UNA STORIA CHE RIPARTE DALLE AZIONI DELL'UMANITÀ PER GUARDARLE CON GLI OCCHI DI UNA DONNA CORAGGIOSA
ELIZABETH GASKELL RACCONTA LA VICENDA DI UNA "STREGA": LOIS BARCLAY
L’AUTRICE
Elizabeth Gaskell nasce a Londra il 29 settembre del
1810. Figlia del pastore William Stevenson, unitariano. Gli unitariani, nati in
seno al Cristianesimo Protestante, rifiutano l’idea di Trinità e pongono in dubbio
la divinità di Cristo e dello Spirito Santo.
Elizabeth rimane orfana a un anno di vita. A quattro
anni viene adottata dalla zia materna e vive la maggior parte dell’infanzia a
Knutsford Cheshire, cittadina di campagna vicino a Manchester.
L’unico fratello della Gaskell muore in mare intorno
agli anni venti dell’Ottocento; anche per questa triste ragione si allentano i
legami con il padre, in quale era già in cattivi rapporti con la cognata.
La famiglia adottiva è borghese e unitariana, nonché legata
per parentele e matrimoni con personaggi eminenti, tra cui William Turner. Elizabeth
assorbì dall’ambiente un atteggiamento liberale e tollerante; si dedica a vaste
letture e inizia a nutrire sue autonome opinioni.
Nel 1832 si sposa con William Gaskell, pastore unitariano
della cappella di Cross Street impegnato alacremente nelle questioni sociali.
Intorno al pastore ruotano intellettuali progressisti e pastori dissidenti.
Il cambiamento di vita è considerevole per Elizabeth:
Manchester si presenta come un centro in piena espansione e mostra la realtà
della nuova civiltà industriale.
Nei primi anni di matrimonio, i coniugi si occupano
anche dell’istruzione dei figli degli operai, bambini che spesso a loro volta
lavorano nelle fabbriche. Elizabeth sente la mancanza dei paesaggi della sua infanzia
ma resta affascinata dal sentore di indipendenza che pervade Manchester.
Nel 1844, muore l’unico figlio maschio William.
Il lutto affligge profondamente Elizabeth; il marito
cerca di sostenerla e la convince a iniziare a scrivere per trovare sollievo e
distrazione. Nel 1848 esce MARY BARTON, anonimo: un crudo affresco dell’ambiente
operaio, motivo per il quale viene messo al bando da diverse librerie e biblioteche.
L’attenzione da parte del pubblico, però, è grande.
Inizia anche la collaborazione con Charles Dickens, con
l’uscita di OUR SOCIETY AT CRANFORD, pubblicato sulla rivista edita dallo
scrittore, Household Words. Dickens convince la Gaskell a scrivere un seguito e
se ne assicura la pubblicazione, insieme ad altri lavori successivi.
Un altro grande nome che si interseca alla vita di
Elizabeth è quello di Charlotte Brontë, con la quale instaura una forte
amicizia e scambia un nutrito epistolario. Il padre di Charlotte chiede alla
Gaskell di scrivere la biografia di Charlotte. Datato 1857, il lavoro in
questione guadagna un grande successo.
Scrittrice feconda di romanzi e racconti, ha prodotto
anche meravigliose storie gotiche sempre in linea con un’attenta analisi e
critica sociale.
Con i proventi dei suoi lavori, la scrittrice acquista
un cottage ad Alton, nell’Hampshire. Lì muore circondata dalle figlie, all’età
di cinquantacinque anni, il 12 novembre 1865.
LOIS
LA STREGA
Ph Francesca Lucidi
L’AMBIENTAZIONE
STORICA
BREVI ACCENI AI PROCESSI DI
SALEM
I Puritani erano i seguaci del Puritanesimo, una
corrente cristiana che sosteneva, appunto, la purificazione della Chiesa d’Inghilterra
da quanto non strettamente indicato nelle Sacre Scritture. E cosa ben più “pericolosa”,
credevano che la Chiesa dovesse essere svincolata dal potere politico. Il
tentativo di riforma fu immediatamente limitato in Inghilterra, motivo per il
quale si diffuse oltre i confini spingendosi verso le colonie. Le congregazioni
emigranti portarono nel Nuovo Mondo le convinzioni in una chiesa purificata,
rigida e pronta a riconoscere come unico capo della comunità solo il Cristo.
Il puritano doveva seguire una vita umile ed obbediente:
la lotta al peccato, insito nell’uomo, era la priorità. Le comunità riconoscevano
come guida una stretta cerchia di anziani, eletti direttamente dai fedeli. La
rigidità nei costumi, la paura verso il diverso identificato nell’indiano, nel
pellerossa spesso associato alle attività del Maligno, creano un terreno
fertile fatto di superstizione e paura.
Gli indiani si nascondevano nella boscaglia, assaltavano
i coloni e, dopotutto, stavano reagendo alla perdita dei loro sacri terreni di
vita e caccia. La vita era dura e l’oscurantismo risentiva degli echi di quelle
strane popolazioni native, spesso mescolate ai coloni perché alcuni indiani
erano tenuti in casa come servitù.
Gli inverni erano rigidi, ma l’inferno parve far divampare
improvvisamente le sue fiamme tra il 1691 e il 1692. In realtà, già tra il 1647
e il 1688 furono giustiziate 17 persone.
Ma fu dal 1691 che prese il via la più estesa ondata
di accuse ed esecuzioni per stregoneria del territorio del Nuovo Mondo.
Tutto iniziò da due giovani, Elizabeth Parris, la
figlia del pastore Samuel Parris, e sua cugina Abigail Williams. Le due
cominciarono a comportarsi in modo strano, a strisciare sotto ai mobili, a emettere
strani versi… a parlare in tali maniere da far venire i brividi. La diagnosi fu
chiara: possessione diabolica. Inizialmente il pastore Parris non volle diffondere
la notizia e si rimise nelle mani di Dio. La paura e la superstizione, però, non
conobbero quiete e si diffusero a macchia d’olio. Coincidenze, animali
ammalati, bambini caduti a terra… ben presto intorno alle due giovani “sventurate”
si formò un nutrito coro di possedute: tra i nomi si ricordano Ann Putnam,
Betty Hubbard, Mercy Lewis, Susannah Sheldon, Mercy Short e Mary Warren. Ben
presto venne fatto il primo nome: la strega era Tituba, la schiava caraibica che da anni
viveva e serviva in casa dei Parris. In realtà la donna non fu mai condannata a
morte; fece lunghe confessioni, parve diventare una strana “consulente” degli
accusatori. Tituba in seguito fuggì e si persero le sue tracce. La stessa sorte
non toccò ad altre donne accusate, torturate e giustiziate; di tutte le età ed
estrazioni sociali. Ricordiamo Sara Osrborne, una povera anziana inferma; tra le
accusate anche la figlia di quattro anni di un’altra “strega”, stiamo parlando
di Dorothy Good, figlia di Sarah Good.
Le accuse e l’odio parvero seguire alberi genealogici,
legami di parentela, confini territoriali. È chiaro come vi fossero sottese
antipatie e interessi personali nella diffusione delle dita puntate verso il
prossimo.
In realtà, prima di iniziare dei veri processi v’era
da risolvere un problema: non c’era un Governatore dal 1689; per questo motivo
i reali inglesi inviarono Sir William Phips. La corte era composta da sei membri,
nominati da Phips, e dal vicegovernatore William Stoughton.
In tutto furono impiccate 19 persone, un uomo morì
schiacciato da una montagna di pietre perché si rifiutava di testimoniare; 150
furono imprigionate per sospetta stregoneria e 200 persone furono accusate. I
numeri non devono parer esigui dato che la popolazione del New England contava
appena centomila unità.
In realtà, tutto si fermò grazie ai dubbi sul peso
delle testimonianze; no, non ci fu un immediato slancio di coscienza. Alcuni
dissero di aver sentito le ragazze sussurrare di nascosto di aver inventato
tutto; altri addussero dubbi più religiosi, evidenziando che alcune ragazze
avrebbero attirato su di loro quei sintomi perché avevano praticato divinazione
prima delle visioni. La pratica della divinazione era ovviamente aspramente proibita
dal puritanesimo. Alcuni membri della chiesa puritana iniziarono a criticare i
processi; alla fine, in settembre, il Governatore Phips ordinò la sospensione dei
processi. Furono assolti i 49 imputati dei restanti processi pendenti.
COTTON MATHER
Figlio del pastore Increase Mather, fu il più giovane
studente di Harvard, entrandovi a soli dodici anni per gli studi in medicina.
Si laureò ma pensò di non seguire le orme paterne per colpa di un difetto di
pronuncia; un amico, però, lo riuscì a persuadere e Cotton diventò pastore del
1685. Fu collaboratore del padre nella seconda chiesa di Boston. Profondamente
convinto dell’esistenza delle streghe, scrisse anche un trattato intitolato
WONDERS OF THE INVISIBLE WORD; pubblicato nel 1693. Noto per aver preso parte alle
vicende di Salem, in realtà non fece mai parte della giuria. Egli era interessato
molto alla questione e criticava i metodi adottati dai giudici. Di vedute
particolari, Cotton pareva quasi essere più “liberale” dei suoi simili:
sosteneva anche che gli Indiani potessero essere sbiancati nell’animo grazie al
battesimo. Fu un medico sperimentatore e sostenne e si adoperò per l’inoculazione
del vaiolo. Era, però, un forte sostenitore della schiavitù. Durante i processi
raccomandava la liberazione dei rei confessi, cosa che, ovviamente, non venne
considerata dalla Corte. Chadwick Hansen, con il suo WITCHCRAFT OF SALEM del
1966, ha tentato una più profonda analisi ridimensionando l’aura esclusivamente
negativa creatasi intorno a Mather.
Dopo i processi, però, Cotton Mather fu uno dei
pochissimi che non dichiarò pentimento. Morì solo cinque anni dopo il padre. Fu
vedono tre volte, ebbe quindici figli dei quali solo due gli sopravvissero.
UNA CURIOSITÀ SCELTA DA ME
Nella contemporaneità, molti sono i prodotti di fantasia
che i media propinano al pubblico romanzando, rimaneggiando, o rimescolando gli
eventi di Salem: dalla serie tv omonima a Le terrificanti avventure di Sabrina.
Una della “Sorelle Sinistre”, personaggi di quest’ultima serie citata e a sua
volta ripresa da un noto fumetto, porta il nome di “Dorcas”: per capire le
origini del nome dobbiamo tornare ai processi di Salem. Dorothy Good era la figlia di William Good e
Sara Good, una delle vittime del terribile periodo di Salem. A soli quattro
anni, Dorothy fu imprigionata e interrogata. La piccola sosteneva che la mamma
era la sposa del diavolo, e non mancava di mordere chiunque le capitasse a
tiro. Diceva anche di aver avuto in dono da sua madre un serpente… un “famiglio”,
un chiaro servo delle streghe, per i giudici. Erroneamente il suo nome fu scritto
come “DORCAS” dal magistrato Hathorne.
La piccola fu rilasciata sotto cauzione.
IL ROMANZO DI ELIZABETH GASKELL
INTRODUZIONE e UNO SGUARDO ALLA TRAMA (SENZA
ANTICIPAZIONI ECCESSIVE, PROMESSO!)
L’edizione da me letta è stata pubblicata nel 2017 dalla
Lit Edizioni.
“E
dovete ricordarvi, voi che leggete questo racconto nel XIX secolo, che la stregoneria
era, per Lois Barclay duecento anni fa, un peccato terribile.”
Pubblicato nel 1859, LOIS LA STREGA, è una novella
scura e severa; accusatrice e seria; compassionevole verso i malcapitati adocchiati
dal bieco e terrificato sguardo del puritano. È la storia di una giovane di diciotto
anni, una fanciulla pallida e delicata, dagli occhi grigi, a quanto pare,
ammaliatori… Questo piccolo libro brucia di denuncia, di una donna per le
donne, e di una liberale per la libertà e i diritti dell’individuo.
Prendendo spunto dai terribili eventi occorsi a Salem alla
fine del XVII secolo, Elizabeth Gaskell segue le sorti di un’orfana; non nata
senza genitori ma spezzata dal dolore di aver perso ogni cosa, persino la speranza
nell’amore.
L’Inghilterra
aveva le sue contraddizioni, ma pareva più lenta nel condannare le “streghe”.
Una capanna nella boscaglia, un’emarginata e il suo gatto… poi le acque del
fiume che diventano rosse e una profezia che urla le sue verità. Il lettore
dovrà ricordare bene determinate parole, sopportare una visione macabra,
triste, priva di misericordia e umanità. Queste responsabilità e moniti sono in
primis, però, per la giovane Lois.
Il Nuovo Mondo attende, da un fiume all’Oceano. Un
capitano burbero e giusto, silenzioso e schietto allo stesso tempo. E una
lettera che si presenta come il lasciapassare di Lois verso una nuova vita, magari
una nuova opportunità. Un primo accogliente approdo, delle donne che sembrano saper
vivere in un modo dominato da uomini e regole scritte ovunque e propinate ad
ogni occasione. Un breve stralcio di serenità, prima che due promesse lascino
Lois in una casa oscura: non è il colore, non è la sola luce che mancano, è un
sentore di fitto malessere, di infelicità e affetti malsani. La madre di Lois ha
scritto una lettera, prima di morire: suo fratello deve accogliere la nipote.
Alla fine, le uniche compagnie che avrà Lois saranno una zia, Grace Hickson…
talmente pia che “il devoto signor Cotton Mather ha detto che persino lui ha da
imparare da me”; la cugina Faith, verso la quale inizierà a provare una cieca
devozione; la cuginetta Prudence, pestifera, innamorata del pettegolezzo e
della zizzania; il cugino Manasseh, cacciatore impavido sempre chino su un
grande libro, sgradevole di aspetto non per voler essere superficiali… ma a voler
ben interpretare due occhi neri nel guardare e insistenti nel seguire Lois.
Resta un’indiana, Nattee: serva fedele e particolarmente legata a Faith, tra
confidenze all’ombra del focolare e alla luce di pentole in ebollizione di
segreti e parole che echeggiano in lingue che non possiamo comprendere.
“E
quanta era grande la misericordia umana a quel tempo? Ben poco, e Lois lo
sapeva. L’ istinto, più che la ragione, le aveva insegnato che il panico era
vigliaccheria, e la vigliaccheria genera crudeltà.”
Posso aggiungere che il Maligno ha la faccia di chi
invidia, la lingua della bugia; il peccato originale non è il solo neo sulla
carne della gente ma vi svettano scuri l’individualissima propensione al
possesso, il desiderio di essere importanti, visti… di avere occhi solo per sé.
Tradimenti, crudeltà gratuita, visioni e insistenze che ti spingono all’angolo
nelle notti invernali dove il sole pare aver voltato le spalle a Salem per una
personale volontà. Una disamina puntuale di Elizabeth Gaskell, che parte dalla
storia, presa in prestito con uno scopo lampante e dichiarato, e s’incammina sotto
il mantello di una innocente creatura. Occhi grigi nell’ombra, convulsioni, l’ingenuità
di un racconto dettato dalla voglia di sentir ancora quello scialle invisibile
che è la famiglia; “STREGA!”, “STREGA!”. La colpa della fiducia, il peccato
della bellezza e della solitudine.
Vorrete sapere se quelle due promesse torneranno alla
porta di Lois… Vedo rovi, sento il sapore di pane sporco e duro.
Una novella eccellente d’onore, coraggio e devozione. Non
pensate alla religiosità quanto alla devozione per giustizia, fratellanza, e bontà
d’azione.
ANALISI E OSSERVAZIONI
Elizabeth Gaskell prende in mano un evento storico,
luttuoso, vergognoso; lo prende in una presa forte, legittima le sue parole con
note che rimandano ad eventi storici e versetti biblici. Assume i punti di
vista esterni di chi vuole parlare ai contemporanei facendo conoscere una
realtà che pare, già allora, sconcertante; lo fa assumendo la postura puritana
per metterne in luce i succhi putrescenti; lo fa indossando i panni di un’orfana
che rievoca suoi dolori antichi. Gli eventi di Salem vengono ripresi cambiando
qualche nome ma mantenendo le mura umide delle prigioni, l’ombra della forca
che imperversa sul capo di accusati e accusatori, e avvicinando un lume a personaggi
realmente esistiti che non devono essere dimenticati, come Cotton Mather.
Negli anni si sono susseguite scuse, remore… o affermazioni
ancor più forti di legittima difesa del gregge del Signore. Qui sì, si ragiona anche
sul perdono, sulle scelte e su ciò che una mente e un cuore possono provocare:
morte, cura, oppressione o follia. Elizabeth Gaskell parla coraggiosamente, quando
le donne cercavano di mostrare figure femminili che nell’umiltà della loro
condizione riuscivano a proferir gentili sentenze, fedeli ai propri ideali e
sprezzanti dell’ignoranza e la pochezza altrui. Il legame dell’autrice con Charlotte
Brontë mi fa tornare alla mente alcune frasi proferite da Jane, protagonista
del capolavoro di Charlotte JANE EYRE: parole dure, che paiono uscire da un corpo
gelido e da uno spirito inflessibile; quando invece il dolore e la solitudine si
stanno solo mantenendo vive sulle gambe solide della rettitudine vera, quella
nata da un cuore puro e fedele, non legato ai precetti altrui ma agli
universali valori del bene e del giusto.
LOIS LA STREGA è una breve lettura indimenticabile,
almeno per me. Una mano sulla coscienza, un libro aperto sul passato e uno
sforzo di pensiero e azione proiettati al futuro.
Buona lettura!
Grazie!