giovedì 10 dicembre 2020

ANIMA ANTICA

 UN ROMANZO SULLA MAGIA, UNA RIFLESSIONE SULLA MEMORIA E IL POTERE INTERIORE; ATTRAVERSO RISVOLTI DAI MILLE GUSTI

di 

MONICA MARMENTINI

Ph Francesca Lucidi

L’AUTRICE

Monica Marmentini vive tra le sponde del Lago di Garda e del Lago d’Idro. Una lettrice appassionata, un’anima in ricerca. Il fantasy ha sempre stuzzicato qualcosa nel suo stomaco, una fame atavica, una necessità di attraversare storie vecchie, piene di vite straordinarie da parer solo frutto di una fantasia magica. Quella fiammella al centro del suo corpo si è evoluta, in viola splendore ha portato in superficie una necessità: scrivere Anima Antica.

Nonostante Monica si destreggi tra vari generi, ha trovato la verità nelle visioni fantastiche che tanto la affascinavano; ora parla ai nostri petti, alle nostre aure imprigionate in una “realtà” che cela altro. Monica ha saputo raggiungere la sua energia per inondare il lettore curioso, puro e aperto a viaggi che richiamano le radici dell’umanità, del bene e del male, dei comportamenti e dei poteri che muovono le ere, aldilà di ciò che appare in un frenetico organizzare delle ore.

Monica Marmentini ha il talento del narrare, non solo assemblando parole ma evocando vere e proprie cerimonie di elevazione, purificazione, liberazione. Nella semplicità mostra una grande forza.

ANIMA ANTICA

INTRODUZIONE

Edito nel 2019 da Genesis Publishing, questo romanzo è avvolto da ombre e profili che da una copertina violetta ci introducono a domande che avranno soddisfazione in una narrazione che ti prende per mano, dolcemente. Materne attenzioni, amorevoli cure per il lettore che viene catapultato in una storia comune a tutti, in partenza; i risvolti sveleranno cose che ancora si ha bisogno di raccontare, evocare.

La riappropriazione è il diritto che si rivendica e afferra ad ogni pagina. Un narratore che si avverte subito come femmineo, almeno così mi ha dettato l’istinto, accompagna i personaggi verso un’evoluzione “potente” che può far giungere il lettore a un cambiamento. Disfatte, capitomboli fortuiti, voci dal bosco… piano piano una vita pare mutare e, come sempre accade, mette in moto energie e vite plurali.

Se prestiamo ascolto, attraverso numerose domande, considerazioni semplici quanto difficili per una mente focalizzata nella gabbia degli impegni, posso assicurarvi che magari potrete prendere decisioni, finalmente.

Un libro di estrema dolcezza e indomito coraggio, di commozione e magia:

“La magia è ovunque nel mondo,

per chi ha occhi per vederla.”

Conoscerete questa magia in un modo leggiadro, altre volte spietato. Un fantasy che profuma delle cose belle e vere della vita. A me piace pensare che sia tutto vero, anzi, non stento a crederlo.

Sì, potrebbe parlare di streghe, ma nel modo più rispettoso e profondo che si possa desiderare.

Anime, iniziamo questo altro cammino… dopo altri che forse non ricordate, ma forse potreste veder riaffiorare.

TRAMA E TEMATICHE

Adele, una ragazza educata, amata, non particolarmente appariscente ma sicuramente speciale. Una carriera prestigiosa, una vita in città per lei e il marito Samuel; entrambi presi tra scadenze, progetti professionali, affitto, mondanità. Inviti a cena, obblighi sociali. Tutto fila liscio, su una superficie asettica e lucida, abile a far scivolare chi sbaglia un passo. A riscaldare una vita senza tempo, o meglio con un tempo che si percepisce in saltuarie boccate di libertà dall’orario lavorativo, l’amore. Samuel è bello e desiderato dalle donne, ma lui ha scelto Adele… come anche il destino, che a un tratto si presenta alla porta della giovane, perché è giunto il tempo. Siamo sempre capaci di aprire la porta e accogliere un invisibile ospite che sopraggiunge per restare, rimestarci dal di dentro?

Amanda, la madre di Adele, annuncia alla figlia che la vecchia casa di nonna Amelia deve essere venduta. A Adele la scelta: liquidare la parte degli zii o dimenticare e continuare la propria vita tra muri stretti che sembrano non esseri adatti ad alcun proprietario. Amanda sa, avvertiamo qualcosa che aleggia nelle parole della donna che sentiamo a disagio, sempre, anche se è piena di amore e attenzioni per la dolce Adele.

La ragazza ha già scelto, Samuel adora il non poter nulla contro l’entusiasmo della sua sposa.

La vecchia casa della nonna pare nascosta nel tempo, nella natura. Ogni muro, finestra o poltrona promette storie, calore… ma nella realtà il tutto richiede davvero un gran lavoro. Qualche conto, una calcolatrice e un computer, una strada percorsa tra i ricordi che timidi cercano di sfiorare le spalle di Adele.

La vita accade sempre mentre stiamo facendo qualcosa di altro: programmare, quale vezzo umano così lontano dal destino che essendo perpetuo non se ne cura.

Un ricettario rosso inizia a fare l’incantesimo che ci cingerà tra profumi, ingredienti, procedimenti e trucchetti golosi. Il tempo in quella casa sembra davvero tornare a mostrare il suo manto argenteo e non la marcia serrata che in città rimbomba nella teste di chi è nudo e grigio in un successo forse apparente.

I cambiamenti sembrano terminati? No. Una corsa in bicicletta si concluderà quasi addosso ad una donna sbucata dal nulla, da un sentiero “segreto”. Tea entra nella vita di Adele, con la sua bottega di erboristeria, con infusi e tazze fumanti che circondano Adele che inizia a sentire cose mentre l’amica, snella, bella, nota, la introduce a considerazioni e domande che iniziano a volteggiare a braccetto con le immagini di nonna Amelia, la nonna che dalle mura della vecchia casa sembra richiamare a una ricerca, a uno sforzo di memoria che esula dal semplice organizzare una lista di cose da fare da rimembrare per bene.

Dopo qualche week end, dove avremo il piacere di godere di fiere natalizie, di sentire il gusto di un bacio al sapore di frittelle dolci, ecco che, seduti con ancora addosso l’odore delle castagne sugli abiti, dobbiamo assistere al disfacimento dell’ordinaria e ordinata vita di città di Adele e Samuel.

Qualcosa deve finire perché altro possa iniziare. Un male apparente può contenere la luce, che sempre trova spazio dopo l’oscurità. In realtà saremo tutti parecchio felici. Bagagli pronti! Ci sono legna da ammassare, stufe da rimettere in moto, un forno da far lavorare a pieno regime.

Una donna in carriera si ritroverà a creare dolci che renderanno felici tante persone, la vera amicizia si mostrerà aldilà dello sfarzo e del chiasso. L’anzianità si farà spazio con le sue risposte: Corinne, la nonna di Tea, la donna che compare sempre al momento giusto e sarà davvero necessaria. Adele in quella casa inizierà a sentir brulicare qualcosa che può spaventare, ma che fa sentire così vivi, potenti.

Il sogno è uno spazio dove gli antichi credevano si celassero molte più verità che nella veglia. Incubi, volti, premonizioni, viaggi astrali. Un corpo che si stacca da sé stesso per ritrovarsi in epoche lontane.

Tea sembrava avere ogni risposta alle stranezze aveva iniziato ad avvertire, Adele, poi, sarà la vera sapienza che sofferentemente gira le sue pagine dal libro della via, della memoria, del potere. Anche libri fisici dovranno essere ben scrutati, e anche cercati. Corinne compare quando ce n’è bisogno, ma non pensiamo di poter trovare noi stessi nella sapienza altrui, il cammino è solo nostro, e si parte a ritroso per poi volare alto… dove forse una “guida” ci riporterà verso la verità. Anche la felicità non è sempre frutto di una ricetta ben eseguita, anche se Adele ormai in quel campo ha preso la mano, grazie al ricettario rosso lasciato da nonna Amelia. La felicità può interrompersi con una telefonata, la morte può sedersi allo stesso tavolo della gioia, dell’evoluzione. Cosa possiamo fare noi? Qui entra in campo un po' di fantasia, ma potrete scovare metaforici insegnamenti a una resistenza e a un’antifragilità fuori dal comune.

Gli occhi, badate bene agli sguardi di chi incontrate: qui ogni sfumatura riporta immagini sfuggenti; passione, terrore.

Il viaggio è lungo. Ci si può rasserenare su una poltrona azzurra, quanto bruciare tra le fiamme della stoltezza sanguinaria dell’ignoranza.

Riflessioni profonde sulla famiglia, storie parallele, segreti e sussurri. Radure e tragedie che sembrano non capitare mai per caso. Vita per vita una storia si continua a raccontare. Scelte dolorose o amori trionfanti. Ognuno ha il suo cammino.

Cos’è un’Anima Antica?

La risposta la troverete tra pagine. Sappiate che l’autrice ha una conoscenza profonda di ciò che dice: magari potrete iniziare ad organizzare un diario, appuntare riflessioni, spunti, informazioni storiche. Il paganesimo non fa parte solo delle lezioni di storia, così superficiali sull’argomento, ma è un termine che racchiude persone vissute o morte nell’autenticità di una vita votata ad ascoltare il mondo con rispetto, a toccare gli altri e le cose con l’amorevole cura di una madre… così come la Natura fa con noi: protettrice, insegnante, severa mentore, crudele allenatrice.

L’intera trama scorre sulle radici dell’essere.

Seguite Adele, cambierete, forse.

Per saperne di più dovete varcare il viale, dopo aver aperto la porta alle Anime Antiche; forse lo siete anche voi.

ANALISI, CONSIDERAZIONI E DOLCI SORPRESE

ANIMA ANTICA è un profondo percorso all’interno della memoria, personale e non. Palmi su palmi donne raccontano ad altre donne origini, conoscenze, significati. Le generazioni vengono attraversate grazie al tocco dell’autrice che riesce a tirare i fili dell’inconscio, a parlare di profondità che richiamano la storia: modernità, saghe familiari, dolori tangibili e orrori lontani che riportano all’Inquisizione, al soffocamento delle antiche sapienze e delle genti dei boschi.

Attraversiamo paesini del nord dell’Italia, sentiamo foglie sotto i piedi, avvertiamo l’odore dell’umidità che emana da acque primigenie che possono simboleggiare tranquillità, o un elemento che richiama a gran voce le “sorelle” che parlano attraverso lingue dimenticate, danze, braccia rivolte al divino affetto che il Tutto può manifestare a chi sa invocare la forza.

La magia è reale: si possono conoscere le radici e le motivazioni del paganesimo; si conoscono le streghe per ciò che erano… donne, persone depositarie di rimedi, cure, ascolto e legame con il potere generatore dell’umanità e della Natura.

La scrittura accompagna dolcemente accogliendoti in vicende zuccherose intervallate da amari eventi: lo Yin e lo Yang, il freddo e il caldo si fanno spazio tra gli accadimenti e le stagioni.

Ci si sente parte di ogni cosa, da una cena tra amici, al sentore di una pizza filante, all’angoscioso silenzio di un ospedale. Non c’è sempre il lieto fine, non immediato. Una bambina si pone il problema dell’affollamento delle anime nell’aldilà, quale potrebbe essere la risposta? Avete mai avuto una strana sensazione conoscendo persone nuove, guardando posti mai visitati: appartenenza, pace o paura. Solo scherzi della mente? Quando diciamo “me lo sentivo” che valenza potrebbe avere?

Monica conosce ciò di cui parla; fa vivere ai propri personaggi viaggi astrali, riti, ipnosi. Dietro ogni pagina si evince un lavoro di studio che probabilmente parte prima della nascita del romanzo.

Alcune parti sono come lo scialle rosso che Adele si getta addosso, guardando lo spettacolo che dalla sua finestra la chiama e la riconosce… lo scialle della nonna, sì. Altre parti sono luci nell’ombra, perché nell’ombra devono agire molte cose, non per il male ma per esser sicure di non essere viste ma percepite, e di fare un buon lavoro. Ombre e luci lavorano all’unisono, e noi ci troviamo a farci domande sui nostri desideri, a scrutare all’interno per comprendere se ciò che vediamo all’esterno è ciò che dobbiamo perseguire, ciò che ci rende “fecondi”.

Cosa davvero desiderate? Quando vi siete fermati, l’ultima volta, ad ascoltarvi?

˜

A corredare la magia di un romanzo che è diario, memorie, grimorio (scoprirete cos’è) tre ricette da provare. Io ho accettato la sfida, o meglio l’invito. Sentire il sapore di ANIMA ANTICA è possibile… non ho mai letto un libro che abbia anche un gusto vero, non figurato.

Da parte mia e di Monica, vi lascio la ricetta della TORTA AL CIOCCOLATO. Per le altre dovrete prendere con voi questo volume. Se volete fare qualche modifica credo non sia un problema, ognuno ha le proprie “formule”. Io ho inserito tre uova e ho sostituito il burro con la margarina agli Omega3. Per avere un cuore caldo seguire alla lettera i diciotto minuti di cottura, per una torta adatta ad accogliere qualunque cosa possa fumare da dentro una bella tazza aumentate i minuti almeno a venticinque.

Ph Francesca Lucidi

RINGRAZIO MONICA per avermi dato la possibilità di leggere il suo bellissimo libro. Credo che molte parti le rileggerò più volte; le ricette verranno inserite nel mio quaderno personale degli intruglietti gustosi.

 

Se volete acquistare il volume basta cliccare qui QUI: grazie alla mia affiliazione con Amazon si aprirà la pagina dedicata al prodotto nello shop. Se acquisterete tramite il mio link potrete permettere al Penny Blood Blog di ottenere delle monete virtuali, fornite da Amazon, da investire in altri volumi sui quali discorrere insieme!

Grazie! 

 

 

 

venerdì 4 dicembre 2020

TRE ZAMPE

di

ANNALISA STRADA

Illustrazioni di Gregorio de Laurentis

DISABILITÀ E SUPERPOTERI, TRA DISEGNI ESILARANTI E PAROLE INDIMENTICABILI

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

“UNO, DUE, TRE E QUATTRO CON UN GRAN RITMO.

HO PROVATO ANCH’IO. MI SONO IMPEGNATA.

UNO, DUE, TRE E… DOVE ERA FINITO IL QUATTRO?”

˜

Una dolcissima storia illustrata edita da Giunti Editore nel 2020; adatta ai bambini al di sopra dei sette anni.

Un piccolo libro, che con i suoi disegni simpaticissimi propone un messaggio enorme: questo non è un volume qualsiasi, qui abbiamo un SUPERLIBRO! Sui superpoteri. Pensate si parli di creature straordinarie, beh, un po' forse è vero, ma niente di fantascientifico: gatti, una famiglia, due cani attaccabrighe… e CIRCE!

Un nome assai importante, per chi? Per una gattina nata insieme ad altre tre sorelle. Dentro una piccola cesta colma di peli e amore, ecco che una piccola micia inizia la sua vita circondata da attenzioni particolari.

Attenzione! Qui tutti possono imparare cosa significa scoprire un superpotere, piccoli e grandi lettori. Non si tratta di avere qualcosa in più; già, Circe si accorge che non tutto va come dovrebbe andare, nel suo corpo. Ma essere super è qualcosa che viene da dentro. Disabilità, coraggio e simpatia: le tre guide che possono accompagnare chiunque a scoprire il mondo della diversità, delle difficoltà, della paura.

TRAMA, ANALISI E CONSIDERAZIONI

“E POI CI SONO IO!”

Circe si accorge subito che la mamma la lecca e la coccola di più, rispetto alle altre sorelle. Gli umani circondano la micia di altrettante attenzioni, accompagnando le carezze con frasi del tipo “Ma è normale?”, “Poverina!”. All’inizio non capiamo bene cosa possa avere Circe: il disegnatore è stato ben sapiente nel nascondere un piccolo particolare dalle varie inquadrature delle ciccette della gattina.

Bisogna presto lasciare il cesto! Fuori c’è un mondo da esplorare. Circe si accorge di essere più lenta delle sue sorelle, e resta sempre dietro… ma l’erba ha per lei l’inebriante profumo che ha per tutti.

A volte, una difficoltà è il motore che ci mette davanti a noi stessi, alle nostre debolezze, alle verità esteriori e interiori. Circe dovrà vedersela con Gogo, un barborcino scarsamente amichevole. Una corsa su un albero, una sorellina spaventata che la aspetta da sopra un ramo. Denti affilati da una parte, un tronco da scalare dall’altra, cosa succederà a Circe?

“DI NUOVO MI SONO ACCORTA CHE C’ERA QUALCOSA DI STRAVAGANTE: NON ANDAVO DRITTA E DOVEVO CONTINUAMENTE RIPRENDERE LA MIRA SULL’ALBERO.”

Nel momento di massima tensione credete che la micia si dia per vinta? Non esiste! Lì nascerà un SUPERGATTO.

Dall’alto due occhietti guardano in basso, sulla superficie riflettente di una pozzanghera:

“E SUL RAMO CHE SI SPECCHIAVA DI SOTTO C’ERA UN GATTO. ERO IO. UN SUPERGATTO A TRE ZAMPE!”

Tutto scorre veloce in questa parentesi di puro panico. Qualcuno potrebbe pensare che l’autoefficacia di Circe venga annientata da una scoperta così sconvolgente, e che non può fare altro che sentirsi spacciata: no!

“NON ERO DIVENTATA ALL’IMPROVVISO PIÙ CORAGGIOSA, ERO SOLO MOLTO ATTENTA A USARE BENE I MIEI POTERI”.

Da qui esplode la forza comunicativa di questa storia. Tutto appare molto reale e quotidiano: l’imbarazzo degli altri verso la diversità, tradotto in attenzioni maggiori che mettono forse anche un po' a disagio. Il confronto con le evidenti difficoltà oggettive nell’essere come gli altri, nel fare le cose allo stesso modo. L’amore fa molto, ma la comprensione e l’accettazione sono i veri miracoli per una vita piena anche se si nasce destinati al superpotere della resistenza, della resilienza e della caparbietà; vogliamo poi parlare dell’atteggiamento positivo e attivo di chi si sente di poter sempre agire nel contesto? Una variante ambientale (e di sfiga?) ci ha messo lo zampino? Ok, mettiamola a cuccia con le varianti decisionali di chi riesce a restare in equilibrio, e anche se non sta dritto è comunque equilibrato nel suo modo, con i suoi mezzi, con i suoi superpoteri.

Una gattina a tre zampe riesce a salvare la sorella perfettamente sana… e sappiate che le sfide non finiranno qui, anzi.

Mi butto a capofitto in questi volumi piccoli, semplici, ENORMI, sapete perché? Insegnano il tatto. Gli adulti sono contenitori strabordanti di regole, nozioni, aspettative e arrivismo. Vogliamo sembrare buoni, perfetti, infallibili. Non a caso i bambini riescono ad affrontare tutto molto meglio di noi. Loro sono pure antenne che recepiscono tutto, non hanno tanti filtri e, se non contiamo le influenze da parte degli adulti, riescono sempre a trovare un loro modo per fare le cose. Noi abbiamo mal di schiena appena alziamo una cassa di acqua, loro scavalcano lettini immensi o letti a castello giganti. Questo solo perché hanno articolazioni senza artrosi? No, i bambini sono “flessibili”, in tutto. La comunicazione indirizzata a loro è dritta, empatica, efficace e sincera. I libri per bambini sono più veritieri di tanti tomi che promettono risposte assolute.

Questo volume è assolutamente ben riuscito, come molti altri che sto leggendo in questo periodo. Anche io, come Circe, sto un po' sbandando… ma grazie alla rieducazione alla vita e alle emozioni che certe storie sanno regalare, voglio tornare ad essere abile per un invito su un letto a castello, da cui vedere il mondo con gli occhi puri e coraggiosi.

Questo è il senso della letteratura per l’infanzia, o per ragazzi, l’educazione. L’anagrafe non ci faccia arrivare il messaggio che siamo belli e finiti, fatti e pronti all’uso. Siamo esseri in continua evoluzione, e di tatto ne perdiamo spesso, con gli anni. Vi invito a cimentarvi in attività diverse, a confrontarvi con qualcosa che sia gioco, scoperta. Sappiamo affrontare la vita solo a calcoli e confusione, ma non è colpa nostra, non tutta.

Ricordiamoci che abbiamo il diritto a migliorare, a sognare… ad avere dei SUPERPOTERI, ed anche a saper parlare di diversità, disabilità, malattie, senza attingere da espressioni sciocche nate da un certo tipo di giornalismo sensazionalista, o da qualche sito di “frasi per ogni occasione”.

“SICCOME SONO UN SUPERGATTO, MENTRE ACCELERAVO CON LE MIE TRE ZAMPE IN VERSIONE TURBO, HO TROVATO PERSINO IL TEMPO DI FARE UN RAGIONAMENTO. GIÀ, PERCHÉ PER TUTTI NOI CHE SIAMO SUPER LA PAURA NON È UN FRENO, MA UNA MARCIA IN PIÙ PER FAR FUNZIONARE LA TESTA.”

Vi abbraccio.

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sabato 21 novembre 2020

PER STRADE INCERTE AD INSEGUIRE UN SOGNO

 

 LA SILLOGE POETICA DI "SIRIUS"

TRA LUNA E STELLE, IL VIAGGIO DI UN'ANIMA INQUIETA

Ph Francesca Lucidi

COME NASCE “SIRIUS”

Qui abbiamo un “non nome” che è lontano dal solo celarsi dietro uno pseudonimo. Il poeta si spoglia dell’identità anagrafica, fisica e sociale per farsi incorporeo viaggiatore alla ricerca di una identità più vera e profonda. Nella purezza del non essere, per scelta, un uomo rinasce dalla sua stessa solitudine, guardandola in faccia, prendendola per mano in un percorso che vuole esplorare quella stessa condizione. Il moto è da subito irrequieto, come già dichiarato dalla “non biografia” che si fa, invece, manifesto poetico: una persona si ritrova sui social a condividere nell’anonimato i prodotti creativi di una mente sensibile, arrovellata, ma anche romantica. Da una pratica che scaturisce da una ricerca istintiva o pianificata di salvezza ecco che nasce un torrente di versi liberi che innalzano sulla realtà una voce che può essere la voce di tutti, perché senza nome o viso, ma che è anche estremamente personale. Essere Uno e ritrovarsi, essere TUTTO attraverso il potere catartico di una poesia dolcemente sofferta.

Più di settanta liriche autopubblicate, il fisico manifestarsi di un eco che ha trovato la sua ragion d’essere anche al di fuori dello stato psichico ed emozionale del creatore… Ecco, in un mondo che spesso tenta di trovare sul web delle risposte, spesso troppo facili, ancor più frequentemente sbagliate o plasmate per intenti malsani e utilitaristici, la poesia rivendica una moderna funzione empatica e accogliente: si può stare nell’inquietudine, si può voler desiderare un “ritorno”, si può trovare comprensione anche da chi non si conosce direttamente. Le poesie di Sirius sono il prodotto di una comunicazione interpersonale nata dal non essere, così in molti si sono riconosciuti; forse anche il poeta ha ritrovato un nuovo sé stesso. Tutto questo ha avuto luogo su un social media: è interessante avvertire una tale occorrenza antica adattarsi e rinnovarsi nella contemporaneità, riuscendo a confermare la propria forza e funzione. La creazione poetica è l’estasi dell’anima che si innalza sopra la realtà per vedere, riconoscere, nominare; onorare, distruggere e ricostruire il mondo, interiore ed esteriore. Una persona inizia a mettere la sua anima, o l’anima in generale come lui la può vedere o ricercare, in versi; pubblica il tutto su Instagram, altre persone vi ritrovano qualcosa che avevano dimenticato o di cui avevano bisogno. Il pubblico premia l’atto di coraggio di Sirius, ed ecco che nasce questo libro, che ho apprezzato e spero sia solo un primo barlume.

Nel buio una luce resiste solitaria, come Sirio la stella, la più luminosa… che spesso si mostra senza compagnia e diviene amica di uno sguardo che percorre il cielo in ricerca.

 Ora lo andremo a scoprire.

STRUTTURA E ANALISI GENERALE

Il volume ha un filo conduttore, anzi, dovrei dire un cono di luci e ombre che si apre al nostro passo a partire dalla copertina, illustrata da Nadia Marconi. La simbologia proposta sfrutta sensi digitali e analogici: c’è la donna come essere corporeo e carnale; le forme sono generose e voluttuose… ma perse in un tratteggio vago e simbolico che nell’uso del giallo va ad accumunare la figura femminile con la luna e le stelle. Un astro par brillare più degli altri, e probabilmente non è casuale che si stagli proprio a fianco del profilo femmineo. La grafica scarna e contemporanea del titolo richiama l’origine della raccolta: l’asettico mondo del web, qui divenuto un germe inaspettato di bellezza e comunione.

Il blu si staglia sullo sfondo: ecco la notte, il luogo privilegiato dove i simboli e i pensieri del poeta si sprigionano. La donna, la Musa, la Poesia, la Luna: tutto riunito in una presenza che si moltiplica nelle sue manifestazioni proiettate dall’inquieta, romantica, passionale e malinconica parola di Sirius.

Le liriche possono essere lette separatamente ma, a mio avviso, sono tappe di quella strada a cui il poeta ci invita. Tutto inizia con la Luna, una pallida compagna spesso “specchio di un’anima smarrita”: presenza che ricorre… e un primo sguardo in alto porta un viaggio che arriverà ad un “ritorno”. Per ritrovarsi ci si perde nello struggimento, nella passione, in una carnalità violenta che poi si accascia su inviti docili come un “sorridimi”; ricordi familiari e secche brevissime poesie che richiamano aforismi, haiku. È chiaro che seguire l’ordine delle poesie dà il ritmo al viaggio: stanchezza, euforia, dolore, rabbia, disagio e innalzamento panoramico e stordente.

Ph Francesca Lucidi

LE POESIE: UNO SGUARDO PIÙ DA VICINO CON CONSIDERAZIONI

“allora tu,

Luna,

nasci in me,

solitario specchio

della mia anima smarrita,

ebbra di ricordi andati

e di tenerezze regalate,

nell’infinita ricerca del noi.”

Questi alcuni versi del componimento di apertura. Subito la Luna, l’introduzione del cielo e dei suoi abitanti come specchio del poeta che inizia l’infinita “ricerca”.

Da LUNA, dopo poche pagine si passa ad un confronto potente tra sensualità e smarrimento: BELLA SEI TU e BUIO, mostrano due visioni messe vicine, esaltate nella loro diversità.

La donna, che è anche la poesia, perde corporeità per essere luce:

“Neri gli occhi tuoi,

due lucciole che danzano ritmando nella notte.

Scie luminose che tracciano la vita”.

Poi il turbine sensuale di fianchi sinuosi e desiderio adagiato su seni spesso evocati dal poeta, con concupiscenza e con la dolcezza di un abbraccio rassicurante, quasi materno. A “seni” viene associato “abbraccio”, due parole poste a fine verso.

Dalla bellezza si passa, nella successiva pagina, al BUIO:

“Volevo capire.

Ritrovarmi.

Rinascere.

Mi sono perso in un groviglio

di passioni.

Ho paura

del buio.”

Qui possiamo vedere un modo ripetuto all’interno del volume: alcune poesie sono lunghe, discorsive o dolci, dotate di ampio respiro e ricche di onnivora fame di immagini e sensi. Poi, arrivano le liriche strette, le frasi spezzate, i passi che arrancano in quel viaggio di ricerca. Si cede, a volte, persino a forme che evocano l’aforisma. L’uso dell’enjambement può ampliare un respiro già lungo e profondo o dare appena una boccata di ossigeno spasmodica a un ritmo chiuso.

Le poesie sono il poeta e il poeta si fonde nella sua poesia parlando solo con i suoi prodotti creativi. Non ci dice nulla della sua vita e del suo nome, ma ci fa entrare nel suo cielo e nella sua ricerca: siamo gli invitati increduli alla più antica forma di catarsi delle passioni, delle paure e dei significati dell’uomo.

A volte si cade in espressioni un po' ingenue di quella verve da adolescente maledetto che usa i termini “stupra” e “fotte”, ai modi delle migliori musiche alternative contemporanea. Fossimo stati nei primi anni Novanta forse questo tipo di versi avrebbero suscitato in me più effetto.

Evidentemente, anche Sirius, a un certo punto si interroga sul quotidiano e sullo stesso mezzo che ha reso possibile la diffusione dei suoi lavori:

“Non voglio più giocare.

Oblio di sensi.

Vite parallele.

Inganni e illusioni.”

Ogni tanto una figura dal passato, una madre, una nonna; si avverte un fanciullo che si manca e un ragazzo che gioca con le parole creando qualche componimento ancora acerbo, ancora da limare secondo la luce e non solo dal potere dei lombi creativi.

Egli stesso si dice: “Non è un bel penare/tornare a quel che è stato./Tutto finisce. Nulla ritorna.”

Ad attimi, Sirius pare conversare con la Provvisorietà, accettandola. I momenti alti avvengono quando il talento di questo Anonimo tormentato mostrano una caustica filosofia tra il fatalista, il decadente, l’esistenzialista:

 Resta però sempre un odore di leggera Speranza. Io l’ho avvertito e voi dovreste scovare ciò che vi ho accennato, procedendo autonomi nella lettura, nella scoperta di Sirius e nell’affiancamento a quella che egli stesso deve portare a termine.

Ho scovato persino la dolcezza della fiaba, in STELLA CADENTE.

La pubblicazione è stata una bella scoperta, consiglio solo di riguardare, la prossima volta, l’organizzazione editoriale: vi sono un po' di informazioni eccessivamente ripetute tra introduzione, notizie sull’autore e quarta di copertina.

Ringrazio Sirius per avermi dato la possibilità di leggere i suoi lavori. Ti auguro il meglio e devo dire che ho riletto più volte diversi tuoi versi… davvero belli, davvero talentuosi in una naturalezza che fa trasparire umile e sentita scelta di esprimersi solo per il cielo, la “musa”, e per l’autoscoperta che spero riesca a tener degnamente la mano alla tua irrequieta solitudine.

A voi resta dirigervi verso il RITORNO… ma dovrete far da voi.

 

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mercoledì 18 novembre 2020

TRYTE di Luca Giribone

 NOIR, GIALLO METROPOLITANO, FANTASCIENZA E METALETTERATURA 

INTRODUZIONE

Ph Francesca Lucidi

“L’ultimo passo della ragione è di riconoscere che si sono un’infinità di cose che la sorpassano.”

(Blaise Pascal)

Questa è una delle tre citazioni che aprono il volume, che aprono il cancello verso una cripta che non ha tempo, non ha reliquie… o forse ne ha ma non sono materiali, sono qualcosa di molto più antico; resta da stabilire quanto, e da dove si siano generate.

Torna Luca Giribone, lo scrittore della “lucida” allucinazione, con TRYTE. Dovrei dire che questo romanzo è il seguito di NEW YORK 1941. Forse…, se pronunciassi ciò mi sentirei in difetto e in imbarazzo.

Più che sfogliare pagine, leggere parole, dobbiamo espanderci; andare avanti nella storia uscendo dal nostro essere verso un “Tutto” misterioso che si maschera da “romanzetto”, volutamente.

Immaginate di trovarvi in un corridoio asettico, senza indicazioni su luogo e tempo, ai lati due file di porte; ogni ingresso non apre a un percorso ma vi fa rinascere, o nascere da capo, o per la prima volta. Quale il senso? Già la citazione iniziale vi deve far abbandonare la volontà di arrivare a una risposta univoca, a una trama pronta e chiusa. In questo libro tutto pare già conosciuto, e ricorda qualcosa che abbiamo letto, un film che abbiamo visto, una serie tv che a sua volta riprende fatti realmente accaduti. Chi è nato prima? In questo caso siamo sia l’uovo che la gallina.

Multiple storie che si vestono da noir, da poliziesco, da inchiesta; quando tutto viene stretto in un’aura fantascientifica che non è così tanto fantastica e futuristica, dato che riporta alle massime filosofiche che hanno sorpreso l’uomo dalla prima volta in cui ha guardato il cielo.

“Forse ho stuzzicato gli Yin e Yang dell’esistenza e della non esistenza, se mai essi hanno una consistenza, fino al punto di evocare i loro demoni, ed eccomi qui, tutti loro intorno, come una giuria chiamata a condannare i miei peccati.”

(Andrea Mainelli, scrittore, ex dio, condannato a morte)

CENNI SULLA TRAMA E STRUTTURA

Edito da Europa Edizioni, nel 2018, TRYTE appara subito un’opera più matura rispetto al precursore (ironico dire ciò), NEW YORK 1941. Ho apprezzato molto la pregevole introduzione ad opera del Generale Pasquale Muggeo, che dà risalto alla dimensione thriller del libro. Questa volta, la quarta di copertina è scritta magnificamente e orienta sufficientemente il lettore nella scelta.

In passato rimasi invischiata nella rete a strascico che vuole prender solo determinati tipi di specie definite. Qui non c’è un solo genere, perché alla fine ciò che tutto riunisce è altro, ma lo capirete solo nelle ultimissime pagine.

Come nel volume precedente, troviamo capitoli che sono persone, personaggi con tutto ciò che essi vivono, vedono e raccontano in prima persona; abbiamo poi i turni del narratore… ed ecco il ritorno dei corsivi che marcano una citazione, ma ciò che pare riportato per la forma grafica è un segnale: cosa è reale, cosa è creato, cosa è parola di altri, pensiero di uno, finzione?

In NEW YORK un’allucinazione apre al lettore, incastra il protagonista, non si rivela per ciò che realmente è. Qui la sensazione ha una spiegazione perché chi la subisce sta subendo inenarrabili torture. Lo scrittore Andrea Mainelli è fuggito dalla Capitale, ma ciò non è bastato. Il suo “romanzetto” è alle stampe: un noir che pare fare il verso a uno scandalo italiano. Il corrotto Sindaco di Roma, Spirati, è una divinità dai mille occhi e dalle infinite braccia. Andrea si deve sacrificare, dopotutto lo sapeva. La vita dello scrittore pare niente rispetto al meccanismo innescato e che continuerà autonomamente grazie all’editor e amante di Andrea, Elena; e ad altri personaggi… che sono qui e ora? No, non tutti.

È chiaro che NEW YORK e TRYTE bisogna caricarseli insieme. Se vi dicessi altro vi svelerei troppo; tecnicamente non potrebbe neanche essere uno spoiler, un’anticipazione. È anche vero che un’indagine c’è, quindi chi è affamato di verità e intrighi deve godersi poliziotti, investigazioni: insomma tutti i crismi di uno dei generi che in questo romanzo di “non genere” sono inseriti, e gli amanti del giallo metropolitano potranno gustarsi.

 Un cerchio si chiude, ma in un moto circolare perpetuo, come ad esempio viene immaginato il ciclo della vita, delle stagioni, della natura: inizio e fine si confondono perché il movimento necessario delle cose non si ferma mai; anche se tanti soffrono, muoiono (o rinascono, almeno qui, e per certe filosofie), ma magari non è tutto una tragedia… la consapevolezza data a qualcuno sarà il regalo finale dell’autore, dell’autore “vero” e reale.

La storia che andiamo a leggere ha del quotidiano, dell’insopportabile, del crudo; porta poi ai miei personaggi preferiti: quelli lontani di qualche decennio, fino al 1941, anzi adesso qualche anno più tardi.

Il mondo elettronico, futuristico, fa l’occhiolino anche da alcuni ricordi che un certo personaggio non dovrebbe avere; dato che riguardano nomi famosissimi che però ancora non esistono, cronologicamente.

Ritroviamo il nostro amato INFORMATORE; si aggiunge un PROGRAMMATORE dal passato doloroso che si ribella a una falsa gratitudine che diventa prigione. La scelta… la rosa di decisioni si divide in obblighi dall’alto e in scelte consapevoli. Come ogni evoluzione, come ogni generazione, qualcosa cade o si rompe per far fuoriuscire ciò che inizia il suo cammino di vita.

Ci sarà un altro nome in codice, perché qui c’è molto dietro quasi ogni cosa.

Sono felice di aver inteso completamente quel “Forse…” campeggiante nel titolo del volume precedente: pensavo fosse il vezzo dispettoso di un autore che si diverte a giocare col tempo; se leggerete questa coppia di libri mi direte se avevo ragione.

ANALISI E CONSIDERAZIONI

Suburra, Matrix… il noir. Vi piace ciò che ho citato? Bene. Qui troverete un po' di tutto, per fare il verso? Beh… sì, l’idea è quella. L’intento però sta nel gioco del celamento finalizzato allo svelamento di verità più grandi. Pesantezza filosofica? Non proprio. Le riflessioni sono tante, ma uno scrittore è pur sempre un sognatore che, un giorno, ha iniziato a sentir qualcosa di strano nel petto guardando il cielo come quei primi uomini che vi ho sopra citato.

“Ed ecco la magia. Quando un’illusione ottica prende vita, ogni volta che si fissa troppo a lungo una porzione di spazio, mescola e unifica le forme, le confonde rendendole luminose, quasi scintillanti, e alla fine la fantasia afferra le redini delineando un quadro coerente.

L’ispirazione.

La storia.

Fu allora che compresi di voler diventare uno scrittore. Non per qualche tipo di illuminazione divina o per la consapevolezza reale o presunta di avere cose fondamentali da dire, ma per la coscienza del fatto che esistevano storie.”

(Dei ricordi d’infanzia di Andrea Mainelli, il personaggio di Tryte, colui che muore subito, mentre “qualcuno” gli sopravvive)

La lettura del romanzo non è facile, e c’è una dose di accanimento di Giribone sul povero Andrea, e non solo… ma devo dire che l’occhio per occhio dente per dente che l’autore perpetra in vece di Frank è assolutamente giusto, coerente.

Usciamo da NEW YORK con un dio che pare assoluto, in TRYTE il dio muore subito… ma per lasciar spazio a nuovi decisionisti, e governatori di sé stessi, che preferisco. Alla fine, credo che in questa riflessione metaletteraria e metafisica ci sia un vero demiurgo: Luca Giribone. Il nostro autore sa giocare bene le sue carte, ci invita a riflessioni profonde e ad avventure crude, a consapevolezze magari non necessarie per noi. Noi siamo lettori, e badate che lui i lettori li sa coccolare. Luca è un personaggio sopra le righe che ha pensieri forti, convinzioni personali inattaccabili, anche se gli piace generare in noi il dubbio. Frank siamo noi, e dopotutto Giribone mostra un certo amore per il giornalista incasinato Frank, ne sono convinta.

Qui abbiamo un libro congeniato per il successo, per rapire, per essere diverso. Ci riesce? Questo lo deve decidere ogni incarnazione che il libro dovrà intraprendere nel suo Karma. Alla fine, è questo che ci hai detto, Luca. Se vi piace arrovellarvi il cervello, se amate la fantascienza o semplicemente apprezzate la narrativa ipercontemporanea, ossia frutto della generazione che si annoia facilmente e vuole esser presa per il collo, e anche un po' in giro… ma in modo consapevole e rispettoso del sano diritto del lettore a divertirsi ed evadere, ecco che questo libro fa per voi. In merito a questo mi vengono alla mente le dolci parole che Giribone inserisce nei suoi ringraziamenti:

“A voi che avete voluto partecipare a questo gioco, a questa voglia di deviare dalla strada maestra per sfrecciare, fra terra e cielo, come un bimbo che si lascia andare a cavallo di una bicicletta in mezzo all’erba, lieto e felice”.

Luca non è così “duro” come sembra; dopotutto una divertente corsa sfrenata è pur sempre insidiosa. Si può cadere, poi sta a noi non prenderci troppo sul serio e goderci anche il capitombolo. Io l’ho fatto, perché con questa lettura esco dal mio solito territorio; però adesso ci ritorno… perché l’esplorazione serve per sbirciare, raccogliere dati ed esperienze, poi abbiamo pur sempre voglia di un territorio adatto a noi, che non è detto debba cambiare per forza. 

Grazie Luca per avermi dato l’opportunità di leggere i tuoi romanzi.


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Grazie! 

 

martedì 17 novembre 2020

FINCHÉ IL CAFFÈ È CALDO di TOSHIKAZU KAWAGUCHI

UNA RIFLESSIONE SUL VIVERE IL PROPRIO TEMPO

Ph Francesca Lucidi

L’autore nasce nel 1971 ad Osaka, in Giappone; lavora come sceneggiatore e regista. Con il suo romanzo Finché il caffè è caldo vince il Suginami Drama Festival, ed è da ricordare che stiamo parlando di un’opera prima.

In Giappone, il romanzo diventa in breve tempo un caso editoriale vendendo oltre un milione di copie. Uscendo dai suoi confini d’origine, questa storia fantastica di storie assolutamente umane e vicine quasi a tutti conquista il resto del mondo.

CENNI SULLA TRAMA E STRUTTURA

C’era una volta, anzi molte volte in tempi diversi, un caffè centenario giapponese. Come un anziano, saggio e misterioso personaggio, questo luogo ha una sua identità, un suo carattere, delle sue regole… e si incontra con chi cerca la sua auspicale saggezza o facoltà rivelatrice. Questo perché? Il caffè permette alle persone di viaggiare nel tempo, tramite una sola sedia, seguendo rigidissime regole; il luogo ne ha viste di vite e di persone, proprio come un individuo che abbia avuto l’occasione di ascoltare e incontrare tanta gente, magari non per volontà ma perché è al mondo da molto tempo e ha la maledizione e la benedizione di un dono.

Il caffè non ha un nome, per il lettore, anche perché un nome ce l’ha ma viene celato dietro ai ricordi di alcuni personaggi che citano i versi di una canzoncina.

Tutto si svolge in presenza dentro al caffè, mentre i luoghi esterni prendono vita specialmente da rimembranze, accelerazioni e rallentamenti del tempo della storia attraverso una narrazione che sottostà alle regole come chi compie il rito del caffè. Il narratore pare empatico e freddo allo stesso tempo, questo perché la ritualità è il peso maggiore del romanzo. Alla fine, ci rendiamo conto che l’emozione e la comprensione dell’altro, dei personaggi e delle situazioni, avviene tramite i dialoghi e la nostra capacità di cogliere i vissuti presentati; se riusciamo a toglierci l’ansia del controllo e delle domande, così come devono fare i protagonisti.

L’intera storia, che comprende la possibilità di viaggiare nel tempo, seguendo un rito, sottostando a regole, riuscendo a scambiarsi di posto con un fantasma, facendosi venire la nausea dovendosi ossessionare per ogni segnale proveniente da una tazza di caffè, fa da cornice a tante altre storie che ruotano intorno a quel tavolo “magico”. È contemplata una maledizione che punisce chi non rispetta i tempi di chi occupa il posto, è assicurata la perdita del proprio essere se si indugia quando non si deve. Tutti sanno cosa può succedere in quel caffè, anche i giornali ne scrivono; in realtà, non c’è la fila per entrare… SE VAI NEL PASSATO IL PRESENTE NON CAMBIERÀ.  A questo punto pare inutile tentare, rischiare: tutti vorrebbero una facile risoluzione a rimpianti, errori del passato; altrettanti vorrebbero riuscire a dire ciò che non hanno pronunciato per milioni di motivi che sottostanno, in fine, alle leggi dell’orgoglio, dell’egoismo, e dell’eterno allenamento umano alla procrastinazione e al celamento. Parliamo sempre troppo poco e spesse volte senza dire quello che realmente pensiamo. Abbiamo paura del rifiuto e perdiamo occasioni e gioie restando nell’anticamera della nostra vita. Il vivere saggio dovrebbe essere un equilibrio dinamico tra coraggio e prudenza, tra regole e colpi di testa. In quel caffè è così che ci si ritrova ad agire, per forza di cose.

Ok, ripetiamo che il caffè è lì da più di cento anni, è piccolo e perennemente avvolto in una atmosfera color seppia; non vi sono maghi e streghe ma personaggi normali e fallibili, tra cui una cameriera poco socievole che fa da chaperon a coloro che si siedono su quella sedia. Il posto preposto per il viaggio nel tempo è occupato da un fantasma, devi aspettare che questa parvenza (in realtà fin troppo corporea) si alzi. Verrete a sapere che anche i fantasmi vanno in bagno. Bisogna avere una certa facoltà di dominio delle emozioni e della memoria: puoi incontrare solo persone entrate nel caffè, non puoi cambiare il presente, non ti puoi alzare… e devi controllare la temperatura del caffè, servito da una piccola caraffa d’argento in una tazza bianca. È stabilito che il caffè venga bevuto tutto, ma prima che si raffreddi. Cosa succede se non rispetti una delle prescrizioni? Ti verrà detto ma non vorresti sperimentarlo. La migliore delle conseguenze è l’essere riportato bruscamente nel presente: ne rimarresti con un terribile amaro in bocca anche perché avrai una certa risposta se chiederai di volerlo rifare.

Tutto sembra privo di senso. In realtà la cornice è il pretesto per arrivare al senso, il succo è disponibile per essere gustato solo dopo che siamo stati inermi spettatori di innumerevoli dolori, sfortune, tragedie, impotenti sorti.

All’inizio dovrete stare attenti a un primo magico talismano di verità, messo lì per un personaggio forse superficiale, e che al momento non credo abbia colto il peso di quelle parole… dato che tornerà.

Quasi alla fine arriva il vero carattere del narratore: saggistico, burlesco perché mascherato da semplice romanziere, filosofo; duro insegnante della verità di una vita non facile; sapiente analista della psicologia, e dei trabocchetti cognitivi dell’uomo contemporaneo così certo di sé stesso dietro un’insicurezza che non comprende la fallibilità.

L’articolo del giornale recitava così:

“In fin dei conti, che uno torni nel passato o viaggi nel futuro, il presente non cambia comunque. E allora sorge spontanea la domanda: che senso ha quella sedia?”

Che senso ha questo libro? Beh, sedia e libro una cosa la fanno… per scoprirlo dovrete aspettare che nelle ultime battute un personaggio tutto d’un pezzo si sbottoni e vi faccia comprendere una regola non scritta, che parla del vero veicolo magico del rito.

AVVERTENZE, POSOLOGIA E CONTROINDICAZIONI (fare solo una “recensione” non basta!)

Il volume si presenta in formato flessibile e confortante: colori pastello, allegri, vivaci; un’aletta che presenta una trama accattivante con elementi fiabeschi, moraleggianti, educativi e motivanti.

Ciò che si propone questa lettura è di far generare un certo tipo di pensiero costruttivo e critico sul nostro autogoverno del presente, a scapito del rimuginare sterile sul passato, gli errori, i rimpianti. Il senso di responsabilità dovrebbe generarsi già dopo il primo racconto nel racconto.

Per arrivare a sopportare l’annebbiamento dovuto alla foschia del caffè bollente dovremo sorbirci il ripetersi ossessivo delle regole, dei gesti e persino di alcune abitudini che rallentano la narrazione facendo avvertire quel sentore di smarrimento che caratterizza l’intera assunzione del libro.

Arrivare alla fine della somministrazione può provare disgusto verso il sapore del caffè per chi è abituato a berne, e nausea in chi non preferisce questo tipo di bevanda. Verranno versati inquantificabili quantità di caffè e lacrime.

Gli eccipienti scelti partono dai personaggi: Fumiko, una donna in carriera abituata al controllo talmente concentrata su sé stessa da non aver inteso la visione delle realtà e del rapporto sentimentale del suo partner; Katzu, la cameriera asociale che vive versando caffè per il rito e disegnando in solitudine a casa; Hirai, una sprezzante giovane che ha sfidato da famiglia per un egoismo che guadagnerà una punizione che cambierà tutto; Nagare, il proprietario del caffè dalla stazza imponente e la cura per ogni ingrediente acquistato per i piatti che cucina, e una vera ossessione per la miscela del caffè che non ammette repliche; la Donna in bianco, un fantasma condannato nel ripetersi dei suoi gesti perché in un determinato momento non ha saputo coordinare proprio questi; Kei, una creatura piena di saggezza del vivere a cui ci affezioneremo… e per la quale dovremo raccogliere i pezzi del nostro cuore. Al gruppo si uniscono una coppia di coniugi, Fusagi e Kotake: anche loro, come gli altri, si troveranno immersi nel dolore di una vita difficilissima e di sentimenti frantumati da un evento che cambierà tutto, o forse rischia di “cancellare” TUTTO.

Il conservante che promette di salvaguardare i protagonisti è un senso di comunità che rende il caffè una famiglia che saprà affrontare le verità, la tragedia e le responsabilità… soprattutto quelle derivanti dalle scelte.

La capsula che riesce a mantenere stabili questi instabili elementi è il Giappone, con il modus tipico di alcuni romanzi nipponici e il confronto stretto tra tradizioni ancestrali e una modernità che pare rendere tutti freddi e distaccati, fino a che non tocca tirare le fila di una vita che deve uscire dall’illusione della perfezione per confrontarsi con le luci e le ombre che la storia del mondo non smette mai di generare.

Questo percorso non è facile, se volete una lettura leggera non fa per voi; se siete sensibili e aperti avrete la straordinaria opportunità di riflettere sulla gestione del tempo, delle decisioni e, in fine, della scelta. Però soffrirete. Cercate di tenere duro e di riuscire ad andar dietro al narratore che qualche risultato lo dissemina anche prima della conclusione. Potreste non finire la lettura o magari vi ritroverete a prendere molti appunti. Di certo per un po' avrete nella testa le regole del “rito” anche mentre svuotate la lavatrice o portate a spasso il cane. Il caffè non avrà più lo stesso sapore, come anche la vita.

Se non bisogna far freddare il contenuto della tazza bianca… proviamo a generalizzare questa immagine e a capire quanto ogni istante della vita vada gustato finché è caldo, ma a piccoli sorsi.

Vi starete chiedendo se i personaggi riusciranno a farsi uscire di bocca le parole non dette, molto meno di quello che ci potremmo augurare. Il personaggio che riesce ad avere davvero uno svelamento sconvolgente è Kei: il narratore con lei ha forse perso nella coerenza di meccanismi stretti che non cambiano il presente, alla fine. In realtà ogni status dei personaggi cambierà, quasi tutti per effetto di nuove consapevolezze, solo Kei per un bonus dato arbitrariamente.

Vi voglio lasciare la vera chiave di questa lettura; della ripetizione delle regole del rito non avete tanto bisogno perché alla fine non ve le leverete più dalla testa, anche solo dopo aver letto quarta di copertina e aletta.

L’effetto auspicato passa da qui:

“Le persone non vedono le cose e non sentono le cose nella maniera oggettiva che credono. A distorcere le informazioni visive e uditive che entrano nel cervello intervengono i pensieri, le circostanze, le conoscenze, la consapevolezza e un’infinità di altri meccanismi cerebrali.”

Buona lettura! Con cautela.

 

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Grazie!