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sabato 19 dicembre 2020

LA VERA STORIA DI BABBO NATALE

 PERCHÉ NON DICIAMO LA VERITÀ AI BAMBINI? 

UN SAGGIO SU BABBO NATALE E NON SOLO...

di Alfio Maggiolini e Michele Maggiolini

GLI AUTORI

Alfio Maggiolini si occupa di Psicologia del ciclo di vita presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Michele Maggiolini ha conseguito un master in Antropologia culturale presso la School of Oriental ad African Studies di Londra.

INTRODUZIONE

Ph Francesca Lucidi

Un saggio pubblicato per la prima volta nel 2011 dalla Raffaello Cortina Editore. Un’analisi storica, psicologica, sociale e antropologica della festa più celebrata, amata e odiata dei nostri tempi: Il Natale. Non solo, quale è il simbolo che più rappresenta questa ricorrenza? Sicuramente, tra addobbi, marketing, film, canzoni e semplici disegni creati dai bambini, è raro non incappare costantemente nella figura di Babbo Natale. Il panciuto uomo magico che vive al Nord, con vari indirizzi secondo quanto scopriremo, che elargisce doni ai bimbi buoni, anche se non c’è monello che non riceva il suo pacchetto la mattina di Natale. Le renne, la slitta, la divisa rossa ornata di pelliccia; i bambini credono in questa figura mitica molto più che ad altre, gli adulti sono i detentori del segreto, il mondo economico protegge questo simbolo, i detrattori hanno tentato crociate rocambolesche contro di esso. Ma come è nato Babbo Natale? Perché pare incrollabile il suo significato? E perché sembra necessario portare avanti questa piccola bugia nei confronti dei bambini? A proposito… come si scopre che Babbo Natale non esiste? E quest’ultima eventualità può ritenersi vera?

Freud, Levi Strauss, Il cinema come “casa” reale di Babbo Natale; Charles Dickens che ha davvero inventato il Natale. Scrooge e la generosità, la tradizione del POTLACH degli indiani Kwakiutl. L’età vittoriana che ancora torna a far parlare di sé perché è lì che il Natale come noi lo conosciamo è nato e si è sviluppato grazie alla letteratura d’intrattenimento, e dalle mani di qualche illustratore; il tutto di pari passo con l’ascesa di Babbo Natale. Casse di Risparmio nate in Inghilterra per permettere ai poveri di guadagnarsi un’oca per Natale; la Trinità fatta di FAMIGLIA, INFANZIA e CARITÀ: ogni cosa è nata dall’immaginazione per divenire storia, società, consuetudini economiche e politiche. Partendo dal culto di Saturno, dal carro solare di Mitra… un viaggio attraverso i misteri della Festa più celebrata al mondo, aldilà delle differenze religiose. E potevate, un tempo, essere RE PER UN GIORNO, e se il Sole aveva bisogno dei nostri eccessi per risorgere e nutrire i campi… un MIRACOLO SULLA 34° STRADA, pochi decenni fa, ci ha passato una banconota con una scritta legittimante ciò in cui molti bambini credono, fermamente. Sappiate che a sette anni i vostri figli e nipoti iniziano a cambiare, cognitivamente percepiscono diversamente il comportamento dei genitori; i fatti per loro non sono più oggetti ma iniziano a descrivere dinamiche tra soggetti; veniamo guardati diversamente da loro, e quasi sicuramente non dobbiamo neanche preoccuparci di dire se Babbo Natale esiste o meno. La società si basa su credenze condivise, questo è l’insegnamento principe di questo simbolo come di altri; ciò che lo rende utile, legittimo. E se i nativi digitali sembrano andar meno alla ricerca della verità, proteggere un sogno o la magia è donare al bambino la padronanza del rapporto causa- effetto: loro sanno distinguere tra verità e finzione, basti guardare all’approccio realistico che hanno nella costruzione fantastica.

Essere portatori di una credenza aiuta a comprende come essa funzioni. Qui non ci interroghiamo sulla credenza nella magia ma sulla MAGIA DELLA CREDENZA.

Questo saggio inganna da una copertina assai confortante, ma dopotutto, qui, chi parla e scandaglia crede e difende. A proposito, la leggenda metropolitana sulla Coca Cola è una verità dimostrabile. Se nel 1931 Babbo Natale vestì l’abito rosso, ma i bambini non potevano essere mostrati mentre bevevano la bevanda; sappiate che le date da appuntare sono molte. Babbo Natale è nato nel 1822 da qualcuno che si non è neanche voluto firmare e stava, dopotutto, solo giocando (THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS, so che tutti voi ricordate un titolo simile ma assai diverso); il mito della nascita della Città di New York rivendica un San Nicola portatore di doni. Sì, Babbo Natale è americano. Le riflessioni e le profonde conoscenze che si apprendono dalla lettura di questo saggio riguardano tutti noi.

IL NATALE

SIGNIFICATI, ORIGINI E MITO

Il Natale ha manifestato una straordinaria capacità di sopravvivenza e trasformazione; nei secoli ha mutato la sua pelle ed è riuscito ad inserirsi quasi in tutto il mondo andando oltre le barriere religiose. Stessa fortunata sorte è toccata a Babbo Natale.

Se guardiamo ad oggi, questa festività mantiene il forte, presunto, senso della famiglia che parrebbe essere il valore principale. La nuova società si basa sulla costante rivendicazione della libertà e dell’uguaglianza. Diversi studi hanno identificato “scontri di civiltà” i conflitti contemporanei, che non sarebbero strettamente legati a dinamiche religiose ma al centro ci sarebbe l’individuo, lo scontro tra culture. L’autodeterminazione dell’individuo ha fatto cadere dogmi e limiti, l’alfabetizzazione ha contribuito a consapevolezze rinnovate.

La famiglia di oggi è molto diversa dalla famiglia di duecento anni fa: lo svincolamento intergenerazionale, l’uguaglianza nei diritti di successione hanno svestito la famiglia della rigida immagine “istituzionale”. La famiglia è divenuto un nucleo affettivo. Alcuni legami sono certamente diventati più complicati, ma non si smette di correre per cercare di riunire i membri oltrepassando le difficoltà legate a divorzi, lontananze, quotidianità che ha ristretto l’abitazione a pochi elementi coabitanti, a differenza di un tempo in cui la famiglia, le mura e le regole di vita erano prodotti e sostanze interdipendenti e co-reagenti.

Il Natale celebra la nascita, non sto parlando del Bambino Gesù: è il tempo di tornare indietro nel tempo, agli albori, anzi, al momento dell’inverno con il suo sonno e le sue giornate scure.

Le Feste d’Inverno celebravano la luce, il Solstizio d’Inverno del 21 dicembre era circondato da festeggiamenti e riti atti a facilitare il ciclo delle stagioni, il ritorno della fecondità, della vita dei campi come di quella generale dell’uomo. In senso generale, il Natale è sempre stato un passaggio dal vecchio al nuovo, una trasmissione di vita e valori simboleggiata dal “dono”.

Per il Calendario Giuliano, elaborato da un astronomo greco e promulgato da Giulio Cesare nel 46 a.C., il 25 dicembre era il giorno più corto dell’anno. Nel IV sec. d.C., la revisione del calendario da parte della Chiesa spostò l’equinozio al 21 dicembre, dissociandolo dal Natale.

Nell’Antica Roma si celebravano i Saturnali, la nascita del “Sole Invitto”, dal 17 dicembre al 25. La Festa continuava con i Sigillaria, dove i genitori elargivano doni ai propri figli, come statuette simili a quelle votive. Il tutto terminava il 9 gennaio con le Agonalia.

Dobbiamo tener presenti due culti diffusi a Roma, e importanti per le simbologie che stiamo chiamando in causa, quelli di Saturno e di Mitra.  

Il culto di Mitra, diffuso soprattutto tra i soldati dell’Impero, fu reso ufficiale sotto Aureliano (270-275 d.C.).

Mitra era un eroe nato dalla roccia il 25 dicembre, e l’uccisione propiziatoria di un toro per il Sole rendeva possibile la rinascita dei campi. Dopo la vittoria, Mitra si allontanava su un carro solare. Vi ricorda qualcuno?

Il NATALE ROMANO era una festa degli eccessi. Le celebrazioni in onore di Saturno comprendevano lo scambio di doni, la decorazione dell’abitazione con sempreverdi; il gioco della Tombola, prediletto di Saturno. Spendere era un’attività promossa e perpetrata, l’abbondanza era la parola d’ordine, insieme al godimento. Non mancava l’elemento comune a molte festività antiche: il sovvertimento dell’ordine sociale; infatti, durante i Saturnali veniva eletto persino un Rex Saturnaliorum.

Nel MEDIOEVO, il 6 dicembre gli studenti erano soliti eleggere l’Episcopus Puerorum: finto vescovo che sedeva in cattedra fino al 28 di dicembre. I bambini non ricevevano doni ma facevano questue casa per casa, eventualità che ricorda più la festività di Ognissanti, o meglio la modernissima Halloween. Gli Episcopus furono vietati dal Concilio di Basilea (1431-1445).

Gli eccessi legati al Natale infastidirono le istituzioni attraverso i secoli. Nel 1647 il Parlamento Inglese eliminò il Natale dal Calendario delle “feste comandate”; nel 1659, i Puritani del Massachussets imposero addirittura una sanzione pecuniaria per chi festeggiasse il Natale.

Ph Francesca Lucidi

LA NASCITA UFFICCIALE DEL NATALE E L’EVOLUZIONE DELLA FESTIVITÀ COME NOI LA CONOSCIAMO

La Chiesa ha iniziato a celebrare la nascita di Gesù tra il 325 e il 354 d.C., dopo il Concilio di Nicea.

Il Concilio, presieduto da Costantino, annoverava tra i vescovi un certo San Nicola. Il tema portante fu la chiarificazione circa la natura consustanziale di Padre e Figlio, quest’ultimo di natura, da quel momento, indiscutibilmente divina.

La Chiesa d’Oriente festeggiava nascita e battesimo di Gesù il 6 gennaio. San Crisostomo, nel 386, invitò i fedeli a festeggiare la Natività il 25 di dicembre, celebrazione che divenne così regolata, e seguita via via lungo il IV secolo. La scelta della data si lega immediatamente alla volontà di sostituirsi al culto delle divinità solari. Il vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, durante una predica di Natale disse: “Cristo è il nuovo sole!”; ciò sta a manifestare il lento insinuarsi della Chiesa tra i cuori e le menti dei fedeli per scardinare i residui del paganesimo.

Ma la vera FESTA DI NATALE, come la pensiamo, viviamo e celebriamo oggi, sboccia nella seconda metà del XIX secolo; vediamo perché.

IL NATALE COME TRINITÀ FORMATA DA FAMIGLIA, INFANZIA E CARITÀ

Secondo una ricerca del Times, tra il 1790 e il 1836, in vent’anni non si parla del Natale. Dalla metà dell’Ottocento diventa, invece, la festa più importante. Ma cosa ha contribuito a questa esplosione? Una nota recente pellicola parla di Charles Dickens come dell’uomo che ha inventato il Natale; tramite questo saggio possiamo assolutamente affermare che ciò abbia una verità incontrovertibile.

Nel 1843 esce il racconto di Dickens UN CANTO DI NATALE, ed ecco che l’arcigno e taccagno protagonista della storia, Scrooge, rinnova il significato del Natale moderno: divinità della famiglia, contrapposizione all’accumulo per la generosità; carità e senso del festeggiamento come una possibilità che deve essere per tutti. Dalla nota novella ne nacquero altre da penne diverse, di grande successo e di valore non sempre eccelso; ciò che conta è che questa ventata di nuovi valori si permeò profondamente nella società inglese fino a determinare delle vere proprie modifiche a livello politico ed economico. Vennero istituiti i GOOSE CLUBS, delle casse di risparmio che aprivano a settembre, e che consentivano anche ai più umili, in cambio di un contributo di due o tre pence al mese, di procurarsi un’oca per Natale.

Il fatto che Dickens lasciò la moglie per un’attrice di diciotto anni non scalfì il nuovo dogma natalizio fatto di famiglia, affetti e unione.

Nella figura di Scrooge si ritrovano gli antichi echi dell’inversione sociale, della condivisione della mensa tra le varie classi sociali: un’occorrenza che oggi possiamo ritrovare nelle varie cene aziendali organizzate a puntino durante le festività natalizie.

E l’ALBERO DI NATALE, anch’esso si fece spazio nelle illustrazioni di età vittoriana, dove fanciulle, famiglie, e bambini vestiti di pigiamini allegri campeggiavano davanti ad abeti, candele e ghirlande. Le origini di questo simbolo spingono lo sguardo molto all’indietro, nel 1600 in Germania. L’albero era, in realtà, una rappresentazione di quello dell’Eden; nel XIX secolo qualche strascico rimase e non era raro scorgere immagini di Adamo ed Eva intorno o sotto l’abete. Il presepe è assolutamente meno famoso, più italiano e più legato alla religiosità della festa: “inventato” nel 1223 da San Francesco, oggi è un segno che spesso indica un nucleo familiare più devoto, ed è spesso legato all’affettività di una fetta di popolazione meno giovane.

I REGALI DI NATALE

La capacità distributiva di Babbo Natale pare la perfetta metafora della civiltà industriale, ma non dobbiamo pensare al mero consumismo perché molto si è fatto per mutare l’essenza del “miracolo” in qualcosa che a Natale cambia consuetudini e meccanismi economici in funzione di un sentimento di cui la società ha bisogno.

Se i primi doni erano fatti a mano, e se il personaggio Dickensiano di Scrooge chiama a non accumulare ma a donare… finanche sperperare il superfluo; ecco che i centri commerciali hanno assunto un ruolo fondamentale nella magia e nel valore godereccio ma anche altruista del Natale.

Abbiamo già citato la pellicola MIRACOLO SULLA 34° STRADA, ora parliamo di MACY’S, il centro commerciale dove è ambientata la storia, venuta alla luce con la prima pellicola cinematografica del 1947. Se un uomo è diventato il Babbo Natale del centro, e dichiara di essere davvero quel magico uomo barbuto, il fatto saliente sta nel fatto che il protagonista va incontro ai desideri dei bambini anche consigliando luoghi più economici dove trovare un determinato dono. La cosa fa infuriare i piani alti, ma inaspettatamente l’atteggiamento anti-aziendale di Babbo Natale fa impennare la popolarità e gli introiti di Macy’s: nasce così il “consumismo sentimentale”, ossia il mercato che pur di difendere il diritto al dono si fa magnanimo verso la concorrenza e si propone come onesto, generoso e vicino ai meno abbienti.

Nel 1874, proprio da Macy’s fu allestita la prima vetrina a tema natalizio, quindi la scelta dei creatori del film non è stata per nulla casuale. Dovremo aspettare il 1888 perché un negozio di Brockton, nel Massachussetts, paghi un uomo per impersonare Babbo Natale.

Il rito dello scambio dei regali è fondante per la società e la dinamica dell’evoluzione, il mantenimento e la salute dei rapporti. C’è una specie di codice non scritto che ad esempio ci impone di non fare ai nipoti un regalo “più bello” rispetto a quello pensato e donato ai propri figli. Si pensa da mesi prima come poter regalare sorpresa e sorrisi a una persona cara, vicina.

Claude Levi Strauss paragona il rito dei regali al POTLACH, studiato da Boas presso gli indiani Kwakiutl del Nord-Ovest Americano. Tramite questa ricorrenza, dove ci si scambiano doni, si manifesta il prestigio del proprio nucleo familiare e si rafforzano i legami sociali; non è contemplato il non partecipare se si vuole continuare ad avere un ruolo nella comunità. Per i bambini è differente: dobbiamo sempre ricordare il senso di valorizzazione ed eredità. I bambini sono l’ultimo baluardo di quella celebrazione della nuova stagione a cui pensavano e speravano i nostri antenati.

Non in tutti i luoghi i regali e lo spendere sono collegati al rapporto con l’altro. In GIAPPONE il Natale arrivò con i missionari nel XVI secolo. I Giapponesi, durante le festività natalizie, si regalano trattamenti di bellezza, soggiorni alle terme… e qui pare di rivedere l’edonismo delle civiltà romane. Sono molto diffusi anche i viaggi nei grandi parchi divertimento: probabilmente non si pensa molto all’investire sui bambini quanto al coccolare il bambino interiore. Anche questo può avere una sua sacra legittimità.

BABBO NATALE

Personificazione della Festa, Onnipotente e Onnipresente, uomo dalle molteplici residenze contese tra la Finlandia, Il Canada e luoghi “X” a cui altri stati fanno in teoria giungere le letterine (tutte le specifiche le troverete nel saggio, di cui sono ben lontana dal poter fare un riassunto, e questa non è la mia volontà); Babbo Natale vince sempre. Se al cinema viene sempre umiliato chi tenta di smascherarlo, nella realtà non accade nulla di diverso: recentemente, in Francia uno spot ha dichiarato la non esistenza di Babbo Natale, una vera e propria sollevazione popolare ha fatto rimuovere la pubblicità. Anche nel nostro paese non sono mancati attacchi e ostracismi, non vi dico chi e dove perché verrei meno alla sacra curiosità del lettore che deve andarsi a cercare queste gustose informazioni tra le pagine del saggio.

Babbo Natale ha una data di nascita: il 1822. Clement Clark Moore, pastore luterano e professore di teologia e letteratura greca, scrive THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS (vi ricorda qualcosa?), titolo derivato dal primo verso del raccontino. Scritto a scopo privato per intrattenere la propria famiglia, il componimento, nato con il titolo A VISIT FROM SAINT NICHOLAS, l’anno seguente viene pubblicato da un amico del pastore sul Sentinel, un giornale di Troy, nello stato di New York. Il successo fu enorme, ma la paternità fu rivendicata da Moore solo quindici anni più tardi. Proprio da questo racconto nacque il mito del camino, della slitta, persino i nomi delle renne.

Ph Francesca Lucidi

L’ispirazione per THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS viene da un racconto di Washington Irving: KNICKERBOCKER’S HYSTORI OF NEW YORK, datato 1812.

Irving richiama una leggenda: si racconta che nel 1626, una nave olandese diretta verso gli odierni Stati Uniti, portasse sulla polena la figura di San Nicola. Una tempesta iniziò i suoi tumulti; San Nicola andò in sogno a un marinaio e gli disse che se avessero fondato una città ogni anno sarebbe tornato portando dei doni ai bambini. Nacque così New Amsterdam, chiamata successivamente New York.

L’intento di Irving era prettamente politico: egli faceva parte dei KNICKERBOCKER’S, un’unione di scrittori e storici di New York che si prodigavano per costruire una cultura americana in contrapposizione all’ingerenza inglese.

Il racconto ha in sé i valori americani del viaggio, e della “conquista”.

Sapete che un tempo Babbo Natale fumava la pipa? Beh, oggi è difficile vederlo fumare. L’ultima apparizione di questo vizio risale al 1863, su una illustrazione di Thomas Nast per la celebre rivista Harper’s Weekly. Babbo Natale compare sul campo di battaglia, avvolto nella bandiera a stelle regala doni ai soldati. Ha la pancia, ma più che grasso pare simboleggiare una gravidanza; si scorge anche una bambola. Probabilmente il messaggio è chiaro e rivolto alla nascita di una nuova “creatura”.

L’abito rosso, la pelliccia e il viso da vecchio-neonato: da dove sono usciti fuori? Il merito è della Coca Cola, e del suo grafico Haddon Sundblom. La ricetta della bevanda all’epoca era stata già cambiata, ma era noto che in precedenza contenesse foglie di coca. Non era consueto e permesso mostrare i bambini che bevevano la Coca Cola, e allora come fare un boom di attenzioni senza contravvenire alla buona creanza? Sundblom pensò di mostrare dei bimbi che passavano la bibita nientemeno che a Babbo Natale. Il grafico prese le fattezze del suo personaggio da un amico, e così nacque il barbuto e allegro figuro che tutti conosciamo.

Il saggio disquisisce su molte altre leggende popolari come i Magi, la Befana, le creature del Folklore nordico; viene anche citato Father Christmas, che appariva più come uno spirito della festa che come l’odierno Babbo Natale. Se leggiamo Un canto di Natale di Charles Dickens possiamo riscontrare molti particolari di vestiari e accessori nelle simbologie dei suoi “spiriti del Natale”.

Nel corso del tempo la voce e la magia sono passati di bocca in bocca, di società in società, ma resta la finzione e la sua indiscussa legittimità.

Il saggio ci aiuta con la psicologia e l’osservazione, e la spiegazione dell’evoluzione dei bambini. Sicuramente lo scopo della finzione è far toccare loro la funzione di quest’ultima nella società umana, che non potrebbe vivere se non si basasse su credenze condivise da adulti e bambini.

Si inneggia alla crisi moderna della funzione paterna; Babbo Natale diviene l’interiorizzazione di un padre che sostiene i desideri. Il padre non deve smorzare il desiderio per promuovere l’autonomia di un figlio. Le funzioni iniziatiche richiamate dagli studi sul folklore vengono oggi assunte dall’individuo.

I bambini imparano le credenze, crescono e modificano il loro modo di indagare e percepire il comportamento dei genitori; spesso arrivano da soli alla verità e sbugiardano i grandi, o fanno finta di nulla comprendendo quanto il rito sia così importante anche per la mamma e il papà. La disillusione non è un trauma ma l’ingresso naturale in una nuova dimensione simbolica.

“In occasione del prossimo Natale, e di tutti quelli che verranno, ogni genitore deciderà il senso che vorrà dare alla festa e quale storia di Babbo Natale raccontare ai propri figli. Il nostro auspicio è che la lettura di questo libro possa contribuire alla bellezza del Natale e alla comprensione dei suoi significati, rendendo ogni scelta, quale sia, più consapevole.”

 

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