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mercoledì 3 gennaio 2024

MENTRE ASPETTI LA CIOCCOLATA

DI 

MICHIKO AOYAMA

  • Anno di Pubblicazione 2023
  • Edizione 1° 2017
  • Editrice Garzanti
  • Lunghezza 133 pagine
  • Prezzo di copertina 16 euro
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Avvolti dal profumo della cioccolata che pervade il locale, tutti ragionano sulla propria vita. Sui rimpianti e i rimorsi. Sulle cose non dette e su quelle dette troppo velocemente. Sulle paure e sulle scelte. Perché grazie al caldo abbraccio di una bevanda, in un locale diverso da tutti gli altri, si può ancora sperare che il domani sia migliore e che il colore torni a illuminare un’anima ingrigita dal tempo.”

L’AUTRICE

Vive a Yokohama, classe 1970, dopo la laurea lavora in Australia come giornalista. Tornata in Giappone intraprende la carriera di editor e scrittrice. La sua pubblicazione precedente, dal titolo FINCHÈ NON APRIRAI QUEL LIBRO, ha conquistato i lettori di tutto il mondo scalando le classifiche.

FERMATI. RICORDI CHI SEI?

Il posto che ci piace ci fa sentire meglio

Un volume diviso in due emisferi, tra di essi complementari, legati da forze gravitazionali che attraggono persone, pensieri, talenti. Tokyo e Sydney, due città lontane, due primavere che si mostrano leggiadre in mesi diversi. Si contano diversamente le stagioni, ma la somma di stupore è la medesima dinanzi al ciliegio o alla Jacaranda in fiore. Ogni capitolo un colore, di cose davvero di poco conto si potrebbe pensare. Ma il giallo di un uovo sbattuto è cosa assai seria per una madre manager che sente il peso dell’inadeguatezza come “donna”; il verde di un’artista che disegna solo verde, troppo verde… ma non potrebbe essere altrimenti. Il grigio di una chioma che di primavere ne ha ammirate molte; la magia turchese di una “strega” e soprattutto il marrone caldo di una tazza di cioccolata: dove sensazioni tattili, olfattive e visive pretendono il loro momento.

 L’ansia degli adulti, la purezza dei bambini; il giudizio della maturità e il rinunciatario passo della responsabilità; poi finalmente il volere di più facendo di meno ma facendolo diversamente. Partire, cambiare, osare. Sbagliare… e una goccia di cioccolato cade su un foglio e forma un cuoricino: adorabile guaio.

Guardarsi da opposte direzioni, è proprio così che in queste pagine scatta la magia della vera esperienza: gli insegnamenti dell’ascoltare, dell’osservare, del fare qualcosa di molto piccolo che nel contesto della comunione profonda dell’esistenza muove gli eventi e rimescola ciò che pare già deciso solo perché stretto tra le righe di profezie che si autoavverano, per paura, noia, presunzione, giudizio. Poi una catena di nuove idee stuzzica ritrovata passione, un amore libero per sé stessi e gli altri. Perché il vero amore può essere solamente libero.

«L’amore eterno… è difficile da ottenere?»

«Si. È molto difficile ma, allo stesso tempo, molto facile. Decidere di amare è diverso da amare davvero. L’amore, di per sé, è un sentimento estremamente libero.»

Caro lettore, e in quel “Mentre” c’è ciò che cercavi. 

«Viviamo senza neanche sapere cosa succederà tra un secondo. Accadranno avvenimenti aldilà della nostra volontà e non potremo fermarli. In quei momenti, un’ansia incontrollabile ci farà scrivere degli scenari spaventosi. Anche se è la nostra storia, ci sentiremo minacciati da un futuro che ci sembra imposto, già deciso per noi. 

In realtà però, non è così. L’unica cosa che esiste, qui e ora, siamo io che sto respirando, e Mako, che sta ridendo, e i ciliegi in fiore.»

 L’autostima chiede solo quel sorso di dolcezza, quel momento per prendere fiato e ammirarsi, parlarsi gentilmente. 

Il Marble Cafè sta in disparte, e il posto giusto è proprio quello. 

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domenica 3 dicembre 2023

LA LUCE CHE C'È DENTRO LE PERSONE

 DI

 BANANA YOSHIMOTO 

  • Anno di Pubblicazione 2022
  • Edizione ZOOM FLASH 2011
  • Racconto tratto da RICORDI DI UN VICOLO CIECO
  • Editrice Feltrinelli
  • Lunghezza ebook 21 pagine
  • Prezzo ebook 0,99€
  • Gratis con Amazon KindleUnlimited
  • LINK ALL'ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Un'amicizia infantile che segnerà tutta una vita, una riflessione sulle misteriose luci interiori che ci affratellano e ci rendono diversi.”

L’AUTRICE

Per la biografia di Banana Yoshimoto rimandiamo a una recensione precedente: per leggerla clicca QUI.

CI BASTA ACCENDERE LA LUCE?

Un breve racconto, una enorme verità niente affatto scontata

<<No, secondo me è la luce che c’è dentro le persone nelle case che dà una sensazione di allegria e di calore perché si riflette fuori. Infatti spesso ci si sente tristi anche quando le luci sono accese.>>

I pretesti metaletterari sono un elemento che troverete spesso tra le taglienti ma zuccherose e soddisfacenti righe di Banana Yoshimoto. Spesso, i protagonisti delle vicende scrivono, e raramente si mantengono con ciò. L’autrice scende in campo celata, perde il nome per accomunarsi agli altri esseri umani, così il lettore non può fare altro che sentire una agognata e rara rassicurante fratellanza. La scrittura come strumento di individualità ma anche come perdita del peso di una identità che a volte serve lasciare andare per ricostruirsi. Cosa c’è sotto il nome e lo stile del vestire… e il titolo? Una luce. Però non tutti possono scaldarvisi, anche se ci sono tante luci quante sono le anime. Vi anticipo... consuete, umane, ansiose elucubrazioni; badate bene, il consumo è gratis, e più te ne servi e più ne doni... più sei ricco. Parrebbe un bellissimo affare. 

Ma la vita purtroppo non è sempre giusta. E tante cose accadono senza un’apparente giustizia. 

La narratrice ci accompagna attraverso un suo ricordo di infanzia. Lei che tentenna e pare sperperare tempo, quando invece grazie al suo modo di percepire le cose, abbandonandosi ad esse, riesce a proiettare luce su ogni cosa. Beato e dolce “perdere tempo”: 

<<Mi resi conto che se anziché considerare i gusti e le ossessioni individuali come qualcosa di morboso, si provava a esplorarli, le tensioni gradualmente si scioglievano.>>

Le apparenze, le belle case con le luci accese. Il ricordo di un bambino: Makoto. 

La vita può farci incontrare molte persone straordinarie, e vivere noi stessi panni straordinari. Basta saper vedere e sentire la luce, quella giusta. Mollare, per abbracciare l'autentico. Dolore e leggerezza: il binomio tipico dell’autrice. 

Non mancano, come sempre, momenti di intimità tra affetti sinceri e gustosi spuntini. C’è sovente qualcuno che cucina nei libri della Yoshimoto. Nutrire, nutrirsi e condividere: forse più di semplici intermezzi narrativi. 

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domenica 26 novembre 2023

LE STRANE STORIE DI FUKIAGE

 DI 

BANANA YOSHIMOTO 

  • Anno di Pubblicazione 2022
  • Edizione 1° pub 2017
  • Editrice Feltrinelli
  • Lunghezza stampa 158 pagine
  • Prezzo edizione cartacea 14,50€
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Mimi e Kodachi sono due sorelle gemelle cresciute nella cittadina di Fukiage. […]All’improvviso Kodachi sparisce nel nulla. Mimi va a cercarla e torna a Fukiage, dove incontra personaggi misteriosi e scopre verità e leggende bizzarre sulla propria famiglia e su se stessa. […] Una storia di amore e di sofferenza, di solitudine e spaesamento. Una riflessione sui sentimenti e sulla necessità di innescare il cambiamento che può trasformarci nella versione migliore di noi stessi.”

L’AUTRICE

Per la biografia di Banana Yoshimoto rimandiamo a una recensione precedente: per leggerla clicca QUI.

UNA FIABA CHE È VITA REALE, E VICEVERSA

Cenni alla trama, suggestioni e “suggerimenti” di vita

“Ma a lungo andare sarei morta dentro, e quando si è morti dentro prima o poi si comincia a marcire. Tutto ciò che avrei finto di non vedere si sarebbe accumulato come foglie imputridite mescolate al terriccio.”

˜

“Il mondo era tutto lì, e ce l’avevo davanti agli occhi.”

Mimi e Kodachi sono due gemelle eterozigote: una più disordinata, meno femminile ad un primo sguardo, e ansiosa… estremamente tranquilla ma perché come sospesa; l’altra parsimoniosa, bella di una bellezza semplice ed elegante, nei suoi abiti cuciti da sé e in una enigmatica freddezza determinata, ma mai distaccata… e scomparsa. Mimi deve lasciare Tokyo, dove ormai viveva con Kodachi in un piccolo appartamento e in una quotidianità fatta di cose semplici e rituali confortanti: sua sorella non si fa più sentire, da quando è tornata a Fukiage.

Il posto dove sono nate e cresciute Mimi lo ha lasciato in un angolo, della propria vita e della propria mente. Ora deve tornare, e tutto il faticoso ordine instabile dei suoi pensieri riceverà uno scossone. Come sempre accade, se i pensieri cambiano le emozioni mutano. 

Fukiage è un luogo che per Mimi significa storie paurose, morte. Dieci anni prima i genitori delle due sorelle avevano avuto un misterioso incidente: il papà morì e la mamma da allora giace in coma, che è però uno strano sonno, il quale non sembra avere nulla di “umano”. Mimi era contenta della fuga a Tokyo, se non fosse per un senso di colpa che ella aveva scaraventato a tremare nello stesso angolo della testa dove l’immagine di Fukiage era diventata via via più spaventosa. 

˜Apparentemente una storia verosimile, dei dolori comuni e delle tragedie normalmente adatte a una qualsiasi pagina di giornale. Apparentemente…

Da quanto Mimi torna in quel luogo che faceva finta di non vedere, cosa ben lontana dall’accettazione consapevole, ogni incontro e ogni posto si fa da principio fiaba e poi simbolo. Una famiglia “adottiva” ricca di amore e valori, quando il ricordo era invece stato fino a quel momento solo contornato di disagio; paesaggi vivi e sublimi; leggende oscure che divengono, durante il percorso esterno ed interno, affascinanti perché la storia stessa di Mimi e Kodachi se ne mostra come una parte. 

Castelli e antiche dinastie, un portale per un mondo altro e oltre, forse “alieni” abitanti e con attività commerciali di tutto rispetto. Tra un’atavica malattia del sonno e ricordi che reclamano attenzione, Mimi deve salvare sua sorella, sua mamma e se stessa. Ma gli addendi di questa serie si scambieranno per un risultato che coinvolgerà il lettore, chiamato via via a risvegliarsi in questa storia fantastica fino al reale più concreto. Una riflessione sul significato di una felicità autentica; l’aiuto per uscire dal senso di colpa, e fronteggiare a meno nude la paura. Nella Casa dell’arcobaleno le indovine parleranno chiaro: se non si hanno i problemi giusti e la vita non è in linea con l’arcobaleno le risposte non possono esistere. Il dolore è un filtro che oscura la vista, l’ansia è un macigno che pesa sul cuore. Banana Yoshimoto intesse perfettamente i suoi elementi tipici: senso della famiglia, sapori e ricette di cibi e tradizioni, gesti minimi e relazioni che dal piccolo si estendono in un universale potere di cambiamento. Se la Bella e la Bestia possono includere una storia di fantascienza, e il lucidare una tomba può significare tornare alla vita… ogni contraddizione e assurdità qui aspettano solo di completarsi in un cerchio perfetto che non finisce mai: perché nel sonno vi è lucidità e nella veglia può esserci l’oscurità di una profonda cecità.

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Il lettore inizierà in una storiella avvincente, soffice, e ne uscirà poi sorprendentemente migliorato. Ma ricordate… solo con le domande giuste. 

“La vita è breve e ci si deve rialzare, e si deve essere pronti a carpire ogni segnale, come animali selvatici.”


martedì 31 ottobre 2023

LE STREGHE

 DI 
PAOLO PREVEDONI 

  • Anno di Pubblicazione 2018 
  • Editrice Bibliotheka Edizioni
  • Lunghezza stampa 328 pagine
  • Prezzo edizione cartacea 15,20€
  • Prezzo Ebook 4,99€
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Le streghe esistono, e si svegliano al calar delle tenebre. Questo è quello che si racconta a Bellula, un piccolo borgo del Monferrato dove i bambini scompaiono nel nulla. Gli abitanti del paese sono convinti che le sparizioni siano legate ad una strega leggendaria, che da quelle parti chiamano la Masca. Dicono che si nasconda in un bosco, accanto ad una vecchia chiesa sconsacrata che fu teatro di un orribile crimine, commesso dall'inquisizione romana secoli addietro. Una leggenda, appunto. O forse no? Tre uomini, convocati a Bellula da uno studioso deciso a far luce sul mistero, si metteranno sulle tracce della fantomatica Masca, in cerca della verità.” 

L’AUTORE

Paolo Prevedoni nasce ad Alessandria, nel 1981. Fan Estremo di Stephen King, Dylan Dog e dei Nirvana, è anche un consumatore compulsivo di film horror di serie B. Vive e lavora in una cittadina della provincia Padana, fuma Chesterfield e non mangia carne.

Ha esordito nel 2017 con Una storia d’orrore italiana, pubblicato da Bibliotheka Edizioni. Le Streghe è il suo secondo romanzo. 

NON PUOI GUARDARE

“Il Grande Dubbio. Il Forse. Forse i fantasmi esistono. Forse i vampiri esistono. E forse anche le streghe.”

LA TRAMA

Belulla, un paese di neanche cinquecento anime semplici, non ben vestite, non particolarmente istruite, non davvero così contente dei turisti attirati da nomi suggestivi di posti che avocano il passaggio o il ricovero di diavoli e streghe. Sì, tra le colline del Monferrato c’è un piccolo nido di case fatte di mattoni, dove tutti credono fermamente all’esistenza della Masca, dell’Ombra. Decine di bambini sono scomparsi, solo due corpi ritrovati. Negare? No, nossignore. Se non hai paura della strega lei ti segnerà, lei ti troverà, lei ti mangerà.

Qualcuno è molto ansioso di raccontare di averla vista davvero, la casa della Masca: con i mattoni neri e le croci sui muri. Ma tutti sanno che non devi entrare nel bosco vicino alla vecchia chiesa. Tredici streghe furono messe al rogo dall’Inquisizione Romana, solo dodici corpi furono ritrovati carbonizzati tra la cenere. 

Sulle scale di una grande casa due grossi cani sono corsi a un richiamo. I gatti hanno già capito tutto. Tre persone sono state invitate: Morgan Villa, il sedicente investigatore dell’ignoto dalla fama eccessiva e dalla scarsa etica, almeno così dicono gli invidiosi. Dante Lamberti, colui che degli spiriti è incubo o fratello. Alessandro Bosco, il fotografo di moda che ha perso il senso della lucidità tanti anni prima, e ingoia pillole per sopportare il peso della paura… ma di cosa ha paura? 

Solo due corpi furono ritrovati, quelli dei piccoli Sandrino Barberi e Leonardo Bosco. 

“Tre elementi, racchiusi nel cuore di tre persone, erano necessari: la paura, la rabbia e la menzogna.”

VIENI A DARE UNO SGUARDO, PIÙ VICINO…

Pagine e pagine di supposizioni che il lettore dovrà inghiottire, tra caffè disgustosi e biscotti induriti dal tempo dilatato dell’isolamento in cui si chiudono gli abitanti di Belulla. Ansia, cinismo, rifiuto; sguardi immobili di biglie di vetro che sostituiscono occhi. Cadaveri di animali tra uomini e donne sospesi in una paura senza volto: un’Ombra. 

“La paura sposta gli equilibri.”

Ogni personaggio ha il suo linguaggio, e il proprio repertorio di pose stereotipate… per nascondere cosa? Tutto è palpabile, in un’atmosfera rarefatta di pioggia, umidità, foschie antiche. Tutto è ben congeniato, dentro e fuori le pagine. La lettura scorre spinta dalla corsa verso qualcosa, o via da qualcos’altro. L’autore trasuda le sue dichiarate passioni: gli orrori del quotidiano che non hanno sempre l’alibi del soprannaturale a giustificarne l’infamia; la piccola provincia superstiziosa e il folklore che non resta storia raccontata ma semina morte reale, disperazione senza consolazione alcuna. Mai, però, gli insegnamenti del maestro Stephen King sono pura imitazione; mai l’ironia e gli schizzi di sangue replicano meramente l’immaginario di Dylan Dog: è una storia che tristemente evoca una cronaca nera fin troppo vicina, e infestante le nostre città. Chiunque può raccontare quella “cosa” di cui si parla a bassa voce; Paolo Prevedoni, però, ti porta dentro, ti fa sperimentare immaginari da incubo e realtà accadute o che potrebbero accadere, con eccezionale personalità e sapiente controllo. Ho ripensato al delitto della piccola “Biancaneve di Balsorano”, ho avuto in testa le terribili parole delle “Bestie di Satana”. 

Nessuno si pentirà di aver letto questa storia, o se ne pentiranno tutti. 

Il massimo dei voti per un libro che credo sarà solo il primo dell’autore accolto nella mia libreria. 

Buona lettura. 

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martedì 24 ottobre 2023

ROOM N.3

di

VALERIA DE LUCA

  •  Anno di Pubblicazione 2019
  • Editrice Autopubblicazione
  • Lunghezza stampa 224 pagine
  • Prezzo edizione cartacea 9,36€
  • Prezzo Ebook 1,99€
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Fatti strani sono accaduti nella Room n.3 situata al 1° piano del Looser Hotel. Si narra che una donna di nome Melinda, dai capelli argentei e i canini affilati, dimori all'interno della stanza. Chiunque abbia messo piede all'interno della Room n.3 è scomparso nel nulla.Alma D'Aleo, una scrittrice di romanzi paranormali, viene subito attratta da questa storia e decide di alloggiare all'interno della stanza maledetta. La Room n.3 rivelerà tanti segreti e misteri alla scrittrice. Una guerra tra il bene e il male, pronta a svolgersi su altre dimensioni e piani astrali.” 

NOTA

Valeria De Luca è una prolifica scrittrice indipendente, che spazia tra vari generi… imparentati dalla facoltà di provocare lo sfarfallio nello stomaco dei lettori: Dark Romace, Horror, Paranormal Romance, Horror, Dark Fantasy. Il fascino gotico vi aspetta nella sua vasta produzione. Ogni volume è disponibile su Amazon: alla fine di questo contenuto troverete il link per accedere alla pagina d’acquisto dei libri dell’autrice. 

Per ulteriori curiosità potete cercarla su tutti i social, sono certa che per voi sarà un piacere conoscerla. 

DOCUMENTI PREGO, PER PRENOTARE UN VIAGGIO DRITTO VERSO L’ORRORE

“I demoni non sono più esclusivi abitanti di rovine. Hanno capito che questa civiltà è tutta un immenso brulicare di rovine, perché riflette l’uomo nella sua integrità di male.”

Guido Ceronetti

Alma D’Aleo è una scrittrice di romanzi sul paranormale. Essa stessa sembra uno spettro che fa fatica a farsi notare tra la gente. Capelli biondo cenere, cardigan informi; biblioteche come sfondo della sua vita e niente di particolarmente femminile o attraente da scorgere sulla sua figura. Basta uno specchio per far notare ad Alma quanto sia ordinaria, tiepida. Basta un altro tipo di specchio, però, per disconfermare tutto ciò. 

Ogni cosa ha due poli, e questa storia esprime in modo accattivante e gustoso come le apparenze sono solo sottili strati di polvere: effimere. 

Alma non ha dubbi: per andare a fondo al suo progetto di scrittura sui misteri di Torino, deve soggiornare al Looser Hotel. La camera numero 3, sì, è lì che le persone scompaiono senza lasciare traccia. Una donna, lunghi canini: un mostro? Probabile sia solo l’ennesima storiella infarcita di sciocchezze. 

Basta chiudere dietro di voi una porta, scorgere appena una bella stanza, un accogliente letto a baldacchino, e non sarete mai più liberi. Alma si troverà immediatamente in un orrore reale, assassino, spietato, carnale. Ogni suo senso verrà straziato, lacerato; e la sua carne proverà indicibili violazioni… ma anche proibiti e impronunciabili piaceri. Sì, la storia è intensa, hardcore e spietata, ma fa anche godere grazie a uno stile scorrevole e a stralci erotici degni di un creatore fiero del suo piglio deciso, e perverso. 

La storia non è lunga, ma è assolutamente giusta: misurata nel suo svolgimento che non abbandona mai il lettore, imprigionato da subito nella camera numero 3, nella dimensione morbosa di Melinda, nello spazio maledetto nascosto tra le sottili mura del mondo mortale. Non mancano sentimenti positivi e rigeneranti: il risveglio della carne, lo scuotimento fisico ed intimo, la compassione; il coraggio spinto oltre ogni limite fisico e psicologico. Alma si rivelerà tutt’altro che banale. Non sarete i soli a notarlo… Amos, l’uomo con il cilindro, ha gli occhi sui seni di Alma, e sul profilo candido, femmineo e bipolare della sua anima. 

Lettura consigliata. Sono certa che alcune parti avrete piacere di rileggerle, quando nessuno vi guarda. 

 PACE E AMORE, E AMOS SMIRNOV, per il quale ormai "sto sotto", ma magari gli concederei solo una piccola avventura: perché? LEGGETE IL LIBRO.

Lo stesso Amos è presente come protagonista in un altro lavoro di Valeria De Luca: il racconto L’UOMO CON IL CILINDRO.  

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mercoledì 18 ottobre 2023

LA CASA DEI FANTASMI

 DI
BANANA YOSHIMOTO

Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione dicembre 2014
  • Data prima pubblicazione 2003
  • Editrice Giangiacomo Feltrinelli
  • Collana ZOOM Flash
  • TRATTO DA Ricordi di un vicolo cieco
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI
  • Pagine 46 (versione digitale)
  • PREZZO EBOOK 0,99€
  • Gratis con KindleUnlimited

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Un destino comune unisce la giovane Setchan a Iwakura. Sono entrambi destinati a ereditare gli esercizi dei loro genitori. […] Finché le loro vite prendono una piega inaspettata, quando nel nuovo appartamento di Iwakura appaiono due placidi fantasmi.” 

L’AUTORE

Per notizie sull’autrice CLICCA QUI; tornerete ad uno nostro vecchio post. 

L’ETERNITÀ È UN BUON SAPORE

“STRANAMENTE IL TEMPO SCORREVA IN UN MODO MISTERIOSO.

 NON TORNAVA INDIETRO NÉ SI ERA FERMATO. SI ERA SOLO GRADUALMENTE DILATATO ED ESPANSO. IN QUELLA LUCE SI ESTESE FINO A TOCCARE IL CIELO E, CONTINUANDO AD AVVOLGERCI, DIVENNE ETERNO”.

Il tempo si umanizza… e le persone si dilatano fino a scivolare aldilà della carne, non negandone mai la sostanza e le “divine” proprietà sensoriali, primordiali, specificatamente mortali. 

Due ragazzi, due individui che hanno le loro vite limitate dalla, appunto, mortalità. Essi scoprono la porta del tempo, la stanza che non si chiude mai, l’energia che non si cela a chi sa incanalarsi in quel Tutto così caro alle filosofie orientali, ma che in realtà è ben più umile nella sua semplice e benevola natura.

Due ragazzi che studiano, due persone che sentono le responsabilità familiari, e tengono nelle tasche sani valori con cui pagare il prezzo di ogni giornata passata tra gli altri simili. 

Quel senso di quotidianità tipicamente giapponese, fatto di minuti gesti, assenza di sensazionalismo. Ma è proprio in un chicco di riso e nel guscio di un uovo che ci si sente tranquilli, che ci si calma leggendo di vite normali che però ci distaccano dalla consueta moderna dissociazione per radicalizzarci su un terreno di cui si avverte la sostanza. Cucine avvolte da vapori gustosi, anziani che fanno ginnastica, amanti che si uniscono in un amplesso che ha la giustezza dell’assenza totale di programmazione, performance, giudizio. 

Tra le righe ci troviamo a gustare del paradosso letterario giapponese: dove il senso profondo del valore non ha mai come conseguenza la rinnegazione del piacere, la demonizzazione di quella energia passionale che gode di un’omelette come di un incontro erotico. 

Non è una storia di paura, è una storia di famiglia, d’amore, di pasti preparati con meticolosa attenzione. 

Si passa dal parlare di giorni fino al trascorrere di anni. Ma ogni cosa trova il suo posto, ogni elemento non conosce fine. 


Meravigliose le suggestioni erotiche. Scioccanti e piacevolmente invadenti le immagini di unioni intime. Deliziosi i sapori che l’autrice dosa con sapienza. Rilassante lo stile diaristico che diventa poi come orecchi e occhi invisibili che si insinuano tra le strade, le stanze. Racconto e dialogo; presente e futuro; vivi e morti. 

Pregevole l’idea di mettere a disposizione del lettore racconti singoli, tratti dalle proprie raccolte. Economico, smart: geniale per chi è vittima del tempo e vuole recuperare il piacere del distacco, non caratterizzato però dalla spinta della sottomissione agli impegni che reclamano sempre più vita. 

AVVERTENZA: la copertina (inutilmente cozy cozy cute)… è fuorviante.

CITAZIONI SCELTE PER VOI

“CERCO SEMPRE DI NON DIMENTICARE CHE QUELLO CHE CUCINO POTREBBE ESSERE PER OGNUNO L’ULTIMO PASTO, E CHE QUESTO è IL SENSO DEL MIO LAVORO.”

“CON TUTTE LE SUE DEBOLEZZE ERA UN VERO UOMO E SAPEVA FARE L’AMORE CON UNA DONNA CON LA FORZA DI UN UOMO.”

“SEMPLICEMENTE, SI CREAVA SINTONIA, E AVEREMMO POTUTO CONTINUARE A PARLARE COSÌ ALL’INFINITO”

“C’È QUALCOSA DI EROTICO IN QUEL CUPO CIELO INVERNALE, CON QUELLA FITTA COLTRE DI NUVOLE, IL GRIGIO, IL VENTO FREDDO. TUTTO SEMBRAVA FATTO APPOSTA PER SPINGERE A CERCARE LA PELLE DELL’ALTRO, IN QUEL COLORE GRIGIO SCONFINATO, VENIVA VOGLIA DI CHIUDERSI A LUNGO IN UNA STANZA. E IN QUELLA STANZA, ABBANDONARSI A UN PIACERE SENZA LIMITI, COME SE FOSSE L’UNICO POSTO AL MONDO DOVE POTERLO FARE.”

"Esplorava meticolosamente il mio corpo, quasi ad assicurarsi di dove e come agire. Il fatto che facesse così, trattenendo la sua eccitazione, era talmente erotico che per la prima volta in vita mia ebbi un orgasmo davanti agli occhi di un altro. Dopo avere assistito a questo con attenzione, fece una pausa ed entrò in me. Fu un momento straordinario. Avemmo entrambi l’impressione di aver scoperto il sesso per la prima volta e dividemmo un brivido di sorpresa. Capii che ci chiedevamo entrambi che cosa avessimo fatto fino ad allora. Sembrava non potesse esserci un incastro più perfetto di quella cosa perfettamente dura e liscia che penetrava in un posto perfettamente bagnato e stretto."


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domenica 16 luglio 2023

L'AMORE È UN CANE CHE VIENE DALL'INFERNO

 DI
CHARLES BUKOWSKI

  • Anno di Pubblicazione 22 gennaio 2015
  • Data prima pubblicazione 1977
  • Editrice Guanda
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI
  • Pagine 223
  • PREZZO EBOOK 6,99€
  • PREZZO CARTACEO 11,40€

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Raccolta di testi poetici dalla forte valenza narrativa, L’amore è un cane che viene dall’inferno è l’America miserabile, clandestina e sconfitta che Charles Bukowski ha rappresentato in tutta la sua opera. È tutti i suoi abitanti: falliti, ubriaconi, giocatori d’azzardo, perdenti di ogni genere... Un’umanità cui lo scrittore guarda con ironia intrisa di disperata partecipazione.” 

L’AUTORE

Biografia pressoché superflua: “ubriacone”, “sporcaccione”, “feccia”. I più gentili lo definirebbero “un po' forte”. Chiunque sa usare bene aggettivi e indicazioni, etichette… su un uomo che nella sua tarda fama si è portato dietro le etichette societarie e quelle del resto, per scriverci su la verità. Un padre, un puttaniere e uno che tra il buco del collo della bottiglia e quello di un retrocorpo è sceso: down, down. Parlare a chi di lui? Forse solo alle ragazze di quel bordello che leggono le sue poesie, che sanno cosa e come è stato dolce il come, anche nella sporcizia di tutti i giorni portata lontano con vergogna. Quando la cosa più pulita e sincera della società è la nostra immondizia.

UN CANE STA DRAIATO: MORTO O RIPOSA, ASPETTA O NON PUÒ ASPETTARE PIÙ

“NON SPOGLIARE IL MIO AMORE
POTRESTI TROVARE UN MANICHINO;
NON SPOGLIARE IL MANICHINO
POTRESTI TROVARE IL MIO AMORE”.

Un cane sta sull’asfalto, ma bisogna andare, alle corse, a sperperare. E quanti cani stanno sul ciglio della strada, quante vite stanno come il cane; su quanto amore passano sopra ruote e pesi che spappolano.

Un’edizione bella e comoda: ci sono le poesie in italiano e quelle in inglese. Comodo leggerle in un’altra lingua… i più seri diranno per lecito rispetto e adeguata adesione, io dico perché se la lingua è di qualcun altro le cose sembrano riguardarci meno. E poi in inglese le porcate suonano bene.

Nel disastro e tra i tappeti macchiati suona sempre una musica dolce: uno schiaffo sulla carne soda e tonda e Mozart che risuona tra cuori malandati e ubriachi, ma forse più amanti di molti abiti bianchi. La musica non ferisce, mentre il fegato si spappola e la schiena strilla. L’intimità, come direbbero sempre gli educati: ma chiavate la tomba per riportare in vita i morti, lo dice Il poeta. Quando le anime che si scandalizzano dovranno mettere sassi nelle tasche della propria anima per dare qualche consistenza a vite svuotate dagli altri, dalla vita, dall’inferno d’amore che non è dannazione, è solo fuoco e dolore e ottima compagnia.

Buttare via, accanto al cane morto. Ma:

“Come si fa a essere così
fortunati? Avere qualcosa
che gli altri hanno abbandonato.”

I sensibili sono gli spazzini tra la gente, anche i poeti, anche gli amanti. No, gli amanti sono quelli che cercano sempre di rimettere insieme i pezzi di qualcosa che non è più senza ragioni del cuore ma per ragioni di qualche calcolo venuto male. 

“Non dovevamo farlo
eppure dovevamo.”

Bukowski espelle lerciume, e poi lo dice “È vero sono capace di amare”.

Gemendo e piangendo si gode e si fa schifo. Ma almeno si gode quando in realtà se non lo facessimo saremmo spesso, comunque, destinati a fare schifo ma con abiti di “percalle”.  Si chiudono le finestre per gemere, e per piangere. 

Sono le donnacce che ti trovano, non sei tu. Forse è quel bambino che ha subito, e quell’acne che ha deformato un volto che da quando è divenuto brutto ha sfoderato la propria ignobile bellezza. Charles.

Lo scrittore e il suo numero di telefono tra le poesie: soli, anche il famoso, il porco. 

“Gli immondezzai della città pieni
i robivecchi pieni
i manicomi pieni
gli ospedali pieni
i cimiteri pieni.

nient’altro
si riempie.”

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mercoledì 28 giugno 2023

VERSI EROTICI NEL DESERTO

 DI 
ANDREA TOMASELLI

  • Anno di Pubblicazione 2023
  • Edizione 1°
  • Editrice Eretica Edizioni
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI
  • Pagine 77

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“I nostri corpi vagano, in esilio, in un disperato deserto apollineo. Sono stati banditi dall’ascetismo della nuova Chiesa, quella digitale, che in questo modo può lucrare sul desiderio abbandonato.” 

L’AUTORE

Andrea Tomaselli, regista, sceneggiatore, scrittore e poeta, insegna sceneggiatura e regia cinematografica presso la Scuola Holden di Torino. Oltre che del racconto LA PESTE DELL’ANNO UNO, è autore del romanzo BODIES, STORIA DI UN POLIAMORE (2021) e della raccolta poetica VERSI EROTICI NEL DESERTO. Ha curato la sceneggiatura e la regia dei film ZOOSCHOOL, del 2015, e KYO, del 2019. È da ricordare anche lo spettacolo teatrale LA CREPANZA DEI MANIACI D’AMORE, di cui cura sceneggiatura e regia. 

LIBERO INFETTARSI DI VITA, E LANGUORE E NOSTALGIA DEL PARADISO PRIMIGENIO


Più di cinquanta poesie, divise in tre sezioni: un triangolo, una piramide eretta per seppellire e piangere i nostri atavici limiti… da tumulare, piangere per un minuto per poi correre sulla sabbia che sa volare ed essere invisibile. E come la fine sabbia si può raggiungere ogni angolo del creato, ogni piega del corpo, ogni profilo di un’opera d’arte, ogni essere o essenza. Il vento passa attraverso e tutto canta. 

Quale scioccante aggettivo: “erotico”, quando il deserto permette visioni solo momentanee, e la sete indebolisce corpi orfani, menti raddrizzate e ammaestrate a non pensare quei corpi e a chiudere ogni accesso al cuore che deve battere con un ritmo calmo, appena necessario a portare avanti passi incerti dove in realtà l’incertezza non è permessa in un reale pauroso, e impaurito di ciò per cui è nato: essere il divino che si può toccare. 

Tomaselli versifica senza pudore, usa i nomi delle parti del corpo, tutte. La morale borghese è abbracciata per essere scossa, svegliata dal prolifico sperperare che mai dorme, o forse mai si sveglia. I letti sono fatti per far riposare le macchine, forme a cui ormai siamo spesso ridotti; le mani servono per autoconfortarsi di un ononanismo secco e sterile. Tomaselli recupera la fecondità di cui siamo donati al momento della nascita: non perpetuare la specie ma amare, d’amore e di passione, di stupore e parole sporche urlate con libertà. 

Siamo davvero nati liberi? Quando già abbiamo il nome delle aspettative. Ma è solo l’incompleto a permettere la santificazione nell’infinito, grazie al desiderio. Non v’è peccato nel desiderare, perché il desiderio è virtù civica, sociale, teologica. Il sesso, tra questi versi, non ha il genere, non ha “quel” nome. Nelle parti intime la violenza permette di aprire il varco della divinità, dell’energia che uccide il “solo” in nome dell’UNIONE. 

Le sensazioni sono ormai passate dalle dita, dal ventre e dai genitali… ai nostri occhi, che però non vedono ciò che possono desiderare, amare, ma si proiettano vuoti su schermi che fanno invidiare e succhiare vite altrui essendone intasati. Chi siamo? Pazienta e lo saprai… devi essere quieto. No! Tomaselli chiami a raccolta gli impazienti: reietti, sputati dal deserto per un altro deserto. Ma chi cammina nudo e a piedi scalzi non teme la spaventosa potenza di un orizzonte che sfuma per i raggi di luce e il calore estremo di un sole che brucia, e corrode le pietre. Volete accontentarvi della prosa? Sì, ma cosa raccontate? Vite di altri, principi stabiliti da morti, storie che non avete vissuto e non vivrete mai. “Parlo per chi sta dentro”: ascoltate il poeta, l’ultimo germoglio che non conosce distruzione chimica, anche se siamo ormai castrati da sostanze e istanze sintetiche. 

“Parlo per chi sta dentro
e non mi può sentire,
invito le porte a marcire”

“culi belli come il tuo,
padroni di tutto”

L’orgasmo universale, il vuoto che reclama la sua funzione. Come un vaso non può accogliere acqua se non ha il suo vuoto allora noi non possiamo assolvere la nostra nascita senza svuotarci per essere riempiti di saliva, follia, amore. Non è il romanticismo a vincere, è la vitalità… è l’autentica vivida bestialità del nostro potere di unire, di legare, di godere del mondo fino a farlo sorridere così forte da far cadere i tetti da tutte le prigioni. 



giovedì 15 giugno 2023

LA PESTE DELL'ANNO UNO

DI 
ANDREA TOMASELLI
Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione 2014
  • Edizione 1°
  • Editrice Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
  • Edito nella collana ZOOM Filtri
  • Edizione digitale
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI
  • FORMATO KINDLE €0,99
  • Pagine 21

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Un apologo allucinato e allucinatorio, nero come l’inferno sotterraneo che strangola i due protagonisti. La ricerca disperata di una via di uscita, qualsiasi possa essere. Un gioiello della narrativa underground, in tutti i sensi.” (Alan D. Altieri)

L’AUTORE

Andrea Tomaselli, regista, sceneggiatore, scrittore e poeta, insegna sceneggiatura e regia cinematografica presso la Scuola Holden di Torino. Oltre al racconto LA PESTE DELL’ANNO UNO, è autore del romanzo BODIES, STORIA DI UN POLIAMORE (2021) e della raccolta poetica VERSI EROTICI NEL DESERTO. Ha curato la sceneggiatura e la regia dei film ZOOSCHOOL, del 2015, e KYO, del 2019. È da ricordare anche lo spettacolo teatrale LA CREPANZA DEI MANIACI D’AMORE, di cui cura sceneggiatura e regia. 

IL TERRORE DI RICONOSCERSI IN UN RACCONTO CHE CHIAMERETE “IMPOSSIBILE”

UN’ALLUCINATORIA ESPERIENZA DI VIOLENTA PRIGIONIA. LA PACE ORRORIFICA DI UN ETERNO PRESENTE, UN’APOCALISSE DEL SÉ…

SOPRAVVIVERANNO ELETTI O CATTIVI? UN RACCONTO ASFISSIATE, DI GENIALE E CRUDELE LUCIDITÀ. COSA RESTA? FORSE UN NOME? 

Ventuno pagine in cui scivolare svelti, come in un pozzo apertosi sotto ai piedi di un’innocente creatura che gioca alla vita, ignara fanciulla.

Una prosa dal peso evangelico e dalla tagliente determinazione profetica. Sfido il lettore a credere a ciò che è accaduto, anche se non basta restare nella vicenda per sentirsi al sicuro, dietro infissi solidi, muri di confine.  

Come può ciò che non c’è essere allegorico? Il dubbio crea il doppio, lo specchio la fa incarnare quell’allegoria impossibile. Il fatto è tremendo, ancor più straziante è capire che un’apocalisse non deve avere per forza la dimensione dell’universalità. 

Un padre, dei figli… una figlia. Straniati dai tempi verbali che non portano avanti o indietro, ma ti immobilizzano: saremo invitati sull’arca della nuova alleanza. Una mano sulla spalla, un sussurro amorevole: il mondo è un posto orribile, tu sei orribile. Tu sei il frutto di quel mondo. 

Non occorre chiamare per nome un insulto; come non è forse determinante uccidere il lupo se le pecore non ne hanno mai veduto uno. E così deve essere. Il buon pastore, il padrone, conosce la regola. E sa selezionare la razza migliore, la più forte, la più docile. 

La peste dagli echi metaletterari è globale e domestica. Un’infezione epidermica che entra dagli occhi, per la bocca, per il sangue puro. I cattivi sono malati, i malati sono le bestie che si sono cibate di un arbitrio da temere. “Lui” li tiene sotto il controllo del suo occhio. I lupi “infetti” corrono, liberi, oltre le pecore che stanno a pascolare sane, in attesa del macello. 

Una lettura multidimensionale, che riesce a moltiplicare le visioni sinistre, le critiche sociali che si arrovellano su sé stesse come un serpente morente, ma che sta solo lasciando la dura pelle di un vecchio stato. Un racconto che è così vicino all’inaccettabile da straniare dolorosamente in bellezza. 

La storia moltiplica, in uno spazio piccolo, personaggi e lettore. Es e Super Io si specchiano, si confrontano e si scambiamo. Il bambino interiore e il genitore interiorizzato sono qui invenzione, concetto, poi realtà. Agnello e lupo condividono il pericolo di un medesimo predatore.

Una trama di per sé già simbolica, riesce a farsi eco cocciuto che non smette di dire i nomi di tutte le persone, poi di alcune persone, poi di nessuno… per poi ricominciare. 

“Mi spiega che esistono pensieri che si travestono, di speranze, si fanno belli per distrarti, farti togliere il fermo dalla porta, e poi invece sono cose mostruose, che ti possono anche uccidere. 

[…] Perché è in quel modo che la peste ci imbroglierà.”


“ESPRIMERSI È STATA BRUCIATA”




 



giovedì 8 giugno 2023

LETTERA DI UNA SCONOSCIUTA

 di 
STEFAN ZWEIG

LETTERA DI UNA SCONOSCIUTA di Stefan Zweig
Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione 2014 (1°1922)
  • Editrice Garzanti
  • Formato Ebook
  • Link all’acquisto per tutte le edizioni in commercio QUI

L’AUTORE

Per la biografia di Stefan Zweig si rimanda a un precedente post. CLICCA QUI per leggerla. 

PERFETTO PER chi ha amato in silenzio e da lontano, e per chi si è accorto tardi di essere stato amato. 

ADATTO PER riflettere sui rimpianti, sulle avventure romantiche; sul significato degli incontri con il prossimo e sulla memoria.


CENNI SULLA TRAMA E RIFLESSIONI

Ricordi che non ricordano per persone che non si “incontrano” 

“Come uno sfarfallio di una pietra che luccica inconsistente nel fondo di un torrente.

Ombre si affacciavano nella sua memoria per poi di nuovo dileguarsi, senza prendere forma in un’immagine. Sentiva di avere dei ricordi, ma non ricordava nulla.”

Vivendo, troppo spesso, ci si distrae dalla vita. La memoria degli eventi, delle persone incontrate è l’appiglio a cui cerca di aggrapparsi il senso di un vissuto; il luogo dove possono imprimersi durevolmente i numerosi profili degli anni sfiorati passandovi attraverso. È impossibile percorrere le giornate, le strade, senza incontrare gli altri; si potrebbe impazzire pensando a come si è toccato chi su di noi ha poggiato uno sguardo, una fantasia, un’aspettativa. 

“Non c’è nulla di più terribile dell’essere soli in mezzo alla gente.”

Ma cosa è davvero la solitudine? Essere dimenticati, o essere sempre stati invisibili al vedere autentico altrui è la tomba definitiva, quella che si ricopre di rovi e viene risucchiata nella terra dell’oblio. Incontrare il prossimo, essere visti, arrivare alla memoria e trovarvi ricovero: la sopravvivenza oltre la morte può essere solo nell’incorporeità di un ricordo garantito dall’unione di vissuti che si sono riconosciuti, e poi conosciuti fino creare tracce che sanno rimanere sospese oltre la caducità del tempo, del corpo, della carne che soffre o che ama.

I fiori su una tomba cosa sono se non il segno che vuole far mantenere una reminiscenza, e altresì un souvenir macabro che si deteriora troppo presto. 

Una tomba già riempita, troppo presto; un’altra vuota, in attesa, notata troppo tardi solo nel momento in cui è ora di deporvi il contenuto. 

Un famoso scrittore torna a casa dopo tre giorni in montagna. Una quotidianità comoda e distratta, calzata con superficiale sicurezza, piacere, leggerezza; senza pensare troppo così che ogni cosa non abbia il tempo di imprimersi nella mente. Una lettera anonima, aperta con gesti generici, una scrittura femminile, un contenuto troppo lungo che potrebbe dover sforzare la mente verso stimoli pericolosi, che rischiano di rendere quelle parole degne di un tempo necessario che può aprire le scomode stanze della memoria. Lo scrittore conosce l’abilità del leggere a lungo, lo testimoniano i volumi in più lingue che riempiono lo studio; una lettera, però, ha un destinatario preciso, chiede una responsabilità diversa a chi ne viene coinvolto direttamente. 

Una innocente curiosità che male può fare… perché non sbirciare in quelle righe per giocare a sorprendere l’anonimato del mittente sul fatto. 

Lo scrittore, però, si accorge subito che quella lettura avrebbe sconvolto la sua vita, ormai era troppo tardi. 

Una donna scrive una lunga missiva, in occasione della morte del suo bambino. Sente anch’ella i brividi della malattia, ed il momento è giusto: confessare un amore disperato, perpetuo, segreto, all’uomo oggetto del suo desiderio da quando era bambina. Tra le pagine il racconto di una vita: dall’infanzia all’età adulta, il peregrinare attraverso luoghi ed eventi con l’unico scopo di amare, desiderare; poi essere vista, riconosciuta. L’innocenza giace con delle candele intorno e le mani giunte, mentre gli altri paiono tutti colpevoli. Un’abnegazione cieca, un fanatismo romantico, un’idealizzazione folle: la sconosciuta ha conosciuto solo l’attesa, la nevrosi di un desiderio che ha avuto anche la sfortuna dell’illusione del compimento. L’attenzione per l’altro che diventa intrusività, imposizione, violenza. Alla disattenzione non è concessa alcuna ingenuità, perché a nessuno è permesso di non accorgersi di un simile. Un “macello di vergogna” che restituisce solo i resti di chi ha vissuto fino a consumarsi, sperperandosi, negli opposti di atteggiamenti diversi nella forma ma tragicamente simili nella sostanza. Amare troppo, pazzamente, o non amare affatto: energie che si estinguono in fiammate gemelle che bruciano tutto ciò che è nei dintorni. 

Chi ama ha diritto di tacere un amore? Chi non ama ha colpe di fronte al non aver avuto la cosciente facoltà di ricambiare? Il segreto può diventare menzogna, la leggerezza offesa, la distrazione un’azione criminosa e fatale.

Zweig pone di nuovo la luce negli angoli oscuri dove si celano individui eccezionali perché figli della disperazione dell’eccesso. L’umanità mostrata in modo autentico, perché non edulcorata o filtrata dalla rappresentazione “giusta” della realtà. Diversità, anomalie: personaggi estremamente eccessivi, veri e vividi, che si scontrano con simili sentiti come specie estranee perché superficialmente tiepidi e istituzionalmente sani. La comunicazione impossibile tra il linguaggio del salubre ordinario e il codice indecifrabile degli outsider. 

Una storia tragica, un racconto che è stato portato avanti con cieca volontà e che riacquista la focalizzazione nel momento in cui non è più possibile un finale differente: così da anelare al controllo, a tutti i costi.

Zweig riporta ancora al valore della profondità dell’approccio al prossimo, alle responsabilità di essere persone. Nessuno può slegarsi da tutti gli altri. L’eco lontano di una musica canta una marcia funebre per tutto ciò che nella dimenticanza perde per sempre davanti alla mortalità. 

Molti segreti saranno svelati in quella lettera, e forse si narra un intreccio potenzialmente probabile per chiunque. 

CITAZIONE SCELTA PER VOI

“Il volto di una ragazza, di una donna, deve essere una cosa estremamente mutevole per un uomo, perché è quasi sempre solo un riflesso, ora di passione, ora di candore fanciullesco, ora di stanchezza, e svanisce in fretta come un’immagine allo specchio.”

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martedì 16 maggio 2023

VIVERE SECONDO NATURA

di
HENRY DAVID THOREAU

(dal WALDEN)

VIVERE SECONDO NATURA (dal Walden), di Henry David Thoreau
Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione 2021 (or. 1854)
  • Casa Editrice Garzanti
  • Prezzo edizione cartacea €4,66
  • Prezzo ebook €0,99
  • Num. Pagine 112
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

«”Rinunciando a ciò che è superfluo, e abbracciando così un'esistenza all'insegna della semplicità e dell'autonomia, saremo in grado di guardarci intorno con occhi nuovi: ci accorgeremo di conoscere in verità «solo pochi uomini, ma una gran quantità di soprabiti e calzoni”.»

L’AUTORE

Biografia di Henry David Thoreau

Nasce il 12 luglio del 1817, a Concord, Massachussets. Terzo figlio di un uomo d’affari che non brilla per successi ed iniziativa, John Thoreau, e di Cynthia Dunbar Thoreau. 

Nel 1823 viene mandato alla Concord Academy, e in seguito entra All’Università di Harvard, dove si laurea nel 1837, ma non senza aver manifestato e vissuto una cerca incompatibilità con il sistema d’insegnamento, organizzazione e concezione dell’istituto. 

Inizia ad insegnare alla scuola di grammatica di Concord ma, anche lì, sperimenta una certa insofferenza che lo costringe a lasciare l’impiego. Tenta di lavorare nell’impresa familiare ma poi crea una piccola scuola con il fratello John, iniziativa che dura circa tre anni, nonostante i tratti progressisti. L’esperimento viene meno a causa della malattia di John, che muore nel 1842 lasciando Thoreau nel dolore. Dalla relazione fra i due fratelli, nascerà il primo scritto importante di Henry Concord and Merrimack Rivers, del 1849, ispirato ad una gita fatta proprio in compagnia di John.

Durante questo periodo di confusione e sofferenza, il sostegno più grande gli viene donato dall’amicizia con Ralph Waldo Emerson, conosciuto dopo il trasferimento di quest’ultimo a Concord nel 1837. 

Emerson, ex ministro della Chiesa Unitariana, culto caratterizzato da un rigido monoteismo che rinnega il dogma trinitario e la natura divina del Cristo, vede subito in Thoreau un discepolo da accogliere in seno al Trascendentalismo. 

Il Trascendentalismo si presenta subito come un movimento letterario, ma anche e soprattutto filosofico, che combina il romanticismo con un umanesimo tipicamente americano. Si celebra l’individuo e non le masse, l’emozione a scapito della ragione; si valorizza il valore essenziale e principale dell’esperienza diretta in relazione ad un rapporto stretto con la natura. L’uomo ha un potere straordinario perché ha in sé l’Io Universale, ma ciò implica un costante potenziamento nell’assunzione della realtà esterna attraverso la conoscenza della realtà e dei suoi limiti solo immergendosi in essa. Una visione romantica e panteistica, che sì richiama echi Kantiani, ma tratteggia una costruzione filosofica che richiama emancipazione dalla tradizione europea. L’Umanesimo americano si decolonizza creando le basi di una visione del vivere che ancora oggi è spinto a livelli a volte anche eccessivi dall’amore statunitense per il Self Empowerment.

Proprio Emerson spinge Thoreau ad iniziare un diario, pubblicato poi postumo in 14 volumi nel 1906. E a scrivere su The Dial, la rivista dei trascendentalisti. 

Nel 1840, Thoreau tenta di prendere moglie proponendosi ad Ellen Sewall, che alla fine rifiuta di sposarlo. Nel frattempo, lo scrittore si trasferisce da Emerson e vi resta mentre affronta la morte del caro fratello John e una profonda instabilità lavorativa. La famiglia Emerson aiuta Thoreau anche impiegandolo come insegnante in casa di William, il fratello di Ralph, a New York. L’esperienza dura però poco. Thoreau torna a Concord e all’impresa di famiglia, ma ormai la sua voglia di sperimentare e il suo modo di pensare rivoluzionario lo spingono a cercare l’illuminazione in un’esperienza radicale e formante: nel 1845 il ventisettenne Henry parte con un’ascia presa in prestito e si costruisce la sua capanna sulle rive del fiume Walden, dove vi resta due anni. Meditando e, soprattutto, sperimentando, appunta ogni cosa su un diario che sarà la base per la pubblicazione di Walden, Ossia vita nei boschi, del 1854: uno dei suoi lavori più famosi ed influenti. Durante l’esperienza non mancano intrusioni dal mondo esterno: Thoreau viene persino rintracciato da un esattore delle imposte, e chiamato a rendere conto del fatto che da anni non paga la poll tax, ovviamente non per dimenticanza per forte volontà di protesta contro la guerra degli Stati Uniti contro il Messico. Thoreau viene così tratto in prigione, dove vi resta per una notte: una zia paga la cauzione, e nonostante le sue lamentele Henry viene rimesso nel mondo. La sua convinta posizione pacifista e abolizionista cresce sempre di più, portando alla nascita del saggio La disobbedienza civile, pubblicato nel 1849 con il titolo originale Resistenza civile; nel 1854, stesso anno del Walden, pubblica anche Slavery in Massachussetts. È da ricordare che i suddetti saggi sono le trascrizioni di conferenze pubbliche che Thoreau tiene volentieri e con assai molta veemenza, come anche Emerson. È da annoverare l’intervento di Thoreau tenutosi il 30 ottobre del 1859, presso il municipio di Concord, In difesa del Capitano John Brown .  

Negli ultimi anni Thoreau si distacca un po' dal trascendentalismo per diventare soprattutto un naturalista, attività che svolge anche come lavoro insieme ad altre mansioni tecniche. Muore di tubercolosi nel 1862. 

Postumi sono The Maine Woods, Cape Cod, A Yankee in Canada; e raccolte di poesie e lettere curate da Emerson. 

LA PREZIOSA EREDITÀ DEL PENSIERO DI THOREAU

Thoreau è il padre dell’ecologismo e della lotta non violenta: a proposito di questo ultimo aspetto… attendete il futuro post su La disobbedienza civile.

VIVERE SECONDO NATURA

VIVERE SECONDO NATURA è un saggio estratto da WALDEN, OSSIA VITA NEI BOSCHI, di cui ne costituisce la prima e prodromica parte.

Due anni presso il lago Walden, senza null’altro che un’ascia presa in prestito. Una capanna costruita con mani che non avevano mai sentito il peso della responsabilità dell’autosufficienza. L’indipendenza gustata tra panini non lievitati cotti sulla pietra, e qualche mobile necessario anche perché sedere su una zucca sarebbe un eccesso che non giova alla causa. Fagioli coltivati da sé e pochi libri: una mente sgombra per creare un business senza denari ma con utili assai preziosi per la costruzione di una strada praticabile verso una vita migliore, perché di scontenti ce ne sono davvero molti, nel farisaico benessere che si lamenta; ed è per loro che Thoreau mette su il suo esperimento, anche se è noto che chi giova di una scoperta ha prima additato con paura a chi avesse avuto il coraggio di impiegarsi nella vera conoscenza dell’immanente, che è l’unico testo sacro e scientifico dove risiedono le idee. 

Grazie a Thoreau, e alle invocazioni del Trascendentalismo, si è invitati ad un “riformismo” dell’individuo: la chiamata può e deve riguardare chiunque; ma ognuno ha un solo particolare percorso, totalmente personale e specifico. 

L’Io individuale ha le sue radici nell’Io Universale: The Over soul, la Superanima che in sé include tutti gli esseri viventi, i quali sono qui spinti a superare ogni limite esteriore e, soprattutto, interiore. In nome dell’Anima Universale, tutti gli esseri viventi sono connessi: la Natura è il locus perfetto per trovare le soluzioni esistenziali e per tornare in armonia con un’indipendenza che non è mai egoistica ma esclusivamente responsabile, per sé ma soprattutto per tutto il resto. L’Energia Superiore agisce, o meglio dobbiamo ad essa permettere di agire, attraverso gli individui: rientrare nel flusso naturale delle cose, con essenzialità, rispetto, coraggio, curiosità e incuranza delle leggi precostituite da una vuota maggioranza è il mezzo per conoscersi e valorizzarsi, andando così a rimpinguare le risorse di un mondo già depredato e ridotto a un commercio di felicità a buon mercato, generiche; insalubri, ottenebranti, false.

L’uomo timorato di Dio sta in realtà in una perpetua penitenza inconscia: tra preoccupazioni futili ed eccessive, fatiche inutilmente brutali… assolutamente autoinflitte. 

La stessa religione invischia nel pronunciamento di canti fatti della paura di Dio e mai della gioia della vita. La carità si riduce a raccolte fondi ed elargizioni una tantum, fatte con una mano mentre l’altra continua a scavare una grande fossa comune per tutte le persone presenti e future.

“Se donate denaro, investitevi anche voi stessi, e non limitatevi a consegnarlo loro.”

Fare del bene, presunto, è cosa inutile se chi si prodiga così alacremente non è in realtà buono, e non sa neanche in cosa consista un minimo di bontà.

Al bando ogni ipocrisia, anche se l’autore non nega il suo piacere nelle cene fuori e ogni peregrinazione esistenziale fatta di fallimenti e di desideri. Ma egli ha tentato, ha sperimentato, ha sofferto carcere, fame e freddo; ha vissuto nel bosco tra gli animali riuscendo a sentire una voce che gli raccontava di come gli uomini sono strumenti delle loro bestie al giogo, e di come le fattorie siano la vera povertà del contadino. 

Mangiando vegetali le ossa non si formano, dicono cittadini e membri della “comunità” mentre stanno curvi sotto il peso di chincaglierie, mobili e cianfrusaglie esotiche estirpate da popoli “selvaggi” e depositari di una dignità sconosciuta al commerciante affannato, al fattore stremato, all’intellettuale soggiogato e al filosofo che insegna la filosofia senza averla praticata neanche un giorno della sua vita. 

La malattia del benessere e i deliri di una febbre dell’inutile; un morbo che ha alzato al massimo la superficialità che toglie l’essenziale alla fetta più numerosa della popolazione terrestre.

 Thoreau parla di un progresso mendace, che costruisce ferrovie mentre gli operai vi si ammazzano costruendole; di industrie che creano abiti belli per la gente per bene, mentre gli altri simili soccombono a ritmi di lavoro inumani. Il consumismo prima di essere chiamato così… è già chiaro: agli occhi di Thoreau c’è l’urgenza di essere svegliati:

“Non intendo scrivere un’ode allo sconforto, ma vantarmi gagliardamente come fa il gallo al mattino appollaiato al suo trespolo, se non altro per dare la sveglia ai miei vicini.”

/-/

Ironia pungente; coscienza ipersviluppata mostrata in una testimonianza che a volte cede alla tautologia, perdonata però per l’efficacia di un messaggio scaturito dalla prova, dal coraggio di fare qualcosa di diverso. E benedetta sia la diversità per Thoreau, che non vuole propinare una sola verità ma solo spingere verso l’emancipazione da una schiavitù non solo reale ma ideologica, sociale. L’uomo si affama perché il pane spirituale è sostituito da cibi che non saziano, da abiti che non scaldano e da case che non proteggono ma imprigionano: per le quali i costruttori ci invogliano verso travestite celle dorate, confinanti con vicini molesti. La separazione del lavoro si tramuta nella convinzione che siamo incapaci davanti all’autosostentamento, all’indipendenza. Il mutuo soccorso diviene solo l’organizzazione di uno spettacolare ed elegante funerale globale, di una morte dell’umanesimo per una società che celandosi dietro pubblicizzata sicurezza rifila solo indifferenza verso l’individuo e la natura. Quest’ultima si consuma perché l’uomo non è più solo una entità passeggera pervasa di meraviglia ma un parassita insaziabile che impara troppo presto a consumare, specialmente sé stesso dato che non si sa cibare di ciò che gli serve ma solo di ciò che gli viene preconfezionato senza alcun riguardo per i nutrienti davvero necessari. 

“Il prezzo di una cosa è la quantità di ciò che definisco vita da dare in cambio.”

Le istituzioni divorano la vita del singolo, ridotto a un vecchio signore che arranca trascinandosi dietro il peso di cose inutili. 

“Potrebbe essere la casa a possedere lui e non viceversa”. 

L’uomo insoddisfatto non sta facendo altro che lamentarsi dei tempi duri “perché non può permettersi ci comprare una corona”. 

Thoreau pone il suo Io a narrare, ma il discorso è aperto alle conclusioni e soprattutto alle azioni mancate del destinatario ben identificato: egli si rivolge “alla massa di uomini che sono scontenti o si lagnano inutilmente della durezza della sorte o dei tempi, quando potrebbero essere loro a migliorare la situazione”

DESIDERI E BISOGNI 

Il capovolgimento del modello motivazione dello sviluppo umano di Maslow, in tempi non sospetti

Credo di avervi già parlato della PIRAMIDE DEI BISOGNO DI MASLOW ma, per i nuovi arrivati e per quelli che come me hanno una labile memoria, meglio ripassare.

Nel 1954, lo psicologo Abraham Maslow immagina un modello motivazione dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni. L’uomo tende a sviluppare primamente dei bisogni primari, e solo dopo può far emergere quelli di ordine superiore che portano alla consapevolezza e all’attuazione dell’autorealizzazione individuale. In sostanza, si realizza la propria identità solo se prima si sono soddisfatti i bisogni primari, considerati di “sopravvivenza”. 

In ordine, partendo dal basso, Maslow parte dai bisogni fisiologici (fame, sete, sesso, combustibile); poi vi sono quelli di sicurezza (come un riparo); salendo arrivano i bisogni sociali come l’appartenenza e in seguito la stima, e solo in ultimo si giunge all’autorealizzazione. Questo modello è dimostrato essere parziale, e rigido, anche perché non contempla l’influenza dell’ambiente esterno che potrebbe spingere a concentrarsi anche su più bisogni contemporaneamente a seconda delle occorrenze. 

Thoreau, e appunto il suo “pane spirituale”, pone innanzitutto una riflessione sulla confusione tra bisogni e desideri. Il bisogno, chimicamente, mette in moto nel sistema nervoso una serie di percorsi che inducono all’urgenza, e lo fa smuovendo anche i fattori emotivi. Il desiderio dovrebbe essere un qualcosa in più, assolutamente non necessario. Thoreau fa l’esempio della moda, dei calzoni sempre nuovi indossati da manichini; non manca anche di portare a conoscenza studi antropologici che hanno osservato come un uomo selvaggio grondi di sudore in case troppo riscaldate che inducono un indebolimento delle naturali difese corporee. La contemporaneità di Thoreau, e ancor più la nostra, sostituisce il bisogno con il desiderio che è anche, nella maggior parte dei casi, indotto e non libero e specifico. 

Ciò cosa produce? Ansia, moltissima ansia. L’uomo si dimentica della natura, capace di adattarsi alla forza come alla debolezza degli esseri viventi, e la sostituisce con un’ansia che sopravvaluta l’importanza del lavoro, del fare schizofrenico. “Ma quante cose non sono state compiute da noi?” dice Thoreau, e guardandosi intorno senza paraocchi ciò è più limpido di quanto si potesse pensare… anche se, forse è troppo tardi, oggi, per rientrare in un certo circolo naturale. Ma questo saggio serve anche a ritrovare la fiducia. 

I bisogni primari e l’autorealizzazione possono e devono agire all’unisono, e solo così la piramide pare più flessibile e quindi solida. 

Uomini nuovi: ecco cosa serve, e i cosiddetti vecchi saggi non costituiscono un alibi. Più che cambiarsi d’abito l’umanità deve fare la muta, che negli animali indica uno stato superiore e non un cambiamento esteriore e inutile. Appena si può non morire di fame, di certo c’è altro in sostituzione del superfluo: esplorare la vita. 

Nessuna frase vuota, nessuna teoria che si adagia su sé stessa: VIVERE SECONDO NATURA significa imparare un’economia del vivere, che è sinonimo di filosofia. 

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