martedì 4 gennaio 2022

COME FU CHE BABBO NATALE SPOSÒ LA BEFANA

di

ANDREA VITALI

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2013

Edizione

Editrice Mondadori

Copertina rigida con sovraccoperta

Pagine 125

ILLUSTRAZIONI di Gianluca Biscalchin

DALL’ALETTA INTERNA

Nel placido paese a bordo del lago ci si prepara a festeggiare il Natale, l’aria è carica di una promessa di neve e gli adulti sono al riparo dal freddo e dai dubbi, confortati dalle loro certezze esistenziali.

“Perché se Babbo Natale esiste nessuno l’ha mai visto?”: dalla fatidica domanda di Tom, un ragazzino curioso che non si accontenta delle risposte evasive dei suoi genitori, prende avvio il racconto di Vitali, che illustra il mondo dei grandi, impacciati e non sempre all’altezza del loro ruolo di educatori”.

TEMI

Tre bambini hanno una questione da analizzare, un caso da risolvere; un bel gruppetto di adulti si ritrova davanti a interrogativi che avrebbero voluto volentieri evitare: dopotutto dopo una certa età si presume che della vita tutto sia chiaro e che le fantasie siano delle sciocchezze. Però non tutti i grandi la pensano così: un direttore scolastico con la passione per la scrittura e una domestica ferratissima sugli amori da fotoromanzo stentano ad arrendersi a certezze che non saziano per niente, o che per lo meno lasciano lo stomaco un po' insoddisfatto per la mancanza di quella bontà che solo una magia avvenuta mentre fuori nevica può porgere su un piatto d’argento a un paesino qualsiasi con gente assolutamente ordinaria. I ruoli qui sono stabiliti, rigidi da diventare la caricatura di un mondo adulto che perde la partita davanti alla determinazione e alla pura, sincera, libera mentalità dei bambini. Carabinieri, madri e maestre; padri e barboni: per ognuno di loro c’è una definizione su aspetto, comportamento, e fregi. Ma davvero la vita è tutta lì? Di certo il lettore imparerà che le parole hanno un peso: è ora di smetterla di credere che i bambini non capiscano… essi ascoltano e vedono molto intensamente di un “carabiniere maresciallo”.

Una commedia degli equivoci che inganna fin dal titolo, a ragione. Una storiella alla maniera di Vitali che si presenta come un libro per bambini ma che, con la semplicità di un romanzo per ragazzi, si rivolge all’adulto per donargli una nuova, dolce, visione della vita.

L'AUTORE

Andrea Vitali è nato a Bellano il 5 febbraio del 1956; figlio di impiegati comunali, cresce sul lago di Como ed è il maggiore di sei fratelli. Restato a diciassette anni orfano di madre, cresce con la presenza costante delle sue tre zie, sorelle del padre; a questa esperienza dedicherà il libro LE TRE MINESTRE.  

Diplomatosi al liceo segue poi le ambizioni paterne e si laurea in medicina all’Università Statale di Milano. Vitale fa il medico per ben venticinque anni, più precisamente fa il medico di base proprio a Bellano. Nel 2020 riprende l’attività medica per aiutare nell’emergenza legata alla pandemia da Coronavirus. Nello stesso anno ha ripreso la sua aspirazione giornalistica giovanile e inizia la collaborazione con Il Fatto Quotidiano.

COME FU CHE BABBO NATALE SPOSÒ LA BEFANA

CHE COSA STA ACCADENDO?

Forse è già accaduto, forse no, non si sa.

[…]

Sicuramente è ancora giovane e lo resterà per gran tempo ancora.

Forse lo resterà per sempre, come capita a coloro che di invecchiare non ne vogliono sapere.

Tommaso ha dieci anni, il suo nome ha subito diverse modifiche: i diminutivi sono diventati sempre più lunghi con la crescita. Ciò che conta è che di maturità Tommaso ne ha da vendere, nel senso che il bimbo si pone domande serie che mettono in crisi la classica evasività che i grandi spesso hanno di fronte ai più piccoli. Se Babbo Natale esiste perché nessuno lo ha mai visto? Domanda lecita; mentre un raviolo raffredda su una forchetta in attesa di sapere se è una bandierina rossa o già una bandiera bianca.

La causa dei tormenti di Tommaso è Rebecca, “bèbèbè”, una bambina che inciampa sulle parole probabilmente perché vive la sua giovane esistenza cercando di salvarsi dagli appuntiti angoli di cui è fatta la madre. 

La Signora Stecchetti è ben nota alla mamma di Tommaso. La Stecchetti è davvero uno stecco, o meglio una figura geometrica appuntita che non lascia spazio alla gentilezza o all’emozione: le due non si sopportano perché il morbido subisce gli urti con ciò che è appuntito. 

Rebecca sa bene che Babbo Natale non esiste. Almeno così afferma frettolosamente, e freddamente, Stecchetti madre. La bimba però ha un crollo improvviso, un pianto infernale che evolverà in malesseri più cocenti. Diciamo che chi di angoli ha ferito di improvvisa magia ha subito. Non si sa se di magia si tratti ma Tommaso ha visto, e anche il suo amico Carmine; non si dubiti di Carmine il quale è figlio di un “carabiniere maresciallo” e sa bene come condurre un’indagine. 

Una bella patata bollente questo mistero che si presenta come una diatriba feroce agli occhi della maestra Venirà e del direttore Remedio Impero. Entrambi i personaggi non hanno figli ma chissà perché essendo quasi declassati come educatori, perché non essendo genitori pare non possano comprendere bene come ci si comportìi con i bambini, sembrino invece i più inclini ad osservare ed ascoltare. 

Il Direttore vive con l’anziana madre e scrive storie per bambini: è un creativo e ha tanto tempo per scrutare il cielo ed annusare l’ispirazione. Questo suo animo fanciullesco e aperto lo rende un uomo timoroso ma sicuramente comprensivo, di certo difenderebbe Babbo Natale da tutte le accuse!

Ecco, qui entrano in gioco i Carabinieri e delle accuse non ben chiare. Il Maresciallo, un carabiniere galante e una domestica si ritroveranno tra le mani la patata bollente che prima friggeva tra le mura di una scuola elementare. 

Lo sfondo degli anni Settanta, o forse prima, l’odore della neve in arrivo e le luci sul lago tanto caro a Vitali. Un’ambiente accogliente dove una leggenda diventa certezza, poi mistero, poi equivoco e ancora mistero. 

Il peso delle parole e la misura del cuore per una storia carina che regala un sorriso; potrebbe persino far venire un risotto il più buono di sempre. 

Se leggerete capirete il perché!

CI SONO CASCATA IN PIENO!

Analisi piccina con considerazioni che si son fatte attendere

Vitali è fatto così, ti pone in modo scherzoso piccole storie che vanno diventando questioni enormi e reali, di tutti e per tutti. 

All’inizio sono rimasta piuttosto delusa… se solo avessi potuto leggere l’aletta interna! 

Ho acquistato il libro usato e poco vi era scritto a riguardo. Dal titolo e dalla copertina ho pensato, inizialmente, ad una vicenda fantastica dove avrei visto il panciuto Santa Claus prendere per mano una vecchina ricoperta di stracci chissà dopo quali avventure tra cieli stellati, doni e tempeste di neve e carezze. 

Letta così direi che avevo più o meno visto bene, ma l’ho capito solo alla fine. 

Dopo una serie di vicende quotidiane niente affatto fantastiche mi sono sentita tradita, soprattutto perché Babbo Natale non è affatto il protagonista. In realtà non si sa neanche se abbia l’udito funzionante e se sappia parlare. Sta lì e tutti intorno si affaccendano a capire chi, cosa e perché. Ai piccoli la curiosità e gli spasimi passano presto, perché a loro non servono tante congetture, ma i grandi impazziranno alla ricerca di spiegazioni difendendo convinzioni e certezze che non sanno di niente e in realtà non si reggono perché un’identità non ce l’hanno: hanno solo un ruolo. 

La credibilità del ruolo è quel prestigio che una professione o una figura hanno perché considerate socialmente prestigiose: un carabiniere, un direttore di scuola, una ligia madre severa. La credibilità nel ruolo rimanda a come una persona incarna quel ruolo, e lo porta avanti. Si può rovinare un’intera categoria se non si fa ciò che ci si aspetta. In realtà le “regole” della vita sono molto più sfumate di quelle di una carica o una qualifica. Vitali gioca con tutto ciò sbeffeggiando un pochino i grandi, ma non troppo. Personaggi rigidi condividono lo spazio con personaggi sognanti e sognatori: il mix sarà simpatico, tenero e per certi versi illuminante. 

Credo che questa storia non possa essere compresa completamente da un giovanissimo che vi si approcciasse tutto da solo. Il piccolo romanzo è adatto a quelle persone che sanno essere credibili in quanto se stessi, nel senso che si danno spazio in toto: con sogni, incertezze e qualche strappo alla regola se il cuore lo richiede. Chi è fatto ad angoli, come la Stecchetti, forse potrà intraprendere un viaggio verso una meta promessa, verso una cometa messa a portata di mano. Sì, come i Magi: vi posso dire che avranno a che fare con la Stecchetti madre… dove si arriverà? O forse qualcosa partirà, o verrà spedito. 

Le illustrazioni in bianco e nero delineano con pochi tratti personaggini espressivi che sembrano poco realistici ma dimostrano, invece, la sincera realtà di ciò che rappresentano. 

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mercoledì 22 dicembre 2021

DI IMPOSSIBILE NON C'È NIENTE

 di

ANDREA VITALI

Illustrazioni di Fabiana Bocchi

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2015

Edizione

Editrice Salani Editore

Prezzo di copertina €10,00

Num. Pagine 156

Formato Copertina Rigida


TEMI

SALVIAMO I SOGNI, LA SPERANZA E LA NOSTRA “CASA”.

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Perché, chiedeva Melo con uno slancio lirico finale, tutto quello, il giallo, e l’oro delle foglie, il rosso del ciliegio, il verde eterno del pino, il cangiante del larice, la nudità delle betulle, il chiacchiericcio del sottobosco, le grida di ribes e compagnia bella, avrebbe dovuto sparire per fare posto a case morte sul nascere, piccoli cimiteri per uomini e donne ancora in vita e bambini che non avrebbero avuto spazi per giocare?

L’AUTORE

Andrea Vitali è nato a Bellano il 5 febbraio del 1956; figlio di impiegati comunali, cresce sul lago di Como ed è il maggiore di sei fratelli. Restato a diciassette anni orfano di madre, cresce con la presenza costante delle sue tre zie, sorelle del padre; a questa esperienza dedicherà il libro LE TRE MINESTRE.  

Diplomatosi al liceo segue poi le ambizioni paterne e si laurea in medicina all’Università Statale di Milano. Vitale fa il medico per ben venticinque anni, più precisamente fa il medico di base proprio a Bellano. Nel 2020 riprende l’attività medica per aiutare nell’emergenza legata alla pandemia da Coronavirus. Nello stesso anno ha ripreso la sua aspirazione giornalistica giovanile e inizia la collaborazione con Il Fatto Quotidiano.

DI IMPOSSIBILE NON C’È NIENTE

SEDETEVI COMODI: SU UNA RENNA O SOTTO LA CAPPA DEL CAMINO, MAGARI VICINO A QUEL RIBES

E se l’immaginazione e i sogni andassero in “pensione”? Se le belle storie smettessero di essere raccontate, se la magia venisse tradita da una fredda modernità votata alla velocità di consumo? Ci sarebbe da chiedersi che fine farebbero Babbo Natale, la Befana, il Topolino dei denti, Santa Lucia… per non parlare della spiritualità. 

In una realtà vicinissima al nostro presente, anche se immaginata, un racconto per bambini che mira a chiamare all’attenzione gli adulti. 

L’Ospizio Vistalago ha tra le sue mura accoglienti tutte le creature magiche che da secoli vengono attese ed evocate da grandi e piccini: ormai, partendo da Babbo Natale fino alla Cicogna che porta i bambini, queste entità sembrano non servire più a nessuno proprio perché nessuno le cerca; sarà che la speranza e i desideri sono cambiati, se non scomparsi definitivamente.

Mentre il noto vecchino panciuto e rubicondo dedica odi alla luna, una suora che avrà più di duecento anni ascolta la musica delle stelle, i Re Magi passano a trovare i cammelli nella stalla dove sono lì pacifiche anche le renne, beh… ecco che arriva il postino, Mercurio. Sì, devo dirvi che la mitologia è evocata in ogni personaggio, l’allegoria dà all’adulto la responsabilità di ricordare, spiegare e quindi elaborare gli archetipi e le poste in gioco per un’umanità che sceglie di restare, appunto, umana; solidale, e va bene che sia anche fallibile purché reale come appaiono quelle creature fantastiche che dopo una grande impresa restano a letto con il mal di schiena. 

Certo, dovete sapere che ci sarà un piano da affinare e una vittoria da portare a casa a tutti i costi. E poi magari capire se “casa” è l’ospizio o il luogo da dove nacque ogni sogno o desiderio. 

Un bambino di nome Gelso smuoverà il mondo, come? Facendo recapitare a Babbo Natale la prima lettera dopo tantissimo tempo. La richiesta è precisissima: vi è anche una mappa e una descrizione accurata del luogo del misfatto; alla letterina hanno partecipato anche Melo e Pero, che poi si chiamano Pietro e Paolo. Per assonanza verrebbe da chiedersi se magari il nome di Gelso sia un altro. 

Si riuscirà a combattere i potenti e le loro decisioni scellerate? Forse basta un pizzico di furbizia: troppo ordine rischia di essere esposto al fallimento se si introduce un pizzico di sano caos. 

Ho dimenticato di dire che alla costruzione dell’Ospizio Vistalago ha partecipato un misterioso Architetto che riesce a mettere esattamente le cose a posto per ogni abitante di un luogo che progetta: ogni cosa ha una funzione… basta che poi egli possa rilassarsi per sei giorni!

I valori della speranza, della creatività, dell’amicizia e della collaborazione al servizio di ciò che c’è di più prezioso: quattro alberelli, un bosco, la terra; ed ecco che quindi torniamo al concetto di ciò che dobbiamo portare a casa, quella casa così preziosa e non recuperabile se lasciamo andare ciò che vive, anche se solo nei cuori. 

CONSIDERAZIONI

Una lettura che si traveste da libro per bambini quando il bimbo evocato è quello da risvegliare nello spirito del lettore. Allocutivi espliciti e confidenze fatte apertamente a chi ha tra le mani il volume: ecco che questa storiella è qualcosa di più di un evento divertente raccontato in modo poetico e un bel po' assurdo. Tra i nomi mitologici che si affollano; le tradizioni, a volte un po' vecchiotte o meglio eterne; la sensibilità dimostrata verso il senso della vecchiaia e del ricordo; ecco che Vitali ci restituisce una bella lavata di capo giustificata dalla freddezza di tempi pragmatici, fin troppo dediti a regole e ordini così rigidi da diventare ridicoli. E non nascondo la mia soddisfazione nel vedere la cara burocrazia autodistruggersi. 

Si riflette anche sul senso del desiderio: il desiderare è una virtù civica, ed è proprio questo che Vitali ci pone tra le mani tese a quell’adulto stressato e oberato che popola una terra sofferente ricoperta di mutui non estinguibili, che hanno sì l’aspetto di galere fisiche ma scaturiscono da finti bisogni materiali che celano in gestazione debiti perenni con lacune psicologiche e spirituali. 

Non è un caso che riguardo alla missione alla quale è chiamato Babbo Natale la renna anziana sia sfiduciata mentre la più giovane non voglia sentir parlare di arrendevolezza. Ma fosse che il problema non sono i “giovani d’oggi” ma quegli adulti che non fanno altro che smettere di provarci, di sperare e fare la cosa giusta? Troppo comodo dare la colpa è chi arrivato dopo, soprattutto se noi siamo ancora in gioco ma decidiamo di abbandonare la partita.

Consiglio questo libro davvero a tutti, senza esclusione. Uomini, donne, animali, bambini e geometri. 

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lunedì 20 dicembre 2021

LA BEFANA

 

di

Sandra Nelson

Illustrazioni di

Sébastien Pelon

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2019

Edizione Prima Edizione italiana

Editrice Jaca Book

Prezzo di copertina €14,00

Num. Pagine 34 circa

 

TEMI

EDUCAZIONE E GENTILEZZA

 

DI COSA PARLA? Mettetevi comodi

Siamo a Montepulciano, nella campagna toscana; qui vive Nicola, un bambino. Beh, lì non c’è solo Nicola ma anche una mamma esasperata, delle galline indispettite e una mucca molto offesa: tutto questo è colpa di Nicola e dei suoi modi di fare pessimi.

Ph Francesca Lucidi

Ogni mamma vorrebbe un figlioletto amabile ed educato ma diciamocelo… a tutti gli esseri viventi piace essere trattati con garbo e rispetto; tutto riesce meglio e si condivide con gusto se dall’altra parte abbiamo un interlocutore piacevole. A volte prendiamo a calci un sasso e andiamo a colpire l’auto di qualcuno, altre volte non chiediamo le cose come farebbe una personcina per bene: il nervosismo è una brutta abitudine, ma ci possono mettere lo zampino anche la superficialità e il capriccio. Ah, per fortuna che c’è sempre qualcuno che ascolta, anche da lontano, e potrebbe darci la giusta lezione nel momento più inaspettato.

Non ci si deve scordare che tra questi “controllori” del buon comportamento c’è la Befana, la vecchina che la notte del 5 gennaio cavalca una scopa e, passando per i camini, distribuisce dolci o carbone a seconda se si meriti un elogio o una piccola punizione. La mamma di Nicola ricorda sempre al proprio figliolo quanto rischi di ricevere una bella montagna di carbone; il piccolo, però, è troppo occupato a gettare in terra i secchi del latte o a fare il giocoliere con delle povere uova.

Non ho paura della Befana, non ho paura della Befana.

Ph Francesca Lucidi

Così canticchia Nicola mentre si sta cacciando in un guaio, ma ancora non lo sa. Certo, un guaio che segnerà però la sua vita, il suo modo di essere… e di certo non uscirà da quella esperienza come ne era entrato.

Nicola si troverà nientepopodimeno che in una casa vecchia dove c’è un gatto vecchio… sì, nell’abitazione di una “vecchia” diciamo. E chi è la proprietaria? la Befana!

L’incontro tra i due sarà assai istruttivo; quindi, mettetevi comodi sulle vostre scope!

 

ANALISI

Ci troviamo di fronte ad un albo illustrato di grandi dimensioni, coloratissimo e liscio liscio. Le parole possono stagliarsi su un fondo bianco, e rubare tutta una pagina, o adagiarsi tra i colori facendo parte della scena. La lettura è consigliata per i bimbi dai quattro anni; ovviamente la resa dipende molto da chi leggerà e spiegherà la storia di per sé brevissima. Fate qualche vocina e fate notare le espressioni dei volti; spiegate bene perché la Befana ha adocchiato Nicola e cercate di difendere la vecchina: dopotutto se sarà un po' dura il fine è assai onorevole.

Penso che il messaggio di questo albo possa far bene proprio a tutti, non solo ai bambini. Alla fine del volume troverete una ricetta molto speciale:

Mescolate con amore,

fate cuocere dolcemente

e assaporate senza indugio.

Vi faccio una specie di indovinello: secondo voi si parla solo di biscotti o certe indicazioni possono applicarsi anche a qualche altra cosa? Pensateci un po'…

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mercoledì 15 dicembre 2021

L'EREDITÀ DI CHRISTINE

di 

LAURA USAI

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2021

Edizione 1°

Editrice AUTOPUBBLICAZIONE

Prezzo €9,52 al momento dell’acquisto

Formato in copertina flessibile

Num. Pagine 209

TEMI

Che significato può avere un cambio d’abito? Stoffa color verde bottiglia cinta da bianchi pizzi, una appena percettibile porzione di petto che si mostra al mondo dopo tempo. Un respiro che si fa più profondo, forse per sollievo… più certamente per inquietudine verso un futuro pieno di possibilità e per questo incerto. Ambientazione vittoriana per un romanzo di formazione; una ragazza, Christine, colpita da un grave lutto che lascia in eredità sospensioni, gesti mancati.

 La giovane fanciulla si fa intrecciare i biondi capelli mentre i cavilli si sovrastano l’un altro nella testa, e nello spirito che ancora cerca ciò che mancò. I ricordi non smettono di porre domande.

 La famiglia: il luogo da dove veniamo, e se proprio lì si affollano i buchi neri ecco che l’intero firmamento del nostro cielo si spegne.

Christine si trova sola; la tenuta di Cornfield Hall la accoglie in una famiglia pacata, gentile. Le emicranie del padrone di casa, le velleità artistiche della figlia maggiore e le marachelle dei più giovani Williams fanno da sfondo a giornate tutte uguali: senza entusiasmo, affetto accolto o dimostrato, tempo. Ma proprio il tempo viene scosso dalla melodia di una suonata di pianoforte a quattro mani: il Signor Lawrence, con i suoi neri capelli che si scompigliano all’unisono con le emozioni, torna dalle sue missioni marittime per affrontare l’oceano più cristallino e profondo: il cuore di Christine.

I biscotti del tea del pomeriggio della Signora Williams acquistano nuovo sapore. L’esistenza della nostra protagonista sembra guadagnare terreno rispetto alla noia, alla stasi… e come spesso accade quando si avverte che gli eventi iniziano a muoversi per dritto ecco che una curva spunta all’improvviso: l’avvocato Bailey si fa messaggero di una rivelazione scioccante. 

Segreti di famiglia, tombe che nascondono dolori insanabili, passioni rivoluzionarie: ecco, proprio una visione riformista è il medicamento a un periodo storico crudele con i poveri, i lavoratori. Quando le donne esistono solo come una sbiadita ombra degli uomini; le Workhouse mandano tanfo di vergogne; gli intellettuali imbracciano la penna per denunciare ciò che gli occhi dell’uomo comune scelgono di non vedere, o di accettare con muta disperazione. Specialmente lo sguardo delle classi più “privilegiate” pare paralizzato in convenzioni asfissianti che foraggiano scelte difficili, dure; perdonabili?

Una lettura ben congeniata, originata sicuramente da un grande amore per la letteratura dell’epoca. Il secondo Ottocento e le sue eroine che possono aver mancamenti certo, ma che sanno anche rialzarsi con fiera convinzione per trovare il proprio posto nel mondo cambiandolo per tutte noi donne. 

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Il suo tentativo di dipanare i fili che avvolgono il misterioso passato dei suoi genitori la condurrà alla scoperta di segreti dolorosi e verità sconcertanti. Nel frattempo, la presenza del Signor Lawrence si rivelerà sempre più determinante […]

L’AUTRICE

Laura è nata con l’amore per i libri, per la scrittura. Legge e compone avidamente fin dalla tenera età. Una scrittrice giovane che produce molto materiale, e se lo pubblica da sola. 

Nel 2017 esce il primo racconto GLI OCCHI DEL DISINGANNO. Nel 2019 viene alla luce il fantasy IL SEGRETO DELLA CURATRICE, che ha un grande successo tra i lettori di Amazon, piattaforma attraverso la quale la Nostra pubblica i suoi lavori. 

Nel maggio del 2020 esce il racconto MAITE, dai toni più romantici. L’EREDITÀ DI CHRISTINE esce a marzo 2021. 

Attenzione, è già disponibile il seguito de IL SEGRETO DELLA CURATRICE, con il titolo LA DONNA SENZA NOME.  

LA DEDICA PER I LETTORI

A chi ha il coraggio di credere nei propri sogni.


L’EREDITÀ DI CHRISTINE


LA CARROZZA È PRONTA, STATE ATTENTI AGLI SGUARDI DELLA CAMERIERA

Siete un vulcano pronto a esplodere, siete fragile come un cristallo ma al contempo forte come una piccola barca che resiste alle tempeste più turbolente.

Questa è l’essenza di Christine, la sua evoluzione che nel tormento trova il senso fuggevole del suo passato, e del futuro che si guadagnerà con fiera e giusta sottomissione alla sua natura, ai suoi desideri e alla sua storia. La natura che sboccerà nelle carni di Christine verrà innaffiata di lacrime di paura, di malinconia, di dolore; il seme della libertà spingerà il terreno di un secolo severo con chi non nasce uomo, o ricco. La sottomissione a cui cederà la protagonista non ha nulla di arrendevole: a volte ci si ostina a portare alto il nome di imposizione ingiuste, di consuetudini crudeli, accettate perché la maggioranza delle persone non fa nulla per cambiare le cose. 

Christine crede di aver perduto tutta la sua famiglia: la sorte scoprirà scrigni di menzogne; ciocche di capelli mostreranno riflessi così noti quanto mai immaginati. 

A volte il dolore cambia il nostro modo di dimostrare affetto.

Il gelo sembra avvolgere ogni giornata; il sole resta velato da nubi scaturite da un’infanzia e una giovinezza passate a chiedersi perché non c’è amore nella nostra vita. L’amore però non ha un solo modo per svelarsi e toccarci; le convinzioni di ciò che dovrebbe essere ci privano di ciò che realmente è. Restare incastrati nel sommesso pianto di una vita che non si è avuta è una tentazione forte, avvelenata. 

Il passato in sé non si può cambiare, ma può mutare il nostro modo di vederlo.

La condizione della donna, i diritti dei lavoratori; la crudeltà di una Londra che pare lasciare alle mogli ripudiate solo l’alternativa della prostituzione. Dove pare che la gentilezza non possa albergare tra muri scrostati o strade umide e buie ecco che l’autrice ci mostra quanto nella storia l’amore abbia diversi stratagemmi per tendere le sue mani. La servitù che diviene una famiglia, una madre e un’amica; una sconosciuta che dai suoi occhi profondi ci invita ad un abbraccio sincero. Un cimitero che ci spezza la schiena sotto il peso del dolore ma può anche concederci il lusso del ricordo, dell’elaborazione di un dolore che sa divenire formazione e protezione. 

Ci si può unire al prossimo su inaspettati sentieri: la direzione deve deviarsi in favore dei nostri personali valori. 

Questa storia è sì anche il racconto di una vicenda sentimentale; da qui però prende le suddette deviazioni per narrare quanto il “giusto” si possa celare nelle azioni più inspiegabili per il nostro discernimento; queste azioni possono rivelarsi tutt’altro che facili perché tutt’altro che immediatamente comprensibili a chi vogliamo salvaguardare. 

Un romanzo che parla di donne, di diritti e di famiglie; quest’ultime hanno confini ben più ampi di quanto si possa immaginare nel luogo stretto e fintamente accogliente che è “l’appropriato”.

A volte le idee comuni legano più di un sentimento.

CONSIDERAZIONI

Laura Usai scrive in modo preciso, puntuale: lei stessa ci informa, a fine volume, riguardo le sue ricerche in merito all’Età Vittoriana. Come autopubblicazione, ci troviamo davanti ad un volume che non manca di nulla: biografia dell’autrice, citazione delle fonti ed editing precisissimo. 

L’autrice mi ha comunicato l’intenzione di non creare una trama eccessivamente complessa; L’EREDITÀ DI CHRISTINE è effettivamente una lettura piacevole che si porta avanti senza sforzi. In realtà io credo che questa storia contenga potenzialità che potrebbero creare altri risvolti non dico complessi… ma sicuramente affascinanti. Il profumo dolciastro del romantico avvolge tutte le pagine: magari spero in un seguito che possa dare maggior spazio e lustro alle porticine strette strette che l’autrice ha aperto verso vicende storiche che secondo me avrebbero parecchio da dire. Forse un prequel potrebbe soddisfare la morbosa curiosità che certe rivelazioni possono far nascere in più di un letture. 

Consiglio questo romanzo a tutti gli amanti di Jane Austen, Emily Brontë. Altri riferimenti ad autori ed opere li troverete a fine libro: cosa utile per chi volesse tornare sui passi di grandi scrittori che hanno dato il via a filoni letterari che ancora accompagnano il nostro gusto e le nostre coscienze. 


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venerdì 10 dicembre 2021

I RACCONTI DEL FOCOLARE. UN NATALE PER GRANDI E PICCINI

di

CONNY MELCHIORRE

Ph. Francesca Lucidi

Anno di pubblicazione 2021

Editrice AUTOPUBBLICAZIONE

Numero pagine 152

Copertina Flessibile con disegni a matita di Conny Melchiorre

Piccole chicche? Qualche ricetta gustosa alla fine del volume

Diviso in due parti con racconti per grandi… e, come annunciato, racconti per i più piccoli (i miei preferiti)


TEMI

Venti racconti di puro candore; un volume adatto a tutti… sembra una sviolinata? Non lo è: chi ama il Natale si troverà avvolto da un’atmosfera festosa così vivida da inondare narici e coronarie. La pelle si scalderà davanti alle fiamme di focolari o di cuori ardenti del più puro spirito natalizio; il pancino brontolerà ascoltando di pietanze gustose ma semplici, e mai apparecchiate a caso: piattini di formaggi piccanti, dolcetti, torte giganti gonfie di zucchero e speranza. Invece, chi non ama il Natale… e si trova casualmente o distrattamente tra le pagine scritte da Conny, verrà scosso da narrazioni di vita, di gioia e gentilezza; di ricordi e retaggi, di salvezze e pienezze di cui tutte le vite dovrebbero essere partecipi. Poche pagine scritte in un linguaggio pulito, e che più comprensibile e arrivabile non si può; una divisione che promette storie mirate a coinvolgere adulti e bambini. Però, qui, i bambini son più grandi dei “grandi” e il lettore appena più in là con l’età potrà bere della purezza di eventi semplici che hanno l’immensità della quotidianità santificata dall’amore, dalla cura e dalla forza di render speciale e unico ogni istante… nonostante le difficoltà. Temi attuali e periodi storici di varie metrature per un presepe che ha come protagonisti tutti noi. Un libro da condividere e da regalare ai nostri affetti, ma secondo me anche a chi ci è un po' antipatico. Scegliete voi.

LA DEDICA DELL’AUTRICE

Ai bambini di ieri, di oggi, di domani

Che il Natale vi scaldi il cuore, sempre!

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Quando le fragranze di mandarino e d’abete inebriano l’aria e i primi fiocchi di neve volteggiano dal cielo, è ora d’imbastire tutte quelle tradizioni che conducono al Natale. Ogni famiglia ha le sue. Ad esempio io tiro fuori dal baule tutti i libri che raccontano le feste, per me e la mia bambina. È nata così l’idea di scrivere I racconti del focolare. Un Natale per grandi e piccini. […]

L’AUTRICE

Conny Melchiorre è nata a Lanciano il 27 ottobre del 1977, uno scorpione… come il mio ascendente. Beh, altra coincidenza è costituita dalla regione: siamo entrambi abruzzesi; questo mi ha permesso di godere al meglio di tante tradizioni citate, per non parlare delle città chiamate a costituire lo scenario delle storie raccontate, città a me care per diversi motivi. Ma sarò obiettiva… lo prometto.

La Melchiorre si laurea nel 2001 in filosofia, presso l’Università degli Studi dell’Aquila. Nel 2004, consegue la laurea magistrale in Scienze Pedagogiche, presso l’Università D’Annunzio di Chieti. Lavora come insegnate e giornalista; organizza corsi di scrittura creativa e coordina eventi. Il suo primo romanzo esce nel 2020 con il titolo Fiori d’Oriente, edito da Aletheia Editore. 

Potete trovarla sui social. Io l’ho scovata grazie al luna park chiamato Instagram.


I RACCONTI DEL FOCOLARE

PRESENTAZIONE, ANALISI E CONSIDERAZIONI: TUTTO IN UN SOL BOCCONE!

Il profumo dei mandarini è la campanella a festa che sveglia il mio spirito natalizio. Il muschio, raccolto sulle rocce dei boschi, diventa il prato su cui adagio i miei pastorelli del presepe. Sono un po' stinti, ma non li sostituirò, compagni preziosi dei miei ricordi felici.

[…]

La nostra casa, dalla Concezione, si trasforma in un luogo incantato, tra ghirlande alle pareti, pupazzi natalizi, stelle comete […]

La mia vita è una fiaba vera, che ancora oggi non mi stanco di raccontare.

Citare le parole di questa raccolta di racconti è per me un invito fin troppo pressante. Mi piace rileggere l’incipit ancora e ancora. Quale apertura efficace, accogliente! Tutto il volume è un caldo abbraccio dai sentori di legna, lana e neve. Non cedete al facile giudizio che vorrebbe pensare questa lettura come scontata o ruffiana: tutto è molto sincero, e nessuno deve osar dire il contrario… ma non mi devo neanche sforzare troppo per ribadirlo, basta leggere. 

Non è tutto rose, fiori e canditi. Lo spirito della speranza, della gioia e della vita inspira brutture e restituisce aria, un po' come fanno gli alberi. L’incipit dice bene: la fiaba è quella vicenda piena di peripezie che grazie alla magia e al coraggio si tramuta in un lieto fine che si riverbera nei secoli, per chi vuol imbracciare la spada e combattere contro il drago cattivo; senza dimenticare di far cantare gli uccellini per colazione. 

Ogni racconto è breve e porta la voce di una persona qualunque, o di una vicenda, forse vera, che ha permesso alle tradizioni di diventar tali. La scelta degli argomenti e degli spunti non è casuale: la guerra, il Cammino di Santiago o una mamma che non è a casa per Natale perché cura i malati nei “reparti Covid”. E tornando indietro nella lettura si trova anche il Purgatorio di Dante… e cos’è il Purgatorio se non una passione che va attraversata per arrivare alla beatitudine eterna. 

Non si parla solo di buoni sentimenti, di gente cattiva ve ne è: gente che scaccia un cane malandato brandendo una scopa, contadini crudeli che battono la schiena di un asino indifeso. Cosa c’entra questo con il Natale? Beh, una letterina ci aiuta a capire:

Caro Babbo Natale, te lo avevo detto che questo per me era l’anno buono. Ti ho trovato, e lo grido al mondo. Ora so che per scovarti non occorre guardarsi intorno, ma interrogare i cuori di tutti, che ti custodiscono in uno scrigno di sogni, fra i tesori più belli.

E come ogni fiaba non possono mancare gli animali: cagnolini di Natale, galline senza nome (per poco), bestioline da cortile che prendono in prestito idee dai personaggi letterari. In tutto questo il tocco dell’uomo riesce a ricucire gli strappi dell’esistenza solo guardandosi intorno, non essendo indifferenti al prossimo, mai! E il prossimo comprende una bambina povera di nome Maria, un cucciolo abbandonato, un viandante affamato; fino al Bambino Gesù. 

Volete fare un cammino tutti insieme? Forse questa è la volta buona… altrimenti potreste seguir la sorte di una vecchina che erra con sulla schiena un pesante sacco, cercando di riparare a un momento di esitazione. La vita è nei particolari: forse siamo abituati a viverla e subirla vedendola troppo come un indistinto insieme. 



Ah! Ricordate le chicche di cui vi ho parlato all’inizio di questo contenuto. Se sfornerete La Chiffon Cake di Jack Brina chiamatemi ad alta voce!



Per veder bene le ricette dovrete adottare questo bel librino. A tal proposito:

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sabato 4 dicembre 2021

DENTRO SOFFIA IL VENTO

 di

 Francesca Diotallevi



Anno di Pubblicazione 2020

Edizione 3° (Prima edizione Neri Pozza 2016)

Editrice BEAT (Biblioteca Editori Associati di Tascabili)

Prezzo di copertina €9,00

Num. Pagine 222

TEMI

Un vecchio curato poggia le mani sul bastone mentre il diavolo sta a sentire; nel bosco vive lei… la strega; nelle stalle l’alito delle bestie crea nubi che vanno a cingere occhi duri che hanno sete di vendetta, e di carne, e di “fiamme”. Un dolce accondiscendente sorriso sbuca da sotto un elmetto ammaccato; due zoccoli corrono nel bosco mentre una volpe dal muso argentato spezzerà i vostri cuori bramosi di risposte e salvezza. 

Il pregiudizio che inibisce l’umanità, l’umanità che inibisce il pregiudizio. Una fiaba e una cronaca; immaginazione e spennellate di sogno dove la neve delle Alpi va a poggiarsi su cuori induriti dall’inverno, dalla solitudine e dalla guerra. La Grande Guerra porta via i figli di una terra dove si parla poco e si va in chiesa a capo chino, con le mani strette per pregare o per stringersi in sé stessi quasi a voler sfuggire dallo sguardo di Dio; mani indurite dal gelo e dal lavoro, che troppo spesso non conoscono carezze. Il ghiaccio, però, può pericolosamente cedere: si spacca perché subisce i pugni di chi ha un conto in sospeso con la vita, di chi piange su una lapide avvolta dal muschio o di chi bussa per cercare il divino sotto una coltre di ignoranza e silenzi. Amicizia e passione; crudeltà figlia della paura, coraggio figlio di quegli spaventi che sanno smuovere cuori messi sottochiave. La Valle d’Aosta percorsa da carovane di zingari e storie di paese che sanno condannare velocemente, chi è nato lì e chi viene da altrove… tutti non potranno scappare.

Un romanzo che parla di un amore inteso come sentimento che si innalza alla filosofia per poi coricarsi tra i gemiti di corpi meravigliosamente umani.

DALLA QUARTA DI COPERTINA

[…] Fiamma prepara decotti per curare ogni malanno: asma, reumatismi, cattiva digestione, insonnia, infezioni… infusi d’erbe che, in bocca alla gente del borgo diventano «pozioni» approntate da una «strega» che ha venduto l’anima al diavolo. Solo una persona, negli anni, ha avuto il coraggio di superare i pregiudizi della comunità […]

L’AUTRICE

Francesca Diotallevi, nata a Milano nel 1985, con DOVE SOFFIA IL VENTO vince il Premio Neri Pozza sezione giovani nel 2016. Nel 2013, pubblica Le stanze buie con l’editrice Mursia; nel 2015 pubblica Amedeo Je t’aime con Mondadori Electa; nel 2018 Dai tuoi occhi solamente con Neri Pozza. È laureata in Scienze dei Beni Culturali.

Appassionata la sua nota a fine volume; mi piace riportare alcune parole che rivolge alla famiglia… soprattutto perché ciò rende giustizia a tanti dolori e redenzioni che incontrerete se vorrete leggere Dentro soffia il vento:

Grazie per aver creduto in me, per avermi permesso di sbagliare e di ritrovare la strada. Ce l’abbiamo tutti, una strada dentro. Io sono incredibilmente fortunata a poterla percorrere con voi accanto. 

DENTRO SOFFIA IL VENTO

SEGUIAMO LA NEVE, CI SONO ORME SALDE… MA ALCUNI PASSI SON NASCOSTI

«Strega, figlia del demonio arpia» erano solo alcune parole che ricordo. Con gli anni avrei imparato a buttarmi tutto alle spalle, a compatirli per quel loro marcarmi con un insulto per scongiurare la paura che io e mia madre incutevamo loro. Come se vivere nel bosco lontane da tutto e conoscere i segreti delle piante e delle erbe ci rendesse persone malvagie e pericolose. La superstizione, io, non l’ho mai capita.

Fiamma non ha neanche due decadi di vita, una matassa di lunghi capelli lunghi e “irriverenti”: vive sola in un capanno, nel bosco. Odore di cenere ed erbe; un tavolo ricoperto di oggetti e piante essiccate. La stanza è buia, e fiamme viventi illuminano l’oscura foresta: fiamme di fuoco e fili viventi. La ragazza è odiata pubblicamente, ma la notte, segretamente, la gente di Saint- Rhémy corre da Fiamma per ricercare sollievo dai dolori della carne. La carne, qui, soffre perché un cacciatore ti spezza le zampe per non farti scappare, perché una polmonite ti attanaglia e ghermisce attraverso l’alito delle montagne; perché un odio profondo ti pulsa dai lombi e si copre gli occhi per non vedere seni piccoli e appuntiti che ti invitano alla beatitudine. 

Maledetti il dolore e i segreti che si celano dietro labbra serrate; un altro odore si avverte nell’aria: resina, cuoio e tabacco. Yann ha lasciato metà della sua vita tra i passi innevati delle Alpi; quella stessa metà gli fu restituita attraverso un alito caldo e misericordioso, una notte di tanti anni prima… maledicendolo. Raphael, il fratello di Yann, era stato l’unico amico di Fiamma, la sua famiglia oltre la madre Vivienne che era fuggita dal borgo per incontrare, si dice, il peccato zingaro. Tutti temono vergogne gettate sempre addosso a chi cerca di sopravvivere; però, le vere colpe non hanno voce… forse si sentono venir sparate attraverso la canna di un fucile… o forse si adagiano tra le pagine di libri amorevolmente passati da due mani a due altre mani lisce ma tremanti. 

Fiamma vive nella solitudine, prima benedetta ma poi debilitante da quando la Guerra ha portato via Raph. Nessuno viene risparmiato dal manto della vita: caldo e splendente o ruvido con pieghe tra le quali ci si perde. 

Un parroco venuto da Roma, Don Agape, scopre presto che nelle piccole cose si nasconde ciò che sempre lo ha terrorizzato, bloccato in un corpo possente ma inerme. Don Agape dovrà scoprire cosa fare con la sua stazza, il suo corpo e la sua fede. 

CONSIDERAZIONI

La Diotallevi ci accompagna attraverso visioni che possono sembrar sogni… eppure hanno radici reali, e una lapide lo testimonia. Alla fine del volume scopriremo da dove salgono le suggestioni che hanno creato personaggi combattuti, e per questo reali; tangibilmente avvertibili nel loro odore e nel loro sguardo. Tutti gli sguardi ci trapasseranno da parte a parte, così come la Guerra fa all’umanità… che proprio tra le trincee trova la sua sconfitta. Ogni capitolo riporta il punto di vista di un personaggio: Fiamma, Yann e Don Agape; e dei corsivi, che paiono vibrare, riporteranno memorie che tutti, al contempo, bramano di scordare e tenere strette. Il modo di raccontare è così deciso: l’autrice riesce a scomparire ma a tenere forti le redini di un carrozzone “zingaro” variopinto che porta misteri, meraviglie; trascinato dagli scalpitanti cavalli del fato. Tutto sembra agir per conto suo, ma la Diotallevi onora la libertà presentandoci i personaggi con tutto ciò che hanno nella pancia. Molte le frasi potenti da sottolineare, da rileggere e passarsi sul viso. Il vento davvero attraverserà il lettore. Si soffrirà, non posso nascondervelo, ma c’è da dire: 

Tutto ciò che segna le svolte della vita è fatto di dolore.

Il tema della Guerra è sfiorato, ma violentemente: ci sembrerà che essa resterà lì in un angolo… ma ci troveremo tra le trincee constatando che

 Quell’inferno che Don Jacques minacciava tra le sue prediche, e di cui ci facevamo beffe, esiste davvero. 

Più piani temporali si uniscono per ritrovarsi in un unico tempo che travalica i “due mondi”, così come accade in alcune radure dove pare che alcune visioni danzino ancora sopra le macerie dei ricordi. Fiori di camomilla profumano e i piedi si riposano quando ci fermiamo a contemplare il momento; il tempo: 

Ne abbiamo a disposizione uno sputo e lo sprechiamo a vivere una vita che non vogliamo. Mettendo a tacere i nostri desideri. Siamo così fragili, così insensati.

I miei sentimenti sono usciti sconvolti da questa lettura, che io reputo davvero meravigliosa. 

 

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domenica 28 novembre 2021

FIABE ABRUZZESI

di

DOMENICO CIAMPOLI

Ph Francesca Lucidi

Anno di Pubblicazione 2019

Edizione 1°

Editrice Aliribelli Edizioni https://www.aliribelli.com/prodotto/fiabe-abruzzesi/

Prezzo di copertina €10,00

Copertina flessibile


L’AUTORE

Domenico Ciampoli, scrittore, bibliotecario e slavista nato ad Atessa il 23 agosto del 1852. Studia primamente nel suo Abruzzo, concludendo il liceo a l’Aquila; in seguito, si laurea in lettere all’Università di Napoli. 

Inizia a insegnare, prima nei licei e poi nelle università. Cura diverse traduzioni di canti epici slavi, oltre a racconti e romanzi di classici russi come Tolstoj e Gogol. Quest’ultimo autore non può non riportarci alle suggestioni folkloristiche che tanto hanno trovato esaltazione nell’opera di Ciampoli sulla cultura abruzzese. Lo scrittore ha caro il suo bagaglio di ricordi e lo nutre con ricerche sul campo, che si esplicitano nell’ascolto della voce del popolo, dei contadini, delle donne. Ciampoli cura un filone verista di matrice abruzzese: pubblica nel 1878 BIANCA DEL SANGRO e FIORI DI MONTE, nel 1880 FIABE ABRUZZESI e RACCONTI ABRUZZESI. Le prime prove vengono accolte con minore entusiasmo rispetto al lavoro del 1882, TRECCE NERE, dalla maggiore attenzione verso i particolari di costume. 

Ciampoli lascia l’insegnamento nel 1892 ed inizia a lavorare nelle biblioteche, dirigendone alcune tra le più importanti del paese come la Biblioteca Nazionale di Roma. All’inizio degli anni Venti va in pensione e muore pochi anni dopo a Roma, il 21 marzo del 1929.

FIABE ABRUZZESI

INTRODUZIONE

Aliribelli recupera questo straordinario lavoro quasi sconosciuto e lo pubblica nel 2019. Il volume è breve, ma duro, affascinante e indimenticabile come le colline e le montagne d’Abruzzo: merlate di castelli misteriosi, di rocce illuminate dal sole cocente delle estati torbide o dal gelo cristallino degli inverni ululanti. Le ginestre tingono di giallo paesaggi sconfinati che non smettono mai di parlare al viaggiatore curioso, all’ascoltatore attento, all’astante sorpreso in un sentiero dall’urlo del gheppio o dal volo maestoso del grifone. In Abruzzo puoi trovare rughe sorridenti che stanno sedute nelle viuzze del borgo; le mani affaccendate ricamano e intrecciano, mentre le bocche raccontano di ombre e santi, di morti e salvezze. Mentre ti fermi puoi scorgere un portale antico, iniziali principesche su architravi o bifore. Quel muro scrostato mostra una Madonna, e una donna passa e si segna mentre una preghiera mescola italiano e dialetto in una formula di protezione senza tempo o autore. Ecco che nell’aria si avverte il ribollire di sughi e zuppe, e il pane fragrante fa da contrappunto a ossa rotte di cui la storia ancora continua a parlare… tra chi sta seduto a tavola, sia esso abruzzese o straniero ben accolto. 

ABRUZZO FORTE E GENTILE, così si dice. Ciampoli ci conduce alla scoperta di misteri che saranno monito o trastullo; di personaggi che ancora sopravvivono in energie che ti fanno salire un sussulto mentre giri per quel cunicolo o quella strada di montagna. Folklore dal nero mantello ed elementi gotici classici che promettono e mantengono ricchezze, stupore, compassione e rapimento emozionale. 

Tutto “FORSE È STORIA ED È IN VOCE DI LEGGENDA”.

Cinque racconti: LA RUPE DELLA ZITA, LA MAGGIORANA, ASILO, IL POEMA DI CORRADINO e IL DUCA ZOPPO

Storie di passione, morte, dannazione o ascesa al cielo fin tra le braccia della Vergine Maria; burle o vicende che ancora fanno paura e vanno raccontate sottovoce, dando la responsabilità della fonte a qualcun altro. Fantasmi insanguinati o scheletri che camminano; vesti dorate e corone del primo di maggio. Si banchetta e si beve, si ascolta e si prega. So che una nube rossa inghiottì un’abbazia… e io son di quelle zone e posso dire che certi alberi paiono aver brandelli di mantello e lacrime di dolore. Dante Alighieri stesso denunciò chi con scaltrezza portò morte e sconfitta: “Tagliacozzo, Ove senz’armi vinse il vecchio Alardo”. 

Una raccolta per proteggere la specificità del seme di un’Italia che è ricca per ciò che custodirono e custodiscono le genti; in amore, rispetto, conoscenza e cura. Ogni muro che cade nell’incuria è una parte di noi che non tornerà mai più. I libri sono i padri e le madri delle memorie di cui non dobbiamo mai fare a meno. 


UNO SGUARDO AI RACCONTI: TEMATICHE E STILE

I cinque racconti attraversano l’Abruzzo, da Gissi a Popoli fino ai Piani Palentini con un occhio a Scurcola Marsicana e l’altro a Tagliacozzo. La voce è impersonale o dello stesso autore che veste i panni del viaggiatore curioso o del cantore che si prende la responsabilità di un poema epico in prosa, vero e immaginifico, popolare e storico. Tutto è dato come vero o presunto, comunque indiscutibile perché la gente è testimone e documento; depositario e protettore. Le parole creano un linguaggio ostico e musicale; passando dal tono solenne all’armonia ripetitiva di parole che paiono un canto facile da ricordare, o per lo meno indimenticabile per il contenuto oscuro e affascinante. L’atmosfera è accattivante perché quotidiana e sublime insieme; si conosce la storia attraverso ciò che resta più impresso: le sensazioni, i brividi e lo stupore. Puoi guardare un burrone e ti sembra di vedere amanti fantasma, puoi sapere che ci sono segrete da visitare che possono essere la prova della fine di un curato ambizioso un po' troppo fiducioso. Nei tempi dei cavalieri non v’era solo onore ma anche una sete di vendetta paziente e affilata. Le genti sono ritratte in una semplicità ricca: si conoscono usi e costumi attraverso sentori di magia e fiaba che mettono in secondo piano date e nomi reali, che però si avrà la voglia di andare a cercare… tanto restano attaccate certe sentenze e azioni. Non c’è rudere, chiesa o castello senza la sua storia: eventi reali si sono arricchiti delle impressioni degli abitanti guadagnando una longevità di cui il Ciampoli ha bevuto e ce ne offre un sorso che ti fa alticcio, traballante ed eccitato. 

L’aratro, la spada e la nobiltà di un popolo che è baluardo di storie e affetti. Ciampoli rivendica la dignità della tradizione popolare, del poema mai concluso che si riscrive in ogni bocca che lo fa rinascere e sopravvivere:

E perché no? Forse il popolo non ha i suoi poemi che si tramandano di padre in figlio […]

Tutto che è forte e gentile, mesto e meraviglioso trova un’eco fedele tra la queta pace dei boschi, tra le rupi ove dominano il montanaro e l’aquila, dove al soffio della tramontana fischiano ancora i merli del bieco castello feudale, e paiono raccontare storie di terrore. 

CENNI STORICI SULLA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO

CARLO D’ANGIÒ Figlio del re di Francia Luigi VIII Il Leone e di Bianca di Castiglia. Re di Sicilia dal 1266 fino ai Vespri Siciliani del 1282. In seguito, continuò a regnare sulle terre peninsulari del Regno, con capitale Napoli. Guadagnò numerosi altri titoli come Conte di Provenza e di Forcalaquier, per il matrimonio con Beatrice di Provenza; e Conte di d’Angiò e del Maine per investitura dal fratello, re di Francia, Luigi IX Il Santo. Carlo conquisto anche l’Albania e si autoproclamò Re nel 1272. Da Maria di Antiochia comprò il titolo di Re di Gerusalemme. 

LA BATTAGLIA DI TAGLIACOZZO Combattuta nei Piani Palentini il 23 agosto del 1268 tra i ghibellini di Corradino di Svevia e le truppe di Carlo di parte guelfa; viene ricordata con il nome di “Battaglia di Tagliacozzo” perché la città era sede comitale. 

Carlo era stato investito del Regno di Sicilia da Papa Clemente IV, Corradino era stato chiamato dai ghibellini per rivendicare il trono dopo la morte di Corrado di Svevia, e la sconfitta dello zio Manfredi presso Benevento. Corradino si dirige in Puglia a Lucera, che si era ribellata ed era sotto assedio delle truppe angioine. Carlo era impegnato nella crociata per debellare la presenza islamica in Italia meridionale. 

Carlo raggiunse Corradino e la battaglia si svolse nei Piani Palentini, nei territori pianeggianti di Scurcola Marsicana. Le truppe di Corradino erano più nutrite rispetto alle angioine. Come trappola gli angioni persero una prima battaglia, e i ghibellini gioirono… ma in realtà andarono verso insegne regali messe ad arte e Carlo era da tutt’altra parte. Rotti gli schieramenti le truppe angioine, composte da 800 elementi, nel frattempo si erano nascoste dietro un avvallamento. Lo schieramento ghibellino venne preso di sorpresa e si consumò un massacro. Corradino fuggì, prima a Roma poi presso Nettuno per imbarcarsi probabilmente verso Pisa. Il Signore del luogo lo tradì e consegnò a Carlo d’Angiò. Corradino fu processato sommariamente e decapitato presso l’attuale piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre del 1268. 

La battaglia venne ricordata da Dante Alighieri nel XXVIII canto dell’Inferno.

In occasione della vittoria, Carlo finanziò la fondazione dell’Abbazia di Santa Maria della Vittoria. 

Il Ciampoli ci racconta di una nube di sangue e un presagio. L’Abbazia non resistette oltre il XVI secolo. I portali originali sono stati trasferiti nelle altre chiese principali di Scurcola. 


OSSERVAZIONI SULL’EDIZIONE 

Felice della scelta di aver promosso una proposta tanto coraggiosa e direi necessaria. Aliribelli cura diverse pubblicazioni atte a far conoscere le tradizioni e la storia di varie parti dell’Italia Centro-Meridionale. Avrei però inserito un’introduzione che potesse permettere una più ampia conoscenza dell’autore e dei suoi intenti, magari aggiungendo qualche aiutino documentaristico di argomento storico. Avrei amato qualche immagine dei luoghi narrati, o illustrazioni a tema. Ovviamente sono tutte mie fantasie e desideri. Data la suggestiva atmosfera gotica dei racconti avrei scelto una copertina più artistica ed evocativa. 

Auguro alla casa editrice un’ottima continuazione per il loro appassionato lavoro. 

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