano in aria, divise tra vessate e ricompensate: chi si vende guadagna un premio, chi resta fedele patisce ma ancora ha speranza…

Lo Spazio è un posto dove l’uomo ha portato la guerra e l’illusione, gli extraterrestri sono ridotti ad emigrare sulla terra. I centri di accoglienza sono un business che concilia quei due mostri veri che ho già citato: economia e politica. “La paura è un sortilegio davvero formidabile”, il diverso qui ha varie forme, sgradevoli ma autentiche: oltre ai mostri abbiamo creature di altri pianeti che vendono calzini, anche perché i soldi destinati dallo stato per il loro aiuto fa giri pindarici e chissà come mai torna in picchiata assai ridotto; ci sono animali su cui la scienza ha lasciato un marchio, il marchio della deformazione. Ogni diversità è ingigantita dalle dicerie, dal foraggiare fortemente la paura di ciò che non si conosce. Questo libro parla di ogni parte costituente una società, dal lato malsano e dal lato giusto e fiorente. I mezzi di comunicazione; i politici che puntano dita un po' qua e un po' là, perché ricordiamo il sortilegio che tutti ci tiene sopiti e rabboniti. L’unione dovrà lottare contro la divisione ben architettata dai poteri forti. Amicizia, padri e figli, ricatti e redenzioni. Per arrivare alla conclusione forse avrete il mal di testa, a me è venuto! Ma ascoltate:

“Leggete e non perdetevi d’animo se non capite. Nella vita non importa capire tutto, quel che conta è rispettare anche ciò che non si conosce (e se lo dice Frankenstein potete fidarvi).”

Un romanzo allegorico, un fantasy dai tratti gotici che cambia abito ad ogni possibile apertura di armadio. Dietro un sacco di baccano ci sono i sani valori di una comunità giusta.

“TUTTI NOI ABBIAMO IL DIRITTO DI SENTIRCI PARTE DI QUALCOSA, MESCOLARE IL NOSTRO AMORE, E DIVENIRE UN TUTT’UNO CON LE STELLE.”

Ph Francesca Lucidi

AVVERTENZE

Diciamo che il mal testa è dietro l’angolo. La grande foga nel voler dar voce alle diversità porta a una caratterizzazione esplosiva: ogni personaggio o gesto è correlato di particolari espressi senza freni. A volte questa ricchezza tende ad affaticare la lettura, che deve star dietro davvero a molteplici cose che per brevi tratti si possono avvertire come troppe. Magari al prossimo sfogo di libertà doserei leggermente di più i suddetti particolari.

BENEFICI

L’effetto ormesi è dietro l’angolo: un piccolo danno all’organismo che scatena un meccanismo stimolo-risposta positivo. Il mal di testa ci aprirà la mente verso le connotazioni che spesso ci sfuggono, verso le “droghe” innocenti che ci vengono somministrate ogni giorno dall’informazione, dalla comunicazione pubblica; dalle abitudini che ci tengono immobili tra il bisogno di sicurezza e la necessaria libertà.

Il testo si presta a una lettura didattica per i giovanissimi che vivono ogni giorno la xenofobia e il pregiudizio; il loro livello cognitivo può essere sbloccato attraverso emozioni, risate e lacrimucce. I grandi riescono a cogliere perfettamente le allegorie e i rimandi alla nostra storia reale, alla nostra storia sociale, politica ed economica: un senso di riconoscimento e rivalsa potrebbe farci finalmente camminare a due zampe!

“Invito tutti voi a riflettere su questa semplice considerazione: se il mio vicino ha di che vivere (o non-vivere) ed è soddisfatto, allora vi sono buone probabilità che non invaderà la mia casa; d’altro canto, se il mio vicino è povero e infelice, è probabile che sarà costretto al furto. La tirannide arricchisce uno per impoverirne molti; ci tiene divisi e in costante lotta gli uni contro gli altri”.

PICCOLA CHICCA: in allegato al libro una mappa molto speciale! Un bel poster per i piccoli e un elemento visuale stimolante per gli adulti “viaggiatori”.


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domenica 3 gennaio 2021

LE AVVENTURE DELLA GATTA LUDOVICA

 UNA GATTA NERA E UN ANZIANO VEDOVO: 

LA NARRAZIONE DI UN'AMICIZIA SPECIALE CHE DÀ IL VIA A UN'ESPERIENZA CHE PROFUMA DI GENTE E STORIE, E DONA NUOVA DIGNITÀ ALLE PICCOLE COSE IN UNO SCENARIO IMMENSO COME UNA GRANDE CITTÀ... E, SOPRATTUTTO, LA VITA STESSA

Testo di Angelo Petrosino

Illustrazioni di Sara Not

ANGELO PETROSINO

Da più di trent’anni scrive testi per ragazzi; lui che i ragazzi li ha conosciuti davvero, grazie al suo passato da insegnante. Si è occupato anche di giornalismo e traduzione. Attualmente collabora con la rivista «Pagine Giovani».

SARA NOT

Sara è mamma di due ragazzini, e anche di “Micia”… la musa ispiratrice che ha portato alla creazione dell’immagine meravigliosa della Gatta Ludovica. La Not collabora con le più grandi case editrici italiane, ma il suo lavoro frizzante, espressivo e unico è arrivato anche oltreoceano.

LE AVVENTURE DELLA GATTA LUDOVICA

INTRODUZIONE ALLA TRAMA


Ph Francesca Lucidi

Targata Einaudi Ragazzi, e pubblicata nel 2020, questa storia è un contenitore di realtà straordinario. Attraverso gli occhi e i pensieri di Gatta Ludovica, e grazie alla sua profonda amicizia con un anziano vedovo, riusciamo a visitare angoli, piazze; piccolezze e magnificenze della città di Torino. Il viaggio più intenso, però, è quello nelle vite delle persone, dei numerosi soggetti che esprimono bellezza, bruttezza, crudeltà… ogni sfumatura dell’animo e ogni lato delle azioni. Ludovica è la discriminante: la gatta osserva, interagisce, interviene e PARLA.

Ludovica è una gatta nera, una gatta di strada abituata a cavarsela da sola e ad assaporare la libertà con le sue dolcezze e i suoi aspri imprevisti. Ma la piccola fiera felina, dagli occhi grandi e svegli, incontrerà chi non è così selvaggio ma che come lei conosce le difficoltà, la resilienza, e anche la solitudine.

AMELIO è un anziano ultraottantenne, vedovo. Ah! La sua amabile moglie mancata da poco ancora riempie le giornate del vecchietto popolando le ore di ricordi, e parlando attraverso vividi sogni che spargono malinconia ma permettono di mantenere vivo un amore potente che continua a illuminare la vita di Amelio.

Una notte, Luisa, la moglie di Amelio, propone al marito una rivoluzione: adottare una gatta.

L’anziano e dolce insegnante in pensione sa tutto sui libri, ma non molto di animali. La sera, spesso, si ferma a guardar fuori, godendo del fresco. La notte gli anziani sembrano esser curiosi e in allerta, quasi come i gatti.

Una donna ogni sera arriva con le sue sporte e nutre una colonia di mici, che spuntano fuori dal nulla al solo sentore dell’arrivo della loro benefattrice. Quale migliore aiuto per la missione di Amelio!

La donna è chiara: NON VENDE GATTI. Ma i due individui soli, gentili e sinceri entrano subito in sintonia; con i modi semplici e i gesti concreti di chi conosce la vita e non si perde in chiacchiere. Posso rassicurarvi che Amelio riesce a soddisfare il suo desiderio, prima, però, bisogna procurarsi tutto il necessario per curare un micio. Un anziano sa essere meticoloso, perché sa che la distrazione può essere pericolosa e la casualità fa perdere tempo e confonde. Una piccola attesa, delle schiene un po' malandate. Basta una panchina per aiutare un’annusatina, ed ecco che Ludovica è già sulle gambe del suo nuovo padrone. La donna lo aveva detto che aveva proprio in mente un animale adatto per l’anziano; bisogna però ricordare che un gatto ha i suoi tempi… e che probabilmente sarà lui a scegliere voi, e non il contrario.

Ph Francesca Lucidi

La convivenza fra i due va a gonfie vele: dopotutto Ludovica parla e Amelio la capisce. Badate bene che la micia non proferisce parola con chiunque.

Le istruzioni si susseguono: occuparsi di un gatto richiede il precisissimo adempiere a una serie di gesti e abitudini, poche ma chiare e imprescindibili. Amelio si racconta e ascolta la sua micia. Dopocena porta la gatta con sé e vanno verso la scuola: dove di giorno si consuma chiasso e un pizzico di pericolo, ecco che di notte c’è quiete. La gente guarda in modo strano l’anziano che gira incappottato con in braccio una pelosa gatta nera dagli occhi grandi. A loro due non importa, dopotutto entrambi conoscono il vero valore delle cose, del tempo e della libertà di pensiero.

Purtroppo, un giorno, Amelio inizia a tossire, tossire forte. La diagnosi è chiara e richiede un ricovero in ospedale. Di certo Ludovica non viene lasciata in balia dell’abbandono; c’è chi pensa a lei… ma non basta. Qualcosa nella micia inizia ad architettare, a pensare e rimuginare. Una fuga fulminea e inizia l’incredibile avventura di una gatta che non si gira mai dall’altra parte davanti a un cattivo; non si piega ai pregiudizi; ringrazia chi si comporta bene e sa confortare i cuori soli e le anime afflitte. Ludovica salva vite, sgomina malviventi e riesce a far scattare allarmi delle macchine saltando dalla cima di un albero (ma che male le anche!).

Ph Francesca Lucidi

Il suo cuore, che batte fortemente sotto il folto pelo nero, corre tra la gente ma non può fare a meno di anelare il grembo di Amelio. Riusciranno a riunirsi? E vi sembrerebbe incredibile se vi dicessi quanti manigoldi, superstiziosi e gretti individui farebbero del male a un povero gatto, specialmente se nero.

Tenetevi forte: mortadella, tonno, occhi attenti e altruismo. Questo il bagaglio per scorrazzare con Lodovica.

ANALISI

I TEMI: COSE SERIE PER UN GATTO E PER UNA PERSONA!

“I PENSIERI LI REGALA LA VITA. I LIBRI CONTRIBUISCONO A PERFEZIONARLI.”

Quale migliore citazione di questo testo da mettere davanti a voi. La storia di Ludovica è, infatti, soprattutto una storia fatta di tante storie, di tante esistenze che si intrecciano tra loro o si stagliano nel loro vuoto o nella loro vita grigia, priva di autonomia, efficacia o avventura. In realtà la solitudine pare un filo rosso che si interseca con altre decine di colori fatti di come il mondo va; soprattutto oggi, se consideriamo certi fattacci che andremo a leggere. Alcune trame sono sbrogliate, morbide, persino luccicanti! Ognuno di noi ha questo filo che fuoriesce dall’animo e si incontra con quelli degli altri: ci incastriamo, creiamo disegni meravigliosi, ci uniamo per rafforzarci.

Dalla matassa potreste fare una bellissima copertina per un micio, i gatti adorano le attenzioni: ma che siano gratuite, mi raccomando! Ludovica ci insegnerà anche a fare del bene, a perpetrare la cura o la cosa giusta senza aspettarsi applausi, stando nell’ombra e gioendo solo di un una buona mangiata, una carezza o un giaciglio sicuro. Ricordate, LE FUSA NON SI FANNO A COMANDO! Le relazioni di questa gatta, che durano magari una manciata di minuti, sono più autentiche di molti rapporti o interazioni a cui siamo abituati: non vi è “merce di scambio”, non vi è falsità o pregiudizio. Un compagno per un sorriso può essere un barbone, uno zingaro, un macellaio malvisto dalla gente; un prete e persino un carabiniere. Quest’ultimo potrebbe farci comodo perché il mondo è pieno di ladri e scansafatiche che vogliono fare del male agli altri per non usare zucca e schiena lavorando onestamente (tranquilli, qui ci penserà Ludovica).

I personaggi riescono a essere perfettamente tratteggiati in poche pagine, i diversi capitoletti sono finestre sul mondo verso il quale siamo distratti, costantemente. Potessimo ascoltare una madre che parla con il figlio malato, potessimo farlo veramente con attenzione, sapremmo “ascoltare” nel modo giusto; sapremmo cosa fare? Tentiamo spesso di essere grandiosi andando alla ricerca di manifestazioni plateali e frasi perfette per ogni occasione, quando una carezza può smuovere energie grandissime; va bene anche una strusciatina se siete gatti.

L’autore ci accompagna nella riscoperta dei gesti piccoli, e delle cose fatte con calma riscoprendo il raro gioiello della semplicità; il tutto in uno scenario immenso: una grande città e la vita stessa.

“Domani ho in mente di cucinare il minestrone. Non uno di quelli già pronti che si vendono nei supermercati. Lo preparerò io, una verdura dopo l’altra.”

Cristina è la vicina di Amelio, una donna semplice, una casalinga non particolarmente istruita ma entusiasta della vita e del suo ruolo. Una persona generosa che aiuta i vicini, che tagliuzza verdure e non manca di essere curiosa anche riguardo i libri e la cultura di Amelio. L’anziano non si trincera dietro alle conoscenze che può aver maturato un insegnante, al contrario non canzona mai Cristina e la invoglia anche a provare a leggere. L’autore propone diverse riflessioni sull’amore per la lettura e il rispetto per essa; perché i libri non sono un lusso per pochi o una medaglia al valore, sono anzi “valori” aperti a tutti, democraticamente. Un vecchissimo libraio sarà anche preoccupato per le sorti della sua bancarella di usati: il nipote scansafatiche butterebbe tutto chissà dove… e poi i libri regalano tempo prezioso e sono dilatatori verso eternità che riescono a persistere grazie alla dedizione di chi ancora vuole ascoltare le parole degli scrittori, i tormenti dei poeti, il tutto da ogni epoca.

“Sì. Il tempo è una ricchezza che ci è stata sottratta.”

Questo libro è anch’esso una dimensione, una visione che permette di ridurre le preoccupazioni ambiziose, di riscoprire l’amicizia sotto ogni forma. Tutti i luoghi nascondono tesori e amore, ma anche insidie. Il segreto sta nello sguardo, nel punto di vista che questa storia permette di farci moltiplicare, ampliare.

Un buon bicchiere di latte fa felice un gatto, un anziano e un bambino. Dicono che i vecchi ridiventino lattanti, bimbi piccoli: il cerchio della vita è una cosa di tutti, ma troppo frequentemente ignoriamo chi sta attraversando fasi diverse dalla nostra, corriamo dietro a impegni che ci assorbono totalmente fino ad arrivare a dimenticare un neonato in auto. LE AVVENTURE DELLA GATTA LUDOVICA è una profonda riflessione sul tempo, sul vivere e sul morire.

Una buona vita porta a una buona morte, qualcuno ha detto una cosa del genere. Alzate i baffi e le antenne:

“E che cosa hai pensato?

Che non bisogna sprecare nemmeno un minuto delle nostre giornate […]”

Ph Francesca Lucidi

Buona lettura, ringrazio di cuore l’autore per avermi inviato il suo libro.

Godetevi anche le illustrazioni, non mancheranno di procurarvi seria commozione, un riso potente e una tenerezza avvolgente.


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