venerdì 26 maggio 2023

LA DISOBBEDIENZA CIVILE


DI 
HENRY DAVID THOREAU

Ph Francesca Lucidi
  •  Anno di Pubblicazione 2018 (or. 1849)
  • Tradotto da Alba Bariffi
  • Casa Editrice Garzanti
  • Prezzo edizione cartacea €4,89
  • Prezzo ebook €0,99
  • Num. Pagine 58
  • LINK ALL’ACQUISTO: QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

«La disobbedienza civile, il più noto tra gli scritti di Henry Thoreau, sancì l’affermazione della lotta non violenta come forma di opposizione al potere. Pubblicato nel 1849, suscitò l’entusiasmo di Tolstoj e raccolse poi il plauso e l’adesione di alcuni dei maggiori pensatori del Novecento, da Gandhi a Martin Luther King. Ma la sua ragione fondamentale, ovvero la critica costruttiva del libero cittadino nei confronti dello stato, è ancora al centro del dibattito delle idee e fa di questo pamphlet un grande classico del pensiero politico.»

L’AUTORE

 Per la biografia di Henry David Thoreau, rimando ad un post precedente. CLICCA QUI    PER LEGGERLA

LA PREZIOSA EREDITÀ DEL PENSIERO DI THOREAU

Thoreau è il padre dell’ecologismo e della lotta non violenta: a proposito della profonda teorizzazione dell’autore intorno al valore della Natura rimando al precedente post su VIVERE SECONDO NATURA (tratto dal Walden). Nel presente contenuto si affronterà anche il racconto di figure storiche che hanno segnato l’incarnazione e il successo dei coraggiosi comportamenti scaturiti da un approccio ribelle e rivoluzionario dai tratti non violenti, di cui LA DISOBBEDIENZA CIVILE ne è il capostipite. Nell’edizione è incluso anche il discorso IN DIFESA DEL CAPITANO JOHN BROWN.

LA DISOBBEDIENZA CIVILE

Introduzione

Thoreau propone un modello di comportamento sociale, strettamente indirizzato in primis all’individuo e non alla massa, volto a contrastare il mal governo, la vessazione, lo schiavismo e la pressione che in generale uno stato, anche una democrazia, rivolge al cittadino in nome di un bene di maggioranza che finisce per trasformarsi nella totale assenza di responsabilità e sensibilità morale da parte del singolo. 

Thoreau, convinto antischiavista e pacifista, pronunciò un discorso presso il Concord Lyceum, il 26 gennaio del 1848. Il testo fu dato alle stampe l’anno successivo, con il titolo di RESISTANCE TO CIVIL GOVERNMENT: il titolo oggi noto fu attribuito all’opera solo dopo la morte dell’autore. Le motivazioni che spinsero Thoreau a parlare liberamente del fallimento di quel cieco affidamento allo stato trovano giustificazione dalla stessa reazione dell’autore verso la situazione politica e sociale del tempo: gli stati Uniti erano in guerra d’espansione con il Messico, conflitto che portò all’annessione del Texas; gli schiavisti difendevano la propria posizione su più fronti e gli antischiavisti pronunciavano lodi alla libertà riempiendosi le cucine di servi e pagando tasse volte a finanziare azioni violente verso il prossimo loro. 

Thoreau teorizza qualcosa di nuovo, molto diverso da una “rivoluzione” in senso stretto: egli rifiuta categoricamente l’uso della violenza. Lo scopo non è sconfiggere a tutti i costi un nemico ma riunire sotto un ordine morale libero, benefico e benevolo, tutti gli uomini e le donne; ciò è raggiungibile secondo l’atto di convincere, non sottomettere, e di spingere a una, appunto, resistenza che apparirà del tutto naturale una volta che ci si riapproprierà dei diritti elargiti dalla natura e non dal processo di, presunta a suo parere, civilizzazione. Il programma d’azione di Thoreau nasce in totale ottica trascendentalista: la promozione della libertà del singolo e la forte fiducia per lo spirito di ognuno si giustifica dalla sostanza che esso condivide con l’Anima Universale. L’Io individuale, parte di un Io Universale che tutti permea, riscatta il proprio diritto alla decisione non in ottica egocentrica ma in una generale bonifica, in ottica morale non prestabilita da un organo dall’alto, del comportamento, e in primis della mente e dello spirito, che esula dalle prescrizioni della legge. Si infrangono le regole se esse sono sbagliate per l’uomo “buono” che osserva il mondo con occhi liberi e respiro indipendente, ma si deve essere disposti a gestirne e subirne le conseguenze. Molte persone sono sedute sulle spalle degli altri, dice Thoreau, accorgersi di come noi non avanziamo e di come chi sta sotto il nostro peso sprofonda è il vero sguardo della bontà. Tutto è fermo e il progresso è paurosamente solo decantato ma mai davvero sfiorato. I buoni propositi restano tali, da quando vengono abbandonati presso una sessione di voto elettorale dove si incaricano altri del lavoro che dovrebbe riguardare ogni persona, sempre. 

Il Mondo è quel tempio mistico dove la religione non è gerarchia ma uguaglianza, dove il governo è in primis autogoverno, dove la transustanziazione passa da cuore d’uomo a cuore d’altro uomo perché essi sono della stessa sostanza. Il miracolo non è mera speranza ma solo prodotto dell’azione: ogni fatto, benché piccolo, è fatto per sempre. 

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DENTRO LA DISOBBEDIENZA CIVILE 

Il nemico è dentro le nostre stesse case:

“Perché il nostro nemico è la quasi universale legnosità di testa e di cuore, la mancanza di vitalità dell’uomo, che è l’effetto del nostro vizio; e da qui nascono paura, superstizione, fanatismo, persecuzioni e schiavitù di ogni sorta, con il fegato al posto del cuore.”

L’uomo è attore principale all’interno del sistema “vita”: ognuno, con ogni azione che compie in virtù di una forma di pensiero individuale, condiziona ciò che accade intorno… a tutti gli altri.

Si potrebbe pensare che la democrazia implichi un certo coinvolgimento nella vita dello Stato di chi dentro vi vive; in realtà, il votante pone delega ad una struttura chiusa, coscientemente chiusa. La modalità con cui si da atto alla propria volontà diviene un sistema di abusi, permesso da chi ne subisce lo scotto più grande. Ma il cittadino, l’uomo, svende la propria responsabilità in nome di una tranquillità, di un riposo dell’anima che diviene una irrequietezza che soggiace in una inconsapevole sofferenza fatta di dipendenza, inutilità, colpa. Le persone sono nate per essere libere, e solo questo è il vero riposo dello spirito. La libertà però costa: il governo non ha sempre la flessibilità per mettersi in discussione, analizzare, giudicare lucidamente e modificare una direzione, se ciò non conviene o se tra i pochi che governano ce ne sono solo pochissimi che agiscono nel bene. 

“Il miglior governo è quello che governa meno.”

E chi con il proprio voto ha costituto una minoranza che si maschera da maggioranza, mette in mano al caso il proprio destino e quello di tutti gli altri. Non basta una sessione di votazione per affrancarsi dalla responsabilità personale e sociale, e neanche dai propri problemi. 

Thoreau sottilmente osserva: 

“L’unico voto che può accelerare l’abolizione della schiavitù è quello di colui che con il voto afferma la propria libertà.”

Rispetto al concetto e alla giustificazione di “maggioranza”, l’autore pone la coscienza: 

“Non è sbagliato dire che una comunità costituita non ha coscienza; ma una comunità di uomini coscienziosi è una comunità dotata di coscienza.”
“Qualsiasi uomo più giusto dei suoi vicini costituisce già una maggioranza.”

Perché delegare a una forza esclusivamente quantitativa? Egli si chiede a quel punto a cosa serva, quindi, avere una coscienza. 

Thoreau, però, non invoca un’anarchia ma un ordine di libertà, responsabilità, lucidità di cuore: 

“Io non chiedo da subito l’assenza di governo, ma da subito un governo migliore.”

Lo Stato non è una macchina perfetta, anche perché le macchine stesse non sono un buon esempio. L’uomo assoggettato all’ingiustizia, come un soldato che senza la volontà personale di andare a morire diventa egli stesso solo un’arma, sta senza occhi e senza nome. 

Chi serve lo stato lo fa facendosi strumento, perdendo la propria natura e così portando a sé e ai posteri una morte in vita che scivola velocemente verso una dipartita che non ha mai realmente conosciuto il suo opposto. 

Thoreau fa sua una citazione di Shakespeare che riporta d’esempio:

“Sono di nascita troppo illustre
per essere proprietà di qualcuno
Per essere secondo nel comando
O l’utile servo
E strumento di una qualsiasi sovranità al
Mondo.”
(dal Re Giovanni)

Ma come fa lo Stato a tenersi stretti i cittadini? Beh, sono essi stessi a consegnarsi perché in totale dipendenza da esso. Il gioco perverso è nella graduale snaturalizzazione e sfiducia personale subita passivamente dall’individuo, che lo ha portato a far parte di un sistema nel quale non sa costruirsi una casa, si fa schiavo e strumento per mantenere lussi di cui non ha bisogno; vive nella paura di perdere i propri privilegi che non sono altro che una gabbia mascherata da deliziosa abitazione ammobiliata di tutto punto. 

È però giusto tenere in piedi un sistema di organizzazione di cui tutti godono, senza differenze. A tal proposito, Thoreau era ben felice di pagare la tassa per la manutenzione delle strade, ma non altrettanto accondiscendente riguardo ad altre imposte. 

Durante l’isolamento al lago Walden, dove l’esperimento della suddetta indipendenza e del rapporto mistico e familiare con la natura prendono sostanza, Thoreau venne raggiunto da un esattore e finì irrimediabilmente in prigione, per una sola notte, nel 1846. La cauzione di una zia lo portò fuori dalle sbarre, ma l’esperienza gli rimase attaccata nella coscienza mentre guardava come gli amici si disperdono facilmente nei tempi difficili. Poi un pensiero, una possibilità:

“Se l’alternativa è fra tenere in prigione tutti gli uomini giusti e rinunciare a guerra e schiavitù, lo stato non avrà esitazione su cosa scegliere.”

Tramite le tasse il governo chiede di essere riconosciuto, ma la disobbedienza non inneggia a falsificare una dichiarazione dei redditi per essere poi più ricchi alle spalle di un altro componente di una comunità. La ricchezza, tra l’altro, è la catena più solida che lega allo stato. Le cose possedute rendono paurosi, dipendenti, egoisti. 

Thoreau immagina tante persone che mettono la testa nel fuoco, prendendosela poi solamente con le fiamme. 

E il povero esattore? Dovrebbe dimettersi. 

“Quando il cittadino ha ritirato la propria fedeltà e il rappresentante si è dimesso dall’incarico, allora la rivoluzione è compiuta.”

Si aspetta, gli antischiavisti non fanno che inneggiare a tempi più maturi. Mentre le navi negriere vedono precipitare da esse corpi senza vita. Il tutto per un sistema mantenuto da altri negrieri, quelli che Thoreau chiama i “negrieri di sé stessi”. 

Invece di riconoscere uno stato smettendo di riconoscersi è necessario un processo inverso: 

“Non esisterà mai uno stato davvero libero e illuminato finché lo stato non arriverà a riconoscere l’individuo come potere più alto e indipendente, dal quale deriva tutto il suo potere e la sua autorità.”

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FIGURE STORICHE A TESTIMONIANZA DELLA BUONA DISOBBEDIENZA CIVILE

THOREAU

“Non importa quanto piccolo possa sembrare l’inizio, ciò che è ben fatto una volta è fatto per sempre.”

Queste le parole di David Thoreau, ed egli stesso partecipò all’Underground Rail Road, un sistema di fuga segreto per gli afroamericani ridotti in schiavitù.

GANDHI 

Contro la tassa sul sale indiano e il SALT ACT, il 13 marzo del 1930 Gandhi e settantotto volontari percorsero 385 Km fino al mare. Lungo il tragitto molte altre persone si unirono per combattere l’obbligo all’acquisto del sale britannico imposto agli indiani. Gandhi si bagnò nel mare, raccogliendo il sale a dimostrazione di come il sale fosse un bene disponibile e gratuito. Questa marcia diede la spinta ad altre azioni che determinarono l’indipendenza dell’india. 

ROSA PARKS 

Denominata come MOTHER OF CIVIL RIGHTS MOVEMENT, Rosa Parks, il 10 dicembre del 1955 a Montgomery in Alabama, si rifiutò di lasciare il posto a sedere su un autobus ad un passeggero bianco, data la separazione delle sedute e l’obbligo per i neri di lasciare il proprio posto qualora un bianco si fosse trovato con i posti destinati occupati. Rosa Parks fu incarcerata, anche se poi rilasciata su cauzione.

Di risposta, Jo Ann Robinson, presidentessa della Women’s Political Council, fece circolare dei volantini che invitavano al boicottaggio dei mezzi pubblici della città. Lo stesso Martin Luther King, venuto a sapere dell’iniziativa, diffuse il messaggio. In molti si unirono alla protesta, inclusi i tassisti che abbassarono i prezzi. Molti pullman si fermarono e la città restò paralizzata per più di trecento giorni. 

Nel 1956, il caso di Rosa Parks arrivò alla Corte Suprema, la quale stabilì all’unanimità l’incostituzionalità della segregazione sugli autobus pubblici dell’Alabama. 

MUHAMMAD ALI

Nel 1966, Muhammad Ali si rifiutò di essere arruolato nell’esercito, mentre gli Stati Uniti erano impegnati nella Guerra del Vietnam. Fu arrestato nel 1967 e condannato ad una pena di cinque anni. La licenza da pugile gli fu revocata, ma la Corte Suprema annullò la sentenza quattro anni dopo. 

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martedì 16 maggio 2023

VIVERE SECONDO NATURA

di
HENRY DAVID THOREAU

(dal WALDEN)

VIVERE SECONDO NATURA (dal Walden), di Henry David Thoreau
Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione 2021 (or. 1854)
  • Casa Editrice Garzanti
  • Prezzo edizione cartacea €4,66
  • Prezzo ebook €0,99
  • Num. Pagine 112
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

«”Rinunciando a ciò che è superfluo, e abbracciando così un'esistenza all'insegna della semplicità e dell'autonomia, saremo in grado di guardarci intorno con occhi nuovi: ci accorgeremo di conoscere in verità «solo pochi uomini, ma una gran quantità di soprabiti e calzoni”.»

L’AUTORE

Biografia di Henry David Thoreau

Nasce il 12 luglio del 1817, a Concord, Massachussets. Terzo figlio di un uomo d’affari che non brilla per successi ed iniziativa, John Thoreau, e di Cynthia Dunbar Thoreau. 

Nel 1823 viene mandato alla Concord Academy, e in seguito entra All’Università di Harvard, dove si laurea nel 1837, ma non senza aver manifestato e vissuto una cerca incompatibilità con il sistema d’insegnamento, organizzazione e concezione dell’istituto. 

Inizia ad insegnare alla scuola di grammatica di Concord ma, anche lì, sperimenta una certa insofferenza che lo costringe a lasciare l’impiego. Tenta di lavorare nell’impresa familiare ma poi crea una piccola scuola con il fratello John, iniziativa che dura circa tre anni, nonostante i tratti progressisti. L’esperimento viene meno a causa della malattia di John, che muore nel 1842 lasciando Thoreau nel dolore. Dalla relazione fra i due fratelli, nascerà il primo scritto importante di Henry Concord and Merrimack Rivers, del 1849, ispirato ad una gita fatta proprio in compagnia di John.

Durante questo periodo di confusione e sofferenza, il sostegno più grande gli viene donato dall’amicizia con Ralph Waldo Emerson, conosciuto dopo il trasferimento di quest’ultimo a Concord nel 1837. 

Emerson, ex ministro della Chiesa Unitariana, culto caratterizzato da un rigido monoteismo che rinnega il dogma trinitario e la natura divina del Cristo, vede subito in Thoreau un discepolo da accogliere in seno al Trascendentalismo. 

Il Trascendentalismo si presenta subito come un movimento letterario, ma anche e soprattutto filosofico, che combina il romanticismo con un umanesimo tipicamente americano. Si celebra l’individuo e non le masse, l’emozione a scapito della ragione; si valorizza il valore essenziale e principale dell’esperienza diretta in relazione ad un rapporto stretto con la natura. L’uomo ha un potere straordinario perché ha in sé l’Io Universale, ma ciò implica un costante potenziamento nell’assunzione della realtà esterna attraverso la conoscenza della realtà e dei suoi limiti solo immergendosi in essa. Una visione romantica e panteistica, che sì richiama echi Kantiani, ma tratteggia una costruzione filosofica che richiama emancipazione dalla tradizione europea. L’Umanesimo americano si decolonizza creando le basi di una visione del vivere che ancora oggi è spinto a livelli a volte anche eccessivi dall’amore statunitense per il Self Empowerment.

Proprio Emerson spinge Thoreau ad iniziare un diario, pubblicato poi postumo in 14 volumi nel 1906. E a scrivere su The Dial, la rivista dei trascendentalisti. 

Nel 1840, Thoreau tenta di prendere moglie proponendosi ad Ellen Sewall, che alla fine rifiuta di sposarlo. Nel frattempo, lo scrittore si trasferisce da Emerson e vi resta mentre affronta la morte del caro fratello John e una profonda instabilità lavorativa. La famiglia Emerson aiuta Thoreau anche impiegandolo come insegnante in casa di William, il fratello di Ralph, a New York. L’esperienza dura però poco. Thoreau torna a Concord e all’impresa di famiglia, ma ormai la sua voglia di sperimentare e il suo modo di pensare rivoluzionario lo spingono a cercare l’illuminazione in un’esperienza radicale e formante: nel 1845 il ventisettenne Henry parte con un’ascia presa in prestito e si costruisce la sua capanna sulle rive del fiume Walden, dove vi resta due anni. Meditando e, soprattutto, sperimentando, appunta ogni cosa su un diario che sarà la base per la pubblicazione di Walden, Ossia vita nei boschi, del 1854: uno dei suoi lavori più famosi ed influenti. Durante l’esperienza non mancano intrusioni dal mondo esterno: Thoreau viene persino rintracciato da un esattore delle imposte, e chiamato a rendere conto del fatto che da anni non paga la poll tax, ovviamente non per dimenticanza per forte volontà di protesta contro la guerra degli Stati Uniti contro il Messico. Thoreau viene così tratto in prigione, dove vi resta per una notte: una zia paga la cauzione, e nonostante le sue lamentele Henry viene rimesso nel mondo. La sua convinta posizione pacifista e abolizionista cresce sempre di più, portando alla nascita del saggio La disobbedienza civile, pubblicato nel 1849 con il titolo originale Resistenza civile; nel 1854, stesso anno del Walden, pubblica anche Slavery in Massachussetts. È da ricordare che i suddetti saggi sono le trascrizioni di conferenze pubbliche che Thoreau tiene volentieri e con assai molta veemenza, come anche Emerson. È da annoverare l’intervento di Thoreau tenutosi il 30 ottobre del 1859, presso il municipio di Concord, In difesa del Capitano John Brown .  

Negli ultimi anni Thoreau si distacca un po' dal trascendentalismo per diventare soprattutto un naturalista, attività che svolge anche come lavoro insieme ad altre mansioni tecniche. Muore di tubercolosi nel 1862. 

Postumi sono The Maine Woods, Cape Cod, A Yankee in Canada; e raccolte di poesie e lettere curate da Emerson. 

LA PREZIOSA EREDITÀ DEL PENSIERO DI THOREAU

Thoreau è il padre dell’ecologismo e della lotta non violenta: a proposito di questo ultimo aspetto… attendete il futuro post su La disobbedienza civile.

VIVERE SECONDO NATURA

VIVERE SECONDO NATURA è un saggio estratto da WALDEN, OSSIA VITA NEI BOSCHI, di cui ne costituisce la prima e prodromica parte.

Due anni presso il lago Walden, senza null’altro che un’ascia presa in prestito. Una capanna costruita con mani che non avevano mai sentito il peso della responsabilità dell’autosufficienza. L’indipendenza gustata tra panini non lievitati cotti sulla pietra, e qualche mobile necessario anche perché sedere su una zucca sarebbe un eccesso che non giova alla causa. Fagioli coltivati da sé e pochi libri: una mente sgombra per creare un business senza denari ma con utili assai preziosi per la costruzione di una strada praticabile verso una vita migliore, perché di scontenti ce ne sono davvero molti, nel farisaico benessere che si lamenta; ed è per loro che Thoreau mette su il suo esperimento, anche se è noto che chi giova di una scoperta ha prima additato con paura a chi avesse avuto il coraggio di impiegarsi nella vera conoscenza dell’immanente, che è l’unico testo sacro e scientifico dove risiedono le idee. 

Grazie a Thoreau, e alle invocazioni del Trascendentalismo, si è invitati ad un “riformismo” dell’individuo: la chiamata può e deve riguardare chiunque; ma ognuno ha un solo particolare percorso, totalmente personale e specifico. 

L’Io individuale ha le sue radici nell’Io Universale: The Over soul, la Superanima che in sé include tutti gli esseri viventi, i quali sono qui spinti a superare ogni limite esteriore e, soprattutto, interiore. In nome dell’Anima Universale, tutti gli esseri viventi sono connessi: la Natura è il locus perfetto per trovare le soluzioni esistenziali e per tornare in armonia con un’indipendenza che non è mai egoistica ma esclusivamente responsabile, per sé ma soprattutto per tutto il resto. L’Energia Superiore agisce, o meglio dobbiamo ad essa permettere di agire, attraverso gli individui: rientrare nel flusso naturale delle cose, con essenzialità, rispetto, coraggio, curiosità e incuranza delle leggi precostituite da una vuota maggioranza è il mezzo per conoscersi e valorizzarsi, andando così a rimpinguare le risorse di un mondo già depredato e ridotto a un commercio di felicità a buon mercato, generiche; insalubri, ottenebranti, false.

L’uomo timorato di Dio sta in realtà in una perpetua penitenza inconscia: tra preoccupazioni futili ed eccessive, fatiche inutilmente brutali… assolutamente autoinflitte. 

La stessa religione invischia nel pronunciamento di canti fatti della paura di Dio e mai della gioia della vita. La carità si riduce a raccolte fondi ed elargizioni una tantum, fatte con una mano mentre l’altra continua a scavare una grande fossa comune per tutte le persone presenti e future.

“Se donate denaro, investitevi anche voi stessi, e non limitatevi a consegnarlo loro.”

Fare del bene, presunto, è cosa inutile se chi si prodiga così alacremente non è in realtà buono, e non sa neanche in cosa consista un minimo di bontà.

Al bando ogni ipocrisia, anche se l’autore non nega il suo piacere nelle cene fuori e ogni peregrinazione esistenziale fatta di fallimenti e di desideri. Ma egli ha tentato, ha sperimentato, ha sofferto carcere, fame e freddo; ha vissuto nel bosco tra gli animali riuscendo a sentire una voce che gli raccontava di come gli uomini sono strumenti delle loro bestie al giogo, e di come le fattorie siano la vera povertà del contadino. 

Mangiando vegetali le ossa non si formano, dicono cittadini e membri della “comunità” mentre stanno curvi sotto il peso di chincaglierie, mobili e cianfrusaglie esotiche estirpate da popoli “selvaggi” e depositari di una dignità sconosciuta al commerciante affannato, al fattore stremato, all’intellettuale soggiogato e al filosofo che insegna la filosofia senza averla praticata neanche un giorno della sua vita. 

La malattia del benessere e i deliri di una febbre dell’inutile; un morbo che ha alzato al massimo la superficialità che toglie l’essenziale alla fetta più numerosa della popolazione terrestre.

 Thoreau parla di un progresso mendace, che costruisce ferrovie mentre gli operai vi si ammazzano costruendole; di industrie che creano abiti belli per la gente per bene, mentre gli altri simili soccombono a ritmi di lavoro inumani. Il consumismo prima di essere chiamato così… è già chiaro: agli occhi di Thoreau c’è l’urgenza di essere svegliati:

“Non intendo scrivere un’ode allo sconforto, ma vantarmi gagliardamente come fa il gallo al mattino appollaiato al suo trespolo, se non altro per dare la sveglia ai miei vicini.”

/-/

Ironia pungente; coscienza ipersviluppata mostrata in una testimonianza che a volte cede alla tautologia, perdonata però per l’efficacia di un messaggio scaturito dalla prova, dal coraggio di fare qualcosa di diverso. E benedetta sia la diversità per Thoreau, che non vuole propinare una sola verità ma solo spingere verso l’emancipazione da una schiavitù non solo reale ma ideologica, sociale. L’uomo si affama perché il pane spirituale è sostituito da cibi che non saziano, da abiti che non scaldano e da case che non proteggono ma imprigionano: per le quali i costruttori ci invogliano verso travestite celle dorate, confinanti con vicini molesti. La separazione del lavoro si tramuta nella convinzione che siamo incapaci davanti all’autosostentamento, all’indipendenza. Il mutuo soccorso diviene solo l’organizzazione di uno spettacolare ed elegante funerale globale, di una morte dell’umanesimo per una società che celandosi dietro pubblicizzata sicurezza rifila solo indifferenza verso l’individuo e la natura. Quest’ultima si consuma perché l’uomo non è più solo una entità passeggera pervasa di meraviglia ma un parassita insaziabile che impara troppo presto a consumare, specialmente sé stesso dato che non si sa cibare di ciò che gli serve ma solo di ciò che gli viene preconfezionato senza alcun riguardo per i nutrienti davvero necessari. 

“Il prezzo di una cosa è la quantità di ciò che definisco vita da dare in cambio.”

Le istituzioni divorano la vita del singolo, ridotto a un vecchio signore che arranca trascinandosi dietro il peso di cose inutili. 

“Potrebbe essere la casa a possedere lui e non viceversa”. 

L’uomo insoddisfatto non sta facendo altro che lamentarsi dei tempi duri “perché non può permettersi ci comprare una corona”. 

Thoreau pone il suo Io a narrare, ma il discorso è aperto alle conclusioni e soprattutto alle azioni mancate del destinatario ben identificato: egli si rivolge “alla massa di uomini che sono scontenti o si lagnano inutilmente della durezza della sorte o dei tempi, quando potrebbero essere loro a migliorare la situazione”

DESIDERI E BISOGNI 

Il capovolgimento del modello motivazione dello sviluppo umano di Maslow, in tempi non sospetti

Credo di avervi già parlato della PIRAMIDE DEI BISOGNO DI MASLOW ma, per i nuovi arrivati e per quelli che come me hanno una labile memoria, meglio ripassare.

Nel 1954, lo psicologo Abraham Maslow immagina un modello motivazione dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni. L’uomo tende a sviluppare primamente dei bisogni primari, e solo dopo può far emergere quelli di ordine superiore che portano alla consapevolezza e all’attuazione dell’autorealizzazione individuale. In sostanza, si realizza la propria identità solo se prima si sono soddisfatti i bisogni primari, considerati di “sopravvivenza”. 

In ordine, partendo dal basso, Maslow parte dai bisogni fisiologici (fame, sete, sesso, combustibile); poi vi sono quelli di sicurezza (come un riparo); salendo arrivano i bisogni sociali come l’appartenenza e in seguito la stima, e solo in ultimo si giunge all’autorealizzazione. Questo modello è dimostrato essere parziale, e rigido, anche perché non contempla l’influenza dell’ambiente esterno che potrebbe spingere a concentrarsi anche su più bisogni contemporaneamente a seconda delle occorrenze. 

Thoreau, e appunto il suo “pane spirituale”, pone innanzitutto una riflessione sulla confusione tra bisogni e desideri. Il bisogno, chimicamente, mette in moto nel sistema nervoso una serie di percorsi che inducono all’urgenza, e lo fa smuovendo anche i fattori emotivi. Il desiderio dovrebbe essere un qualcosa in più, assolutamente non necessario. Thoreau fa l’esempio della moda, dei calzoni sempre nuovi indossati da manichini; non manca anche di portare a conoscenza studi antropologici che hanno osservato come un uomo selvaggio grondi di sudore in case troppo riscaldate che inducono un indebolimento delle naturali difese corporee. La contemporaneità di Thoreau, e ancor più la nostra, sostituisce il bisogno con il desiderio che è anche, nella maggior parte dei casi, indotto e non libero e specifico. 

Ciò cosa produce? Ansia, moltissima ansia. L’uomo si dimentica della natura, capace di adattarsi alla forza come alla debolezza degli esseri viventi, e la sostituisce con un’ansia che sopravvaluta l’importanza del lavoro, del fare schizofrenico. “Ma quante cose non sono state compiute da noi?” dice Thoreau, e guardandosi intorno senza paraocchi ciò è più limpido di quanto si potesse pensare… anche se, forse è troppo tardi, oggi, per rientrare in un certo circolo naturale. Ma questo saggio serve anche a ritrovare la fiducia. 

I bisogni primari e l’autorealizzazione possono e devono agire all’unisono, e solo così la piramide pare più flessibile e quindi solida. 

Uomini nuovi: ecco cosa serve, e i cosiddetti vecchi saggi non costituiscono un alibi. Più che cambiarsi d’abito l’umanità deve fare la muta, che negli animali indica uno stato superiore e non un cambiamento esteriore e inutile. Appena si può non morire di fame, di certo c’è altro in sostituzione del superfluo: esplorare la vita. 

Nessuna frase vuota, nessuna teoria che si adagia su sé stessa: VIVERE SECONDO NATURA significa imparare un’economia del vivere, che è sinonimo di filosofia. 

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martedì 21 febbraio 2023

IPOCONDRIACI

COME LIBERARSI DALLA PAURA DELLE MALATTIE

di 

Brenda Hogan e Charles Young 

IPOCONDRIACI, come liberarsi dalla paura delle malattie

  • Anno di Pubblicazione 2017
  • Edizione 1°
  • Editrice Red!
  • Prezzo di copertina €8,55 per l’edizione cartacea
  • Copertina flessibile
  • FORMATO KINDLE €4,49
  • Pagine 96
  • LINK ALL'ACQUISTO QUI

DALLA QUARTA DI COPERTINA

“Un piccolo libro di auto-aiuto per capire cos’è l’ipocondria e come si può superare. Un percorso graduale, delineato con grande chiarezza, per imparare a guardare in faccia la paura delle malattie e scoprire le strategie più efficaci per combatterla.”

TEMI

Un libro amico, un libro che ascolta ma invita all’azione. La paura delle malattie potrebbe considerarsi normale, ma quando essa diventa ossessione, e regola ogni pensiero o azione, si è davanti ad una fobia e a meccanismi radicati che vanno attaccati con la conoscenza del problema e delle possibili soluzioni. L’era di internet mette davanti agli occhi degli utenti una grande quantità di informazioni senza il filtro di un esperto che possa interpretarne i contenuti; appunto per questo, l’ipocondriaco trova nella rete il luogo perfetto per restare intrappolato, confuso e ancora più spaventato. Se alla base del disturbo ci possono essere ragioni comprensibili, è pur vero che chi ne soffre passa a un terrore che pare non trovare pace e rassicurazione. Proprio la rassicurazione è una delle ricerche senza sbocco dell’ipocondriaco: ricerca ossessiva di risposte ed evitamento sono i due segnali del giogo a cui questo disturbo costringe. Grazie a questo manuale si può comprendere meglio i propri pensieri, le proprie paure e i gradi di ansia a cui si è soggetti e a cui si cerca di sottrarsi. Un piccolo affanno o un battito del cuore accelerato possono bloccare l’ipocondriaco a una vita immobile, terrificata da ogni segnale corporeo che può essere semplicemente fisiologico. Grazie a schemi da compilare, esercizi ed esposizioni si può allentare la tensione costante e si può imparare a stare nell’ansia facendone affievolire la potenza distruttiva. 

Una giusta prevenzione aiuta a prenderci cura della salute, non vivere per il terrore di stare male toglie solo il senso a giornate che potrebbero tornare a essere un contenitore di esperienze e non solo di cieco terrore. Questo manuale di auto-aiuto non promette facili rimedi ma percorsi di cui essere partecipi e padroni. Il consulto di uno specialista resta, comunque, un’ottima soluzione per completare un salvifico processo di emancipazione dall’ipocondria. 

GLI AUTORI 

BRENDA HOGAN vive e lavora a Vancouver, Canada. È psicologa clinica, specializzata nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia.

CHARLES YOUNG, psicologo, dirige il dipartimento di Psicologia alla Rhodes University, in Sudafrica, e coordina i corsi di formazione di counselling e psicologia clinica.

BRENDA HOGAN e CHARLES YOUNG hanno entrambi lavorato al Primary Care Psychological Treatment Service, a Cambridge, collaborando allo sviluppo di un servizio pioneristico di assistenza sanitaria di base improntato al self-help per una vasta gamma di disturbi psicologici comuni.

UNA VITA NON VISSUTA 

Escalation, seme del dubbio e sfiducia


“Capita a molti di preoccuparsi, di quando in quando, per la propria salute, ma in genere la preoccupazione dura poco e di solito non interferisce con la vita di tutti i giorni. Per alcune persone, invece, dubbi e timori non passano tanto facilmente e finiscono per diventare fonte di grande stress.

[…]

La preoccupazione può trasformarsi in ansia e attacchi di panico, e nella sensazione che tale angoscia finirà per prendere il sopravvento sulla loro vita.”

L’ansia per la salute è comprensibile, se limitata nel tempo. Quando la preoccupazione cresce fino a fagocitare giornate e progetti si è di fronte a un problema. Comunemente si crede che gli ipocondriaci non abbiano alcun sintomo reale; ciò non è vero. Dolori di varia natura, palpitazioni, sudorazione, mal di testa, dolori al petto: questi sono solo alcuni sintomi che ciascuno di noi può avvertire di sovente; l’ipocondriaco parte dal notare effettive presenze di sintomi o segni, il problema è che il soggetto interpreta tutto ciò, immediatamente, in maniera catastrofica. Le rassicurazioni del medico spesso non bastano, e gli specialisti si susseguono in una serie di accertamenti che non fanno altro che far montare l’ansia; proprio quest’ultima, nella maggior parte dei casi, diventa la responsabile di un peggioramento dei sintomi. 

L’ipocondria ha sempre un’origine. In modo diretto, può essere proprio un trauma legato allo stato di salute, propria o di altri, ad avere scatenato un’allerta senza pace. A questo punto arriva il secondo punto dolente dell’ipocondriaco: la fiducia. Chi soffre di questo disturbo non si fida delle rassicurazioni; ma non si fida neanche della propria capacità nel saper affrontare un grave problema di salute, la cui eventualità deve comunque essere pensata come più rara di quanto creda un ipocondriaco. Le aspettative di autoefficacia ci pongono nella posizione di poter considerare che un buon risultato sia raggiungibile: l’ipocondriaco pensa che non saprebbe affrontare una malattia, sfiducia che proietta anche sui propri cari. 

Quindi, rassicurazioni e sfiducia sono due colonne portanti da abbattere; come? Attraverso una serie di esercizi e di appunti. Nella memoria si può aggirare il trauma per ritrovare il proprio coraggio e la propria forza. Solo questo può rassicurare; invece, chiedere continuamente a un’altra persona di controllare una nostra macchia sulla pelle, o chiedendo informazioni sconnesse si può solo peggiorare il senso di consapevolezza e le aspettative di autoefficacia. 

Fare domande è uno degli strumenti principali del manuale: attraverso un’attenta analisi dei pensieri si impara a riconoscerli, valutarli. L’ansia viene conosciuta attraverso una scala di valutazione che affianca l’ipocondriaco nel suo percorso di comprensione. 

Ma non esistono solo gli ipocondriaci che passano la vita tra gli studi medici: l’evitamento è un altro meccanismo di protezione che non fa che mantenere il disturbo d’ansia. Si possono evitare controlli medici, argomenti, articoli o qualunque altro contenuto inerente alla sfera della salute. Il manuale aiuta, con esercizi e schemi, a capire la propria ansia, imparando a saperla valutare secondo una scala; e poi, una volta padroneggiati i mezzi di consapevolezza, si può iniziare un processo di esposizione graduale che mira a “desensibilizzare” il soggetto. C’è la concreta possibilità di non sentire così forte i segnali del corpo, non evitare ciò che spaventa, capire come prendersi cura della propria salute in modo equilibrato. 

Nessuna facile promessa: ci possono volere mesi; l’aiuto di uno specialista può essere un passo successivo. 

BREVI CONSIDERAZIONI, SENTENDOSI MEGLIO

Il volume è perfetto: agile, facile, dal linguaggio divulgativo. Ci si sente capiti. Si scardinano i luoghi comuni sull’ipocondria per comprenderne meccanismi e sintomi. Gli esercizi si susseguono per accompagnare il lettore in un percorso coinvolgente, che manifesta un atteggiamento comprensivo e propositivo. Il libro non è eccessivamente lungo: è essenziale, perché un ipocondriaco ha innanzitutto bisogno di fare ordine e chiarezza. 

Lettura promossa a pieni voti; da tenere sempre a portata di mano per non perdere di vista il vero significato dello stare in salute. 

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domenica 5 febbraio 2023

LA NOSTRA CASA

di 

SIMONA CAPONE

Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione 2020
  • Edizione 1°
  • Editrice AUTOPUBBLICAZIONE
  • Prezzo di copertina €10,39
  • Copertina flessibile
  • Lunghezza stampa 196 pg.
  • LINK ALL'ACQUISTO QUI

DALLA DESCRIZIONE SU AMAZON

“La nostra casa era uno di quei luoghi in cui sia il tempo che lo spazio si arrestavano, proliferando in un oceano di oppressione e violenza e questo, Amalia lo ricordava bene. Adesso che aveva l’età giusta per riflettere razionalmente, pensava spesso a quella casa come faceva fin da bambina, prima che un incidente spazzasse via ogni cosa, lasciandole soltanto la rievocazione sbiadita di quelle giornate, fatte di preghiera e solitudine.”

TEMI

Un ricordo sospeso nei capogiri di un trauma che si cela volendosi, però, far scoprire e riconoscere. La storia di una casa e dei suoi dolori attraverso memorie raccontate da altre memorie; personaggi tormentati che nella mente della giovane Amalia tornano in vita tra urla, silenzi e preghiere strette tra i denti. Un lamento nervoso perenne, un tragico evento da cui gli altri hanno tentato di sottrarre Amalia; ella però è ancora in quella casa, e in una cantina colma di buio e sussurri. 

Presenze schive che si allontanano e poi si avvicinano, visioni sfocate della storia di una famiglia spezzata dalla colpa. La religione vissuta non come pace ma come una malattia del corpo e della carne; la fede come il mezzo per sopravvivere tra la violenza e i frutti del libero arbitrio che non conosce remissività. 

Una bambina piange disperata, un’altra sta chiusa tra assi marce; una madre rigata dal sangue della rabbia e del peccato. Una storia in cui incontrare spettri che avranno il volto di chi è sempre stato lì. 

AVVICINIAMO UNA LUCE SUL VISO DI QUESTA STORIA

"Poteva a volte paragonarsi a quella luna, fredda e sola in quel cielo in cui le stelle sfrecciavano lontane da lei. E nuovamente ricordava che la sua esistenza era sempre stata nel passato e in quella luce che, un tempo, era stata la sua unica guida."

Due ricordi che si stagliano davanti al lettore come apparizioni insistenti: le parole di Amalia e il racconto di un narratore che sta con noi e ci porta indietro. Un’atmosfera opprimente, un presente che potrebbe lasciarsi vivere con spensieratezza se solo Amalia comprendesse che la sua affezione per la “nostra casa” non è altro che un trauma che ha portato il buio. La giovane, dopotutto, è cresciuta nel buio dove sovente la madre la rinchiudeva in un castigo confuso e senza motivi chiari. Protezione? Punizione? Amalia sa solamente che era una bambina allegra, una creatura curiosa e coraggiosa. La piccola sapeva immaginare, cantare e danzare. Però era anche brava a sentire e scovare nell’oscurità. Gli “altri” si facevano sentire… “i peccati dell’uomo” diceva la mamma, e solo la preghiera può fare scudo, portare luce. Amalia è scontrosa e cupa, però sa anche commuoversi sui petali di una rosa, quel fiore bellissimo che le ricorda la mamma che non c’è più. 

I ricordi di Amalia però non sono teneri, sono brucianti di dolore e domande. La zia che l’ha presa in casa cerca di nasconderle verità che però si mostrano in numerosi indizi quotidiani, che strisciano tra i piedi di Amalia come scarafaggi: simili a quelli che anni prima uscirono dalla sua bambola. 

Piccoli sgraziati amici che si nascondono negli armadi e prendono il tea seduti con noi; ombre che corrono e si rivelano in occhi scavati e abiti consunti. Fantasmi? Gli “altri” si mostreranno… lo capirete.  

CONSIDERAZIONI

Le descrizioni minuziose vengono da mani delicate che si percepisce abbiamo preso ogni oggetto, abbiano toccato ogni superficie, anche se solo con la forza della mente creativa. L’autrice è delicata e ha un timbro d’altri tempi anche se la storia porta verso un finale che riesce a superare le conseguenze che il lettore si illude di aver lì pronte e scontate.

Uno stile elegante e ricercato per un romanzo che vibra delle passioni dell’autrice. L’intento si mostra subito nella tessitura di un fraseggio complesso che a volte sfugge alla sua creatrice, ma ciò non compromette affatto la godibilità del libro. 

 L’idea è originale e ambiziosa; furba nei suoi intenti raffinati celati in una trama che riesce a stupire. L'unico momento di smarrimento è stato dovuto all’assenza di coordinate: è vero che il ricordo sta sospeso nel tempo e lo spazio… ma è anche vero che il lettore vorrebbe essere accompagnato nella sua immaginazione. Non sappiamo in che epoca o in che luogo ci troviamo. I pregevoli particolari che l’autrice dipinge, con la leggiadria di cui abbiamo già parlato, non sono supportati da uno sfondo dichiarato. Simona ha il pregio di essere umile, di sapere ascoltare. Mi ha comunicato che determinate perplessità le sono state già espresse, spero che le osservazioni ricevute le saranno utili per cesellare sempre più il suo tocco distintivo.

  • LETTURA CONSIGLIATA AGLI AMANTI DEI MISTERI E DELLE VECCHIE CASE OSCURE E SUSSURRANTI. 

È già disponibile il secondo capitolo della storia: seguite le indicazioni qui di seguito per trovare i libri dell'autrice. 

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lunedì 30 gennaio 2023

IL LUPO E L'EQUILIBRISTA

 di 
MAX SOLINAS

IL LUPO E L'EQUILIBRISTA di Max Solinas.
Ph Francesca Lucidi

  • Anno di Pubblicazione 2019
  • Edizione 1° 
  • Editrice Garzanti
  • Lunghezza stampa 175 pagine
  • Prezzo edizione cartacea 16,05€
  • Prezzo Ebook 9,99€
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI
  • HAI MAI LETTO IN FORMATO KINDLE? SE SEI SEMPRE IN GIRO, HAI PROBLEMI DI SPAZIO O VUOI RISPARMIARE CLICCA QUI  PER UN NUMERO ILLIMITATO DI OPERE DA LEGGERE. 

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Così, un passo dopo l’altro, Chris insegna al lupo a fidarsi di nuovo della mano che gli offre il cibo e gli accarezza, non senza timore, il dorso peloso. A sua volta, il lupo, con movenze precise che derivano dalla legge del branco, guida il suo nuovo compagno alla riscoperta del mondo naturale, dei profumi, dei suoni e dei colori che cambiano al mutare delle stagioni."

PERFETTO PER chi ama la natura selvaggia e il rapporto con essa; per chi sente un legame particolare con gli animali. 

ADATTO PER tutti quelli che vogliono riscoprire sé stessi, e sarebbero felici di avventurarsi in un viaggio attraverso i boschi per sentire l'energia autentica della vita.

CONSIGLIATO A chi è un pò scontento di sé.

L’AUTORE

Scultura, natura, arte di vivere: questo è Max Solinas. 

Nasce nell’ottobre del 1963. Frequenta un corso di disegno di nudo e poi segue le suggestioni nate dall’incontro con il maestro di scultura trentino Silvano Ferretti. Successivamente, si iscrive all’Accademia delle Belle Arti, in un crescente interesse per la figura femminile e le sue forme evocative. Linee e volumi stilizzati traducono quella intima fascinazione. 

Solinas è ormai uno scultore affermato ma la sua attività rientra in una ricerca artistica più ampia, che comprende lo sguardo curioso, rispettoso e innamorato verso la Natura e le sue meraviglie. L’essenzialità, il rispetto, l’umile ascolto della musa ispiratrice di matrice montana guidano Max Solinas nel suo vivere e raccontare l’incontro con il creato. 

Attualmente vive e lavora a Cison di Valmarino, in Veneto, alla base delle Dolomiti. A fianco dell’artista, del montanaro, dello scalatore, dell’uomo… c’è lei: Arja la lupa.

IL LUPO E L'EQUILIBRISTA

NELLA PUREZZA, A RITMO CIRCOLARE

POTETE SBIRCIARE LA TRAMA, SEDETEVI E CHIUDETE GLI OCCHI (NON PROTESTATE… FIDUCIA!)

Chris è uno scalatore, ma non uno di quelli che si fondono con le montagne in una serena estasi di forze, velocità, pause, silenzi. Chris è molto conosciuto nel suo ambiente, e lo pagano bene per pubblicizzare attrezzatura all’ultimo grido mentre si attacca su pericolosi pendii, aggredendo le vette come se vi volesse trasferire le stesse ferite che lo lacerano, invisibili. Stona seduto in quegli aerei di lusso, Chris. Dopotutto egli è fatto di un materiale diverso da quelli sintetici che esalta con il suo lavoro: lui è un essere selvaggio, svuotato del suo istinto e della sua natura, ma pur sempre costituito di membra vive, con un odore, un calore specifico; necessità ammaestrate sotto lo scudiscio del ricordo, del dolore e del rancore. 

Ogni ritorno a casa, in quella casetta nel bosco, è speciale perché apre il cancello verso la libertà succulenta che gli dona da mangiare Francesca, la veterinaria con un corpo a cui manca qualcosa ma la cui anima si riempie di ogni bene, per poi donarlo nella materna cura instancabile di chi sa abbracciare la natura e i cuori senza mai stringere troppo, o far male. Ma un giorno, c’è qualcosa di diverso che aspetta Chris, e che Francesca ha permesso che Chris aspetti a sua volta: un lupo grigio sta nel recinto più appartato, e non mangia, e si muove poco. Gli ultimi ricordi della bestia sono flash accecanti, umilianti, violenti. Poi l’istinto, i denti, la caduta vertiginosa nel sogno senza risveglio di qualcosa che gli è stato ormai strappato… poi la confusione, la resa, il buio. 

Chris e il lupo hanno un vissuto comune: l’ammaestramento forzato. L’uomo faceva il suo lavoro e basta, per paura di non farlo; l’animale aveva provato ad essere ciò che il circo gli chiedeva, solo per un timore simile a quello di Chris. Entrambi agivano per un compenso; ma che fosse cibo o denaro, la motivazione strettamente legata a una necessità di sostentamento non basta. La paura di non avere quel sostentamento rende aggressivi, perché la paura genera solo altra paura, quella della perdita. Le necessità materiali fanno sopravvivere, ma per vivere serve essere ciò che si è, che non è per forza ciò che gli altri sarebbero in grado di accettare. 

Il lupo è un antico simbolo che dall’essere “forza” è divenuto “terrore”: ora il lupo fisico si riprende il suo ancestrale significato e senso per correre libero dove non vi sono colpe… perché la natura non conosce cattiverie ma solo peculiarità, ruoli, equilibri. 

Chris, dal canto suo, ha perso anch’egli il suo habitat: il paese è un luogo che ormai fa timore, come anche i rapporti con la gente, che evocano un passato che ammala e debilita. 

Le due creature così simili, anche se di diversa specie, conosceranno un cammino fisico e allegorico verso un vivere il momento che sarà furioso e pieno di meraviglie. 

Tra le montagne, il laboratorio di scultura di Nonno Egidio Maria, la baita del guardaboschi Angelo: un peregrinare lento che insegna il lettore a cogliere ogni segno che la Natura traccia per far seguire il percorso della vita autentica a chi ne sarà degno. In un modo dove il benessere spara alla volpe che “naturalmente” si avvicina a un pollaio, chi sarà così puro da saper dividere il pane? Specialmente quello “spirituale”, direbbe Henry David Thoreau.

/-/

Stasi, partenza, cammino; ma non cercate un arrivo.

“Ti voglio bene, lupo, e con te la natura tutta, quella con la N maiuscola, quella che in pochi conoscono, quella che non si nasconde a chi sa guardare e vedere, con l’animo libero, umile, sereno, desideroso, vero.”

Un uomo e un lupo che si incontrano sull’orlo del nulla: due “uno” che facendosi “due” tornano Essere Unico, multiforme, completo, capace di moltiplicarsi, emanarsi o donarsi al corso della pura esistenza delle cose che imperfette tornano nell’Unica Perfezione, partecipandovi con ruoli semplicemente veri, eterni perché parte di un insieme di ruoli a pari dignità, mai decisi da alcuno; tra incontri e scontri regolati solo dalle necessità superiori e mai corrotte dell’Anima Mundi. 

Nella perfezione dell’incontro di due nature mutilate: studio, riconoscimento, fusione e liquido sconfinare nella vita autentica, nella costituzione “naturale” del creato.… che non ha mai finto, non si è mai sottratto ai sensi di chi sa percepire il suo vivere, stare, muoversi. 

Gli odori, i suoni, i versi e le tracce non dicono bugie, però si deve essere disposti a camminare:

“Camminare era come una preghiera agnostica, libera, pulita.”

Il ritmo scorre lento, senza la pretesa di accelerare, ma sempre in senso circolare. La fedeltà sa aspettare, la lealtà si manifesta nel saper lasciare ogni presa, per poi rincontrare con un abbraccio che non è mai una stretta. L’amore qui non ha sesso, ma ha corporeità, sudore, afrore: si contorce in unioni che regalano la fecondazione di un’energia perpetua, che non conosce la morte perché si riconcilia con i ricordi, il passato, le tracce di eredità ricchissime e senza costo. 

Le parole sono semplici, come il pane e il miele, come il tea nero preso amaro mentre dalla finestra si riesce a spingere la vista oltre ogni limite, perché non si guarda con gli occhi ma con le mani. L’umidità del formaggio che si concede dal latte, il legno che nasconde una scultura, una schiena che racconta un’anima: nel dentro c’è già il fuori. Ciò che si toglie creando è anch’esso materiale costituente. 

“La vita è un gioco a somma zero”

Ci si trova in una favola? Ci sono animali, insegnamenti, pericoli e miracolose salvezze… però, è tutto vero. 

Solinas sublima la sua vita, e la rende l’atmosfera in cui respira la sua storia con tutti i personaggi. 

“L’arte non è una tecnica ma uno stato d’animo”

Tutto partecipa a un senso che non è complesso ma che, nonostante ciò, è colto raramente. 

“E allora Chris pensò che quella natura che gli uomini si affannano a sfidare, a conquistare e domare, doveva invece essere lasciata libera come un torrente cristallino che scorre lento e inesauribile dalla sorgente verso la foce.”

La speranza lascia spazio all’azione nelle stagioni delle emozioni. La libertà non è mai disordinata, è solo nata prima delle istituzioni umane che sono fatte da decisioni cieche.

 L’amore è incondizionato, ma mai cieco.


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martedì 24 gennaio 2023

GLI OCCHI DELL'ETERNO FRATELLO

 di 
STEFAN ZWEIG

  • Anno di Pubblicazione 2013 (1°1922)
  •  Prima edizione digitale 2014
  • Editrice Adelphi
  • Lunghezza stampa 73 pagine
  • Prezzo formato cartaceo in copertina flessibile 6,65€
  • LINK ALL'ACQUISTO QUI

Stefan Zweig, Gli occhi dell'eterno fratello

Ph Francesca Lucidi

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

«Una riflessione sulla Giustizia e sulla sua impossibilità in una narrazione dal respiro ampio, in cui palpitano il divino e una natura incantata. Un libro amato da Hermann Hesse, che vedeva nella "leggenda indiana" dell'amico Zweig un'opera in sintonia con il suo "Siddhartha".»

L’AUTORE

Per la biografia di Stefan Zweig si rimanda a un precedente post: CLICCA QUI per leggerla.

 

UNA RICERCA: ILLUMINAZIONI CHE COSTANO 70 FRUSTATE

Temi, valori, riflessioni (che spesso confondono i saggi)

Non se eviti qualsiasi azione

Sarai davvero libero dall’agire,

mai potrai essere libero dall’agire

neppure per un solo istante.

(Bhagavadgita, Canto terzo)

La Bhagavadgītā (Canto del Beato) è un poema filosofico e religioso, contenuto all’interno dell’immenso poema epico Mahābhārata. È il testo sacro più noto e permeante per milioni di Indiani: nei suoi settecento versi, è raccontato il dialogo tra Viṣṇu e l’eroe panduide Arjuna, il quale è sgomento davanti alla responsabilità della guerra, del combattere fratello contro fratello.

Zweig racconta la sua leggenda indiana in contemporanea con l’uscita di Siddharta: la fascinazione della ricerca mistica, in contesto buddhista, è il pretesto per portare il lettore in un tempo lontano dove si sospende la vita conosciuta per considerare l’inconsiderabile, per approcciarsi all’eventualità che le risposte alla vita giacciano più vicine di quanto si sia mai percepito (o forse no?). Lo stesso Hesse, con il quale Zweig aveva intrapreso un profondo legame epistolare nel suo periodo svizzero, aveva definito questa opera dell’autore come in linea con Siddharta. È da dire, però, che nel caso di Gli occhi dell’eterno fratello non si sfiori una conciliazione; e che quelle risposte si mostrino con dolore, tra settanta frustate, tra morti innocenti, per poi sedere tra i cani ed essere dimenticate. È quindi chiaro che Zweig porti il lettore, ancora una volta, ad annullarsi e commuoversi nella catarsi, attraverso le azioni di uomini che dal clamore a un’umile capanna gridano giustizia verso il cielo e verso il proprio simile: una giustizia che è serpente che sfugge tra gli ambienti sfarzosi e poi angusti e putrescenti della storia di Virata.

Numerologia, reiterati passaggi, scandite evocazioni mistiche alla corte dei Birwagha. Lì dove un Re deve la sua salvezza a Virata, colui che nella sua vita assumerà i Quattro nomi della Virtù, per poi scomparire dai racconti e dagli scritti. Egli vive prima del Buddha, e sulla sua vita ci si interroga ossessivamente, insieme a lui, cercando di afferrarla quell’esistenza. Quale il senso delle azioni, quali le responsabilità? Virata salva il Re, ma uccide nella furia il suo fratello maggiore: è così chiamato “Lampo della spada”, ma quella spada la getta nel fiume e rifiuta di uccidere perché chiunque uccide un uomo uccide suo fratello. E proprio gli occhi della sua colpa lo seguono in ogni cosa che vede, restituendogli il riflesso di un pensiero così pesante da ancorare Virata alla terra; mentre cerca disperatamente di sfuggire ai ritorni in altre vite, di non vedere più quegli occhi morti che sono sulla faccia di chiunque, si fa così giudice e “Fonte della giustizia”. Ma non basta pensare di essere dalla parte dei giusti, o che le vasche che accolgono il sangue dei condannati siano divenute bianche: Virata incontra ancora quegli occhi. Quando vede un condannato alle prigioni implorare la morte… sputare sulla grazia, Virata comprende che ha rivisto quegli occhi perché ha agito secondo le parole altrui.

 La punibilità, la giustizia, la negazione della libertà… con quale diritto? Virata segue una sua evoluzione o solo una fuga dalla “sua” coscienza? Noi con esso ci troviamo destrutturati, e siamo fortunati a subire ciò. Virata sceglierà di andare nelle profondità della terra, scambierà la sua identità: si annullerà.

Nell’annullamento scompare la volontà, che è caos: dove c’è la volontà di vivere vi è paura, ed è su questo che si basa la consistenza del tempo. La brama della vita, il pungolo che spinge avanti la carovana degli esistenti con i loro carri carichi di ori, ricchezze, convinzioni, miserie.

Virata trasmuta in “Campo del Consiglio”, e le lodi alla libertà rilucono sulle sue labbra. Mentre è seduto però su una stuoia che è frutto del lavoro di uno schiavo: è questo che i suoi figli adirati gli ricordano. La giustizia è la pretesa del potere, e dove c’è potere c’è possesso: dove c’è possesso vi è legame con la vita degli altri uomini, se ne dispone. Fuggire, uscire dalla vita degli uomini e trovare nella foresta l’assenza del possesso, della violenza, della colpa. Ma anche gli animali sono violenti, e a Virata basta guardare fuori dalla sua misera capanna per vedere ovunque i semi della malvagità farsi germorgli. Egli è Stella della solitudine, Virata si fa contemplazione, libera dall’agire e dalle sue conseguenze.

Ad ogni passaggio, da sette anni in sette anni, pensiamo con Virata di essere mondi… ormai.

Poi altri uomini fanno lo stesso, e fluiscono fuori dal mondo per andare nella foresta. Una donna fuori da una capanna guarda con odio, con gli occhi morti dell’Eterno fratello: reiterati segnali, di come tutti si viva comunque negli altri, essendo tutti in quegli occhi morti.

Ma Dio? Se i testi sacri non parlano di diseguaglianze, ma non mancano di segnare le caste, Il Dio dalle mille forme sì, è lui ad avere il controllo dell’inizio e della fine delle cose. E se nel mezzo ci si è macchiati di una colpa, è poi alla divinità che deve tornare quel fardello: Virata sa come fare, ne è sereno…

Zweig mostra una storia di formazione che passa per il disfacimento, e si annuncia subito nel vessillo sepolto della memoria, così come è caro all’autore.

Un libro che non poteva avere una pagina in più, altrimenti altri anni si sarebbero susseguiti. Il senso pare lì, sempre su una mano tesa. Poi su quel dono improvviso due occhi gettano un’ombra: l’estinzione, il Nirvana, trascendono il “non atto” perché è attraverso i crediti degli atti compiuti che si torna alla matrice delle mille forme, probabilmente.

La storia di Virata non smette di interrogare il lettore, la società: il nostro piede è legato alla terra, e finché si è lì non si può dare nutrimento solo alla propria vita, pena la condanna a morte per fame degli altri viventi.

 CITAZIONE SCELTA PER VOI

“C’è sempre più conoscenza della verità nel dolore che nell’imperturbabilità di tutti i saggi.”

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venerdì 20 gennaio 2023

TUTTI MI DANNO DEL BASTARDO

 di
NICK HORNBY


  • Anno di Pubblicazione 2012
  • Edizione 1° edizione digitale (2013)
  • Editrice Guanda
  • Lunghezza stampa 80 pagine
  • Prezzo edizione cartacea 8,55€
  • Prezzo Ebook 1,99€
  • LINK ALL’ACQUISTO QUI

TUTTI MI DANNO DEL BASTARDO di Nick Hornby
Ph Francesca Lucidi

DALLA DESCRIZIONE EDITORIALE

“Charlie può solo sperare che l'ex moglie si stanchi presto di pubblicare il "Bastardo!" Soltanto un autore come Nick Hornby poteva regalarci un ritratto così riuscito della fine di un amore, il racconto tragicomico, brillante e molto umano, di quanto assurdamente complicata possa diventare la relazione tra due persone.” 

L’AUTORE

Nicholas Hornby è nato il 17 aprile del 1957 a Redhill, Surray, in Inghilterra. 

Quando era ancora molto giovane, purtroppo, vive il divorzio dei suoi genitori: evento che probabilmente gli permetterà di riflettere ancor di più sulle dinamiche familiari e di coppia in “tempi di crisi”. 

Si laurea in letteratura inglese all’Università di Cambridge, nel 1974, e in seguito inizia gli studi formativi per l’insegnamento. Mentre inizia il suo lavoro nelle scuole, lavora come giornalista freelance e critico musicale d’ambito pop. 

Tifoso accanito dell’Arsenal, racconta la sua passione/mania nell’autobiografico Fever Pitch, che riscuote un grande successo.

La sua prima opera narrativa è High Fidelity: la storia di un trentenne proprietario di un negozio dischi, ossessionato dalla collezione di LP rari. La pubblicazione diventa su terra inglese un best seller.

Nel 1998 esce About a boy, di nuovo un trentenne, di nuovo una vita isolata e problematica… ma anche qui la musica risuona a contornare incontri inaspettati che si armonizzano in una redenzione assolutamente umana. Dal romanzo è tratto il film omonimo del 2002. 

Seguono altre pubblicazioni: Come essere buoni (2001), Una lunga strada verso il basso (2005), Giulietta Nuda (2009); Funny Girl (2014), Just like you (2020). Scrive anche diversi saggi, permeati degli stessi elementi che caratterizzano la vita dei suoi personaggi: come Songbook (2002), dove presenta, analizza e racconta una sua personale playlist. 

Hornby è un consumatore di creatività, infatti scrive anche recensioni di libri per la rivista statunitense “The Believer”, pubblicate in Italia da “Internazionale”; l’editrice Guanda ne ha riunito una raccolta con il titolo Una vita da lettore (2006).

Il Nostro è anche uno straordinario sceneggiatore, infatti, firma An Education (2009), per il quale riceve una nomination agli Oscar; Wild (2014), tratto dal memoir di Cheryl Strayed; Brooklyn (2015), tratto dal romanzo di Colm Toibin. 

Per la tv scrive Love, Nina (2016) e State of the Union (2019): quest’ultimo mostra le sessioni della terapia di coppia di un duo, ovviamente sposato e in crisi. 

/-/

La novella Everyone’s reading Bastard è stata pubblicata nel 2012, precedendo la serie tv con il crudo e ironico racconto di cosa significa stare insieme, amarsi (forse), lasciarsi, odiarsi, o peggio… non riuscire più a “vedersi”.

 LO ZERO ASSOLUTO DI UN "BASTARDO" COME NOI

Temi, pentimenti, re-start

“Era facile trattare bene una bella donna al tavolo di un ristorante. Le angosce cominciano dopo, con i figli e la stanchezza e il monotono tran tran del matrimonio e della monogamia.”

Charlie ed Elaine decidono di divorziare tra le 9:30 e le 10:00 del mattino, in un caffè vicino alla scuola dei figli. La piccola Emily risponderà alla notizia con un “Ma va?”. Una vita di quieta disperazione… direbbe Henry David Thoreau. 

Subito si avverte noia, non c’è colpo di scena, dopotutto: “difficile, freddo, separato, triste”, il piatto, sarcastico e distaccato resoconto di una rottura che tirava da troppo tempo in crepe tese fino all’inverosimile. 

L’ironia è il tono del cinismo che recita sul palcoscenico del fin troppo noto a un qualsiasi lettore, o essere umano, che abbia vissuto abbastanza per aver testato l’ignoranza infantile nell’imparare, senza purtroppo averlo chiesto, che le cose spesso finiscono in una nuvola di niente, quando si è stati i primi a depersonalizzarsi, a livellare… senza una ragione che ricordi il perché. Nessuna sfuriata, dramma, lacrime: “NON PERDETEVI LA NUOVA FANTASTICA RUBRICA SETTIMANALE DI ELAINE HARRIS: BASTARDO”; sì, una moglie, ormai “ex”, una giornalista di costume che si adopera, appena una settimana dopo il divorzio, a far sapere proprio a tutti le atroci imperfezioni e le inappropiate dis-umane debolezze del partner, ormai cassato dalla lista degli ammessi alla tragicommedia del nascere, crescere, lavorare, procreare, morire. Beh, Charlie ha subito più il colpo del divorzio che della rubrica: in fine, perché fingere, ormai, quando tutti ti hanno visto nudo, un neonato essere umano rimesso al mondo da capo. Via le finzioni, via gli sguardi di traverso e le chat a tarda notte: l’attore si toglie il cerone dal viso, l’abito bello, gli stivaletti di marca, la voce da padre o membro della società con tutti i requisiti richiesti. 

“Charlie credeva che l’intollerabile potesse sempre essere tollerato ancora per un po'.”

La comoda poltroncina dell’inettitudine, mentre su Facebook si ricerca una compagna delle elementari, per farci sesso, e con buona fortuna riuscirci anche. Ma Elaine, che già da tempo infilava nei suoi articoli piccoli, ma inequivocabili, riferimenti a Charlie è anch’essa costretta a togliersi il bel vestito della scena per mostrare i segni delle lacrime sul cerone da spettacolo: “Mi ero arresa”, così ripercorre le motivazioni dell’inizio della relazione con l’ex marito. Mettersi con qualcuno per paura di stare soli, per far vedere a un altro ex ancora che si è voltato pagina; sposarsi perché è ora e mettersi in una marcia più o meno segnata che porta alla convivenza e alla genitorialità. 

Tutti leggono “Bastardo”: il padre insipido, il porco, poi l’amante inetto. Ma Charlie ha già subito il colpo mortale dal cecchino invisibile; adesso pare tutto così chiaro, e dal sudore freddo la riscoperta del sapore delle cose, belle quando sono nuove, impacciate, reali. Tutti incitano Charlie alla rivalsa, persino una certa “Stronza”, bella, fragile, assolutamente considerabile per fare sesso, per la prima volta riverginati dalla rottura della cortina del fasullo. 

Guardare indietro fino a quando un matrimonio era solo nell’aria. Amore? Passione? Semplice interesse, per lo meno? No: 

“L’avevano rovinata: era stata a letto con troppi uomini, che le avevano mentito, l’avevano delusa, avevano finto di amarla e ammirarla, invece volevano solo trasformarla in qualcos’altro.”

Questa è Elaine, ora Charlie ci vede chiaro. Chi è la vittima? 

Non succede poi molto in questa novella, perché già è successo tutto. 

Hornby è l’onesto garzone della ditta di traslochi: ti impacchetta quello che può stare in una vita e te lo cataloga e accatasta, bello ordinato, poi prende lo specchio quello grande e te lo piazza davanti, dicendoti: “Questo dove lo mettiamo?”

Compassionevole parabola di ordinaria mediocrità, dove però riluce una morale, una possibilità di ascendere all’essere sé stessi.

“Charlie non aveva mai passato molto tempo a chiedersi cosa volesse per sé stesso. Gli era sempre sembrato ovvio.”  


Ma attenzione, Elaine forse ha un ultimo asso nella manica.

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