LA STRAORDINARIA STORIA DI FORMAZIONE DI UN BAMBINO CHIAMATO “NESSUNO”, CHE VIVE GRAZIE ALL’ESISTENZA DELLA MORTE
INTRODUZIONE
Il figlio del cimitero
è un capolavoro per ragazzi, un fantasy horror uscito nel 2008… ma che deve la
sua ispirazione a tempi assai precedenti. Pubblicato con il titolo originale The
graveyard book, questo libro che narra “la storia del bambino che viveva
tra le tombe” iniziò a prendere forma nel 1985, quando la famiglia Gaiman abitava
nel West Sussex. Beh, Neil e i suoi cari vivevano proprio davanti a un
cimitero; un giorno lo scrittore vide suo figlio Mike, che all’epoca aveva solo
due anni, vagare tra le tombe spensierato, in “groppa” al suo triciclo.
Il volume è riuscito a guadagnare numeri prestigiosi premi:
la Medaglia Newbery, Il Premio Locus per il miglior libro per ragazzi, nonché
il Premio Hugo per il miglior romanzo.
Il Premio Hugo viene assegnato ogni anno durante la
Worldcon (World Science Fiction Convention). Il congresso mondiale della
fantascienza riconosce la potenza immaginativa della storia di Nobody Owens, il
“figlio del cimitero”.
Gaiman ottiene anche la prestigiosa Carnegy Medal.
L’incanto di questo libro è rafforzato dal lavoro di
un prezioso partner di Gaiman, un uomo che ha dato forma e linee, a incubi, “sogni”
e straordinarie apparizioni: Dave McKean.
McKean conobbe Gaiman quasi per caso, crearono insieme
il loro primo graphic novel nel 1987; e così, con Casi Violenti, iniziò
un sodalizio che è passato tra fumetti, illustrazioni, e copertine.
L’illustratore e
fumettista creò con Gaiman la serie a fumetti Black Orchid; ha curato il
progetto grafico della straordinaria serie della Vertigo Sandman, di cui ha
disegnato ogni copertina. Non dimentichiamo che il famosissimo romanzo Coraline
(2002) prese facce e bottoni proprio dalle mani di McKean.
Ne Il figlio del cimitero, l’artista ci accoglie all’inizio di ogni capitolo del romanzo tramite illustrazioni evanescenti che tratteggiano modi e personaggi fatti di sospiri, di ricordi, di passato. L’estrema espressività di queste entrate, che si susseguono nel corso della lettura, riesce a farci sentire ancora più parte di quella vita tra i morti, intrisa di così tanta vita che lo stupore e la fascinazione non posso che avvolgerci nella meravigliosa magia creativa dello scrittore contemporaneo che è riuscito a creare un codice comunicativo intriso di ogni potenzialità della vita, delle emozioni, della fantasia. Ogni cosa, in Gaiman, viene percepita come reale, perché finalmente ciò che viene accantonato perché poco usuale riesce a contattarci, e a far capire forte e chiaro un messaggio che sa di una completezza unica.
I libri di Neil Gaiman non sono storielle per ragazzi,
sono missioni eroiche per la salvaguardia della “stranezza”, della percezione
che vince sulla mera sensazione. Grazie a Gaiman tutti riescono a comprendere
come i grandi valori del coraggio, dell’amore e dell’apertura siano raggiungibili
ovunque e per chiunque. Lo stereotipo dello “spaventoso” spesso allontana dalla
semplicità delle cose; non è pericoloso ciò che non si vede o ciò che è diverso,
anzi, come ci insegna questo libro… le insidie si nascondono meglio alla luce
del sole, magari dietro a un sorriso socialmente perfetto.
Siete pronti a non aver paura? Posso dirvi che anche i
morti hanno i loro pregiudizi e timori: grazie a Nobody Owens impareremo tutti
ad apprendere dagli errori e a trasformare esperienze spaventose in forze che
possono trovare in noi… UN PADRONE.
CENNI SULLA TRAMA
“C’era
una mano nell’oscurità
e impugnava un coltello.”
Una notte di morte e
sangue… un uomo vestito di nero di nome Jack cerca e non trova il motivo per
cui è entrato in quella casa al numero 33 di Dunstan Road.
Ripide scale, che si
possono scendere agilmente se si poggia il sederino a terra… insomma, se ci
facciamo ruzzolare un po'. A volte un esserino molto piccolo, grazie all’istinto
e alla curiosità, può raggiungere mete straordinarie.
Poca distanza, che in
proporzione è tantissima, ed ecco il cancello di un vecchio cimitero. Lì vicino
alla Città Vecchia. L’uomo chiamato Jack percorre lo stesso cammino di un piccolo
essere umano che si ritrova tra le braccia evanescenti ma calde di una donna,
una donna morta. Il Fante del mazzo, il Jack, cerca di seguire la sua preda ma
un custode lo ferma. L’uomo che accoglie il cattivo profanatore di quel luogo
sembra aver fermato facilmente la corsa.
“L’uomo
chiamato Jack era alto. Quest’uomo era più alto ancora.”
Così inizia l’avventura
di Nobody Owens. Il perché di questo nome risiede nella saggezza di un tutore
che non è vivo e non è morto, e nell’amore genitoriale di chi da morto realizza
un desiderio. La “Cittadinanza del Cimitero” non è qualcosa da dare con
leggerezza, ma qualcuno interviene a cavallo di un bianco destriero enorme…
mentre vestiti di ragnatele e grigio bagliore sanciscono la nuova vita di un
bambino che diventa “Nessuno”.
Da quel momento un umano
viene cresciuto dai morti, e ce ne sono davvero tanti nell’antico cimitero che
vanta tra gli abitanti anche un certo Caius Pompeius. Nobody cresce grazie alle
cure e agli insegnamenti di persone che hanno un nome, un cognome; a volte anche un
brutto carattere e delle fissazioni come quando erano vivi. Se non fosse per il
contesto e la natura dei personaggi… sembra la normale storia di un ragazzo che
cresce discutendo con i genitori, ribellandosi all’autorità e agli “insegnanti”;
Nobody ha anche amici più o meno simpatici, come accade per gli altri suoi coetanei,
solo che i compagni di giochi del nostro protagonista non crescono insieme a
lui… e indossano sempre gli stessi vestiti che li avvolsero quando una malattia
che non aveva nome, ma un aggettivo, li fece giungere lì dove Nobody ora vive e
cresce.
La situazione è chiara…
il ragazzo non può uscire dal cimitero, è troppo pericoloso. La sua cittadinanza
particolare gli permette di non farsi vedere dai vivi, se non vuole; e altre
cosucce le imparerà via via… anche grazie a una presenza femminile un po' arrabbiata,
ma con un cuore spezzato che ritrova la conciliazione dopo secoli, proprio
grazie a Nobody.
Come in ogni cimitero
normale i vivi ci camminano in mezzo, distrattamente… e mentre il ragazzo
cresce guarda gli altri suoi simili, in cui non si riconosce ma verso i quali
si sente naturalmente spinto.
Scarlett intanto gioca tra le tombe, e lei
invece crescerà… ma a volte crescere ci fa dimenticare tutte le cose che non possono
essere accettabili. Anche se si parla di un amico, dello Sleer, di vero terrore
che si tramuta in un legame che non si dovrebbe spezzare.
Nobody cresce e sbaglia
spesso, sbaglia e silenziosamente impara; oh, sì, questo gli servirà. L’uomo
chiamato Jack non smette di cercare il compimento che non avvenne.
Vampiri, Mastini di Dio…
ed ex presidenti degli Stati Uniti, veri o presunti, che sanno succhiare un
osso come nessun altro. Il giovane Owens vive la sua formazione con risultati
normali ma in modi inusuali, anche terribili. Una scuola umana può essere più
sicura e accogliente di un cimitero? Basterebbe non farsi notare.
La storia di Nobody Owens
si dipana davanti ai nostri occhi increduli e alla nostra pelle dolcemente
attraversata da una fredda carezza: da zero a quindici anni il protagonista
vive la sua sopravvivenza… fino al giorno in cui una vecchia ninna nanna
ritroverà le parole che erano state dimenticate:
“Affronta
la vita.
Son
affanni e piaceri. Che non sian inesplorate
Le
strade di ieri”.
STRETTI IN MACABRADANZA… ORA ASCOLTATE DA VICINO
ANALISI E CONSIDERAZIONI
Potremmo iniziare con il
dire che è un romanzo di formazione, di avventura… un fantasy horror per tutti,
una storia per ragazzi; che il narratore è onnisciente, che il corollario del
gotico e della letteratura “di paura” è completo. Si potrebbe dire che il tempo
del racconto va veloce e il tempo della storia in sé vede riuniti quindici anni
di vita di una persona in quasi quattrocento pagine, di pura magnificenza
immaginativa.
Tutto questo è vero ma limitato.
Gaiman non è un semplice
scrittore, è un costruttore, un sapiente architetto di monumenti alla stranezza;
è un custode di cimiteri, di sogni, di incubi… delle emozioni tutte e della
realtà al completo. Le creazioni di Gaiman non sono filtri, sono invece inchini
che ti introducono a una visione che ti fa guardare in faccia TUTTO. La vita e
la morte, le cose piacevoli e quelle meno piacevoli hanno pari dignità
attraverso i loro significati… che non scaturiscono solo dalla luce, da ciò che
possiamo toccare con mano: dopotutto la realtà, è comprovato, non è altro che
una “mappa della realtà”, la costruzione scaturita da ciò che il nostro
cervello giudica come accettabile, attraverso condizionamenti interni ed
esterni. Gaiman sblocca l’inconscio, i traumi, le incomprensioni; fa camminare
ciò che di solito è fermo e si nasconde. Racconta quello che realmente succede
tutti i giorni, ma lo fa creando un codice di comunicazione nuovo, che rende intelligibili e accettabili le cose che ci spaventano.
Il mondo del cimitero è
un parallelo coerente con ciò che c’è qui, fuori dai cancelli delle altre
dimensioni.
Leggendo la storia di
Nobody diventiamo persone migliori: chi si sente emarginato impara che può
sviluppare capacità straordinarie, e che non deve sempre “svanire” per sopravvivere.
I morti erano persone, e
come noi hanno sentimenti e pregiudizi che Nobody esplora. Il ragazzo passa
molto tempo da solo ma dona alla solitudine la dimensione della conoscenza. Il
giovane Owens restituisce dignità ad abomini di tanto tempo fa, dona speranza a
chi è reietto anche nell’universo degli invisibili, di quelli che fanno paura.
Anche la paura prova timore… e questo è un concetto gigantesco.
Ogni personaggio,
attraverso la scrittura incantatrice e disvelatrice di Gaiman, snocciola frasi
di una bellezza sconvolgente. Nessuna descrizione troppo accurata, niente che
distolga dalla percezione reale del Cimitero. Se la sensazione è la semplice
attivazione dei nostri organi di senso; la percezione è la nostra elaborazione di
questi stimoli… Gaiman è uno scrittore della percezione che ad ogni parola non
ti fa capire ciò che una frase denota ma ti fa percepire esattamente ciò che
leggi. Leggere IL FIGLIO DEL CIMITERO ti fa cambiare, sempre che uno voglia
scegliere di lasciare aperte le proprie potenzialità; in quanto vivi dobbiamo
renderci conto che abbiamo questa responsabilità… prima che possiamo fare un
giro su un grande cavallo bianco, al momento giusto. A volte la pensiamo come
Nobody:
“Quanto
sarebbe stato bello muoversi in quelle terre oltre i confini del cimitero, e
quant’era bello essere il padrone di quel suo piccolo mondo”.
Però, noi dobbiamo
cambiare, svilupparci: è la nostra naturale missione.
“Sei sempre te stesso, quello non
cambia, e intanto non fai che cambiare e non puoi farci nulla.”
E
se i vivi e i morti non devono mai danzare insieme… forse c’è un’occasione. Un solo
ballo, un abbraccio magari da dimenticare, ma che ci renderà più consapevoli
anche se non sapremo il perché. Un fiore bianco e il bacio dell’inverno: su,
unitevi alla MACABRADANZA!
“Signora
di grigia sembianza
Guidaci
in MACABRADANZA…”
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Grazie e buona lettura!