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martedì 13 dicembre 2022

LO SCRIGNO DI NATALE

 di 
CONNY MELCHIORRE

  • Anno di Pubblicazione: 2022
  • Editrice: Autopubblicazione
  • Prezzo di copertina: Non presente
  • Pagine 114
  • Illustrato

DALLA QUARTA DI COPERTINA

“Vi va di Sbirciare con me? Allora salite sulla slitta dell’immaginazione. È arrivato il momento di partire verso il magico mondo dei ricordi di Santa Clauss…”

L’AUTRICE

Conny Melchiorre è nata a Lanciano (CH), il 27 ottobre del 1977. È laureata in Filosofia e Scienze Pedagogiche. Attualmente è docente di ruolo di Filosofia e Storia. Collabora con diverse testate giornaliste, con il titolo di “pubblicista”. La sua passione per lo scrivere la porta a organizzare corsi di scrittura creativa e a non fermarsi mai nel suo esplorare il mondo dei media e della comunicazione.

I suoi romanzi: Fiori d’Oriente, Lettere di Stagione, I racconti del Focolare, T’Amo ed altre storie.

COS’È?

Un memoriale, un insieme di racconti e narratori che si intrecciano tra loro. Una lettura per tutte le età dal linguaggio d’altri tempi, ma semplice, democratico e poetico come i valori di cui ci fa dono, tra le pagine.

DI COSA PARLA?

Babbo Natale quanto sa di noi… lettere su lettere, per non parlare degli animali domestici che una volta all’anno acquistano il dono della parola e degli elfi che stanno nascosti nelle case e controllano, appuntano e riferiscono. È così facile abbandonare ogni reticenza quando ci si confida ai sogni, alle fantasie, a magici amici che confermano la loro effettiva esistenza nella nostra fede in essi. Ma, questa volta, è Babbo Natale, invece, a confidarsi a noi, a raccontarsi.

Per custodire i segreti ricordi delle sue avventure ha uno scrigno speciale, sarà disposto ad aprirlo per renderci partecipi di straordinari incontri, commoventi riflessioni e divertenti fattarelli. Come dite? I segreti non sono più tali se vengono condivisi? Beh, qui ci si guadagna il diritto di cronaca grazie alla collettiva magica atmosfera della speranza e della volontà che possono far accadere l’impossibile e rendere straordinario ogni più piccolo particolare se carico d’amore e curiosità verso il prossimo, senza pregiudizio. E poi Clauss rammenta bene: “Le storie se non sono raccontate agli altri sono perse per sempre.”

E ADESSO,

ADDENTRIAMOCI IN UNA CASETTA ACCOGLIENTE, MENTRE FUORI NEVICA E IL VENTO STA AD ASCOLTARE

«Sono sempre stato così, un misto di fantasia e realtà, tra passato, presente e futuro.»

Cos’è la realtà se non ciò che per noi esiste davvero? Nessun sogno, desiderio, preoccupazione o visione è davvero impalpabile. Babbo Natale cos’è se non una speranza, un’elaborazione segreta dei pensieri più intimi? Da adulti ci si dimentica di quando da bambini si sapeva desiderare ancora autonomamente. Di come il valore delle cose avesse una preziosità e un peso così intimo da dover proteggere. Qui, dal passato si può recuperare il sapore dolce del ricordo di quelle sensazioni e valori, dopotutto Babbo Natale è nato come un semplice ragazzo, chiamato Clauss, che si sentiva diverso dagli altri, e lo era, ma aveva comunque il coraggio di essere sé stesso: quello che ama i cuccioli e nota ogni più piccolo aspetto della realtà discernendone verità e importanza.

Clauss era generoso, povero in canna e con lo stomaco abbastanza vuoto. Ma la generosità gli ha sempre saziato il cuore, portando nel mondo una generosa forma di amicizia che gli ha permesso, ad esempio, di incontrare Siku. Chi è? Un bastoncino di legno. Poca cosa, direte voi. Ma se vi confidassi che proprio Siku ha dato origine alla nascita dello Scrigno dei ricordi?

Amelia, la moglie di Clauss, adora rivedere gli oggetti che vi sono contenuti e le storie che raccontano. Anche i bimbi elfi non si stancano mai di meravigliarsi delle cartoline di Natale dal mondo, con i conseguenti resoconti di strane tradizioni. Quale preferisco io di queste? Sicuramente Le ragnatele di Natale… Beh, posso solo dire che questa lettura ha la facoltà di mostrare come la povertà possa portare nel mondo grandi gesta di bellezza che meritano la nostra attenzione, e la nostra cura. Ed è proprio questo che fa il libro di Conny, si prende cura di poveri e piccolissimi particolari: da un topolino, a un fiore, a un viso affamato che si nasconde.

Alla luce del naso della renna Rudolf, possiamo sfogliare le pagine del mondo per sbirciare dove l’uomo soffre e può rinascere, dove un male può essere estirpato. Il valore del raccontare, qui, non è mai autoreferenziale. Si ascolta ma si partecipa anche, se si vuole. Dopotutto non è solo Clauss a prendere la parola tra le pagine.

Un’accortezza? Conservate o rinvigorite la vostra innocenza e il vostro puro amore per le cose belle, belle davvero, ma non fate che ciò vi oscuri lo sguardo nello scorgere anche ciò che proprio così grazioso non è, tipo i Krampus, brutti ceffi di cui saprete un bel po', grazie allo scrigno.

Da bravi osservatori si può dischiudere l’aspetto di ciò che vediamo per trovarne lo spirito e cambiarlo per giunta! E se vi dicessi che così potrete anche esaudire un desiderio?


LA MIA CITAZIONE PREFERITA

«Anche quando la situazione sembra irrisolvibile, i sogni si possono coltivare e un fiore può nascere fuori stagione.»

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mercoledì 22 dicembre 2021

DI IMPOSSIBILE NON C'È NIENTE

 di

ANDREA VITALI

Illustrazioni di Fabiana Bocchi

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2015

Edizione

Editrice Salani Editore

Prezzo di copertina €10,00

Num. Pagine 156

Formato Copertina Rigida


TEMI

SALVIAMO I SOGNI, LA SPERANZA E LA NOSTRA “CASA”.

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Perché, chiedeva Melo con uno slancio lirico finale, tutto quello, il giallo, e l’oro delle foglie, il rosso del ciliegio, il verde eterno del pino, il cangiante del larice, la nudità delle betulle, il chiacchiericcio del sottobosco, le grida di ribes e compagnia bella, avrebbe dovuto sparire per fare posto a case morte sul nascere, piccoli cimiteri per uomini e donne ancora in vita e bambini che non avrebbero avuto spazi per giocare?

L’AUTORE

Andrea Vitali è nato a Bellano il 5 febbraio del 1956; figlio di impiegati comunali, cresce sul lago di Como ed è il maggiore di sei fratelli. Restato a diciassette anni orfano di madre, cresce con la presenza costante delle sue tre zie, sorelle del padre; a questa esperienza dedicherà il libro LE TRE MINESTRE.  

Diplomatosi al liceo segue poi le ambizioni paterne e si laurea in medicina all’Università Statale di Milano. Vitale fa il medico per ben venticinque anni, più precisamente fa il medico di base proprio a Bellano. Nel 2020 riprende l’attività medica per aiutare nell’emergenza legata alla pandemia da Coronavirus. Nello stesso anno ha ripreso la sua aspirazione giornalistica giovanile e inizia la collaborazione con Il Fatto Quotidiano.

DI IMPOSSIBILE NON C’È NIENTE

SEDETEVI COMODI: SU UNA RENNA O SOTTO LA CAPPA DEL CAMINO, MAGARI VICINO A QUEL RIBES

E se l’immaginazione e i sogni andassero in “pensione”? Se le belle storie smettessero di essere raccontate, se la magia venisse tradita da una fredda modernità votata alla velocità di consumo? Ci sarebbe da chiedersi che fine farebbero Babbo Natale, la Befana, il Topolino dei denti, Santa Lucia… per non parlare della spiritualità. 

In una realtà vicinissima al nostro presente, anche se immaginata, un racconto per bambini che mira a chiamare all’attenzione gli adulti. 

L’Ospizio Vistalago ha tra le sue mura accoglienti tutte le creature magiche che da secoli vengono attese ed evocate da grandi e piccini: ormai, partendo da Babbo Natale fino alla Cicogna che porta i bambini, queste entità sembrano non servire più a nessuno proprio perché nessuno le cerca; sarà che la speranza e i desideri sono cambiati, se non scomparsi definitivamente.

Mentre il noto vecchino panciuto e rubicondo dedica odi alla luna, una suora che avrà più di duecento anni ascolta la musica delle stelle, i Re Magi passano a trovare i cammelli nella stalla dove sono lì pacifiche anche le renne, beh… ecco che arriva il postino, Mercurio. Sì, devo dirvi che la mitologia è evocata in ogni personaggio, l’allegoria dà all’adulto la responsabilità di ricordare, spiegare e quindi elaborare gli archetipi e le poste in gioco per un’umanità che sceglie di restare, appunto, umana; solidale, e va bene che sia anche fallibile purché reale come appaiono quelle creature fantastiche che dopo una grande impresa restano a letto con il mal di schiena. 

Certo, dovete sapere che ci sarà un piano da affinare e una vittoria da portare a casa a tutti i costi. E poi magari capire se “casa” è l’ospizio o il luogo da dove nacque ogni sogno o desiderio. 

Un bambino di nome Gelso smuoverà il mondo, come? Facendo recapitare a Babbo Natale la prima lettera dopo tantissimo tempo. La richiesta è precisissima: vi è anche una mappa e una descrizione accurata del luogo del misfatto; alla letterina hanno partecipato anche Melo e Pero, che poi si chiamano Pietro e Paolo. Per assonanza verrebbe da chiedersi se magari il nome di Gelso sia un altro. 

Si riuscirà a combattere i potenti e le loro decisioni scellerate? Forse basta un pizzico di furbizia: troppo ordine rischia di essere esposto al fallimento se si introduce un pizzico di sano caos. 

Ho dimenticato di dire che alla costruzione dell’Ospizio Vistalago ha partecipato un misterioso Architetto che riesce a mettere esattamente le cose a posto per ogni abitante di un luogo che progetta: ogni cosa ha una funzione… basta che poi egli possa rilassarsi per sei giorni!

I valori della speranza, della creatività, dell’amicizia e della collaborazione al servizio di ciò che c’è di più prezioso: quattro alberelli, un bosco, la terra; ed ecco che quindi torniamo al concetto di ciò che dobbiamo portare a casa, quella casa così preziosa e non recuperabile se lasciamo andare ciò che vive, anche se solo nei cuori. 

CONSIDERAZIONI

Una lettura che si traveste da libro per bambini quando il bimbo evocato è quello da risvegliare nello spirito del lettore. Allocutivi espliciti e confidenze fatte apertamente a chi ha tra le mani il volume: ecco che questa storiella è qualcosa di più di un evento divertente raccontato in modo poetico e un bel po' assurdo. Tra i nomi mitologici che si affollano; le tradizioni, a volte un po' vecchiotte o meglio eterne; la sensibilità dimostrata verso il senso della vecchiaia e del ricordo; ecco che Vitali ci restituisce una bella lavata di capo giustificata dalla freddezza di tempi pragmatici, fin troppo dediti a regole e ordini così rigidi da diventare ridicoli. E non nascondo la mia soddisfazione nel vedere la cara burocrazia autodistruggersi. 

Si riflette anche sul senso del desiderio: il desiderare è una virtù civica, ed è proprio questo che Vitali ci pone tra le mani tese a quell’adulto stressato e oberato che popola una terra sofferente ricoperta di mutui non estinguibili, che hanno sì l’aspetto di galere fisiche ma scaturiscono da finti bisogni materiali che celano in gestazione debiti perenni con lacune psicologiche e spirituali. 

Non è un caso che riguardo alla missione alla quale è chiamato Babbo Natale la renna anziana sia sfiduciata mentre la più giovane non voglia sentir parlare di arrendevolezza. Ma fosse che il problema non sono i “giovani d’oggi” ma quegli adulti che non fanno altro che smettere di provarci, di sperare e fare la cosa giusta? Troppo comodo dare la colpa è chi arrivato dopo, soprattutto se noi siamo ancora in gioco ma decidiamo di abbandonare la partita.

Consiglio questo libro davvero a tutti, senza esclusione. Uomini, donne, animali, bambini e geometri. 

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lunedì 20 dicembre 2021

LA BEFANA

 

di

Sandra Nelson

Illustrazioni di

Sébastien Pelon

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2019

Edizione Prima Edizione italiana

Editrice Jaca Book

Prezzo di copertina €14,00

Num. Pagine 34 circa

 

TEMI

EDUCAZIONE E GENTILEZZA

 

DI COSA PARLA? Mettetevi comodi

Siamo a Montepulciano, nella campagna toscana; qui vive Nicola, un bambino. Beh, lì non c’è solo Nicola ma anche una mamma esasperata, delle galline indispettite e una mucca molto offesa: tutto questo è colpa di Nicola e dei suoi modi di fare pessimi.

Ph Francesca Lucidi

Ogni mamma vorrebbe un figlioletto amabile ed educato ma diciamocelo… a tutti gli esseri viventi piace essere trattati con garbo e rispetto; tutto riesce meglio e si condivide con gusto se dall’altra parte abbiamo un interlocutore piacevole. A volte prendiamo a calci un sasso e andiamo a colpire l’auto di qualcuno, altre volte non chiediamo le cose come farebbe una personcina per bene: il nervosismo è una brutta abitudine, ma ci possono mettere lo zampino anche la superficialità e il capriccio. Ah, per fortuna che c’è sempre qualcuno che ascolta, anche da lontano, e potrebbe darci la giusta lezione nel momento più inaspettato.

Non ci si deve scordare che tra questi “controllori” del buon comportamento c’è la Befana, la vecchina che la notte del 5 gennaio cavalca una scopa e, passando per i camini, distribuisce dolci o carbone a seconda se si meriti un elogio o una piccola punizione. La mamma di Nicola ricorda sempre al proprio figliolo quanto rischi di ricevere una bella montagna di carbone; il piccolo, però, è troppo occupato a gettare in terra i secchi del latte o a fare il giocoliere con delle povere uova.

Non ho paura della Befana, non ho paura della Befana.

Ph Francesca Lucidi

Così canticchia Nicola mentre si sta cacciando in un guaio, ma ancora non lo sa. Certo, un guaio che segnerà però la sua vita, il suo modo di essere… e di certo non uscirà da quella esperienza come ne era entrato.

Nicola si troverà nientepopodimeno che in una casa vecchia dove c’è un gatto vecchio… sì, nell’abitazione di una “vecchia” diciamo. E chi è la proprietaria? la Befana!

L’incontro tra i due sarà assai istruttivo; quindi, mettetevi comodi sulle vostre scope!

 

ANALISI

Ci troviamo di fronte ad un albo illustrato di grandi dimensioni, coloratissimo e liscio liscio. Le parole possono stagliarsi su un fondo bianco, e rubare tutta una pagina, o adagiarsi tra i colori facendo parte della scena. La lettura è consigliata per i bimbi dai quattro anni; ovviamente la resa dipende molto da chi leggerà e spiegherà la storia di per sé brevissima. Fate qualche vocina e fate notare le espressioni dei volti; spiegate bene perché la Befana ha adocchiato Nicola e cercate di difendere la vecchina: dopotutto se sarà un po' dura il fine è assai onorevole.

Penso che il messaggio di questo albo possa far bene proprio a tutti, non solo ai bambini. Alla fine del volume troverete una ricetta molto speciale:

Mescolate con amore,

fate cuocere dolcemente

e assaporate senza indugio.

Vi faccio una specie di indovinello: secondo voi si parla solo di biscotti o certe indicazioni possono applicarsi anche a qualche altra cosa? Pensateci un po'…

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venerdì 10 dicembre 2021

I RACCONTI DEL FOCOLARE. UN NATALE PER GRANDI E PICCINI

di

CONNY MELCHIORRE

Ph. Francesca Lucidi

Anno di pubblicazione 2021

Editrice AUTOPUBBLICAZIONE

Numero pagine 152

Copertina Flessibile con disegni a matita di Conny Melchiorre

Piccole chicche? Qualche ricetta gustosa alla fine del volume

Diviso in due parti con racconti per grandi… e, come annunciato, racconti per i più piccoli (i miei preferiti)


TEMI

Venti racconti di puro candore; un volume adatto a tutti… sembra una sviolinata? Non lo è: chi ama il Natale si troverà avvolto da un’atmosfera festosa così vivida da inondare narici e coronarie. La pelle si scalderà davanti alle fiamme di focolari o di cuori ardenti del più puro spirito natalizio; il pancino brontolerà ascoltando di pietanze gustose ma semplici, e mai apparecchiate a caso: piattini di formaggi piccanti, dolcetti, torte giganti gonfie di zucchero e speranza. Invece, chi non ama il Natale… e si trova casualmente o distrattamente tra le pagine scritte da Conny, verrà scosso da narrazioni di vita, di gioia e gentilezza; di ricordi e retaggi, di salvezze e pienezze di cui tutte le vite dovrebbero essere partecipi. Poche pagine scritte in un linguaggio pulito, e che più comprensibile e arrivabile non si può; una divisione che promette storie mirate a coinvolgere adulti e bambini. Però, qui, i bambini son più grandi dei “grandi” e il lettore appena più in là con l’età potrà bere della purezza di eventi semplici che hanno l’immensità della quotidianità santificata dall’amore, dalla cura e dalla forza di render speciale e unico ogni istante… nonostante le difficoltà. Temi attuali e periodi storici di varie metrature per un presepe che ha come protagonisti tutti noi. Un libro da condividere e da regalare ai nostri affetti, ma secondo me anche a chi ci è un po' antipatico. Scegliete voi.

LA DEDICA DELL’AUTRICE

Ai bambini di ieri, di oggi, di domani

Che il Natale vi scaldi il cuore, sempre!

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Quando le fragranze di mandarino e d’abete inebriano l’aria e i primi fiocchi di neve volteggiano dal cielo, è ora d’imbastire tutte quelle tradizioni che conducono al Natale. Ogni famiglia ha le sue. Ad esempio io tiro fuori dal baule tutti i libri che raccontano le feste, per me e la mia bambina. È nata così l’idea di scrivere I racconti del focolare. Un Natale per grandi e piccini. […]

L’AUTRICE

Conny Melchiorre è nata a Lanciano il 27 ottobre del 1977, uno scorpione… come il mio ascendente. Beh, altra coincidenza è costituita dalla regione: siamo entrambi abruzzesi; questo mi ha permesso di godere al meglio di tante tradizioni citate, per non parlare delle città chiamate a costituire lo scenario delle storie raccontate, città a me care per diversi motivi. Ma sarò obiettiva… lo prometto.

La Melchiorre si laurea nel 2001 in filosofia, presso l’Università degli Studi dell’Aquila. Nel 2004, consegue la laurea magistrale in Scienze Pedagogiche, presso l’Università D’Annunzio di Chieti. Lavora come insegnate e giornalista; organizza corsi di scrittura creativa e coordina eventi. Il suo primo romanzo esce nel 2020 con il titolo Fiori d’Oriente, edito da Aletheia Editore. 

Potete trovarla sui social. Io l’ho scovata grazie al luna park chiamato Instagram.


I RACCONTI DEL FOCOLARE

PRESENTAZIONE, ANALISI E CONSIDERAZIONI: TUTTO IN UN SOL BOCCONE!

Il profumo dei mandarini è la campanella a festa che sveglia il mio spirito natalizio. Il muschio, raccolto sulle rocce dei boschi, diventa il prato su cui adagio i miei pastorelli del presepe. Sono un po' stinti, ma non li sostituirò, compagni preziosi dei miei ricordi felici.

[…]

La nostra casa, dalla Concezione, si trasforma in un luogo incantato, tra ghirlande alle pareti, pupazzi natalizi, stelle comete […]

La mia vita è una fiaba vera, che ancora oggi non mi stanco di raccontare.

Citare le parole di questa raccolta di racconti è per me un invito fin troppo pressante. Mi piace rileggere l’incipit ancora e ancora. Quale apertura efficace, accogliente! Tutto il volume è un caldo abbraccio dai sentori di legna, lana e neve. Non cedete al facile giudizio che vorrebbe pensare questa lettura come scontata o ruffiana: tutto è molto sincero, e nessuno deve osar dire il contrario… ma non mi devo neanche sforzare troppo per ribadirlo, basta leggere. 

Non è tutto rose, fiori e canditi. Lo spirito della speranza, della gioia e della vita inspira brutture e restituisce aria, un po' come fanno gli alberi. L’incipit dice bene: la fiaba è quella vicenda piena di peripezie che grazie alla magia e al coraggio si tramuta in un lieto fine che si riverbera nei secoli, per chi vuol imbracciare la spada e combattere contro il drago cattivo; senza dimenticare di far cantare gli uccellini per colazione. 

Ogni racconto è breve e porta la voce di una persona qualunque, o di una vicenda, forse vera, che ha permesso alle tradizioni di diventar tali. La scelta degli argomenti e degli spunti non è casuale: la guerra, il Cammino di Santiago o una mamma che non è a casa per Natale perché cura i malati nei “reparti Covid”. E tornando indietro nella lettura si trova anche il Purgatorio di Dante… e cos’è il Purgatorio se non una passione che va attraversata per arrivare alla beatitudine eterna. 

Non si parla solo di buoni sentimenti, di gente cattiva ve ne è: gente che scaccia un cane malandato brandendo una scopa, contadini crudeli che battono la schiena di un asino indifeso. Cosa c’entra questo con il Natale? Beh, una letterina ci aiuta a capire:

Caro Babbo Natale, te lo avevo detto che questo per me era l’anno buono. Ti ho trovato, e lo grido al mondo. Ora so che per scovarti non occorre guardarsi intorno, ma interrogare i cuori di tutti, che ti custodiscono in uno scrigno di sogni, fra i tesori più belli.

E come ogni fiaba non possono mancare gli animali: cagnolini di Natale, galline senza nome (per poco), bestioline da cortile che prendono in prestito idee dai personaggi letterari. In tutto questo il tocco dell’uomo riesce a ricucire gli strappi dell’esistenza solo guardandosi intorno, non essendo indifferenti al prossimo, mai! E il prossimo comprende una bambina povera di nome Maria, un cucciolo abbandonato, un viandante affamato; fino al Bambino Gesù. 

Volete fare un cammino tutti insieme? Forse questa è la volta buona… altrimenti potreste seguir la sorte di una vecchina che erra con sulla schiena un pesante sacco, cercando di riparare a un momento di esitazione. La vita è nei particolari: forse siamo abituati a viverla e subirla vedendola troppo come un indistinto insieme. 



Ah! Ricordate le chicche di cui vi ho parlato all’inizio di questo contenuto. Se sfornerete La Chiffon Cake di Jack Brina chiamatemi ad alta voce!



Per veder bene le ricette dovrete adottare questo bel librino. A tal proposito:

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mercoledì 6 gennaio 2021

LA VECCHIA DEI CAMINI. Vita pubblica e segreta della Befana

 

Di CLAUDIO LAPUCCI (Saggistica Breve per Graphe.it Edizioni)

“Viene la Befana,

vien dai monti a notte fonda.

Com’è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana”

(Dalla poesia LA BEFANA di Giovanni Pascoli)

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE AL SAGGIO

Edito nel 2018, un piccolo saggio che propone un discorso sui significati e le tradizioni dell’Epifania, ormai sempre più legata alla figura della Befana e meno identificata esclusivamente con il valore che riveste per la Cristianità. Il tutto in meno di cinquanta pagine. Un breve sguardo per i curiosi, per gli amanti della storia; o semplicemente per gli affezionati della nostra cara Befana. C’è chi crede nella magia, o chi la vuole confutare… beh tutto questo gruppo di lettori variegati può trovare non pochi spunti dalla nutrita bibliografia. Le pagine di Lapucci sono un inizio, uno sguardo multidirezionale che può farci giungere in case di Orchi o in boschi “infestati” dalle fate (sì, infestati). Una lettura che si interrompe per un rumore furtivo o un’ombra che sfugge da un pertugio. Vecchi rancori della storia per chi fece del male, o non fece del bene, e forse diventò la Befana. Si cita la nonna di Nerone, Il Cireneo; la moglie di Pilato che espiò anch’essa. A proposito… molti monti della Alpi portano il nome di Pilato, c’è chi dice che proprio lì trovò esilio. Attenti alla buona cura, anche verso gli animali: essi tra loro parlano e svelano le nefandezze dei padroni, alla Vigilia di Natale e per altri nella notte dell’Epifania. Le filastrocche raccontano di consuetudini, timori e insegnamenti che all’uomo servono e che la Befana circondano per farne il vessillo; e vi riporterò spezzoni presi dal testo, mi sono piaciute immensamente queste interpolazioni: l’odore del folklore e del camino che ti entra nel naso, mentre il pane riempie l’aria e le cose di una volta tornano a parlare con forza. Un merlo, un gatto o un moscardino… da vicino il mondo che non notiamo ascolta e vede; sta a noi esser giusti e gentili. Dopotutto il dolce sapore del dono ricevuto fa lo stesso effetto di quando si masticano parole gentili o si portano alla bocca le mani degli altri per accoglierle e baciarle, anche simbolicamente.

Documenti storici e “Befanotti”, burle e vendette per il tirchio. Aria di Carnevale… e no è un caso. Portiamo in trionfo la Vecchina, il simbolo dell’eredità, del rinnovamento e del bilancio; la giustizia umile, il dono e il monito. Credere nell’invisibile aiuta a non abituare gli occhi solo a quello che ci si para davanti, a non essere schiavi di un progresso che priva di retaggi o di consuetudini che permettono aggregazione, insegnamento e, perché no, una bella dose di divertimento. Ma voi sapete dove abita la befana? Pare che in Toscana qualcuno sia stato a casa sua, ma una volta visitata la casina “magica” è impossibile ritrovarla. Il luogo, quasi esatti, ve lo svelerà la lettura.

LA BEFANA: GUARDANDO DA OGNI LATO, ASCOLTANDO OGNI ANTICO BISBIGLIARE

La Befana è un essere antico, una forza ancestrale che nasce come personificazione della natura, nelle apparenze più povere, semplici. Dall’amabilità delle tradizioni contadine inizia a prendere i connotati bonari: una vecchia che porta i doni di notte, e conosce le verità dei cuori e trascina via con sé feste ed energie dell’anno passato. Una nuova opportunità, seguita a un monito che può avere la sostanza del carbone, l’odore dell’aglio o della cipolla, l’inconsistenza penetrante della cenere.

È innegabile che siamo affezionati alla Befana; alla sua soppressione della festività, decisa nel 1977, la gente non reagì bene… nel 1985 fu ristabilito “l’ordine naturale” e la Befana tornò.

Ma come è fatta la Befana? Sappiamo che veste mucchi di panni rattoppati, ciabatte o scarpe rotte. Ha il naso adunco e la pelle rugosa; è piegata dagli anni ed è schiva e silenziosa…  ma badate che tutto vede e ascolta, sempre. Meglio non sorprenderla durante il suo lavoro: oltre a scappare non tornerebbe mai piu! E qui la tradizione è una legge, non una diceria. Nella sua umile solennità, la vecchina è accompagnata da un bastone o gerla; si serve di una scopa o un ciuchino per attraversare lo spazio e caricarsi di doni o oggetti simbolici. Vive in luoghi remoti, per lo più in cavità delle montagne, nei boschi… e per questo è amica dei boscaioli. Frequenta le carbonaie ed è sempre ricoperta di fuliggine. Lei sa che nell’uomo non alberga solo il bene; pare, addirittura, che durante l’anno cammini sui tetti delle case, di notte. Lei ascolta e conosce le azioni dell’uomo, non solo dei bambini. Questa energia perpetua, che lei rappresenta, porta con sé l’anima pagana della ritualità naturale: ogni cosa vivente si spoglia della vecchia vita.

Non è un caso che sia legata al focolare; c’è da dire che anticamente le case erano molto basse e le canne fumarie potevano permettere a un uomo alto di trovarsi con la testa nel cielo e sotto le stelle.

Il saggio ripercorre tradizioni passate di porta in porta, da focolare in focolare; perché è proprio quest’ultimo luogo a rappresentare il cuore della famiglia, la sacralità della casa, e l’agente magico e purificatore delle mura domestiche.

Molte altre sono le usanze legate al fuoco; è da ricordare il CEPPO: la parte del tronco che sta tra le radici e la parte dell’albero che si dirama. La simbologia richiama il punto di unione tra cielo e terra. Si soleva scegliere un ceppo e bruciarlo alla Vigilia, per alcuni doveva durare fino a Capodanno, per altri doveva arrivare fino all’Epifania. Questo pezzo di legno veniva persino benedetto o ornato; il saggio cita numerose consuetudini legate a località disparate, anche lontano dall’Italia. In alcuni angoli della Francia si soleva conservare parti del Ceppo: nel caso si fosse cambiata abitazione, schegge venivano bruciate nel nuovo focolare e altre parti venivano sepolte lungo i muri esterni. Da noi è conosciuta persino una AVEMMARIA del Ceppo. Fuoco e cenere, vecchiaia… il senso e il significato della morte sono fortemente legati alla magia purificatrice e istruttiva che circonda il folklore di molte notti di festività.

E Gesù Bambino? Il suo culto fu introdotto nel XII secolo; anche in questo caso si pensava potesse proteggere le case, e un bambinello veniva sotterrato nelle fondamenta delle abitazioni. Ma il ruolo della Vecchina pare il più antico e longevo: nella COROGRAFIA FISICA, STORIA, STATISTICA DELL’ITALIA dello ZUCCAGNINI il bambinello non compare nella veste di portatore di doni; contando che il trattato è vastissimo e copre il periodo che va dal 1835 al 1845.

Neanche I RE MAGI hanno offuscato la funzionalità della figura della befana e le sue simbologie: i fantocci a forma di vecchia bruciati come buon auspicio; ciò nel corso del tempo, dato che prima si facevano solo dei grandi falò e la direzione del fumo veniva ben guardata per prefigurarsi il raccolto futuro. La befana è un sacrificio della vita, è anche energia che si estingue per ritornare. È eredità, simboleggiata dai doni; è il raccolto che l’uomo fa di ciò che ha prodotto durante l’anno in termini di azioni buone. I MAGI rappresentano più la regalità del divino, la Befana la vita semplice e la povertà; non dobbiamo stupirci che le genti si siano maggiormente riconosciuti in essa. RE portatori di doni e Vecchina hanno in comune la capacità di fare un viaggio lungo in breve tempo; è da ricordare, però, che i Magi hanno impiegato tre giorni per giungere al Salvatore e numerosi anni per tornare a casa. Lapucci ci indica come più completa storia dei Re Magi l’opera di GIOVANNI HILDESHEIM, carmelitano tedesco del XIV sec.

LA BEFANA E IL CARNEVALE: CORTEI E MASCHERATE

Le celebrazioni popolari raccontano di numerosi cortei, di trionfi grotteschi. I fantocci del Carnevale e le “vecchie” da bruciare; in entrambi i periodi si prefigura un ordine nuovo e una diversa stagione. Lapucci ricorda la descrizione delle feste legate alla Befana dell’Abate Gaetano Buganza che, nelle POESIE LATINE (1786), racconta delle strade di Firenze zeppe di gente che canta, urla e fa schiamazzi; mentre una Befana viene portata in trionfo su una sontuosa carrozza. Le persone brandiscono una scopa, e la “nobile” figura sorride.

Il saggio ci parla di cortei, in alcune località ancora praticati, nei quali comitive mascherate battevano le vie paesane, le case poderali, le fattorie; anche i luoghi dove si lavorava anche di notte, come i frantoi. Questi gruppi cantavano e portavano allegrie e buon augurio; manifestazioni associabili alle questue della notte della Vigilia di Natale, con differenziazioni per territori e periodi storici. La Befana spesso accompagnava questi figuri mascherati, tutti recitavano esilaranti scenette nelle quali la trama era quasi sempre la stessa: una giovane deve maritarsi, la Befana vuol rubargli l’amato e nasce una baruffa che porta la Vecchina a un malore o addirittura alla morte. Interviene il dottore che prescrive salsicce, dolci e vino… ed ecco che avviene la resurrezione con annessa raccolta dei beni salvifici. Non essere visitati era quasi un affronto, non rispondere alla “bussata” implicava reazioni verbali niente affatto gentili. L’Italia centrale lascia diverse testimonianze in merito a questa usanza; la bibliografia chiarifica fonti interessanti.

CHI ERA LA BEFANA? NOMI FAMOSI ED ESPIAZIONI

Si narra che Ponzio Pilato e sua moglie, Claudia Procula, andarono in elisio nelle Gallie o sulle Alpi. Lui morì e la donna espresse la volontà di espiare la colpa del consorte che mandò a morte il Salvatore con la sua indifferenza. Claudia divenne la custode delle anime dei bambini non battezzati, che sarebbero rimasti con lei fino al Giudizio e oltre, in un giardino fiorito. In Alto Adige si racconta che la consorte di Pilato fosse diventata una specie di fata, chiamata Frau Brechta. In altre tradizioni religiose si parla di un pentimento di Pilato, il quale è anche stato fatto santo dai Copti, i Cristiani d’Egitto.

Il Saggio cita diverse “trasformazioni” in qualcosa di simile alla Befana. È chiamata in causa anche la nonna di Erode. In Trentino, invece, la consorte Erodiade pare si fosse trasformata in fata; viene chiamata Redòsega o Redòsa, dal numero “dòdese” (dodici) perché pare appaia a mezzanotte.

Elementi che intrecciati tra loro avrebbero contribuito a formare e arricchire la figura della Befana, con le sue caratteristiche.

L’ELEMENTO MAGICO

Nel MALMANTILE (1668) di Lorenzo Lippi, Il Minucci nelle note parla della Befana come di uno spauracchio usato per spaventare i bambini. Addirittura, pare esistessero due figure: una buona e una cattiva.

Il Nieri ci parla di fate, lontane dall’immagine fiabesca a noi nota. Le fate possono essere buone o cattive, passano per le abitazioni e non amano le persone poco gentili. In Abruzzo, nella cittadina di Penne, si narra di una fata vestita di celeste con un cappello a cono sulla testa… attenzione, non fa magie ma si siede su di voi mentre dormite per rubarvi il respiro. Le fate della tradizione hanno un viso rugoso e non affascinante, e sono piuttosto vicine al mondo delle genti, osservando.

La Befana pare una strega, ma ha mantenuto i connotati assolutamente buoni e positivi. Come una strega vive da emarginata. In Toscana si narra che un filo di fumo si possa intravedere tra monti e cime degli alberi; la tradizione locale è chiara: la Befana abita a Coldevento. Piccole tracce, modeste entrate; se si fa attenzione si può accedere alla casupola della Vecchina, posto che presenta anche un magazzino colmo di giocattoli e carbone. La leggenda, però, racconta che se si vuole ritrovare l’abitazione della Befana una seconda volta resteremmo delusi, è impossibile. Dimenticavo che la Befana ha altresì fieno e stalle per nutrire e accogliere i ciuchini che lavorano per lei.

In merito agli animali si sussurra molto: le spie della portatrice di doni o rimproveri silenti sono molte. Corvi, merli, gatti e topini; queste bestiole sono spesso associate anche alle streghe, nel nostro caso fanno da informatori per distinguere i buoni e i cattivi. Una leggenda narra che alla Vigilia di Natale, o nella notte dell’Epifania, gli animali parlino tra loro. Sempre in Toscana, i bovi direbbero così:

«Biancone!»

«Nerone!»

«Te l’ha data la ricca cena il tuo padrone?»

«No, non me l’ha data»

«Tiragli una cornata!»

L’origine della credenza sarebbe da attribuire a una distorsione popolare delle profezie messianiche che la Chiesa legge nella liturgia natalizia. In particolare, quella di Isaia (11-6,8):

“Il lupo dimorerà con l’agnello;

il leopardo si sdraierà accanto al capretto;

il vitello e il leoncello pascoleranno insieme

e un piccolo fanciullo li guiderà.

La mucca e l’orsa pascoleranno insieme;

i loro piccoli si sdraieranno insieme.

il leone si ciberà di paglia, come il bue.

il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;

il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso”.

Il saggio è acquistabile ad un prezzo di un euro e novantanove, se vorrete avere spunti curiosi il testo potrebbe essere una breve lettura stimolante.

Vi lasci con la parte finale di una canzone sui Magi e l’Epifania, raccolta nel Mugello:

“Buona gente, è qui finita

questa storia se è gradita,

tocca a voi or farvi onore

per la festa del Signore.

 

Gira, gira padroncina,

la dispensa e la cucina,

anche voi girate, sposa,

e donateci qualcosa

per far festa in allegria

per la Pasqua Befania.”

 

L’elemento Pasquale non può che richiamare la rinascita auspicata da tutte le tradizioni che hanno amato, e amano, celebrare la morte invernale della natura.

 

 

 

 

 

 

martedì 22 dicembre 2020

LA NOTTE PRIMA DI NATALE

 UN RACCONTO GROTTESCO, GENIALE; 

TRA I FUMI DELLA FIABA POPOLARE  E LE STRETTE DI UNA SAPIENTE CRITICA SOCIALE

... alla maniera di 

NIKOLAJ GOGOL

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

Pubblicato per la prima volta dalla Garzanti nel 2019, ci troviamo di fronte a un volume piccolissimo, potrebbe essere un diario, un quadernetto di appunti, un libro di preghiere: tre immagini che possono avere a che fare con la storia che andreste a leggere. Curato da Paolo Nori e introdotto dallo stesso con “Sette piccole cose sulla «Notte di prima di Natale»”, che ne contestualizzano la fortuna critica, aprono un breve sguardo alla tormentata natura di Gogol, e citano una condanna a morte assai illustre che passa per la lettera di un critico e finisce con una grazia… ma quest’ultima informazione dovremo andarcela a cercare da soli; devo dirvi che si cita Dostoevskij, siamo chiari.

LA NOTTE PRIMA DI NATALE

PREPARETE IL BICCHIERE… TUTTA D’UN FIATO: CENNI SULLA TRANA, ANALISI E RIFLESSIONI

Nel reparto manoscritti della Biblioteca Lenin di Mosca, al numero 3231 dell’inventario, c’è un quaderno che contiene questo racconto, ed altri: il quaderno era di Nikolaj Gogol. La carriera del Nostro inizia male, con l’autopubblicazione di IDILLIO IN QUADRI; un po' ignorato e fortemente criticato ecco che il lavoro finisce, in tutte le sue copie, tra le fiamme. Gogol e il suo servo fanno un falò, così come accadrà con il secondo volume di AMINE MORTE, poco prima della dipartita dello scrittore. Fuoco e tormenti religiosi in un animo che è riuscito a portare il realismo ad un livello in cui il riso è funzionale, in cui il grottesco sa essere poetico; per dirlo con le parole Nabokov: “Dà la sensazione di qualcosa di ridicolo e stellare allo stesso tempo”. Gogol, indicato come precursore del realismo magico, scrive NOTTE PRIMA DI NATALE tra la fine del 1831 e l’inizio del 1832, e sarebbe stato il primo racconto del secondo volume del libro LE VEGLIE ALLA FATTORIA VICINO A DIKAN’KA; questo libro incanta la critica e Puskin di cui tratteggia “l’allegria ingenua e furba al tempo stesso”. Se pare che i tipografi si torcessero dalle risate mentre lavoravano a quelle pagine così “stellari”, posso affermare che lo stesso potrà capitare a voi lettori; il tutto verrà però circondato da magia bianca, canti, odori di cibo che vi faranno venire l’acquolina. Attenti al cielo, che pare molto più abitato di quel che potremmo pensare: streghe, scope che rincorrono le padrone, diavoli seduti sotto la luna, maghi e un diavolo che, però, scende sulla terra. Prima di Natale il male pare in subbuglio, per una grande tragedia? Beh, non direi, anche se la luna se la vedrà brutta e “stretta”, e qualche amante scoprirà che un sacco sarà il giaciglio a cui l’adulterio alla fine lo spingerà. Ah, Solocha e la sua bellezza, che in realtà è solo maestria: ma dove mai avrà preso questi incanti da propinare agli uomini?

C’è da dire che Solocha ha un figlio, il fabbro Vakula, che è anche un bravissimo pittore e un devotissimo fedele; l’amore lo terrà alle strette. In una notte dove si cantano le koljadki, e i ragazzi girano per le case agghindati e festosi, e raccolgono pasticci di carne o pane e salame; le slitte sono adornate e pronte a partire, in particolare qualcuno deve raggiungere la casa del diacono: lì si promettono bevute che hanno il sapore di mele secche, miele, prugne… ma altri hanno intenti diversi. La vendetta porterà un diavolo a cercar rivincita per un impietoso ritratto che lo presenta alla gente ridicolmente riempito di botte.

Un fabbro, una bellissima dama civettuola, un padre che qualcuno vuole allontanare, altri far fare dietro front; un diavolo brutto, piccolo e nero. Ah, le pene d’amore e le pene dell’orgoglio: diavolo e uomini sono accumunati da un bel po' di guai, in una notte che promette una commedia grottesca che mette in scena le miserie umane universalizzandole da nomi propri che potrebbero essere qualsiasi nome.

E se forse la luce nella tormenta potrebbe tornare… due scarpette luccicanti saranno il brillare più grande, il prodigio di vita e amore, forse. Un viaggio dall’Ucraina a Pietroburgo, a cavallo di una domata bestia assai improbabile. Magistrale critica della società e delle debolezze, con all’interno elementi autobiografici come la divisione d’animo tra fervore religioso e personali aspirazioni.

Una cosa è certa: fate attenzione ai vostri sacchi, alle vostre mogli e ai vostri mariti… per motivi molto diversi!

ULTIME CONSIDERAZIONI

Leggendo questo racconto abbiamo la possibilità di camminare tra la neve con una resistenza mai avuta prima, se gli abitanti di questa città ucraina sono assai abituati, la narrazione di Gogol ha la capacità di farci entrare nella vicenda con tutte le scarpe, nella neve ovviamente. I canti e le luci sono inebrianti, l’allegria permea le descrizioni; i vizi umani ci paiono anche più sopportabili perché c’è il sapore della fiaba popolare che coccola il lettore. Ricordiamoci che i russi fanno sempre le cose con una certa serietà: guardate bene a personaggi e dialoghi. Nel racconto troviamo i cosacchi, la comunità nomade militare che aveva in sé un sangue ricco e fiero, e i capelli neri della bella Oksana sembrano rievocare origine lontane.

Un discorso fatto, nientemeno, che alla Zarina snocciolerà questioni che nel tempo saranno cruciali per le sorti dei cosacchi.

Storia e folklore ci portano a spasso assieme alla narrazione di una religiosità popolare fatta di superstizione, rigore e peccato. Vi devo ripetere di guardare il cielo, ma sappiate che tra la gente si sa chi può vederle o no (le streghe); guai a discutere! E se l’amore puro di Vakula è il motore di tanti percorsi, ripensamenti e di una notte insonne… l’istituzione matrimoniale è resa anche nel suo svilupparsi tra infelicità, cattiverie e infedeltà: sacramento obbligato, e a volte mantenuto per  ridurlo a una scodella, una volta piena di gnocchi fumanti, oramai vuota.

Le pietanze descritte ci appanneranno lo sguardo con un fumo caldo e delizioso; i personaggi improbabili sono un bel po', ognuno con qualcosa di magico, ridicolo ma atto a stimolare riflessioni illuminanti. Vi pare possibile andare a chiedere un “miracolo” a chi, si dice, parli con il diavolo?

QUALCHE CITAZIONE, veloce, presto!

“Ma quando mai l’avrebbero smessa, con la vanità? Si può scommettere che a molti sembrerà stupefacente vedere il diavolo che si comporta nello stesso modo. Ma la cosa più spiacevole è il fatto che lui, davvero, credeva di essere bello, mentre a guardarlo veniva vergogna.”

˜

“Che meraviglia, il brillar della luna! È difficile raccontare come sia bello, in una notte del genere, stare con una compagnia di fanciulle che cantano e di ragazzi pronti a tutti gli scherzi e a qualsiasi trovata che solo una notte allegra può suggerire. Si sta caldi, nel cappotto imbottito, per il gelo le guance brillano ancora di più, e è il maligno in persona, da dietro, che ti spinge a fare il monello.”

˜

“Com’è possibile che un pensiero, contro la tua volontà, ti si ficchi in testa?”

˜

“Signorello, nel secchiello,

Che ci metta un bel tortello,

Un pugnetto di pappina,

Di salame una fettina!”

˜

“Non deve andare molto lontano, chi il diavolo ce l’ha in spalla”.


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sabato 19 dicembre 2020

LA VERA STORIA DI BABBO NATALE

 PERCHÉ NON DICIAMO LA VERITÀ AI BAMBINI? 

UN SAGGIO SU BABBO NATALE E NON SOLO...

di Alfio Maggiolini e Michele Maggiolini

GLI AUTORI

Alfio Maggiolini si occupa di Psicologia del ciclo di vita presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Michele Maggiolini ha conseguito un master in Antropologia culturale presso la School of Oriental ad African Studies di Londra.

INTRODUZIONE

Ph Francesca Lucidi

Un saggio pubblicato per la prima volta nel 2011 dalla Raffaello Cortina Editore. Un’analisi storica, psicologica, sociale e antropologica della festa più celebrata, amata e odiata dei nostri tempi: Il Natale. Non solo, quale è il simbolo che più rappresenta questa ricorrenza? Sicuramente, tra addobbi, marketing, film, canzoni e semplici disegni creati dai bambini, è raro non incappare costantemente nella figura di Babbo Natale. Il panciuto uomo magico che vive al Nord, con vari indirizzi secondo quanto scopriremo, che elargisce doni ai bimbi buoni, anche se non c’è monello che non riceva il suo pacchetto la mattina di Natale. Le renne, la slitta, la divisa rossa ornata di pelliccia; i bambini credono in questa figura mitica molto più che ad altre, gli adulti sono i detentori del segreto, il mondo economico protegge questo simbolo, i detrattori hanno tentato crociate rocambolesche contro di esso. Ma come è nato Babbo Natale? Perché pare incrollabile il suo significato? E perché sembra necessario portare avanti questa piccola bugia nei confronti dei bambini? A proposito… come si scopre che Babbo Natale non esiste? E quest’ultima eventualità può ritenersi vera?

Freud, Levi Strauss, Il cinema come “casa” reale di Babbo Natale; Charles Dickens che ha davvero inventato il Natale. Scrooge e la generosità, la tradizione del POTLACH degli indiani Kwakiutl. L’età vittoriana che ancora torna a far parlare di sé perché è lì che il Natale come noi lo conosciamo è nato e si è sviluppato grazie alla letteratura d’intrattenimento, e dalle mani di qualche illustratore; il tutto di pari passo con l’ascesa di Babbo Natale. Casse di Risparmio nate in Inghilterra per permettere ai poveri di guadagnarsi un’oca per Natale; la Trinità fatta di FAMIGLIA, INFANZIA e CARITÀ: ogni cosa è nata dall’immaginazione per divenire storia, società, consuetudini economiche e politiche. Partendo dal culto di Saturno, dal carro solare di Mitra… un viaggio attraverso i misteri della Festa più celebrata al mondo, aldilà delle differenze religiose. E potevate, un tempo, essere RE PER UN GIORNO, e se il Sole aveva bisogno dei nostri eccessi per risorgere e nutrire i campi… un MIRACOLO SULLA 34° STRADA, pochi decenni fa, ci ha passato una banconota con una scritta legittimante ciò in cui molti bambini credono, fermamente. Sappiate che a sette anni i vostri figli e nipoti iniziano a cambiare, cognitivamente percepiscono diversamente il comportamento dei genitori; i fatti per loro non sono più oggetti ma iniziano a descrivere dinamiche tra soggetti; veniamo guardati diversamente da loro, e quasi sicuramente non dobbiamo neanche preoccuparci di dire se Babbo Natale esiste o meno. La società si basa su credenze condivise, questo è l’insegnamento principe di questo simbolo come di altri; ciò che lo rende utile, legittimo. E se i nativi digitali sembrano andar meno alla ricerca della verità, proteggere un sogno o la magia è donare al bambino la padronanza del rapporto causa- effetto: loro sanno distinguere tra verità e finzione, basti guardare all’approccio realistico che hanno nella costruzione fantastica.

Essere portatori di una credenza aiuta a comprende come essa funzioni. Qui non ci interroghiamo sulla credenza nella magia ma sulla MAGIA DELLA CREDENZA.

Questo saggio inganna da una copertina assai confortante, ma dopotutto, qui, chi parla e scandaglia crede e difende. A proposito, la leggenda metropolitana sulla Coca Cola è una verità dimostrabile. Se nel 1931 Babbo Natale vestì l’abito rosso, ma i bambini non potevano essere mostrati mentre bevevano la bevanda; sappiate che le date da appuntare sono molte. Babbo Natale è nato nel 1822 da qualcuno che si non è neanche voluto firmare e stava, dopotutto, solo giocando (THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS, so che tutti voi ricordate un titolo simile ma assai diverso); il mito della nascita della Città di New York rivendica un San Nicola portatore di doni. Sì, Babbo Natale è americano. Le riflessioni e le profonde conoscenze che si apprendono dalla lettura di questo saggio riguardano tutti noi.

IL NATALE

SIGNIFICATI, ORIGINI E MITO

Il Natale ha manifestato una straordinaria capacità di sopravvivenza e trasformazione; nei secoli ha mutato la sua pelle ed è riuscito ad inserirsi quasi in tutto il mondo andando oltre le barriere religiose. Stessa fortunata sorte è toccata a Babbo Natale.

Se guardiamo ad oggi, questa festività mantiene il forte, presunto, senso della famiglia che parrebbe essere il valore principale. La nuova società si basa sulla costante rivendicazione della libertà e dell’uguaglianza. Diversi studi hanno identificato “scontri di civiltà” i conflitti contemporanei, che non sarebbero strettamente legati a dinamiche religiose ma al centro ci sarebbe l’individuo, lo scontro tra culture. L’autodeterminazione dell’individuo ha fatto cadere dogmi e limiti, l’alfabetizzazione ha contribuito a consapevolezze rinnovate.

La famiglia di oggi è molto diversa dalla famiglia di duecento anni fa: lo svincolamento intergenerazionale, l’uguaglianza nei diritti di successione hanno svestito la famiglia della rigida immagine “istituzionale”. La famiglia è divenuto un nucleo affettivo. Alcuni legami sono certamente diventati più complicati, ma non si smette di correre per cercare di riunire i membri oltrepassando le difficoltà legate a divorzi, lontananze, quotidianità che ha ristretto l’abitazione a pochi elementi coabitanti, a differenza di un tempo in cui la famiglia, le mura e le regole di vita erano prodotti e sostanze interdipendenti e co-reagenti.

Il Natale celebra la nascita, non sto parlando del Bambino Gesù: è il tempo di tornare indietro nel tempo, agli albori, anzi, al momento dell’inverno con il suo sonno e le sue giornate scure.

Le Feste d’Inverno celebravano la luce, il Solstizio d’Inverno del 21 dicembre era circondato da festeggiamenti e riti atti a facilitare il ciclo delle stagioni, il ritorno della fecondità, della vita dei campi come di quella generale dell’uomo. In senso generale, il Natale è sempre stato un passaggio dal vecchio al nuovo, una trasmissione di vita e valori simboleggiata dal “dono”.

Per il Calendario Giuliano, elaborato da un astronomo greco e promulgato da Giulio Cesare nel 46 a.C., il 25 dicembre era il giorno più corto dell’anno. Nel IV sec. d.C., la revisione del calendario da parte della Chiesa spostò l’equinozio al 21 dicembre, dissociandolo dal Natale.

Nell’Antica Roma si celebravano i Saturnali, la nascita del “Sole Invitto”, dal 17 dicembre al 25. La Festa continuava con i Sigillaria, dove i genitori elargivano doni ai propri figli, come statuette simili a quelle votive. Il tutto terminava il 9 gennaio con le Agonalia.

Dobbiamo tener presenti due culti diffusi a Roma, e importanti per le simbologie che stiamo chiamando in causa, quelli di Saturno e di Mitra.  

Il culto di Mitra, diffuso soprattutto tra i soldati dell’Impero, fu reso ufficiale sotto Aureliano (270-275 d.C.).

Mitra era un eroe nato dalla roccia il 25 dicembre, e l’uccisione propiziatoria di un toro per il Sole rendeva possibile la rinascita dei campi. Dopo la vittoria, Mitra si allontanava su un carro solare. Vi ricorda qualcuno?

Il NATALE ROMANO era una festa degli eccessi. Le celebrazioni in onore di Saturno comprendevano lo scambio di doni, la decorazione dell’abitazione con sempreverdi; il gioco della Tombola, prediletto di Saturno. Spendere era un’attività promossa e perpetrata, l’abbondanza era la parola d’ordine, insieme al godimento. Non mancava l’elemento comune a molte festività antiche: il sovvertimento dell’ordine sociale; infatti, durante i Saturnali veniva eletto persino un Rex Saturnaliorum.

Nel MEDIOEVO, il 6 dicembre gli studenti erano soliti eleggere l’Episcopus Puerorum: finto vescovo che sedeva in cattedra fino al 28 di dicembre. I bambini non ricevevano doni ma facevano questue casa per casa, eventualità che ricorda più la festività di Ognissanti, o meglio la modernissima Halloween. Gli Episcopus furono vietati dal Concilio di Basilea (1431-1445).

Gli eccessi legati al Natale infastidirono le istituzioni attraverso i secoli. Nel 1647 il Parlamento Inglese eliminò il Natale dal Calendario delle “feste comandate”; nel 1659, i Puritani del Massachussets imposero addirittura una sanzione pecuniaria per chi festeggiasse il Natale.

Ph Francesca Lucidi

LA NASCITA UFFICCIALE DEL NATALE E L’EVOLUZIONE DELLA FESTIVITÀ COME NOI LA CONOSCIAMO

La Chiesa ha iniziato a celebrare la nascita di Gesù tra il 325 e il 354 d.C., dopo il Concilio di Nicea.

Il Concilio, presieduto da Costantino, annoverava tra i vescovi un certo San Nicola. Il tema portante fu la chiarificazione circa la natura consustanziale di Padre e Figlio, quest’ultimo di natura, da quel momento, indiscutibilmente divina.

La Chiesa d’Oriente festeggiava nascita e battesimo di Gesù il 6 gennaio. San Crisostomo, nel 386, invitò i fedeli a festeggiare la Natività il 25 di dicembre, celebrazione che divenne così regolata, e seguita via via lungo il IV secolo. La scelta della data si lega immediatamente alla volontà di sostituirsi al culto delle divinità solari. Il vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, durante una predica di Natale disse: “Cristo è il nuovo sole!”; ciò sta a manifestare il lento insinuarsi della Chiesa tra i cuori e le menti dei fedeli per scardinare i residui del paganesimo.

Ma la vera FESTA DI NATALE, come la pensiamo, viviamo e celebriamo oggi, sboccia nella seconda metà del XIX secolo; vediamo perché.

IL NATALE COME TRINITÀ FORMATA DA FAMIGLIA, INFANZIA E CARITÀ

Secondo una ricerca del Times, tra il 1790 e il 1836, in vent’anni non si parla del Natale. Dalla metà dell’Ottocento diventa, invece, la festa più importante. Ma cosa ha contribuito a questa esplosione? Una nota recente pellicola parla di Charles Dickens come dell’uomo che ha inventato il Natale; tramite questo saggio possiamo assolutamente affermare che ciò abbia una verità incontrovertibile.

Nel 1843 esce il racconto di Dickens UN CANTO DI NATALE, ed ecco che l’arcigno e taccagno protagonista della storia, Scrooge, rinnova il significato del Natale moderno: divinità della famiglia, contrapposizione all’accumulo per la generosità; carità e senso del festeggiamento come una possibilità che deve essere per tutti. Dalla nota novella ne nacquero altre da penne diverse, di grande successo e di valore non sempre eccelso; ciò che conta è che questa ventata di nuovi valori si permeò profondamente nella società inglese fino a determinare delle vere proprie modifiche a livello politico ed economico. Vennero istituiti i GOOSE CLUBS, delle casse di risparmio che aprivano a settembre, e che consentivano anche ai più umili, in cambio di un contributo di due o tre pence al mese, di procurarsi un’oca per Natale.

Il fatto che Dickens lasciò la moglie per un’attrice di diciotto anni non scalfì il nuovo dogma natalizio fatto di famiglia, affetti e unione.

Nella figura di Scrooge si ritrovano gli antichi echi dell’inversione sociale, della condivisione della mensa tra le varie classi sociali: un’occorrenza che oggi possiamo ritrovare nelle varie cene aziendali organizzate a puntino durante le festività natalizie.

E l’ALBERO DI NATALE, anch’esso si fece spazio nelle illustrazioni di età vittoriana, dove fanciulle, famiglie, e bambini vestiti di pigiamini allegri campeggiavano davanti ad abeti, candele e ghirlande. Le origini di questo simbolo spingono lo sguardo molto all’indietro, nel 1600 in Germania. L’albero era, in realtà, una rappresentazione di quello dell’Eden; nel XIX secolo qualche strascico rimase e non era raro scorgere immagini di Adamo ed Eva intorno o sotto l’abete. Il presepe è assolutamente meno famoso, più italiano e più legato alla religiosità della festa: “inventato” nel 1223 da San Francesco, oggi è un segno che spesso indica un nucleo familiare più devoto, ed è spesso legato all’affettività di una fetta di popolazione meno giovane.

I REGALI DI NATALE

La capacità distributiva di Babbo Natale pare la perfetta metafora della civiltà industriale, ma non dobbiamo pensare al mero consumismo perché molto si è fatto per mutare l’essenza del “miracolo” in qualcosa che a Natale cambia consuetudini e meccanismi economici in funzione di un sentimento di cui la società ha bisogno.

Se i primi doni erano fatti a mano, e se il personaggio Dickensiano di Scrooge chiama a non accumulare ma a donare… finanche sperperare il superfluo; ecco che i centri commerciali hanno assunto un ruolo fondamentale nella magia e nel valore godereccio ma anche altruista del Natale.

Abbiamo già citato la pellicola MIRACOLO SULLA 34° STRADA, ora parliamo di MACY’S, il centro commerciale dove è ambientata la storia, venuta alla luce con la prima pellicola cinematografica del 1947. Se un uomo è diventato il Babbo Natale del centro, e dichiara di essere davvero quel magico uomo barbuto, il fatto saliente sta nel fatto che il protagonista va incontro ai desideri dei bambini anche consigliando luoghi più economici dove trovare un determinato dono. La cosa fa infuriare i piani alti, ma inaspettatamente l’atteggiamento anti-aziendale di Babbo Natale fa impennare la popolarità e gli introiti di Macy’s: nasce così il “consumismo sentimentale”, ossia il mercato che pur di difendere il diritto al dono si fa magnanimo verso la concorrenza e si propone come onesto, generoso e vicino ai meno abbienti.

Nel 1874, proprio da Macy’s fu allestita la prima vetrina a tema natalizio, quindi la scelta dei creatori del film non è stata per nulla casuale. Dovremo aspettare il 1888 perché un negozio di Brockton, nel Massachussetts, paghi un uomo per impersonare Babbo Natale.

Il rito dello scambio dei regali è fondante per la società e la dinamica dell’evoluzione, il mantenimento e la salute dei rapporti. C’è una specie di codice non scritto che ad esempio ci impone di non fare ai nipoti un regalo “più bello” rispetto a quello pensato e donato ai propri figli. Si pensa da mesi prima come poter regalare sorpresa e sorrisi a una persona cara, vicina.

Claude Levi Strauss paragona il rito dei regali al POTLACH, studiato da Boas presso gli indiani Kwakiutl del Nord-Ovest Americano. Tramite questa ricorrenza, dove ci si scambiano doni, si manifesta il prestigio del proprio nucleo familiare e si rafforzano i legami sociali; non è contemplato il non partecipare se si vuole continuare ad avere un ruolo nella comunità. Per i bambini è differente: dobbiamo sempre ricordare il senso di valorizzazione ed eredità. I bambini sono l’ultimo baluardo di quella celebrazione della nuova stagione a cui pensavano e speravano i nostri antenati.

Non in tutti i luoghi i regali e lo spendere sono collegati al rapporto con l’altro. In GIAPPONE il Natale arrivò con i missionari nel XVI secolo. I Giapponesi, durante le festività natalizie, si regalano trattamenti di bellezza, soggiorni alle terme… e qui pare di rivedere l’edonismo delle civiltà romane. Sono molto diffusi anche i viaggi nei grandi parchi divertimento: probabilmente non si pensa molto all’investire sui bambini quanto al coccolare il bambino interiore. Anche questo può avere una sua sacra legittimità.

BABBO NATALE

Personificazione della Festa, Onnipotente e Onnipresente, uomo dalle molteplici residenze contese tra la Finlandia, Il Canada e luoghi “X” a cui altri stati fanno in teoria giungere le letterine (tutte le specifiche le troverete nel saggio, di cui sono ben lontana dal poter fare un riassunto, e questa non è la mia volontà); Babbo Natale vince sempre. Se al cinema viene sempre umiliato chi tenta di smascherarlo, nella realtà non accade nulla di diverso: recentemente, in Francia uno spot ha dichiarato la non esistenza di Babbo Natale, una vera e propria sollevazione popolare ha fatto rimuovere la pubblicità. Anche nel nostro paese non sono mancati attacchi e ostracismi, non vi dico chi e dove perché verrei meno alla sacra curiosità del lettore che deve andarsi a cercare queste gustose informazioni tra le pagine del saggio.

Babbo Natale ha una data di nascita: il 1822. Clement Clark Moore, pastore luterano e professore di teologia e letteratura greca, scrive THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS (vi ricorda qualcosa?), titolo derivato dal primo verso del raccontino. Scritto a scopo privato per intrattenere la propria famiglia, il componimento, nato con il titolo A VISIT FROM SAINT NICHOLAS, l’anno seguente viene pubblicato da un amico del pastore sul Sentinel, un giornale di Troy, nello stato di New York. Il successo fu enorme, ma la paternità fu rivendicata da Moore solo quindici anni più tardi. Proprio da questo racconto nacque il mito del camino, della slitta, persino i nomi delle renne.

Ph Francesca Lucidi

L’ispirazione per THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS viene da un racconto di Washington Irving: KNICKERBOCKER’S HYSTORI OF NEW YORK, datato 1812.

Irving richiama una leggenda: si racconta che nel 1626, una nave olandese diretta verso gli odierni Stati Uniti, portasse sulla polena la figura di San Nicola. Una tempesta iniziò i suoi tumulti; San Nicola andò in sogno a un marinaio e gli disse che se avessero fondato una città ogni anno sarebbe tornato portando dei doni ai bambini. Nacque così New Amsterdam, chiamata successivamente New York.

L’intento di Irving era prettamente politico: egli faceva parte dei KNICKERBOCKER’S, un’unione di scrittori e storici di New York che si prodigavano per costruire una cultura americana in contrapposizione all’ingerenza inglese.

Il racconto ha in sé i valori americani del viaggio, e della “conquista”.

Sapete che un tempo Babbo Natale fumava la pipa? Beh, oggi è difficile vederlo fumare. L’ultima apparizione di questo vizio risale al 1863, su una illustrazione di Thomas Nast per la celebre rivista Harper’s Weekly. Babbo Natale compare sul campo di battaglia, avvolto nella bandiera a stelle regala doni ai soldati. Ha la pancia, ma più che grasso pare simboleggiare una gravidanza; si scorge anche una bambola. Probabilmente il messaggio è chiaro e rivolto alla nascita di una nuova “creatura”.

L’abito rosso, la pelliccia e il viso da vecchio-neonato: da dove sono usciti fuori? Il merito è della Coca Cola, e del suo grafico Haddon Sundblom. La ricetta della bevanda all’epoca era stata già cambiata, ma era noto che in precedenza contenesse foglie di coca. Non era consueto e permesso mostrare i bambini che bevevano la Coca Cola, e allora come fare un boom di attenzioni senza contravvenire alla buona creanza? Sundblom pensò di mostrare dei bimbi che passavano la bibita nientemeno che a Babbo Natale. Il grafico prese le fattezze del suo personaggio da un amico, e così nacque il barbuto e allegro figuro che tutti conosciamo.

Il saggio disquisisce su molte altre leggende popolari come i Magi, la Befana, le creature del Folklore nordico; viene anche citato Father Christmas, che appariva più come uno spirito della festa che come l’odierno Babbo Natale. Se leggiamo Un canto di Natale di Charles Dickens possiamo riscontrare molti particolari di vestiari e accessori nelle simbologie dei suoi “spiriti del Natale”.

Nel corso del tempo la voce e la magia sono passati di bocca in bocca, di società in società, ma resta la finzione e la sua indiscussa legittimità.

Il saggio ci aiuta con la psicologia e l’osservazione, e la spiegazione dell’evoluzione dei bambini. Sicuramente lo scopo della finzione è far toccare loro la funzione di quest’ultima nella società umana, che non potrebbe vivere se non si basasse su credenze condivise da adulti e bambini.

Si inneggia alla crisi moderna della funzione paterna; Babbo Natale diviene l’interiorizzazione di un padre che sostiene i desideri. Il padre non deve smorzare il desiderio per promuovere l’autonomia di un figlio. Le funzioni iniziatiche richiamate dagli studi sul folklore vengono oggi assunte dall’individuo.

I bambini imparano le credenze, crescono e modificano il loro modo di indagare e percepire il comportamento dei genitori; spesso arrivano da soli alla verità e sbugiardano i grandi, o fanno finta di nulla comprendendo quanto il rito sia così importante anche per la mamma e il papà. La disillusione non è un trauma ma l’ingresso naturale in una nuova dimensione simbolica.

“In occasione del prossimo Natale, e di tutti quelli che verranno, ogni genitore deciderà il senso che vorrà dare alla festa e quale storia di Babbo Natale raccontare ai propri figli. Il nostro auspicio è che la lettura di questo libro possa contribuire alla bellezza del Natale e alla comprensione dei suoi significati, rendendo ogni scelta, quale sia, più consapevole.”

 

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