martedì 22 dicembre 2020

LA NOTTE PRIMA DI NATALE

 UN RACCONTO GROTTESCO, GENIALE; 

TRA I FUMI DELLA FIABA POPOLARE  E LE STRETTE DI UNA SAPIENTE CRITICA SOCIALE

... alla maniera di 

NIKOLAJ GOGOL

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

Pubblicato per la prima volta dalla Garzanti nel 2019, ci troviamo di fronte a un volume piccolissimo, potrebbe essere un diario, un quadernetto di appunti, un libro di preghiere: tre immagini che possono avere a che fare con la storia che andreste a leggere. Curato da Paolo Nori e introdotto dallo stesso con “Sette piccole cose sulla «Notte di prima di Natale»”, che ne contestualizzano la fortuna critica, aprono un breve sguardo alla tormentata natura di Gogol, e citano una condanna a morte assai illustre che passa per la lettera di un critico e finisce con una grazia… ma quest’ultima informazione dovremo andarcela a cercare da soli; devo dirvi che si cita Dostoevskij, siamo chiari.

LA NOTTE PRIMA DI NATALE

PREPARETE IL BICCHIERE… TUTTA D’UN FIATO: CENNI SULLA TRANA, ANALISI E RIFLESSIONI

Nel reparto manoscritti della Biblioteca Lenin di Mosca, al numero 3231 dell’inventario, c’è un quaderno che contiene questo racconto, ed altri: il quaderno era di Nikolaj Gogol. La carriera del Nostro inizia male, con l’autopubblicazione di IDILLIO IN QUADRI; un po' ignorato e fortemente criticato ecco che il lavoro finisce, in tutte le sue copie, tra le fiamme. Gogol e il suo servo fanno un falò, così come accadrà con il secondo volume di AMINE MORTE, poco prima della dipartita dello scrittore. Fuoco e tormenti religiosi in un animo che è riuscito a portare il realismo ad un livello in cui il riso è funzionale, in cui il grottesco sa essere poetico; per dirlo con le parole Nabokov: “Dà la sensazione di qualcosa di ridicolo e stellare allo stesso tempo”. Gogol, indicato come precursore del realismo magico, scrive NOTTE PRIMA DI NATALE tra la fine del 1831 e l’inizio del 1832, e sarebbe stato il primo racconto del secondo volume del libro LE VEGLIE ALLA FATTORIA VICINO A DIKAN’KA; questo libro incanta la critica e Puskin di cui tratteggia “l’allegria ingenua e furba al tempo stesso”. Se pare che i tipografi si torcessero dalle risate mentre lavoravano a quelle pagine così “stellari”, posso affermare che lo stesso potrà capitare a voi lettori; il tutto verrà però circondato da magia bianca, canti, odori di cibo che vi faranno venire l’acquolina. Attenti al cielo, che pare molto più abitato di quel che potremmo pensare: streghe, scope che rincorrono le padrone, diavoli seduti sotto la luna, maghi e un diavolo che, però, scende sulla terra. Prima di Natale il male pare in subbuglio, per una grande tragedia? Beh, non direi, anche se la luna se la vedrà brutta e “stretta”, e qualche amante scoprirà che un sacco sarà il giaciglio a cui l’adulterio alla fine lo spingerà. Ah, Solocha e la sua bellezza, che in realtà è solo maestria: ma dove mai avrà preso questi incanti da propinare agli uomini?

C’è da dire che Solocha ha un figlio, il fabbro Vakula, che è anche un bravissimo pittore e un devotissimo fedele; l’amore lo terrà alle strette. In una notte dove si cantano le koljadki, e i ragazzi girano per le case agghindati e festosi, e raccolgono pasticci di carne o pane e salame; le slitte sono adornate e pronte a partire, in particolare qualcuno deve raggiungere la casa del diacono: lì si promettono bevute che hanno il sapore di mele secche, miele, prugne… ma altri hanno intenti diversi. La vendetta porterà un diavolo a cercar rivincita per un impietoso ritratto che lo presenta alla gente ridicolmente riempito di botte.

Un fabbro, una bellissima dama civettuola, un padre che qualcuno vuole allontanare, altri far fare dietro front; un diavolo brutto, piccolo e nero. Ah, le pene d’amore e le pene dell’orgoglio: diavolo e uomini sono accumunati da un bel po' di guai, in una notte che promette una commedia grottesca che mette in scena le miserie umane universalizzandole da nomi propri che potrebbero essere qualsiasi nome.

E se forse la luce nella tormenta potrebbe tornare… due scarpette luccicanti saranno il brillare più grande, il prodigio di vita e amore, forse. Un viaggio dall’Ucraina a Pietroburgo, a cavallo di una domata bestia assai improbabile. Magistrale critica della società e delle debolezze, con all’interno elementi autobiografici come la divisione d’animo tra fervore religioso e personali aspirazioni.

Una cosa è certa: fate attenzione ai vostri sacchi, alle vostre mogli e ai vostri mariti… per motivi molto diversi!

ULTIME CONSIDERAZIONI

Leggendo questo racconto abbiamo la possibilità di camminare tra la neve con una resistenza mai avuta prima, se gli abitanti di questa città ucraina sono assai abituati, la narrazione di Gogol ha la capacità di farci entrare nella vicenda con tutte le scarpe, nella neve ovviamente. I canti e le luci sono inebrianti, l’allegria permea le descrizioni; i vizi umani ci paiono anche più sopportabili perché c’è il sapore della fiaba popolare che coccola il lettore. Ricordiamoci che i russi fanno sempre le cose con una certa serietà: guardate bene a personaggi e dialoghi. Nel racconto troviamo i cosacchi, la comunità nomade militare che aveva in sé un sangue ricco e fiero, e i capelli neri della bella Oksana sembrano rievocare origine lontane.

Un discorso fatto, nientemeno, che alla Zarina snocciolerà questioni che nel tempo saranno cruciali per le sorti dei cosacchi.

Storia e folklore ci portano a spasso assieme alla narrazione di una religiosità popolare fatta di superstizione, rigore e peccato. Vi devo ripetere di guardare il cielo, ma sappiate che tra la gente si sa chi può vederle o no (le streghe); guai a discutere! E se l’amore puro di Vakula è il motore di tanti percorsi, ripensamenti e di una notte insonne… l’istituzione matrimoniale è resa anche nel suo svilupparsi tra infelicità, cattiverie e infedeltà: sacramento obbligato, e a volte mantenuto per  ridurlo a una scodella, una volta piena di gnocchi fumanti, oramai vuota.

Le pietanze descritte ci appanneranno lo sguardo con un fumo caldo e delizioso; i personaggi improbabili sono un bel po', ognuno con qualcosa di magico, ridicolo ma atto a stimolare riflessioni illuminanti. Vi pare possibile andare a chiedere un “miracolo” a chi, si dice, parli con il diavolo?

QUALCHE CITAZIONE, veloce, presto!

“Ma quando mai l’avrebbero smessa, con la vanità? Si può scommettere che a molti sembrerà stupefacente vedere il diavolo che si comporta nello stesso modo. Ma la cosa più spiacevole è il fatto che lui, davvero, credeva di essere bello, mentre a guardarlo veniva vergogna.”

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“Che meraviglia, il brillar della luna! È difficile raccontare come sia bello, in una notte del genere, stare con una compagnia di fanciulle che cantano e di ragazzi pronti a tutti gli scherzi e a qualsiasi trovata che solo una notte allegra può suggerire. Si sta caldi, nel cappotto imbottito, per il gelo le guance brillano ancora di più, e è il maligno in persona, da dietro, che ti spinge a fare il monello.”

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“Com’è possibile che un pensiero, contro la tua volontà, ti si ficchi in testa?”

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“Signorello, nel secchiello,

Che ci metta un bel tortello,

Un pugnetto di pappina,

Di salame una fettina!”

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“Non deve andare molto lontano, chi il diavolo ce l’ha in spalla”.


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sabato 19 dicembre 2020

LA VERA STORIA DI BABBO NATALE

 PERCHÉ NON DICIAMO LA VERITÀ AI BAMBINI? 

UN SAGGIO SU BABBO NATALE E NON SOLO...

di Alfio Maggiolini e Michele Maggiolini

GLI AUTORI

Alfio Maggiolini si occupa di Psicologia del ciclo di vita presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Michele Maggiolini ha conseguito un master in Antropologia culturale presso la School of Oriental ad African Studies di Londra.

INTRODUZIONE

Ph Francesca Lucidi

Un saggio pubblicato per la prima volta nel 2011 dalla Raffaello Cortina Editore. Un’analisi storica, psicologica, sociale e antropologica della festa più celebrata, amata e odiata dei nostri tempi: Il Natale. Non solo, quale è il simbolo che più rappresenta questa ricorrenza? Sicuramente, tra addobbi, marketing, film, canzoni e semplici disegni creati dai bambini, è raro non incappare costantemente nella figura di Babbo Natale. Il panciuto uomo magico che vive al Nord, con vari indirizzi secondo quanto scopriremo, che elargisce doni ai bimbi buoni, anche se non c’è monello che non riceva il suo pacchetto la mattina di Natale. Le renne, la slitta, la divisa rossa ornata di pelliccia; i bambini credono in questa figura mitica molto più che ad altre, gli adulti sono i detentori del segreto, il mondo economico protegge questo simbolo, i detrattori hanno tentato crociate rocambolesche contro di esso. Ma come è nato Babbo Natale? Perché pare incrollabile il suo significato? E perché sembra necessario portare avanti questa piccola bugia nei confronti dei bambini? A proposito… come si scopre che Babbo Natale non esiste? E quest’ultima eventualità può ritenersi vera?

Freud, Levi Strauss, Il cinema come “casa” reale di Babbo Natale; Charles Dickens che ha davvero inventato il Natale. Scrooge e la generosità, la tradizione del POTLACH degli indiani Kwakiutl. L’età vittoriana che ancora torna a far parlare di sé perché è lì che il Natale come noi lo conosciamo è nato e si è sviluppato grazie alla letteratura d’intrattenimento, e dalle mani di qualche illustratore; il tutto di pari passo con l’ascesa di Babbo Natale. Casse di Risparmio nate in Inghilterra per permettere ai poveri di guadagnarsi un’oca per Natale; la Trinità fatta di FAMIGLIA, INFANZIA e CARITÀ: ogni cosa è nata dall’immaginazione per divenire storia, società, consuetudini economiche e politiche. Partendo dal culto di Saturno, dal carro solare di Mitra… un viaggio attraverso i misteri della Festa più celebrata al mondo, aldilà delle differenze religiose. E potevate, un tempo, essere RE PER UN GIORNO, e se il Sole aveva bisogno dei nostri eccessi per risorgere e nutrire i campi… un MIRACOLO SULLA 34° STRADA, pochi decenni fa, ci ha passato una banconota con una scritta legittimante ciò in cui molti bambini credono, fermamente. Sappiate che a sette anni i vostri figli e nipoti iniziano a cambiare, cognitivamente percepiscono diversamente il comportamento dei genitori; i fatti per loro non sono più oggetti ma iniziano a descrivere dinamiche tra soggetti; veniamo guardati diversamente da loro, e quasi sicuramente non dobbiamo neanche preoccuparci di dire se Babbo Natale esiste o meno. La società si basa su credenze condivise, questo è l’insegnamento principe di questo simbolo come di altri; ciò che lo rende utile, legittimo. E se i nativi digitali sembrano andar meno alla ricerca della verità, proteggere un sogno o la magia è donare al bambino la padronanza del rapporto causa- effetto: loro sanno distinguere tra verità e finzione, basti guardare all’approccio realistico che hanno nella costruzione fantastica.

Essere portatori di una credenza aiuta a comprende come essa funzioni. Qui non ci interroghiamo sulla credenza nella magia ma sulla MAGIA DELLA CREDENZA.

Questo saggio inganna da una copertina assai confortante, ma dopotutto, qui, chi parla e scandaglia crede e difende. A proposito, la leggenda metropolitana sulla Coca Cola è una verità dimostrabile. Se nel 1931 Babbo Natale vestì l’abito rosso, ma i bambini non potevano essere mostrati mentre bevevano la bevanda; sappiate che le date da appuntare sono molte. Babbo Natale è nato nel 1822 da qualcuno che si non è neanche voluto firmare e stava, dopotutto, solo giocando (THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS, so che tutti voi ricordate un titolo simile ma assai diverso); il mito della nascita della Città di New York rivendica un San Nicola portatore di doni. Sì, Babbo Natale è americano. Le riflessioni e le profonde conoscenze che si apprendono dalla lettura di questo saggio riguardano tutti noi.

IL NATALE

SIGNIFICATI, ORIGINI E MITO

Il Natale ha manifestato una straordinaria capacità di sopravvivenza e trasformazione; nei secoli ha mutato la sua pelle ed è riuscito ad inserirsi quasi in tutto il mondo andando oltre le barriere religiose. Stessa fortunata sorte è toccata a Babbo Natale.

Se guardiamo ad oggi, questa festività mantiene il forte, presunto, senso della famiglia che parrebbe essere il valore principale. La nuova società si basa sulla costante rivendicazione della libertà e dell’uguaglianza. Diversi studi hanno identificato “scontri di civiltà” i conflitti contemporanei, che non sarebbero strettamente legati a dinamiche religiose ma al centro ci sarebbe l’individuo, lo scontro tra culture. L’autodeterminazione dell’individuo ha fatto cadere dogmi e limiti, l’alfabetizzazione ha contribuito a consapevolezze rinnovate.

La famiglia di oggi è molto diversa dalla famiglia di duecento anni fa: lo svincolamento intergenerazionale, l’uguaglianza nei diritti di successione hanno svestito la famiglia della rigida immagine “istituzionale”. La famiglia è divenuto un nucleo affettivo. Alcuni legami sono certamente diventati più complicati, ma non si smette di correre per cercare di riunire i membri oltrepassando le difficoltà legate a divorzi, lontananze, quotidianità che ha ristretto l’abitazione a pochi elementi coabitanti, a differenza di un tempo in cui la famiglia, le mura e le regole di vita erano prodotti e sostanze interdipendenti e co-reagenti.

Il Natale celebra la nascita, non sto parlando del Bambino Gesù: è il tempo di tornare indietro nel tempo, agli albori, anzi, al momento dell’inverno con il suo sonno e le sue giornate scure.

Le Feste d’Inverno celebravano la luce, il Solstizio d’Inverno del 21 dicembre era circondato da festeggiamenti e riti atti a facilitare il ciclo delle stagioni, il ritorno della fecondità, della vita dei campi come di quella generale dell’uomo. In senso generale, il Natale è sempre stato un passaggio dal vecchio al nuovo, una trasmissione di vita e valori simboleggiata dal “dono”.

Per il Calendario Giuliano, elaborato da un astronomo greco e promulgato da Giulio Cesare nel 46 a.C., il 25 dicembre era il giorno più corto dell’anno. Nel IV sec. d.C., la revisione del calendario da parte della Chiesa spostò l’equinozio al 21 dicembre, dissociandolo dal Natale.

Nell’Antica Roma si celebravano i Saturnali, la nascita del “Sole Invitto”, dal 17 dicembre al 25. La Festa continuava con i Sigillaria, dove i genitori elargivano doni ai propri figli, come statuette simili a quelle votive. Il tutto terminava il 9 gennaio con le Agonalia.

Dobbiamo tener presenti due culti diffusi a Roma, e importanti per le simbologie che stiamo chiamando in causa, quelli di Saturno e di Mitra.  

Il culto di Mitra, diffuso soprattutto tra i soldati dell’Impero, fu reso ufficiale sotto Aureliano (270-275 d.C.).

Mitra era un eroe nato dalla roccia il 25 dicembre, e l’uccisione propiziatoria di un toro per il Sole rendeva possibile la rinascita dei campi. Dopo la vittoria, Mitra si allontanava su un carro solare. Vi ricorda qualcuno?

Il NATALE ROMANO era una festa degli eccessi. Le celebrazioni in onore di Saturno comprendevano lo scambio di doni, la decorazione dell’abitazione con sempreverdi; il gioco della Tombola, prediletto di Saturno. Spendere era un’attività promossa e perpetrata, l’abbondanza era la parola d’ordine, insieme al godimento. Non mancava l’elemento comune a molte festività antiche: il sovvertimento dell’ordine sociale; infatti, durante i Saturnali veniva eletto persino un Rex Saturnaliorum.

Nel MEDIOEVO, il 6 dicembre gli studenti erano soliti eleggere l’Episcopus Puerorum: finto vescovo che sedeva in cattedra fino al 28 di dicembre. I bambini non ricevevano doni ma facevano questue casa per casa, eventualità che ricorda più la festività di Ognissanti, o meglio la modernissima Halloween. Gli Episcopus furono vietati dal Concilio di Basilea (1431-1445).

Gli eccessi legati al Natale infastidirono le istituzioni attraverso i secoli. Nel 1647 il Parlamento Inglese eliminò il Natale dal Calendario delle “feste comandate”; nel 1659, i Puritani del Massachussets imposero addirittura una sanzione pecuniaria per chi festeggiasse il Natale.

Ph Francesca Lucidi

LA NASCITA UFFICCIALE DEL NATALE E L’EVOLUZIONE DELLA FESTIVITÀ COME NOI LA CONOSCIAMO

La Chiesa ha iniziato a celebrare la nascita di Gesù tra il 325 e il 354 d.C., dopo il Concilio di Nicea.

Il Concilio, presieduto da Costantino, annoverava tra i vescovi un certo San Nicola. Il tema portante fu la chiarificazione circa la natura consustanziale di Padre e Figlio, quest’ultimo di natura, da quel momento, indiscutibilmente divina.

La Chiesa d’Oriente festeggiava nascita e battesimo di Gesù il 6 gennaio. San Crisostomo, nel 386, invitò i fedeli a festeggiare la Natività il 25 di dicembre, celebrazione che divenne così regolata, e seguita via via lungo il IV secolo. La scelta della data si lega immediatamente alla volontà di sostituirsi al culto delle divinità solari. Il vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, durante una predica di Natale disse: “Cristo è il nuovo sole!”; ciò sta a manifestare il lento insinuarsi della Chiesa tra i cuori e le menti dei fedeli per scardinare i residui del paganesimo.

Ma la vera FESTA DI NATALE, come la pensiamo, viviamo e celebriamo oggi, sboccia nella seconda metà del XIX secolo; vediamo perché.

IL NATALE COME TRINITÀ FORMATA DA FAMIGLIA, INFANZIA E CARITÀ

Secondo una ricerca del Times, tra il 1790 e il 1836, in vent’anni non si parla del Natale. Dalla metà dell’Ottocento diventa, invece, la festa più importante. Ma cosa ha contribuito a questa esplosione? Una nota recente pellicola parla di Charles Dickens come dell’uomo che ha inventato il Natale; tramite questo saggio possiamo assolutamente affermare che ciò abbia una verità incontrovertibile.

Nel 1843 esce il racconto di Dickens UN CANTO DI NATALE, ed ecco che l’arcigno e taccagno protagonista della storia, Scrooge, rinnova il significato del Natale moderno: divinità della famiglia, contrapposizione all’accumulo per la generosità; carità e senso del festeggiamento come una possibilità che deve essere per tutti. Dalla nota novella ne nacquero altre da penne diverse, di grande successo e di valore non sempre eccelso; ciò che conta è che questa ventata di nuovi valori si permeò profondamente nella società inglese fino a determinare delle vere proprie modifiche a livello politico ed economico. Vennero istituiti i GOOSE CLUBS, delle casse di risparmio che aprivano a settembre, e che consentivano anche ai più umili, in cambio di un contributo di due o tre pence al mese, di procurarsi un’oca per Natale.

Il fatto che Dickens lasciò la moglie per un’attrice di diciotto anni non scalfì il nuovo dogma natalizio fatto di famiglia, affetti e unione.

Nella figura di Scrooge si ritrovano gli antichi echi dell’inversione sociale, della condivisione della mensa tra le varie classi sociali: un’occorrenza che oggi possiamo ritrovare nelle varie cene aziendali organizzate a puntino durante le festività natalizie.

E l’ALBERO DI NATALE, anch’esso si fece spazio nelle illustrazioni di età vittoriana, dove fanciulle, famiglie, e bambini vestiti di pigiamini allegri campeggiavano davanti ad abeti, candele e ghirlande. Le origini di questo simbolo spingono lo sguardo molto all’indietro, nel 1600 in Germania. L’albero era, in realtà, una rappresentazione di quello dell’Eden; nel XIX secolo qualche strascico rimase e non era raro scorgere immagini di Adamo ed Eva intorno o sotto l’abete. Il presepe è assolutamente meno famoso, più italiano e più legato alla religiosità della festa: “inventato” nel 1223 da San Francesco, oggi è un segno che spesso indica un nucleo familiare più devoto, ed è spesso legato all’affettività di una fetta di popolazione meno giovane.

I REGALI DI NATALE

La capacità distributiva di Babbo Natale pare la perfetta metafora della civiltà industriale, ma non dobbiamo pensare al mero consumismo perché molto si è fatto per mutare l’essenza del “miracolo” in qualcosa che a Natale cambia consuetudini e meccanismi economici in funzione di un sentimento di cui la società ha bisogno.

Se i primi doni erano fatti a mano, e se il personaggio Dickensiano di Scrooge chiama a non accumulare ma a donare… finanche sperperare il superfluo; ecco che i centri commerciali hanno assunto un ruolo fondamentale nella magia e nel valore godereccio ma anche altruista del Natale.

Abbiamo già citato la pellicola MIRACOLO SULLA 34° STRADA, ora parliamo di MACY’S, il centro commerciale dove è ambientata la storia, venuta alla luce con la prima pellicola cinematografica del 1947. Se un uomo è diventato il Babbo Natale del centro, e dichiara di essere davvero quel magico uomo barbuto, il fatto saliente sta nel fatto che il protagonista va incontro ai desideri dei bambini anche consigliando luoghi più economici dove trovare un determinato dono. La cosa fa infuriare i piani alti, ma inaspettatamente l’atteggiamento anti-aziendale di Babbo Natale fa impennare la popolarità e gli introiti di Macy’s: nasce così il “consumismo sentimentale”, ossia il mercato che pur di difendere il diritto al dono si fa magnanimo verso la concorrenza e si propone come onesto, generoso e vicino ai meno abbienti.

Nel 1874, proprio da Macy’s fu allestita la prima vetrina a tema natalizio, quindi la scelta dei creatori del film non è stata per nulla casuale. Dovremo aspettare il 1888 perché un negozio di Brockton, nel Massachussetts, paghi un uomo per impersonare Babbo Natale.

Il rito dello scambio dei regali è fondante per la società e la dinamica dell’evoluzione, il mantenimento e la salute dei rapporti. C’è una specie di codice non scritto che ad esempio ci impone di non fare ai nipoti un regalo “più bello” rispetto a quello pensato e donato ai propri figli. Si pensa da mesi prima come poter regalare sorpresa e sorrisi a una persona cara, vicina.

Claude Levi Strauss paragona il rito dei regali al POTLACH, studiato da Boas presso gli indiani Kwakiutl del Nord-Ovest Americano. Tramite questa ricorrenza, dove ci si scambiano doni, si manifesta il prestigio del proprio nucleo familiare e si rafforzano i legami sociali; non è contemplato il non partecipare se si vuole continuare ad avere un ruolo nella comunità. Per i bambini è differente: dobbiamo sempre ricordare il senso di valorizzazione ed eredità. I bambini sono l’ultimo baluardo di quella celebrazione della nuova stagione a cui pensavano e speravano i nostri antenati.

Non in tutti i luoghi i regali e lo spendere sono collegati al rapporto con l’altro. In GIAPPONE il Natale arrivò con i missionari nel XVI secolo. I Giapponesi, durante le festività natalizie, si regalano trattamenti di bellezza, soggiorni alle terme… e qui pare di rivedere l’edonismo delle civiltà romane. Sono molto diffusi anche i viaggi nei grandi parchi divertimento: probabilmente non si pensa molto all’investire sui bambini quanto al coccolare il bambino interiore. Anche questo può avere una sua sacra legittimità.

BABBO NATALE

Personificazione della Festa, Onnipotente e Onnipresente, uomo dalle molteplici residenze contese tra la Finlandia, Il Canada e luoghi “X” a cui altri stati fanno in teoria giungere le letterine (tutte le specifiche le troverete nel saggio, di cui sono ben lontana dal poter fare un riassunto, e questa non è la mia volontà); Babbo Natale vince sempre. Se al cinema viene sempre umiliato chi tenta di smascherarlo, nella realtà non accade nulla di diverso: recentemente, in Francia uno spot ha dichiarato la non esistenza di Babbo Natale, una vera e propria sollevazione popolare ha fatto rimuovere la pubblicità. Anche nel nostro paese non sono mancati attacchi e ostracismi, non vi dico chi e dove perché verrei meno alla sacra curiosità del lettore che deve andarsi a cercare queste gustose informazioni tra le pagine del saggio.

Babbo Natale ha una data di nascita: il 1822. Clement Clark Moore, pastore luterano e professore di teologia e letteratura greca, scrive THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS (vi ricorda qualcosa?), titolo derivato dal primo verso del raccontino. Scritto a scopo privato per intrattenere la propria famiglia, il componimento, nato con il titolo A VISIT FROM SAINT NICHOLAS, l’anno seguente viene pubblicato da un amico del pastore sul Sentinel, un giornale di Troy, nello stato di New York. Il successo fu enorme, ma la paternità fu rivendicata da Moore solo quindici anni più tardi. Proprio da questo racconto nacque il mito del camino, della slitta, persino i nomi delle renne.

Ph Francesca Lucidi

L’ispirazione per THE NIGHT BEFORE CHRISTMAS viene da un racconto di Washington Irving: KNICKERBOCKER’S HYSTORI OF NEW YORK, datato 1812.

Irving richiama una leggenda: si racconta che nel 1626, una nave olandese diretta verso gli odierni Stati Uniti, portasse sulla polena la figura di San Nicola. Una tempesta iniziò i suoi tumulti; San Nicola andò in sogno a un marinaio e gli disse che se avessero fondato una città ogni anno sarebbe tornato portando dei doni ai bambini. Nacque così New Amsterdam, chiamata successivamente New York.

L’intento di Irving era prettamente politico: egli faceva parte dei KNICKERBOCKER’S, un’unione di scrittori e storici di New York che si prodigavano per costruire una cultura americana in contrapposizione all’ingerenza inglese.

Il racconto ha in sé i valori americani del viaggio, e della “conquista”.

Sapete che un tempo Babbo Natale fumava la pipa? Beh, oggi è difficile vederlo fumare. L’ultima apparizione di questo vizio risale al 1863, su una illustrazione di Thomas Nast per la celebre rivista Harper’s Weekly. Babbo Natale compare sul campo di battaglia, avvolto nella bandiera a stelle regala doni ai soldati. Ha la pancia, ma più che grasso pare simboleggiare una gravidanza; si scorge anche una bambola. Probabilmente il messaggio è chiaro e rivolto alla nascita di una nuova “creatura”.

L’abito rosso, la pelliccia e il viso da vecchio-neonato: da dove sono usciti fuori? Il merito è della Coca Cola, e del suo grafico Haddon Sundblom. La ricetta della bevanda all’epoca era stata già cambiata, ma era noto che in precedenza contenesse foglie di coca. Non era consueto e permesso mostrare i bambini che bevevano la Coca Cola, e allora come fare un boom di attenzioni senza contravvenire alla buona creanza? Sundblom pensò di mostrare dei bimbi che passavano la bibita nientemeno che a Babbo Natale. Il grafico prese le fattezze del suo personaggio da un amico, e così nacque il barbuto e allegro figuro che tutti conosciamo.

Il saggio disquisisce su molte altre leggende popolari come i Magi, la Befana, le creature del Folklore nordico; viene anche citato Father Christmas, che appariva più come uno spirito della festa che come l’odierno Babbo Natale. Se leggiamo Un canto di Natale di Charles Dickens possiamo riscontrare molti particolari di vestiari e accessori nelle simbologie dei suoi “spiriti del Natale”.

Nel corso del tempo la voce e la magia sono passati di bocca in bocca, di società in società, ma resta la finzione e la sua indiscussa legittimità.

Il saggio ci aiuta con la psicologia e l’osservazione, e la spiegazione dell’evoluzione dei bambini. Sicuramente lo scopo della finzione è far toccare loro la funzione di quest’ultima nella società umana, che non potrebbe vivere se non si basasse su credenze condivise da adulti e bambini.

Si inneggia alla crisi moderna della funzione paterna; Babbo Natale diviene l’interiorizzazione di un padre che sostiene i desideri. Il padre non deve smorzare il desiderio per promuovere l’autonomia di un figlio. Le funzioni iniziatiche richiamate dagli studi sul folklore vengono oggi assunte dall’individuo.

I bambini imparano le credenze, crescono e modificano il loro modo di indagare e percepire il comportamento dei genitori; spesso arrivano da soli alla verità e sbugiardano i grandi, o fanno finta di nulla comprendendo quanto il rito sia così importante anche per la mamma e il papà. La disillusione non è un trauma ma l’ingresso naturale in una nuova dimensione simbolica.

“In occasione del prossimo Natale, e di tutti quelli che verranno, ogni genitore deciderà il senso che vorrà dare alla festa e quale storia di Babbo Natale raccontare ai propri figli. Il nostro auspicio è che la lettura di questo libro possa contribuire alla bellezza del Natale e alla comprensione dei suoi significati, rendendo ogni scelta, quale sia, più consapevole.”

 

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martedì 15 dicembre 2020

IL BAMBINO CHE PARTÌ PER IL NORD ALLA RICERCA DI BABBO NATALE

 UNATTO DI FEDE, UNA RICERCA PER SALVARE LA CAPACITÀ DI SOGNARE

GELO, CANI DA SLITTA E STRANE ORME GIGANTESCHE

VOI COSA CREDETE DI AVER VISTO? LA SCAMPEREMO? 

PER MERITO DI CHI?

di Kim Leine

Illustrazioni di Peter Bay Alexandersen

L’AUTORE

Kim Leine è nato nel 1961 in Norvegia, in un paesino rurale. Da ragazzo si è trasferito in Danimarca, a Copenaghen, dove studia infermieristica. In seguito, si sposta in Groenlandia. Nel 2004 torna in Danimarca, e si dedica alla scrittura. Scrive numerosi libri per adulti di successo: vince anche il Premio del Consiglio Nordico per il romanzo storico Il fiordo dell’eternità, tradotto in quindici paesi. Ha scritto tre libri per bambini, tutti ambientati nel Nord, l’estremo Nord.

LA TRADUZIONE

Curata da Ingrid Basso, ricercatrice in Filosofia teoretica presso l’Università Cattolica di Milano, insegnante di Filosofia della comunicazione all’Università Cattolica di Brescia. La Basso lavora come traduttrice dal danese e dal norvegese, e collabora con la pagina culturale del Manifesto.

IL BAMBINO CHE PARTÌ PER IL NORD ALLA RICERCA DI BABBO NATALE

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

Edito da Iperborea nel 2019, un volumetto birichino che commuove ma qualche brivido lo regala, non solo per il freddo. Un atto di fede, un percorso di formazione per un papà; il riscatto della fantasia, perché per crescere c’è sempre tempo, ricordandosi che farlo non implica il privarsi dell’emozione di un momento, del sogno, della speranza. Babbo Natale, dopotutto, è un simbolo. Evoca l’attesa, è una metafora comprensibile del premio e della “punizione”, è l’invisibile che è necessario per riuscire a mantenere la capacità di non farsi schiacciare dal reale… quando in realtà è il nostro modo di reagire ad esso che vince, che crea ciò che diventa tangibile partendo solo dalla nostra fede.

Una copertina rigida, ruvida, che pare un piccolo quadro; anzi, penso che a Natale non starebbe male esposta fuori dalla libreria. Illustrazioni che sono dolci, che sono naturalisticamente credibili. Ogni disegno è marcato di fiaba e infanzia. Ma badate bene alle espressioni dei cani… sì, le illustrazioni forse ci dicono qualcosa che la mente non vuol “vedere”.

Nell’estremo Nord c’è ghiaccio e neve, e mare scuro. Tutto è bianco e nero, e blu profondo. Anche gli animali richiamano gli stessi colori, quei pochi abitanti non umani che spesso vengono cacciati perché parte dell’alimentazione di sussistenza per villaggi estremamente isolati. Il vento è fortissimo, gli alberi non ci sono. La neve è ciò che tutto ricopre: sulla neve si cammina, sotto di essa si conservano i cibi; se si sposta un po', con fatica, si possono scovare diverse cose nascoste poco prima dalla tempesta. Un intero capanno di caccia piò spuntare solo con uno stretto comignolo. Per noi, tutto può apparire affascinante o inospitale, in realtà il vero è fatto di entrambe le cose. Una regola fondamentale c’è, tra le altre: bisogna sempre lasciare sulla stufa una scatola di fiammiferi aperta, ricordando di lasciare due cerini che spuntano. Le mani possono esser ghiacciate, ma ghiacciate davvero, in quel modo si permette a chi voglia scaldarsi di accendere più facilmente la stufa. In Groenlandia ci si abitua a piccoli gesti e consuetudini che costituiscono la sopravvivenza: un fucile sempre accanto, dei cani forti e fedeli, una slitta veloce, del caffè bollente e soprattutto una cioccolata calda; bevande gustose, ma qui sono elementi che permettono al sangue di continuare a scorrere e non ghiacciare come tutto ciò che è liquido e sembra cedere al duro clima.

Ph Francesca Lucidi

Pare tutto un gran casino, in verità chi ci abita è abituato e sa cosa fare. L’uomo è fatto per abituarsi, per resistere. L’evoluzione è fatta di un susseguirsi di resistenza, motivazione, e un pizzico di ingegno… che pare magia. Qui la fantasia e la magia hanno la voce del piccolo Andreas.

Andreas ama il Natale, e nel villaggio tutti sanno che non possono affezionarsi troppo all’albero del paese perché il vento è subito pronto a spazzarlo via. Ed ecco che gli alberi si sostituiscono, con difficoltà dato che è difficile reperirli. Dopo Natale non occorre neanche togliere l’ultimo abete rimasto: il vento ci pensa da sé. Ciò non toglie che i simboli festosi non mancano: nelle scuole, nelle sale comuni e nelle case si preparano addobbi e si cantano canzoni. Tutto è molto buio, le ore di luce sono davvero pochissime. A fendere l’oscurità ci pensano le lucine poste sulle finestre delle case, internamente, e le lanterne poste su ogni slitta. Vedere le slitte andar giù per il pendio è uno spettacolo che pare inneggiare alla festa più di una moltitudine di alberi addobbati. C’è un problema, qualcosa che stona e preoccupa Andreas: il papà non ama il Natale.

LA TRAMA

Siamo in Groenlandia! Quale miglior posto per sentir meglio la risata di Babbo Natale. Non tutti hanno nel petto l’attesa del visitatore magico del Natale, o ritagliano pezzi di carta rossa sentando quel calore che durante le feste ti avvolge anche se fuori c’è la neve a render tutto freddo ma fatato.

“Il bambino si chiamava Andreas e il Natale gli piaceva da morire.

Piace anche a te il Natale? chiese alla mamma.

Certo che mi piace, rispose lei.

E a te? chiese alla sorellina, che si chiamava Sofie.

Sì, certo. Basta che non soffi sempre questo vento, rispose lei.

E a te papà? Anche a te piace il Natale?

No, rispose il papà. Io odio il Natale.”

Uno shock per il piccolo Andreas, il papà è categorico: “Il Natale è una stupidaggine”. Un bel problema quel viso incredulo e infastidito in una famiglia che sta lì e festeggia con poche cose e tanto amore tutto intorno. Il piccolo non si dà per vinto. Il meraviglioso approccio dei bambini alla vita: nulla è scontato e nulla è perduto, si può sempre andare alla ricerca di risposte e conferme, di prove e tesori. Nulla è categorico e mettono in dubbio tutto.

Andreas propone al papà di andare a Nord, lì abita Babbo Natale: chi meglio del barbuto e panciuto magico omone può riportare la fede, la fiamma del credere a qualcosa che non si vede, ad amare un’idea o un sogno. Il papà fa molta resistenza, ma alla fine cede, chissà perché? Qualche giorno prima della Vigilia di Natale si preparano slitta e provviste e i due si recano a Nord, tra sconfinati paesaggi, gelo, foche in lontananza e fucile sempre pronto. Andreas guida la slitta, e il suo cane Thor è il quarto della fila. Thor è il migliore amico del piccolo, insieme alla mamma, alla sorellina e al papà. Un piccolo mondo dove non serve chiasso, folla o troppe cose per provare i sentimenti veri e profondi della vita.

Il papà è convinto che una gita male non può fare, e via via pare assecondare Andreas nella ricerca di Babbo Natale. Arrivano al capanno di caccia, completamente ricoperto di neve. All’interno è tutto spoglio e un po' sporco, in poco tempo la stufa viene accesa e i giacigli preparati; ovviamente Andreas si adopera a ripulire tutto. Il bimbo ha un animo ecologista e animalista, e questo ci piace, e apprezzano anche le foche!

Il papà ascolta con attenzione il figlio, il piccolo ascolta gli insegnamenti del padre sulla sopravvivenza e li memorizza e ripete. Una scena fatta di sacchi a pelo, una vecchia stufa, e un libro di storie. Andreas ama molto i libri di storie, e ha in sé una fede incrollabile nelle sue fantasie, nella magia e in Babbo Natale.

I cani iniziano ad esseri inquieti, fuori dal capanno si riconoscono le voci di Thor e Carota, qualcosa pare camminare sul tetto: si sente sbuffare, si sente un rumore che non pare un verso o una voce. Il papà sta seduto dritto con il fucile pronto. Il fumo della pipa riempie l’aria di una nebbia densa. Qualcuno vuole entrare… forse Babbo Natale ha ascoltato il richiamo di Andreas? Il fucile però è pronto.

Orme gigantesche, poi una Vigilia con un regalo inaspettato. Quale sarà la verità? Un viaggio di formazione non per un bambino ma più per un adulto, che adesso sorride e, secondo me, nasconde un piccolo segreto nel suo cuore rinnovato.

Se lo leggerete spero mi farete sapere cosa avete compreso o creduto del finale. Qualcosa non torna… o forse nelle riletture sono passata da tremar di gioia al tremare di paura. Il significato sospeso è un mio forte dubbio, che mi piace.

Devo infilarmi delle pantofole calde ora, e sono fatte di un materiale raro e particolare: qui in Groenlandia bisogna sopravvivere con ciò che la Natura offre, o purtroppo si deve prendere. Se fossi lì con voi preferirei del normale velluto!

ANALISI E CONSIDERAZIONI

Una storia che ha i colori dell’inverno, anche perché si svolge dove il freddo è più perenne dei ghiacciai sofferenti. Un viaggio tra il gelo dei paesaggi e tra quello dei ricordi. Ah, gli adulti! Una tipica frase? Basta riportarvi cosa risponde il papà di Andreas quando il piccolo cerca di colpire a suon di occhioni speranzosi una parola rigida come una stalattite, e altrettanto affilata: “INDISCUTIBILE”. Impedire a un piccolo umano incorrotto nella curiosità di poter cercare motivi, risposte o soluzione… quale scemenza! Tornando a noi, sapete come spiega “indiscutibile” il papà di Andreas?

“Vuol dire che è così e basta.”

Magari nel papà di Andreas giace un bimbo a cui è mancato un pezzo, che sia di carta, che sia un biscotto. Probabilmente un bambino ferito e bloccato dalle convinzioni di altri adulti deve essere salvato da un altro bambino, suo figlio. Già, a casa del papà di Andreas non si festeggiava il Natale, anzi era quasi vergognoso anche solo pensarlo.

A un certo punto qualcosa scocca o brilla, una stella diversa? Sarà che la cioccolata sorseggiata durante il viaggio ha sciolto un grumo di risentimento o semplice rigidità “da grandi”? Se prima la fantasia di Andreas era il solo motore della vicenda, a un certo punto forse la salvezza verrà dalla fantasia di qualcun altro, di chi era un po' infastidito da tutta questa questione del Natale. Sì, state pensando bene, proprio lui.

Una scoperta verrà fatta, ma dobbiamo credere a ciò che le illustrazioni mostrano e Andreas vede? A ciò che il papà, con la voce, quasi tremante, conferma?

So che vi sto facendo molte domande. Problema mio che sto proiettando le mie sensazioni: però mi piace pensare che il lieto fine non sia sempre così chiaro ma che possa essere creato, raccontato, plasmato da una storia e fatto protezione, cura. Proteggere il sogno di un bambino salva un adulto da una vita di risentimenti e privazioni, questo lo credo fermamente.

Un regalo sotto l’albero probabilmente è un indizio. Bisogna anche stare attenti alle orme, dimenticavo. Anche se Andreas ha una risposta, plausibile?

Qualcuno ha salvato capra, cavoli e cani? Ma chi può essere stato...


Fatemi sapere! Sicuramente vi auguro di scongelare qualunque convinzione o pregiudizio che possa impedirvi di vivere una gioia, o una preziosa condivisione.

Buona Lettura!

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Grazie! 

 

 


sabato 12 dicembre 2020

LE MIRABOLANTI AVVENTURE DI GATTO MERLINO

 FIABA, TRABOCCHETTI, LA FAVOLA STA DIETRO L'ANGOLO E HA IL PROFILO DI UN GATTO.

MAGIE E RIFLESSIONI TRA STORIE DINAMICHE E RICCHE DI ILLUSTRAZIONI STRABILIANTI

Testi di Paolo Migliorelli

Illustrazioni di Angela Gubert

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

“Mondi Possibili”, la collana che comprende questo volumetto strabiliante, divertente, adatto a tutta la famiglia. Edito da Aliribelli Edizioni nel 2020, nato dalla fantasia di Paolo Migliorelli e trasformato in immagine grazie alle illustrazioni di Angela Gubert.

 Beh, tra queste pagine si parla spesso di mutazioni e di cose che appaiono, scompaiono o cambiano natura; direi che spesso nella trasformazione alcuni si esaltano come esseri viventi, e soprattutto pensanti. Un gatto appare in copertina carico di strani oggetti, la sua ombra rivela contorni inaspettati: uno stile immediatamente fiabesco e magico, che fa promesse… e posso garantire che le mantiene tutte. Girate la quarta di copertina: un cappello da mago (o da strega?), strane ampolle, uno specchio, pergamene e una citazione che spiega la forma della misteriosa ombra. Stregonerie e avventure, personaggi toccanti, cattivi cattivissimi; non siate pigri come la Morte, anzi forse potrete esserlo gustandovi questa storia letta dai vostri bambini, o magari stando con questo volumetto arancione quieti su una coperta. Il freddo va lasciato fuori, ve lo devo ricordare. Tappate ogni fessura, tirate le tende perché i contorni di un castello dalle strane luci notturne imperversa all’orizzonte. La luna è tormentata da malefiche megere, una bellissima donna percorre la strada con uno specchio in mano; vi invito a tenervi lontani da questi soggetti, tanto potrete gustare tutto dal vostro posto sicuro, con un gatto speciale che fa la guardia fuori dalla finestra. A proposito, vi piace il cioccolato? Dicono che acquieti gli animi più tormentati e possa persino spegnere i brutti ricordi; per scoprirlo… venite con me!

MIRABILIE, Signore e Signori

Diciamocelo subito, se il vocabolo “mirabolante” richiama qualcosa di stupefacente, e la sua origine contiene tra le righe di spiegazione anche la parola “scherzo”, sappiate che qui di tranelli ce ne sono parecchi, e non mancano di certo le straordinarie vicende che possono meravigliare, aguzzare la fantasia, portare in altri tempi e luoghi; farvi mutare la pelle perfino!

Cinque piccole fiabe tenute insieme dal cammino di Gatto Merlino: IL CAVALIERE DI CIOCCOLATO, LA BAMBINA DELLA STEPPA, DONNA CITRULLA, IL CASTELLO STREGATO DEL NORD e GLI ANIMALI DELLA SAVANA.

Nessuno conosceva la sua vera identità, ma era chiamato da tutti “Gatto Merlino”, sia perché era piuttosto bravo con la Magia e sia perché affermava di essere un gatto trasformato in un uomo per essere un mago, uno tra i più grandi, come mago Merlino che tanto ammirava.

Ed ecco che Merlino lascia la sua amata padrona e parte verso paesaggi stravaganti, al confine tra la “storia” e il reale. Sente il richiamo della natura di mago, si sa che i maghi sono curiosi e si trovano sempre in mezzo agli affari di qualche strano personaggio. Chi non chiederebbe l’aiuto della magia se si potesse?

Un cavaliere ritrova i suoi “occhi da uomo” anche se saranno rinchiusi in un involucro di cioccolata; il passato sfuma… ma a volte i vecchi errori tornano a trottare verso di te, e tu devi prenderti tutte le responsabilità. Si può vivere il presente e si può guardare speranzosi al futuro senza dimenticare il passato? Forse quest’ultimo è necessario, la differenza possiamo farla noi: un’armatura, anche se dolce, non protegge dalle amarezze che portiamo nascoste nel cuore. E allora, affrontiamo le prove a cui siamo chiamati, sia anche fare ammenda!

Per prepararsi a qualunque movimento bisogna restare ben caldi, un focolare può essere assai utile, qualcuno lo ha chiamato “Candela del Cuore”. La luce e il calore devono tenere lontani i malintenzionati che possono assalire chi è rimasto solo; ma, dopotutto, se guardiamo bene qualcosa di magico potrebbe celarsi dietro l’angolo da cui un assalto felino può spazzar via il Signore del Vento, e i brutti pensieri su chi ci ha abbandonato. Meglio saper attendere chi vuole tornare da noi, la Speranza anche qui ci richiama.

Ph Francesca Lucidi

E voi, credete di essere belli? Belli nel senso estetico direi… qui dovrete stare attenti agli specchi, sappiate che possono catturarvi in modi terribili. Anche se qualcuno non è detto che protesti. Una Donna Citrulla andrà su tutte le furie per uno specchio frantumato, fortuna che qualcuno molto poco furbo si farà guidare dalla propria tracotanza.

E dopo tutti questi bei problemi bisogna anche arrampicarsi lì, verso il castello diroccato. Nel villaggio strani timori sussurrano “streghe!”. Di certo è bene difendere sé stessi e gli altri, ma dobbiamo farci trovare preparati. I cattivi fanno tanto chiasso e ghignano come se avessero studiato alacremente alla scuola dei ghignatori, ma non sanno fare molto altro; alla fine sono un po' stupidi. Sapete che dicono che la cattiveria torna sempre contro chi la perpetra? Potrebbe essere verso come è sicuro che una zuppa di streg… roditore avrebbe davvero un saporaccio.

Ph Francesca Lucidi

Non si sa mai se si ha davanti un animale o una persona. In queste storie c’è da aguzzare l’istinto. Ecco, proprio il sentir dentro è ciò che farà arrivare un’accorata richiesta d’aiuto a Gatto Merlino. Una profonda riflessione sulla natura umana, tra leggere considerazioni e problemi pratici… di chi, magari, starebbe meglio se fosse una giraffa o una tartaruga. Gli umani devono preoccuparsi di cose così fastidiose, come nascondere le rughe della vecchiaia, o convivere con un aspetto da modella; e poi una grassa corporatura non è un problema per un ippopotamo quanto lo è per un panciuto uomo con i baffi.

Questo volume è dinamico, moderno quanto profumato di antiche magie. Le storie sono brevi e le parti dialogiche coinvolgenti. Adatto anche ai bimbi più piccini, se saprete interpretare bene le voci!

A tal proposito ho un’idea da proporvi, perché non prendete qualche scialle, un paio di scarponi malandati, uno strano cappello e un sacco di patate? Sarebbe divertente interpretare queste storie che ben si prestano a una recitazione degna delle piazze più gremite di curiosi. Non sarebbe un bel modo per movimentare il Natale in famiglia?

Le stupende illustrazioni vi aiuteranno: in bianco e nero e di misure così svariate da farvi correre gli occhi in su e in giù. Da disegni a pagina singola fino a scene che se la comandano da piccoli spot che non racchiudono solo visi o oggetti ma intere sequenze narrative. L’immaginazione ci permette di conoscere il mondo della nostra mente; dovrete ormai sapere, parlando con me, che la nostra testa funziona per immagini, e da lì partono le narrazioni che ci facciamo su di noi e sul mondo. Sapersela cavare con la fantasia è la garanzia di una grande conoscenza, e abilità! Forse magia?

Ringrazio Aliribelli Edizioni per la copia.


Buona lettura. Mieow!

 

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giovedì 10 dicembre 2020

ANIMA ANTICA

 UN ROMANZO SULLA MAGIA, UNA RIFLESSIONE SULLA MEMORIA E IL POTERE INTERIORE; ATTRAVERSO RISVOLTI DAI MILLE GUSTI

di 

MONICA MARMENTINI

Ph Francesca Lucidi

L’AUTRICE

Monica Marmentini vive tra le sponde del Lago di Garda e del Lago d’Idro. Una lettrice appassionata, un’anima in ricerca. Il fantasy ha sempre stuzzicato qualcosa nel suo stomaco, una fame atavica, una necessità di attraversare storie vecchie, piene di vite straordinarie da parer solo frutto di una fantasia magica. Quella fiammella al centro del suo corpo si è evoluta, in viola splendore ha portato in superficie una necessità: scrivere Anima Antica.

Nonostante Monica si destreggi tra vari generi, ha trovato la verità nelle visioni fantastiche che tanto la affascinavano; ora parla ai nostri petti, alle nostre aure imprigionate in una “realtà” che cela altro. Monica ha saputo raggiungere la sua energia per inondare il lettore curioso, puro e aperto a viaggi che richiamano le radici dell’umanità, del bene e del male, dei comportamenti e dei poteri che muovono le ere, aldilà di ciò che appare in un frenetico organizzare delle ore.

Monica Marmentini ha il talento del narrare, non solo assemblando parole ma evocando vere e proprie cerimonie di elevazione, purificazione, liberazione. Nella semplicità mostra una grande forza.

ANIMA ANTICA

INTRODUZIONE

Edito nel 2019 da Genesis Publishing, questo romanzo è avvolto da ombre e profili che da una copertina violetta ci introducono a domande che avranno soddisfazione in una narrazione che ti prende per mano, dolcemente. Materne attenzioni, amorevoli cure per il lettore che viene catapultato in una storia comune a tutti, in partenza; i risvolti sveleranno cose che ancora si ha bisogno di raccontare, evocare.

La riappropriazione è il diritto che si rivendica e afferra ad ogni pagina. Un narratore che si avverte subito come femmineo, almeno così mi ha dettato l’istinto, accompagna i personaggi verso un’evoluzione “potente” che può far giungere il lettore a un cambiamento. Disfatte, capitomboli fortuiti, voci dal bosco… piano piano una vita pare mutare e, come sempre accade, mette in moto energie e vite plurali.

Se prestiamo ascolto, attraverso numerose domande, considerazioni semplici quanto difficili per una mente focalizzata nella gabbia degli impegni, posso assicurarvi che magari potrete prendere decisioni, finalmente.

Un libro di estrema dolcezza e indomito coraggio, di commozione e magia:

“La magia è ovunque nel mondo,

per chi ha occhi per vederla.”

Conoscerete questa magia in un modo leggiadro, altre volte spietato. Un fantasy che profuma delle cose belle e vere della vita. A me piace pensare che sia tutto vero, anzi, non stento a crederlo.

Sì, potrebbe parlare di streghe, ma nel modo più rispettoso e profondo che si possa desiderare.

Anime, iniziamo questo altro cammino… dopo altri che forse non ricordate, ma forse potreste veder riaffiorare.

TRAMA E TEMATICHE

Adele, una ragazza educata, amata, non particolarmente appariscente ma sicuramente speciale. Una carriera prestigiosa, una vita in città per lei e il marito Samuel; entrambi presi tra scadenze, progetti professionali, affitto, mondanità. Inviti a cena, obblighi sociali. Tutto fila liscio, su una superficie asettica e lucida, abile a far scivolare chi sbaglia un passo. A riscaldare una vita senza tempo, o meglio con un tempo che si percepisce in saltuarie boccate di libertà dall’orario lavorativo, l’amore. Samuel è bello e desiderato dalle donne, ma lui ha scelto Adele… come anche il destino, che a un tratto si presenta alla porta della giovane, perché è giunto il tempo. Siamo sempre capaci di aprire la porta e accogliere un invisibile ospite che sopraggiunge per restare, rimestarci dal di dentro?

Amanda, la madre di Adele, annuncia alla figlia che la vecchia casa di nonna Amelia deve essere venduta. A Adele la scelta: liquidare la parte degli zii o dimenticare e continuare la propria vita tra muri stretti che sembrano non esseri adatti ad alcun proprietario. Amanda sa, avvertiamo qualcosa che aleggia nelle parole della donna che sentiamo a disagio, sempre, anche se è piena di amore e attenzioni per la dolce Adele.

La ragazza ha già scelto, Samuel adora il non poter nulla contro l’entusiasmo della sua sposa.

La vecchia casa della nonna pare nascosta nel tempo, nella natura. Ogni muro, finestra o poltrona promette storie, calore… ma nella realtà il tutto richiede davvero un gran lavoro. Qualche conto, una calcolatrice e un computer, una strada percorsa tra i ricordi che timidi cercano di sfiorare le spalle di Adele.

La vita accade sempre mentre stiamo facendo qualcosa di altro: programmare, quale vezzo umano così lontano dal destino che essendo perpetuo non se ne cura.

Un ricettario rosso inizia a fare l’incantesimo che ci cingerà tra profumi, ingredienti, procedimenti e trucchetti golosi. Il tempo in quella casa sembra davvero tornare a mostrare il suo manto argenteo e non la marcia serrata che in città rimbomba nella teste di chi è nudo e grigio in un successo forse apparente.

I cambiamenti sembrano terminati? No. Una corsa in bicicletta si concluderà quasi addosso ad una donna sbucata dal nulla, da un sentiero “segreto”. Tea entra nella vita di Adele, con la sua bottega di erboristeria, con infusi e tazze fumanti che circondano Adele che inizia a sentire cose mentre l’amica, snella, bella, nota, la introduce a considerazioni e domande che iniziano a volteggiare a braccetto con le immagini di nonna Amelia, la nonna che dalle mura della vecchia casa sembra richiamare a una ricerca, a uno sforzo di memoria che esula dal semplice organizzare una lista di cose da fare da rimembrare per bene.

Dopo qualche week end, dove avremo il piacere di godere di fiere natalizie, di sentire il gusto di un bacio al sapore di frittelle dolci, ecco che, seduti con ancora addosso l’odore delle castagne sugli abiti, dobbiamo assistere al disfacimento dell’ordinaria e ordinata vita di città di Adele e Samuel.

Qualcosa deve finire perché altro possa iniziare. Un male apparente può contenere la luce, che sempre trova spazio dopo l’oscurità. In realtà saremo tutti parecchio felici. Bagagli pronti! Ci sono legna da ammassare, stufe da rimettere in moto, un forno da far lavorare a pieno regime.

Una donna in carriera si ritroverà a creare dolci che renderanno felici tante persone, la vera amicizia si mostrerà aldilà dello sfarzo e del chiasso. L’anzianità si farà spazio con le sue risposte: Corinne, la nonna di Tea, la donna che compare sempre al momento giusto e sarà davvero necessaria. Adele in quella casa inizierà a sentir brulicare qualcosa che può spaventare, ma che fa sentire così vivi, potenti.

Il sogno è uno spazio dove gli antichi credevano si celassero molte più verità che nella veglia. Incubi, volti, premonizioni, viaggi astrali. Un corpo che si stacca da sé stesso per ritrovarsi in epoche lontane.

Tea sembrava avere ogni risposta alle stranezze aveva iniziato ad avvertire, Adele, poi, sarà la vera sapienza che sofferentemente gira le sue pagine dal libro della via, della memoria, del potere. Anche libri fisici dovranno essere ben scrutati, e anche cercati. Corinne compare quando ce n’è bisogno, ma non pensiamo di poter trovare noi stessi nella sapienza altrui, il cammino è solo nostro, e si parte a ritroso per poi volare alto… dove forse una “guida” ci riporterà verso la verità. Anche la felicità non è sempre frutto di una ricetta ben eseguita, anche se Adele ormai in quel campo ha preso la mano, grazie al ricettario rosso lasciato da nonna Amelia. La felicità può interrompersi con una telefonata, la morte può sedersi allo stesso tavolo della gioia, dell’evoluzione. Cosa possiamo fare noi? Qui entra in campo un po' di fantasia, ma potrete scovare metaforici insegnamenti a una resistenza e a un’antifragilità fuori dal comune.

Gli occhi, badate bene agli sguardi di chi incontrate: qui ogni sfumatura riporta immagini sfuggenti; passione, terrore.

Il viaggio è lungo. Ci si può rasserenare su una poltrona azzurra, quanto bruciare tra le fiamme della stoltezza sanguinaria dell’ignoranza.

Riflessioni profonde sulla famiglia, storie parallele, segreti e sussurri. Radure e tragedie che sembrano non capitare mai per caso. Vita per vita una storia si continua a raccontare. Scelte dolorose o amori trionfanti. Ognuno ha il suo cammino.

Cos’è un’Anima Antica?

La risposta la troverete tra pagine. Sappiate che l’autrice ha una conoscenza profonda di ciò che dice: magari potrete iniziare ad organizzare un diario, appuntare riflessioni, spunti, informazioni storiche. Il paganesimo non fa parte solo delle lezioni di storia, così superficiali sull’argomento, ma è un termine che racchiude persone vissute o morte nell’autenticità di una vita votata ad ascoltare il mondo con rispetto, a toccare gli altri e le cose con l’amorevole cura di una madre… così come la Natura fa con noi: protettrice, insegnante, severa mentore, crudele allenatrice.

L’intera trama scorre sulle radici dell’essere.

Seguite Adele, cambierete, forse.

Per saperne di più dovete varcare il viale, dopo aver aperto la porta alle Anime Antiche; forse lo siete anche voi.

ANALISI, CONSIDERAZIONI E DOLCI SORPRESE

ANIMA ANTICA è un profondo percorso all’interno della memoria, personale e non. Palmi su palmi donne raccontano ad altre donne origini, conoscenze, significati. Le generazioni vengono attraversate grazie al tocco dell’autrice che riesce a tirare i fili dell’inconscio, a parlare di profondità che richiamano la storia: modernità, saghe familiari, dolori tangibili e orrori lontani che riportano all’Inquisizione, al soffocamento delle antiche sapienze e delle genti dei boschi.

Attraversiamo paesini del nord dell’Italia, sentiamo foglie sotto i piedi, avvertiamo l’odore dell’umidità che emana da acque primigenie che possono simboleggiare tranquillità, o un elemento che richiama a gran voce le “sorelle” che parlano attraverso lingue dimenticate, danze, braccia rivolte al divino affetto che il Tutto può manifestare a chi sa invocare la forza.

La magia è reale: si possono conoscere le radici e le motivazioni del paganesimo; si conoscono le streghe per ciò che erano… donne, persone depositarie di rimedi, cure, ascolto e legame con il potere generatore dell’umanità e della Natura.

La scrittura accompagna dolcemente accogliendoti in vicende zuccherose intervallate da amari eventi: lo Yin e lo Yang, il freddo e il caldo si fanno spazio tra gli accadimenti e le stagioni.

Ci si sente parte di ogni cosa, da una cena tra amici, al sentore di una pizza filante, all’angoscioso silenzio di un ospedale. Non c’è sempre il lieto fine, non immediato. Una bambina si pone il problema dell’affollamento delle anime nell’aldilà, quale potrebbe essere la risposta? Avete mai avuto una strana sensazione conoscendo persone nuove, guardando posti mai visitati: appartenenza, pace o paura. Solo scherzi della mente? Quando diciamo “me lo sentivo” che valenza potrebbe avere?

Monica conosce ciò di cui parla; fa vivere ai propri personaggi viaggi astrali, riti, ipnosi. Dietro ogni pagina si evince un lavoro di studio che probabilmente parte prima della nascita del romanzo.

Alcune parti sono come lo scialle rosso che Adele si getta addosso, guardando lo spettacolo che dalla sua finestra la chiama e la riconosce… lo scialle della nonna, sì. Altre parti sono luci nell’ombra, perché nell’ombra devono agire molte cose, non per il male ma per esser sicure di non essere viste ma percepite, e di fare un buon lavoro. Ombre e luci lavorano all’unisono, e noi ci troviamo a farci domande sui nostri desideri, a scrutare all’interno per comprendere se ciò che vediamo all’esterno è ciò che dobbiamo perseguire, ciò che ci rende “fecondi”.

Cosa davvero desiderate? Quando vi siete fermati, l’ultima volta, ad ascoltarvi?

˜

A corredare la magia di un romanzo che è diario, memorie, grimorio (scoprirete cos’è) tre ricette da provare. Io ho accettato la sfida, o meglio l’invito. Sentire il sapore di ANIMA ANTICA è possibile… non ho mai letto un libro che abbia anche un gusto vero, non figurato.

Da parte mia e di Monica, vi lascio la ricetta della TORTA AL CIOCCOLATO. Per le altre dovrete prendere con voi questo volume. Se volete fare qualche modifica credo non sia un problema, ognuno ha le proprie “formule”. Io ho inserito tre uova e ho sostituito il burro con la margarina agli Omega3. Per avere un cuore caldo seguire alla lettera i diciotto minuti di cottura, per una torta adatta ad accogliere qualunque cosa possa fumare da dentro una bella tazza aumentate i minuti almeno a venticinque.

Ph Francesca Lucidi

RINGRAZIO MONICA per avermi dato la possibilità di leggere il suo bellissimo libro. Credo che molte parti le rileggerò più volte; le ricette verranno inserite nel mio quaderno personale degli intruglietti gustosi.

 

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Grazie!