sabato 9 gennaio 2021

IMPRONTE

 UNA RACCOLTA POETICA 

di SIMONE CHIANI

Ph Francesca Lucidi

INFORMAZIONI SULL’AUTORE

Simone Chiani nasce a Viterbo nel 1997, si forma in campo umanistico con una laurea in Lettere moderne e applica vocazione, erudizione e passione nel suo lavoro come giornalista e scrittore. Nel 2018 pubblica la raccolta poetica Evasione, Prosimetro.

INTRODUZIONE: ATTRAVERSO LA MISSIONE DEL POETA

Edito da Ensemble, nel 2020.

“IL MONDO CHE HAI INTORNO NON VALE QUELLO CHE HAI DENTRO”

Dal sottotitolo dell’opera partiamo con un interrogativo sulla nostra visione esterna, immediatamente identificata come limitata, oscurante il mondo interiore. Ciò non deve far pensare a un rifiuto del reale; il poeta propone una riappropriazione del tutto, come? Attraverso una nuova concezione dell’elemento che maggiormente regola, ingabbia, il sentire e il vivere: il tempo. Chiani non rifiuta la relazione con il mondo, e specialmente con l’altro; è esattamente il contrario. Ciò che viene posto in discussione è il meccanismo delle nostre fisiologiche rappresentazioni del reale, così intrappolante nella corsa del tempo che fugge; che contiamo, che subiamo nel senso perenne del cammino come proiettato verso una fine, non verso un futuro che si costruisce in attimi.

La poesia è vista come il mezzo per avvicinarsi al cosmo, specialmente quello interiore. Il “sentimento poetico” viene chiamato in aiuto, per riunire un’umanità definita “dispersa” perché lontana dalla consapevolezza del sé: priva di un sano dialogo interno, anche se tumultuoso ma autentico. Convivere con il prossimo, comprenderlo, fare comunità… azioni dipendenti dall’insegnamento del sé con il sé. Partire da cerchi più piccoli, riappropriarsi da ciò che a noi pare minuzia: l’attimo.

Il tempo può non essere subito se ogni attimo dell’esistenza viene visto, riconosciuto e incarnato con potenza. Si può creare un tempo “personale”; perché la vita, come il reale, è mutevole e sfuggente. Il rapporto causa-effetto ci invischia in ricerche che si perdono perché tutto ciò che possiamo vedere al di fuori di noi è sempre diverso. L’unitarietà anelata nel livellamento delle contraddizioni è impossibile da trovare, anche solo scorgere. Anzi, le contraddizioni sono ciò che l’artista restituisce all’umanità; non per lanciar dubbio, ma per fa sì che quel dubbio diventi naturale, finanche bellezza.

L’Impronta è il simbolo di questi concetti: esse mutano, sono dipendenti dall’azione momentanea che la genera. Il calco, il passo e ciò che è calzato determina una sequela di attimi, vissuti, stasi e movimenti che sono irripetibili; ma coerenti in quella sfuggevolezza che vuole che ogni passo quasi annulli il precedente; non per cancellarlo ma per rinnovare, sempre.

Poesie, impronte e momenti di vita sono un tutt’uno per spingersi verso l’incarnazione delle proprie, uniche, verità. Il sottotitolo non sminuisce il reale ma ci fa ripartire dal nostro interno; rendendoci liberi da un punto di vista che risente delle cose che sfuggono, cambiano e muoiono al di fuori di noi.


LA STRUTTURA

IMPRONTE riprende la precedente opera, EVASIONE. Questo per riprendere la mutevolezza, per togliere i punti fermi e riaprire il flusso, lo scorrere. La presente racconta è divisa in tre sezioni: “Passo Sbadato” che in una non omogeneità, nella semplicità di una forma che riprende la scrittura automatica, vuole mimare un certo tipo di impressione sul suolo del vivere, e dell’esperienza di lettura; “Passo Spedito” dove le linee si fanno più definite e la razionalità è uno degli appoggi; “Passo Calcolato” in cui il calcolo domina ogni aspetto. In questo ultimo caso l’autore ci parla di un lavoro “dispendioso”.

I tre modi sono tre approcci, sono tre forme della poesia e altrettante incarnazioni del reale e dell’esperienza di lettura, per chi vorrà affrontare la sfida di una pacificazione con il tempo e la bolla più grande dove viviamo in tante bolle più piccole.

Chiani riprende le forme canoniche della poesia della grande tradizione: il sonetto, l’ottava… poi troviamo strutture più libere abitate da versi, però, sempre canonici.


ANALISI E CONSIDERAZIONI: CALCANDO LE IMPRONTE

Il primo “Passo” ci accoglie nella fuggevolezza e nell’intangibilità; ciò non è bloccante ma genera il muoversi dell’esistenza. Questa parte inziale  si avvia con brevità che inneggiano alla follia, all’intuizione di un momento fatto della visione di un filo d’erba. L’amore, la donna e lo stare insieme che dilata il tempo, e per un frangente pare vincerlo. Nel sentimento con la femminea insegnante, colei che ferma e dilata, ecco che il poeta si sente esistere; perché in quegli attimi vissuti intensamente… è proprio lì che l’esistenza abita. Così l’uomo si attacca alla sua donna, ma in questo primo passo si “sfoga” e rinasce in poesie a lampi, a fiammate. Il poeta si fa fenice, grazie al suo vestire il vuoto per scrollarselo con il bruciare del vivere completo. Il vuoto completa; cosa non paradossale per le filosofie che riuniscono gli opposti.

Lo sfogo del poeta, però, non deve essere un abbandono alla tempesta: questo concetto ci accoglie nella seconda parte, la quale il Chiani ci aveva spiegato come più razionale. La prima lirica “Idilliaco Momento” pare un respiro più profondo, dopo gli stralci brevi e le sferzate caustiche o sentimentali della parte iniziale della raccolta. Un incontro con la donna amata, la natura, un tutt’uno che segna un’unione dove le brutture sono solo lontane; poi arriva il pensiero cosciente tra l’estasi, giunge il distacco e tutto è ricordo.

“C’È BISOGNO DI ORIZZONTI” è, a mio avviso, uno dei momenti più alti della raccolta. Proprio perché mantiene le promesse introduttive, dove l’erudizione vuota deve lasciar spazio ad altro, nonostante una sapienza nel maneggiare i materiali della tradizione e le conoscenze sulla poesia. In realtà, in alcuni momenti, ho avvertito la pesantezza della conoscenza, della formazione tecnica del poeta; mi sono sentita distaccata dal sentimento che nella terza parte pare abbandonarmi, ma qui ci troviamo ancora nel “Passo Spedito”; godiamoci questi versi, insieme:

“C’è bisogno di orizzonti

per sapere dove andiamo,

remoti e inviolati

devon sempre rinnovarsi:

 

se conosco il traguardo

non ha senso la strada;

acquisiamo un senso

quando ci lasciamo al caso.”

Qui ho avvertito davvero il mantenimento e l’esplosione della missione del poeta; che poi sa anche affilare il suo coltello e mostrare le aberrazioni di una comunità di pecore sopite. Ma chi veglia e vede? “l’uomo d’adattamento”.

Ciò a cui siamo abituati, il far come la rondine che non si gode la primavera perché pensa all’inverno, non è l’adattamento che per noi può essere sopravvivenza:

“Smettiamo di vivere quando

in un istante non ben definito

iniziamo a pensare al dopo

lasciando alla morte tutto ciò che rimane

e precludendo l’istinto al futuro.”

Questi, tra i versi che più mi hanno fatto sentire l’impatto dell’invito a vivere a pieno. Ma il poeta non si calma, a volte vaga. Il coinvolgimento sentimentale può inciampare su termini aulici, desueti; il cammino ci introduce alla terza parte dove le fulminee comparse di un “sentimento nero”, le fiamme che sanno incendiare una città spenta; Il “come” che rivendica il suo trono usurpato dal “quando”, ci abbandonano e sento la formazione umanistica del Chiani prendere il sopravvento.

Il “Passo Calcolato” mi ha trovata persa in sonetti ben calibrati, ma forse, a mio parere, appena un po' troppo lontani dal poter coinvolgere quella società dispersa la cui capacità di attenzione non resiste neanche con la benedizione di Dante o “Giacomo”. Tra queste pagine, però, un titolo: “QUANTISTICAMENTE IMPERFETTO”; tra i versi ritrovo il senso e…

“Tutto ciò che occorre sapere

non è dato saperlo

piuttosto il conosciuto

non occorre di certo.

È così deciso: da sempre

in qualsivoglia caso

avremo l’inutile

e mancherà il necessario;”

[…]

Le stesse parole del Chiani possono dar voce a impressioni che ho avvertito nella terza parte, e hanno trovato ristoro in liriche come quella da cui vi ho estratto questi versi giusti. E non parlo di conteggi ma di coerenza tra intenti, spinte e reazioni sperate e su questo tono raggiungibili.

Al temine di IMPRONTE, il camminare porta sotto la luna; lì dove mi sento a mio agio, e dove anche il poeta pare trovare una muta risposta che riconcilia.

“giova più

folta lode d’immeritati inganni

o a te

modesto elogio di tersa realtà?”

Credo che il poeta si stia interrogando anche su di sé, sulla poesia e non solo su quell’esteriorità per la quale conoscenza e ridimensionamento ci accompagnano. Cosa risponderà la luna? Sta a voi scoprirlo, scegliendo di leggere IMPRONTE; alimentando ancora il popolo di chi vuole la poesia e rivendica l’alto sconvolgimento dell’animo in visioni intime, che però possono essere di tutti.

Ringrazio Simone Chiani per avermi gentilmente donato la sua opera.


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