domenica 28 novembre 2021

FIABE ABRUZZESI

di

DOMENICO CIAMPOLI

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2019

Edizione 1°

Editrice Aliribelli Edizioni https://www.aliribelli.com/prodotto/fiabe-abruzzesi/

Prezzo di copertina €10,00

Copertina flessibile


L’AUTORE

Domenico Ciampoli, scrittore, bibliotecario e slavista nato ad Atessa il 23 agosto del 1852. Studia primamente nel suo Abruzzo, concludendo il liceo a l’Aquila; in seguito, si laurea in lettere all’Università di Napoli. 

Inizia a insegnare, prima nei licei e poi nelle università. Cura diverse traduzioni di canti epici slavi, oltre a racconti e romanzi di classici russi come Tolstoj e Gogol. Quest’ultimo autore non può non riportarci alle suggestioni folkloristiche che tanto hanno trovato esaltazione nell’opera di Ciampoli sulla cultura abruzzese. Lo scrittore ha caro il suo bagaglio di ricordi e lo nutre con ricerche sul campo, che si esplicitano nell’ascolto della voce del popolo, dei contadini, delle donne. Ciampoli cura un filone verista di matrice abruzzese: pubblica nel 1878 BIANCA DEL SANGRO e FIORI DI MONTE, nel 1880 FIABE ABRUZZESI e RACCONTI ABRUZZESI. Le prime prove vengono accolte con minore entusiasmo rispetto al lavoro del 1882, TRECCE NERE, dalla maggiore attenzione verso i particolari di costume. 

Ciampoli lascia l’insegnamento nel 1892 ed inizia a lavorare nelle biblioteche, dirigendone alcune tra le più importanti del paese come la Biblioteca Nazionale di Roma. All’inizio degli anni Venti va in pensione e muore pochi anni dopo a Roma, il 21 marzo del 1929.

FIABE ABRUZZESI

INTRODUZIONE

Aliribelli recupera questo straordinario lavoro quasi sconosciuto e lo pubblica nel 2019. Il volume è breve, ma duro, affascinante e indimenticabile come le colline e le montagne d’Abruzzo: merlate di castelli misteriosi, di rocce illuminate dal sole cocente delle estati torbide o dal gelo cristallino degli inverni ululanti. Le ginestre tingono di giallo paesaggi sconfinati che non smettono mai di parlare al viaggiatore curioso, all’ascoltatore attento, all’astante sorpreso in un sentiero dall’urlo del gheppio o dal volo maestoso del grifone. In Abruzzo puoi trovare rughe sorridenti che stanno sedute nelle viuzze del borgo; le mani affaccendate ricamano e intrecciano, mentre le bocche raccontano di ombre e santi, di morti e salvezze. Mentre ti fermi puoi scorgere un portale antico, iniziali principesche su architravi o bifore. Quel muro scrostato mostra una Madonna, e una donna passa e si segna mentre una preghiera mescola italiano e dialetto in una formula di protezione senza tempo o autore. Ecco che nell’aria si avverte il ribollire di sughi e zuppe, e il pane fragrante fa da contrappunto a ossa rotte di cui la storia ancora continua a parlare… tra chi sta seduto a tavola, sia esso abruzzese o straniero ben accolto. 

ABRUZZO FORTE E GENTILE, così si dice. Ciampoli ci conduce alla scoperta di misteri che saranno monito o trastullo; di personaggi che ancora sopravvivono in energie che ti fanno salire un sussulto mentre giri per quel cunicolo o quella strada di montagna. Folklore dal nero mantello ed elementi gotici classici che promettono e mantengono ricchezze, stupore, compassione e rapimento emozionale. 

Tutto “FORSE È STORIA ED È IN VOCE DI LEGGENDA”.

Cinque racconti: LA RUPE DELLA ZITA, LA MAGGIORANA, ASILO, IL POEMA DI CORRADINO e IL DUCA ZOPPO

Storie di passione, morte, dannazione o ascesa al cielo fin tra le braccia della Vergine Maria; burle o vicende che ancora fanno paura e vanno raccontate sottovoce, dando la responsabilità della fonte a qualcun altro. Fantasmi insanguinati o scheletri che camminano; vesti dorate e corone del primo di maggio. Si banchetta e si beve, si ascolta e si prega. So che una nube rossa inghiottì un’abbazia… e io son di quelle zone e posso dire che certi alberi paiono aver brandelli di mantello e lacrime di dolore. Dante Alighieri stesso denunciò chi con scaltrezza portò morte e sconfitta: “Tagliacozzo, Ove senz’armi vinse il vecchio Alardo”. 

Una raccolta per proteggere la specificità del seme di un’Italia che è ricca per ciò che custodirono e custodiscono le genti; in amore, rispetto, conoscenza e cura. Ogni muro che cade nell’incuria è una parte di noi che non tornerà mai più. I libri sono i padri e le madri delle memorie di cui non dobbiamo mai fare a meno. 


UNO SGUARDO AI RACCONTI: TEMATICHE E STILE

I cinque racconti attraversano l’Abruzzo, da Gissi a Popoli fino ai Piani Palentini con un occhio a Scurcola Marsicana e l’altro a Tagliacozzo. La voce è impersonale o dello stesso autore che veste i panni del viaggiatore curioso o del cantore che si prende la responsabilità di un poema epico in prosa, vero e immaginifico, popolare e storico. Tutto è dato come vero o presunto, comunque indiscutibile perché la gente è testimone e documento; depositario e protettore. Le parole creano un linguaggio ostico e musicale; passando dal tono solenne all’armonia ripetitiva di parole che paiono un canto facile da ricordare, o per lo meno indimenticabile per il contenuto oscuro e affascinante. L’atmosfera è accattivante perché quotidiana e sublime insieme; si conosce la storia attraverso ciò che resta più impresso: le sensazioni, i brividi e lo stupore. Puoi guardare un burrone e ti sembra di vedere amanti fantasma, puoi sapere che ci sono segrete da visitare che possono essere la prova della fine di un curato ambizioso un po' troppo fiducioso. Nei tempi dei cavalieri non v’era solo onore ma anche una sete di vendetta paziente e affilata. Le genti sono ritratte in una semplicità ricca: si conoscono usi e costumi attraverso sentori di magia e fiaba che mettono in secondo piano date e nomi reali, che però si avrà la voglia di andare a cercare… tanto restano attaccate certe sentenze e azioni. Non c’è rudere, chiesa o castello senza la sua storia: eventi reali si sono arricchiti delle impressioni degli abitanti guadagnando una longevità di cui il Ciampoli ha bevuto e ce ne offre un sorso che ti fa alticcio, traballante ed eccitato. 

L’aratro, la spada e la nobiltà di un popolo che è baluardo di storie e affetti. Ciampoli rivendica la dignità della tradizione popolare, del poema mai concluso che si riscrive in ogni bocca che lo fa rinascere e sopravvivere:

E perché no? Forse il popolo non ha i suoi poemi che si tramandano di padre in figlio […]

Tutto che è forte e gentile, mesto e meraviglioso trova un’eco fedele tra la queta pace dei boschi, tra le rupi ove dominano il montanaro e l’aquila, dove al soffio della tramontana fischiano ancora i merli del bieco castello feudale, e paiono raccontare storie di terrore. 

CENNI STORICI SULLA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO

CARLO D’ANGIÒ Figlio del re di Francia Luigi VIII Il Leone e di Bianca di Castiglia. Re di Sicilia dal 1266 fino ai Vespri Siciliani del 1282. In seguito, continuò a regnare sulle terre peninsulari del Regno, con capitale Napoli. Guadagnò numerosi altri titoli come Conte di Provenza e di Forcalaquier, per il matrimonio con Beatrice di Provenza; e Conte di d’Angiò e del Maine per investitura dal fratello, re di Francia, Luigi IX Il Santo. Carlo conquisto anche l’Albania e si autoproclamò Re nel 1272. Da Maria di Antiochia comprò il titolo di Re di Gerusalemme. 

LA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO Combattuta nei Piani Palentini il 23 agosto del 1268 tra i ghibellini di Corradino di Svevia e le truppe di Carlo di parte guelfa; viene ricordata con il nome di “Battaglia di Tagliacozzo” perché la città era sede comitale. 

Carlo era stato investito del Regno di Sicilia da Papa Clemente IV, Corradino era stato chiamato dai ghibellini per rivendicare il trono dopo la morte di Corrado di Svevia, e la sconfitta dello zio Manfredi presso Benevento. Corradino si dirige in Puglia a Lucera, che si era ribellata ed era sotto assedio delle truppe angioine. Carlo era impegnato nella crociata per debellare la presenza islamica in Italia meridionale. 

Carlo raggiunse Corradino e la battaglia si svolse nei Piani Palentini, nei territori pianeggianti di Scurcola Marsicana. Le truppe di Corradino erano più nutrite rispetto alle angioine. Come trappola gli angioni persero una prima battaglia, e i ghibellini gioirono… ma in realtà andarono verso insegne regali messe ad arte e Carlo era da tutt’altra parte. Rotti gli schieramenti le truppe angioine, composte da 800 elementi, nel frattempo si erano nascoste dietro un avvallamento. Lo schieramento ghibellino venne preso di sorpresa e si consumò un massacro. Corradino fuggì, prima a Roma poi presso Nettuno per imbarcarsi probabilmente verso Pisa. Il Signore del luogo lo tradì e consegnò a Carlo d’Angiò. Corradino fu processato sommariamente e decapitato presso l’attuale piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre del 1268. 

La battaglia venne ricordata da Dante Alighieri nel XXVIII canto dell’Inferno.

In occasione della vittoria, Carlo finanziò la fondazione dell’Abbazia di Santa Maria della Vittoria. 

Il Ciampoli ci racconta di una nube di sangue e un presagio. L’Abbazia non resistette oltre il XVI secolo. I portali originali sono stati trasferiti nelle altre chiese principali di Scurcola. 


OSSERVAZIONI SULL’EDIZIONE 

Felice della scelta di aver promosso una proposta tanto coraggiosa e direi necessaria. Aliribelli cura diverse pubblicazioni atte a far conoscere le tradizioni e la storia di varie parti dell’Italia Centro-Meridionale. Avrei però inserito un’introduzione che potesse permettere una più ampia conoscenza dell’autore e dei suoi intenti, magari aggiungendo qualche aiutino documentaristico di argomento storico. Avrei amato qualche immagine dei luoghi narrati, o illustrazioni a tema. Ovviamente sono tutte mie fantasie e desideri. Data la suggestiva atmosfera gotica dei racconti avrei scelto una copertina più artistica ed evocativa. 

Auguro alla casa editrice un’ottima continuazione per il loro appassionato lavoro. 

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mercoledì 24 novembre 2021

CHE COSA SA MINOSSE


STORIA DI FANTASMI E GENTE STRANA

di

Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2020

Edizione 1°

Editrice Scrittori Giunti

Prezzo di copertina €15,00

Copertina rigida con sovraccoperta

TEMI

Misteri e strane voci di paese; gente di città, armata di ruvido pragmatismo, che si ritrova in un mondo di credenze e superstizioni. La tanto ricercata tranquillità di due coniugi, alla ricerca di un sogno di pace, che sarà scalfita da fenomeni apparentemente inspiegabili. Pochi personaggi, stile scorrevole e una straordinaria maestria nel creare tensione crescente tinta di deliziosa ironia. Una lettura leggera, ma niente affatto inconsistente, che non rinuncia all’analisi sociologica di tratti tipicamente umani… e non.


DALL’ALETTA INTERNA

“E così i due approdarono tra gli Appennini, poco desiderosi di stringere amicizia con i ruvidi abitanti del paese vicino e determinati a godersi il loro incantevole buon retiro. Però non sono soli: dalle profondità della cantina – che i locali chiamano “inferno” – emerge un grosso gatto nero che si considera il vero padrone di casa e che, in virtù del suo pelo nerissimo, accetta l’epiteto di Minosse con felina condiscendenza.”CHE COSA SA MINOSSE


AFFACCIAMOCI ALLA TRAMA GUARDANDO IN GIÙ, O IN SU

«Questa quercia sembra più che centenaria.»

Marta sorrise, saggiandone il tronco con la mano. Quindi passeggiarono attorno all’edificio, seguiti dal frinire delle cicale nella calura estiva.

Marta tirò Maurizio per un braccio: «Guarda, c’è un cartello lì di fianco. C’è scritto: IN VENDITA».

«Già, in vendita. E chi la compra? Nessuno, a quanto vedo.»

«E se la comperassimo noi?» disse Marta dopo averci pensato un attimo.

Maurizio è vicino ai cinquanta, è uno scrittore che si ciba di sigarette quando l’ispirazione va a farsi benedire. E usare quest’ultima espressione è assai adeguato, e allo stesso tempo fin troppo lontano dal modo di pensare di un personaggio decisamente con pochi fronzoli, e con la risposta sempre pronta, forse…

Marta è sua moglie. Loro sono una coppia di città che parla poco e ha i ruoli ben divisi: Marta non scoccia Maurizio e Maurizio cerca di render felice sua moglie accontentandola; probabilmente per farsi perdonare un carattere un po' brusco; ma di certo non maleducato o rozzo. Lui è un uomo istruito e famoso; è normale che faccia notizia un personaggio del genere che va a mettere radici nel mezzo dell’Appennino, dove qualche persona rozza si può incontrare facilmente, almeno così è normale che possano pensare dei cittadini. 

I montanari sono strani, ma chissà perché chi viene da fuori crede che quella gente abbia una risposta per tutto, per lo meno per ciò che accade tra le montagne; e si sa che le montagne brulicano di storie. 

In un piccolo paese i ruoli sono ben definiti, tutti sanno tutto di chiunque; anche quando quel “chiunque”, che diventa qualcuno nello specifico, non sa esso stesso che pesci pigliare. 

Marta e Maurizio si fanno il regalo di una magione antica corredata di torre. Scenario assai suggestivo per uno scrittore. Sicuramente fa specie che lì ci abitasse da prima, non si sa da quando, un gatto nero con una macchietta bianca… come solo Edgar Allan Poe avrebbe potuto metter lì tra una quercia millenaria e una cantina soprannominata “inferno”. Tutto è ai posti giusti per creare la classica storia di misteri, fantasmi ed atrocità. Nel mezzo ci si trovano un uomo poco superstizioso e una moglie distrutta da un’insonnia che ha il sottofondo di scalini che si salgono e scendono da soli. C’è anche la governante che si fa il segno della croce… di certo io sarei ben terrorizzata se un sogno si trasformasse repentinamente in un incubo annunciato dal rizzar del pelo di un gatto nero dal nome dantesco. 

Quando si parla di presenze inquiete si pensa subito alla morte, e di conseguenza a chi dovrebbe renderla quieta come dovrebbe fare un prete; sì un prete potrebbe essere la risposta giusta… se non usasse dire “probabilmente” così troppo spesso. 

Voi cosa fareste per difendere un sogno di pace? Rischiereste di farvi male, di trovarvi faccia a faccia con il diavolo? Fino a dove sareste disposti a spingervi? La paura e il desiderio di difendere ciò che avete guadagnato quanto pesano, se messi su due bilance poste una di fianco all’altra? Pace e coraggio possono convivere? Dopotutto aver comprato e ristrutturato una enorme casa/fortezza medioevale è anche un investimento non da poco; quindi è pure una questione economica. 


IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, CON CONSIDERAZIONI DEGNE DI UN “PROFESSORE”

Un piccolo romanzo tra il thriller, il fantastico e il popolare. La musica delle montagne mista ai passi pesanti di manovali di paese. Un bicchiere di vino sorseggiato tra una fiamma che balugina e una finestra che pencola; di certo il telefono che non smette di squillare riporta tutto ad un piano molto terreno… quando invece dall’aldilà qualcuno penzola e non si arrende. 

C’è sempre un “professore” nei centri minuscoli dove la gente non ha perso tanto tempo a studiare, perché di certo il pane è buono ma faticoso da mettere insieme quando te lo devi far da solo. C’è sempre quella persona che conserva mappe, incartamenti e libri ammuffiti; il tutto in una casa fatiscente perché il luogo comune vuole che gli istruiti siano sempre solitari e squattrinati. Di certo ciò non riguarda Maurizio, lo scrittore famoso di città… ma la città è un altro mondo e un’altra dimensione.

 Sottile psicologia spicciola, fine analisi di “perché” visti da tanti punti di vista; dato che qui non si giudica, perché non sta bene giudicare, ma dubitare in silenzio è astuta sopravvivenza. A volte ci si ferma alla superficie; a raddrizzare un quadro storto o a rimettere in pari il terriccio smosso lì sotto i piedi; ma se in cielo e in terra ci son più cose di quante ne sogni la filosofia, sotto terra cosa ci può stare? 

Una lettura lieve che rilassa e rabbrividisce quanto l’aria di montagna. Due emisferi che si incontrano e si scontrano tra il sacro e il profano, il non detto e il non accertabile. Poesia e magia al cospetto di pragmatismo e concretezza… 

Maurizio si meravigliò molto. Di solito a quell’ora i rumori della notte accompagnavano il suo lavoro al computer. Li ascoltava, seduto sul davanzale, fumando. Erano suoni discreti come lo stormire delle fronde, lontani richiami di rapaci notturni, forse una civetta o un gufo, il frinire di molti grilli, un rametto secco spezzato al passaggio di un piccolo animale…

Insomma, la musica della notte.

Uno stile adatto a tutti può soddisfare chi sta dalla parte del prete e anche chi sta dalla parte del professore. 

Questo romanzo è una bruschetta fatta alla brace con un filo di olio buono: semplice, efficace; ti riempie la pancia e ti fa contento. Di certo può scottare all’inizio… ma sono impagabili quei morsi rumorosi che fanno da sottofondo al soffiare del vento nella cappa del camino. E beh, davanti al camino si sa che si raccontano sempre tante storie, di quelle VERE MA VERE DAVVERO. 

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