Qui ci troviamo di fronte a una raccolta di racconti a
fumetti assai strana… ma non potremmo aspettarci nulla di diverso, basta
leggere i nomi che svettano sulla copertina. Neil Gaiman e un piccolo nugolo di
illustratori, noti agli appassionati del genere, ci accolgono tra pagine
inquiete, tinte forti o sfocature… ma tutto è ricondotto a un immaginario
pregno di orrore ma anche di sentimento; a un universo in fieri che si
modifica a seconda dei ruoli interpretati; a un' umanità che può essere più
spietata dell’inferno.
Il volume è edito da Magic Press Edizioni, ed è datato
2016.
All’interno troviamo quattro storie, di cui una divisa
in due microstorie. In ordine: Mistero Celeste, di Neil Gaiman e Graig
Russell; Il San Valentino di Arlecchino, di Neil Gaiman e John Bolton; Creature
della notte, di Neil Gaiman e Michael Zulli; Le vicende relative al caso
della scomparsa di Miss Finch, di Neil Gaiman e Michael Zulli.
Credo sia il caso di analizzarle singolarmente, per
assaporarne bene la carne fibrosa e ricca di una macabra vitalità.
MISTERO CELESTE
La storia trae origine da un racconto di Neil Gaiman
apparso per la prima volta nell’antologia Midnight Graffiti nel 1992, e
successivamente incluso nelle raccolte Angels e Visitations e Smoke
and Mirrors. Graig Russel ne cura l’adattamento a fumetti nel 2002 per la
Dark Horse.
Per la biografia di Neil Gaiman cliccate QUI: verrete indirizzati a un precedente
contenuto del Penny Blood Blog.
GRAIG RUSSELL
Philip Graig Russel, illustratore, sceneggiatore e
fumettista statunitense, nasce il 30 ottobre del 1951 a Wellsville. Si laurea
in pittura all’Università di Cincinnati e mostra da subito un’attitudine
poliedrica e scarsamente mainstream.
Lavora per la
Marvel Comics nella realizzazione degli albi di nicchia Killraven e Dottor
Strange; collabora, poi, con la DC Comics, in alcuni numeri della seria a
fumetti scritta da Neil Gaiman Sandman. Ciò che mostra il suo ampio
immaginario culturale è l’adattamento di materiale inusuale come Il flauto
magico di Mozart, Salomè di Strauss, e L’anello del Nibelungo
di Wagner. Tra le sue opere è da annoverare la versione a fumetti di alcune
fiabe di Oscar Wilde.
Il suo legame con Neil Gaiman è forte e si manifesta
con gli adattamenti di Coraline, American Gods, Il Figlio del
Cimitero… e pare sia atteso anche un lavoro su Miti del Nord:
l’ultimo articolo a riguardo, che ho potuto reperire, risale dall’aprile del
2020, adesso non sono riuscita a comprendere a che punto sia l’edizione, a
causa del grave momento che sta vivendo ogni realtà di questo mondo.
ATTRAVERSO MISTERO CELESTE
Il racconto inizia da un ricordo, da una rimembranza
scaturita da un uomo comune, quasi di mezza età, infelice e distaccato da una
vita apparentemente perfetta in cui non si riconosce; il tutto non nel modo
consueto della psicopatica società contemporanea… c’è qualcosa di più: c’è un
vuoto, un ricordo forse incompleto, un dono non richiesto. Vivi, morti e
immortali strappano via esistenze senza motivi che possiamo conoscere in modo
certo.
Qui bisogna fare uno sforzo di fede, in Gaiman, e
forse nella nostra capacità di trarre insegnamenti da giochi sadici o ben
congegnate messe in scena dei significati celati dell’universo: sia esso visto
nei suoi piccoli e oscuri anfratti, sia nella magnificenza del suo tutto.
Dalla normale quotidianità di una creatura infelice,
umana, imperfetta si passa agli esseri perfetti per eccellenza: gli angeli.
Ci troviamo nel luogo dove governa “IL NOME”; appena
oltre una grande città di luce… solo le tenebre. Gli angeli lavorano
alacremente alla costruzione dell’universo, secondo il disegno del NOME.
Ma come si arriva da Los Angeles, in California, ai
tempi prima dei tempi? Forse un uomo… forse due donne e una bambina…
Al primo ricordo spezzato si somma il ricordo lucido
di qualcun altro.
L’angelo Raguel viene richiamato alla sua funzione: la
vendetta. Un suo fratello è stato trovato morto, e il Primo Angelo, il
comandante delle milizie del Nome scuote Raguel dalla sua cella… irradiando
della sua luce dissimile da quella di qualunque altro essere celeste. Lucifero
non è ancora caduto ma camminerà un po' oltre la luce, il Nome si cela e un
corpo esanime chiede giustizia. Carasel si è tolto la vita compiendo il gesto
più estremo nei confronti del creato? Dovremo attraversare il tempo della
creazione delle grandi cose del mondo come l’Amore, la Morte… noi saremo
costretti ad interrogarci, come forse anche gli Angeli che lavorano senza sosta per cesellare grandi cose sconosciute anche a loro stessi. Gli esseri celesti non hanno
esistenza al di fuori della loro funzione e non hanno sesso.
Alla fine, i due ricordi avranno ragione di essere
affiancati?
Qualcuno non ha di certo mai smesso di fare il suo
lavoro.
Luci e ombre si mostrano ovunque in questo racconto, con tutta la loro forza. Si passa dalla descrizione di una pratica sessuale consumata in modo squallido all’amore più puro che si possa concepire. Il tratto di Russell riesce a vestire l’uomo e la contemporaneità fino dar vita ad angeli talmente meravigliosi e vigorosi da sembrare i principi di qualche fiaba illustrata di un altro secolo. Gaiman mescola crudeltà e delicatezza, fiaba e orrore, vuote bassezze e metafisica. Russell è l’architetto perfetto per un progetto dai confini non delineati, e questo mi ricorda qualcosa…
Il SAN VALENTINO DI ARLECCHINO
Anche in questo caso ci troviamo di fronte un volume pubblicato, primamente, dalla Dark Horse.
JOHN “MIRABILIS” BOLTON
Come per gli altri illustratori, la raccolta della Magic
Press riporta in coda la biografia del creatore delle immagini di questa storia
assai inquietante. La differenza la fa un intervento di Neil Gaiman stesso,
inserita dopo la fine de Il San Valentino di Arlecchino. Un autoritratto
di Bolton campeggia tra le pagine, con il volto coperto da una maschera antigas
rossa; sullo sfondo un’indefinita sfumatura di colori, dove si poggia una postura
tra il composto e il misterioso: le mani sono dietro la schiena, gli occhi sono
coperti da particolari della maschera che presentano un’altra macchia di colore
su un occhio… e sull’altro un bulbo oculare da pesce impagliato, morto… potremmo
pensare “è solo una maschera”, in realtà quell’immagine è il preludio all’esoterismo che circonda la figura di Bolton. Gaiman racconta di un artista-evocatore, di
un uomo legato alla Massoneria, a strane tradizioni, oggetti e compiti. Lo
studio del fumettista è come una cripta, e più o meno lo è… senza il “come”. La
maschera antigas non è un orpello scelto per un autoritratto surrealista, è l’oggetto
rituale che Bolton DEVE indossare prima di mettersi a lavoro. L’oscurità scende
e le candele vengono accese: dai bagliori e dall’oscurità qualcosa uscirà e
reclamerà vita, dettagli, materialità. Gaiman parla di Bolton come di un
personaggio delle sue magiche e oscure storie… si arriva a parlare di “morti
che seppelliscono i morti”, di paura, di strani legami indissolubili di
interdipendenza con l’ignoto. Di certo è sempre, forse, una buona precauzione
avere un coltello con sé. Gaiman si allontana dallo studio di Bolton e tra gli
alberi qualcosa osserva… ma è bene ricordare che spesso “NON È SAGGIO GUARDARE
TROPPO DA VICINO”.
Sono da ricordare le collaborazioni di Bolton con lo
sceneggiatore Chris Claremont (autore di X-Men), e con Clive Barker per
la versione a fumetti dell’horror Hellraiser (romanzo e film di Barker).
Ha lavorato con Neil Gaiman anche per la miniserie a fumetti The Books of
Magic.
L’ARLECCHINATA
Nel suo intervento extra-storia, Gaiman non parla solo
di John Bolton ma anche della figura di Arlecchino, che penseremmo meno nota
oltreoceano.
Siamo abituati a collegare la figura di Arlecchino al Carnevale,
all’allegria, alle risate. Gaiman tenta un’etimologia del termine e ci
troveremo di fronte a termini come “elfo”, “spiritello”… “inferno”. Ciò che
nell’Antica Roma era burla e nella Commedia dell’Arte scherzo, ribaltamento e
simbolo, nella seconda metà del diciassettesimo secolo trova il suo doppio
oscuro in Inghilterra e poi in America. Arlecchino e altri personaggi della
Commedia dell’Arte italiana, lontano dalla loro patria, diventano esseri magici.
Anche Pulcinella, il vecchio eccentrico gobbo col naso adunco, muta in un
assassino… e se noi associamo la maschera nera proprio a lui, pensate che nelle
commedie più recenti del mondo anglosassone è Arlecchino ad avere il volto nero come la fuliggine.
Dov’è l’allegria del Carnevale? Beh, in questo fumetto che andremo ad
analizzare sicuramente possiamo imbatterci nel famigerato “ribaltamento”, però
alla maniera di Gaiman.
SEGUENDO ARLECCHINO… CHE SEGUE QUALCUN
ALTRO
L’Arlecchino in cui ci fa imbattere Gaiman non ha
nulla di divertente: è mascherato (e ok), porta con sé un bastone e una bombetta
che evocano subito il magico. Le pose di questo personaggio sono scomposte,
teatrali (e ok), ma anche così contorte e innaturali che paiono attribuibili a
un demonio, a un incubo che si nasconde nell’ombra di una camera da letto, a un
essere strisciante che guarda e aspetta il momento giusto per colpire. Però…
che bello, è San Valentino! In questa festività si danno e si ricevono doni: l’amore
“impregna” ogni cosa e si va al ristorante a mangiare piatti a tema, magari di
colore rosso. In questa storia accade più o meno questo… se non fosse che Missy,
la “Valentina”, non troverà un biglietto attaccato alla sua porta ma un cuore
sanguinante. Penserete che la ragazza sia esplosa in isteria e terrore…
Missy ha tante cose da fare, dopo aver tentato, in
modo superficiale e sfuggevole, di cercare risposte al cimitero. Missy poi
dovrà pur mangiare. Arlecchino la segue sempre, invisibile. Il demonietto
mascherato e scavato in volto la osserva, mentre crea scompiglio tra la gente
normale.
Arlecchino viene dal mondo dei morti, così dichiara.
Con i morti parla e i vivi non lo vedono, almeno così lui crede.
Tutto sembra sotto controllo, tutti sono nei loro
panni e nei loro ruoli. Ma il bello dell’Arlecchinata non è il cambiamento?
Scoprirete tutto leggendo, anche se è garantito lo straniamento,
la perturbazione, l’effetto disturbante della confusione degli archetipi.
Bolton usa uno stile fotorealista. I personaggi sembrano veri ma i loro contorni sono tremolanti, sfocati… proviamo a mettere a fuoco ma le figure sono simili a istantanee mal riuscite, a esseri che vogliono sfuggire alla vista e alla concentrazione di un momento di analisi. Tutto si muove e tutto è fermo, allo stesso tempo. La quotidianità è grigia, il soprannaturale è l’unico colore che sembra chiazzar di sangue le vite della gente normale. Storia e immagini si fondono perfettamente in un effetto allucinatorio: Il San Valentino di Arlecchino è un Carnevale freddo, è colori sbiaditi, è psichedelia sommessa e penetrante. Molto turba, ma non si capisce se per questo effetto basti ciò che vediamo… forse Arlecchino è più vicino e più vivo di quanto lo sia una sua riproduzione?
CREATURE
DELLA NOTTE
E
LE
VICENDE RELATIVE AL CASO DELLA SCOMPARSA DI MISS FINCH
Gli ultimi due fumetti della racconta sono in realtà
tre: il titolo Creature della Notte contiene Il Prezzo e La
Figlia dei Gufi. Tutti i titoli nominati sono illustrati da Michael Zulli, che
ha già lavorato con Gaiman nel contesto della grande famiglia di Sandman.
Come per gli altri fumetti de Il Grande Libro di Neil Gaiman, l’edizione
originale è ad opera della Dark Horse.
Lo stile di Zulli è colorato, espressivo attraverso l’accentuazione
dei volti e dei modi dei personaggi.
In Il Prezzo, primi e primissimi piani
si dividono tra animali, domestici e non, e lo scrittore che ritroveremo anche
nelle bizzarra e inquietante storia di Miss Finch. I protagonisti sono un uomo
e un gatto nero, apparso dinanzi a una casa che vede arrivare spesso gatti
abbandonati che paiono spuntare dal nulla. So che state pensando alla solita storia
del gatto nero indemoniato o che per lo meno promette tormenti. Effettivamente
molti sono i preliminari riferimenti che non possono non far pensare a Il gatto
nero di Edgar Allan Poe: un uomo racconta una storia difficile da credere, numerosi
animali vengono accuditi da una famiglia che pare amorevole, un gatto nero ruba
la scena e il suo pelo verrà tinto di rosso sangue. Conoscendo Gaiman, ed
essendo arrivati a questo punto alla metà della raccolta (supponendo una
lettura), si è già inteso che i paradigmi vengono ripresi dallo scrittore solo
per essere smentiti, guardati da un lato diverso… reinterpretati per onorare il
disfunzionale, che è però autentico. La superstizione è sì chiamata in causa,
come ne La figlia dei Gufi, ma è combattuta con l’amore che Gaiman è
solito costruire: insolito, fuori dagli schemi, oltre la paura e i limiti. Il
gatto nero sembra legato alla fortuna della famiglia che lo accoglie, una
cantina diventa il punto di svolta per una riflessione sulle coincidenze… ma
non credete che un diavolo in forma di gatto nero sia troppo scontato per
Gaiman?
La figlia dei Gufi è
una di quelle vecchie storie che signori dell’alta società possono raccontarsi
in salotti immobili e avvolti dai fumi di sigari costosi. Si parla di una
storia che forse è vera, qualcuno l’ha riportata. Molte leggende nascono da un
bambino abbandonato. In questo caso si tratta di una bambina, ciò che la distingue
non è una copertina ricamata o una strana voglia sulla pelle, come accade nelle
fiabe: quel batuffolo d’uomo racchiude tra le minuscole dita una borra di gufo.
La borra è un rigurgito di cibo indigesto, caratteristico di determinate specie
di uccelli. I gufi sono dalla notte dei tempi associati all’oscurità e quindi
al male. Le leggi degli uomini erano, o forse sono, spesso intrise delle leggi della paura… e
quindi, quale sorte ci si aspetta per l’orfana? Primamente si può pensare che
già aver salva la vita possa essere un gran regalo per la piccola creatura sfortunata;
non sempre vivere e diventare bellissime può destinare alla felicità. L’uomo
che si veste di ferrea morale spesso nasconde il demone del desiderio represso…
Ma cosa significa essere una “figlia dei gufi” se non
poter sorvolare le tenebre, siano fatte di aria o carne. Un rapace agisce all’improvviso,
è un predatore che non lascia nulla della sua vittima perché porta via,
rapisce, come farebbe un alato angelo dell’oltretomba.
Le vicende relative al caso della
scomparsa di Miss Finch inizia al tavolo di un
ristorante: tre amici mangiano sushi riflettendo se sia il caso di raccontare a
qualcuno l’orribile e incredibile faccenda nella quale sono stati coinvolti poco
prima, anzi, che ha “avvolto” principalmente Miss Finch (anche se questo non
era il suo vero nome). E poi… come era bella Miss Finch.
Il punto di vista esterno alla storia è in realtà
interno perché occhio, memoria ed esperienza dello scrittore già conosciuto in Il
Prezzo. Non ci è dato di sapere se sia davvero la stessa persona, ma l’involucro
è lo stesso.
Lo scrittore parla con i due commensali, amici che pare conoscere da tempo: una donna dai capelli rossi, giornalista capace e
vorace; un uomo di bell’aspetto che si barcamena tra mille progetti dopo aver
esordito in un talk show.
La scena si sposta dal ristorante verso le ore precedenti,
sospese in un ricordo che pare un’allucinazione. In effetti il narratore
racconta la sua storia, a parte, e l’illustratore ci mostra il ricordo di
qualcosa che sa di senso di colpa ma anche di immenso stupore e meraviglia.
Tutto parte dalla fine della vicenda, dal ristorante, per poi ricominciare in una camera d’albergo di Londra, città dove lo scrittore era volato per lavorare. Una telefonata dai due amici costringe l’uomo a una serata di distrazione che sarebbe iniziata con un teatro per poi dirigersi verso il famoso ristorante di sushi. C’è solo un piccolo fastidio: la rossa giornalista Jane deve portare con sé un’amica, che è in Inghilterra solo per pochi giorni. Miss Finch è una biogeologa avvolta in abiti neri, fascianti, che la nascondono. La donna appare subito una anomalia in un mondo colorato e caotico, che ingurgita parassiti da cibo crudo alla moda… e che si diverte con macchine di tortura per animali come i circhi. Questi sono i pensieri di Miss Finch, che non si esime dal rimarcare il suo distacco e la sua disapprovazione verso la maggior parte delle cose che sembrano non avere importanza per i tre amici che cercano solo l’effetto ludico di una serata all’insegna del disimpegno e del divertimento, così come tutti lo concepiscono. Il teatro salta e il gruppo si dirige a un circo: non si tratta del solito spettacolo di acrobati e animali (Miss Finch non sembra però rassicurata). L’intrattenimento attende la comitiva nei sotterranei di Londra. Ecco che un circo dell’orrore accoglie una moltitudine ristretta di persone alla ricerca di una fuga dalla noia.
Gli artisti sono personaggi inquietanti che paiono
tristemente osceni solo perché truccati male, eccessivamente: così vengono descritti
dal punto di vista dei normali tre che cercano divertimento ma nel disincanto
non godono e non comprendono a fondo tutte le “messe in scena” imperfette, ma
anche ben congegnate che a loro si presentano. Si parte cercando di generare
paura, ma l’uomo contemporaneo pare troppo distratto anche per spaventarsi… ma
si sa che la paura è una componente importante per la sopravvivenza. Quale
altro forte sentimento attanaglia l’uomo insieme alla paura? Il desiderio.
Chissà che qualcuno possa finalmente sbocciare e abbracciare la propria agognata
natura repressa. Miss Finch non esce da quelle umide, e infinite, stanze
sotterranee… ma chi ne resta più turbato?
È da far notare un fugace riferimento al musicista Alice
Cooper, la star dell’horror rock che ha fatto del weird e del trucco sbafato il
suo marchio. Michael Zulli e Neil Gaiman sono stati i creatori del fumetto che include tra i personaggi proprio il musicista, questo perché l’opera è la
trasposizione in immagini e parole del concept album di Cooper The Last
Temptation. Il fumetto porta lo stesso nome… e devo dire che questi continui
rimandi e sassolini, che percorrono la raccolta qui presentata, sono un intrattenimento
che può aprire porte dell’immaginario abili a legare a Gaiman anche i neofiti.
CONCLUSIONE
IL GRANDE LIBRO DI NEIL GAIMAN è
un percorso a stanze, proprio come quello presente in Le vicende relative
al caso della scomparsa di Miss Finch. Passo dopo passo ci si alterna
tra voli altissimi tra le vette dello sconosciuto, oltre i confini dell’universo,
e si scende a picchiata, a tratti, sui marciapiedi di una vita fatta di malvagità
gratuita e bassezze tipicamente umane. C’è il perdono, c’è la collera ma anche
la giustizia. Ci si spaventa e si prova disgusto per un gesto infernale fatto
da un demonietto invisibile e ci si gira dall’altra parte per non restare a guardare
i preliminari crudi di un rapporto carnale; ci si commuove tra la purezza di
concetti filosofici che si fanno carne, piume e passione. Angeli, animali,
donne sole e sfiorite, fanciulle indifese che nascondono una forza innaturale;
sciocco disincanto metropolitano e vegetazioni che spuntano dal nulla per ricondurre
l’uomo superbo con i piedi a terra, o con tutto il corpo a terra.
Gaiman è un
narratore, un imbonitore e un arlecchino; i fumettisti sono una squadra
perfetta di sceneggiatori dell’impossibile, e biologi delle nascoste
disfunzioni della creatura umana: nata sì con il peccato, ma sempre più disconnessa
dalle essenze primigenie che crearono il bene e il male per il grande dono del
libero arbitrio. Avete timore, è comprensibile… non so se un gatto nero spuntato
dal nulla possa farvi compagnia, dopotutto le superstizioni che prende in prestito
Gaiman sono il pretesto per far cadere il sipario delle sciocche sovrastrutture
umane che negano una visione più sviluppata, che sia in grado di scorgere nelle
tenebre quanto l’apparenza possa ingannare e nascondere il riflesso malvagio che
la duplicità insita in ogni cosa nasconde.
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Grazie e buona lettura!