martedì 11 agosto 2020

AMARSI TROPPO PER UCCIDERSI

 UN FUMETTO 
di
JANE FADE MERRICK

Ph Francesca Lucidi

VITA DI COPPIA, "GATTINI", E UN GIOCO CELATO (ma non troppo) PER I LETTORI

Amarsi troppo per uccidersi è un fumetto pubblicato in self-publishing da Jane Fade Merrick. Il nome da me citato non è quello reale della nostra autrice ma è uno pseudonimo: lei è riservata e nasconde la sua identità. In realtà si riesce a capire QUASI tutto sull'autrice di ATPU (Amarsi troppo per uccidersi) leggendo le sue strisce, ma questo lo vedremo in seguito.

Il fumetto è in formato orizzontale, la copertina è flessibile e colorata e al suo interno racchiude numerose strisce che sono al contempo autoconclusive e consequenziali: presentano spaccati autonomi e anche l’evoluzione della storia dei due protagonisti, o forse dovrei dire quattro. Le strisce sono delineate con un tratto delicato e sottile, su uno sfondo bianco. La scarsità di teatro è proprio una delle caratteristiche da me più apprezzate: la quotidianità viene esaltata dalla velocità del momento del disegno e del racconto; i protagonisti sono semplici e reali; gli eventi sono comuni e riconoscibili da qualunque lettori. Sì, il bianco e nero e la linea sottile sono il linguaggio di una vita quotidiana raccontata come lo schizzo che tracciamo inconsciamente mentre siamo al telefono, in cui magari ci troviamo a fare la caricatura di un nostro amico, o delineiamo i profili della nostra casetta ideale.

La scelta dell’autopubblicazione non far deve pensare a un ripiego: Jane crede in questo mezzo di diffusione e ne abbraccia forme e modi in maniera eccellente. Il fumetto è curatissimo, piacevole e amabile perché si evince tutto l’amore che vi è dietro, tutta la cura e la passione dell’autrice.

La storia è semplice: un ragazzo e una ragazza si incontrano, si piacciono… e tutto appare perfetto se non fosse che lei vive con due gattini, animali che il partner, primamente entusiasta, non tollera particolarmente.

Le tappe di questa piccola e tenera storia d’amore, che non ha nulla di epico, vengono man mano raccontate mostrando i caratteri di entrambi, e anche il loro background. I personaggi non hanno nomi, fino a che i “nomignoli” che scelgono per vezzeggiarsi donano un’identità: PICCOLO e PICCOLA entrano nel loro ruolo di amanti sbadati e dolcissimi, alle prese con lo smisurato affetto per gli animali di lei e l’apparente freddezza di lui.

Piccola è dolcissima, pigra, sbadata; è anche indipendente, risoluta e matura. È una ragazza attiva che fa la commessa, vive da sola e si prende cura di due gattini in un modo tipico per la sua personalità… in modo dolcissimo e sbadato. Piccolo è apparentemente pragmatico ma in realtà appare più pigro della sua Piccola; lui si “accoda” alla vita della sua dolce metà, occupando divani e sedie con un libro in mano (che sembra sempre lo stesso)… commentando ogni cosa. Infatti, i pensieri segreti e le conclusioni caustiche che Piccolo trae da ogni evento sono davvero esilaranti.

Il rapporto complicato di Piccolo con i “gattini” appare una disfunzione familiare… e capirete il perché dalle prime strisce. Lui sembra amare la pulizia e l’ordine ma la sua attitudine freddina si scioglie davanti alla sua Piccola dagli occhi grandi e il caschetto piastrato. Sono una coppia anticonvenzionale, perché? Non sono fighi, non amano lo shopping o i locali alla moda, non sono adepti della movida (parola e paradigma ormai fin troppo in voga), ma loro non si incensano e non si propongono a modello… loro finiscono per constatare che in realtà non sanno mai cosa fare il sabato e la domenica: questo è l’esilarante mondo creato da Jane Fade Merrick. Piccolo e Piccola sono gli amici che vorrei, e che probabilmente molti di voi vorrebbero. La vita di coppia che si racconta è romantica in una attitudine assolutamente poco romantica: si sentono odori sospetti, i “gattini” attaccano l’intimità, i film sono quelli sbagliati e i sughi sono sempre gli stessi… e a volte qualcuno scappa bruciaticcio. La storia d’amore che possiamo vivere è quella di ognuno di noi: imperfetta, disagiata e goffa. Tutto, però, è estremamente sincero, e questo è ciò che ho amato di Jane, profondamente.

   
Ph Francesca Lucidi. ATPU di Jane Fade Merrick

L’umorismo dell’autrice passa dal sottile, allo sguaiato (senza mai eccedere), al “nero”. Beh, chi non è cresciuto guardando le avventure di quel famoso gatto che sognava di fare arrosto il suo nemico topo? che poi tanto nemico non era. Il rapporto di Piccolo con i “gattini" è un po' questo: amore e odio, e immaginazione macabra. Non aspettiamoci il politicamente corretto, non ce lo aspettavamo per QUEL gatto e QUEL topo, e non dovremmo neanche ora.

Questa storia di VITA DI COPPIA ha una chicca per noi… sì! Perché questo fumetto è anche un GIOCO PER LE COPPIE. Il fumetto di Jane è costellato di giochini e stimoli di cui godere dall’inizio alla fine, perché possiamo leggere le strisce aprendo a caso, perché sono corte e autoconclusive, ma fanno parte di un progetto più grande e bizzarro. Sopra ogni striscia troviamo riportata una PERCENTUALE DI VERIDICITÀ, che va da 0 a 100. Questo perché? Innanzitutto, in questo modo possiamo conoscere la misteriosa autrice e farcela amica (oh, quanto mi sono riconosciuta nelle Jane/Piccola al 100%); poi, l’autrice invita a ripetere il gioco da noi, valutando la situazione illustrata dandogli una percentuale di veridicità in corrispondenza con la nostra vita personale e di coppia. Questa IDEA GENIALE è un modo nuovo per comunicare. Spesso si vive una quotidianità frenetica e ci abituiamo a ingoiare pensieri e considerazioni o a non vedere con occhio attento le bellezze della nostra "vita insieme". Giocando con Jane possiamo vederci dal di fuori. Se è vero che il cervello umano funziona ad immagini e che immaginare è un processo creativo che può spingerci allo sviluppo… ECCO CHE LA MAGIA è fatta, attraverso un giochino. Magari possiamo imparare a passare il tempo in maniera “diversa” ma senza vivere la noia che a volte attanaglia il week-end di Piccolo e Piccola.

Se volete adottare questa coppia sconclusionata e un’altra coppia, ma di “gattini”, ecco, questo fumetto vi aspetta! Grazie alla mia affiliazione Amazon potete acquistare il fumetto cliccando QUI: si aprirà la pagina del prodotto all’interno dello shop. Il Penny Blood Blog potrà avere, così, la possibilità di ricevere un piccolo contributo da reinvestire in tanti altri libri sui quali discorrere insieme!

Vi riporto la lista di tutti i lavori di Jane Fade Merrick, con delle note che mi ha mandato direttamente lei; io ho riportato tutto fedelmente… perché la adoro.


FRA LE SUE OPERE:

Le Ceneri della Fenice | Romanzo d'esordio - Narrativa Generale - Drammatico.

Iniziato come libro auto-conclusivo, questo racconto si è poi evoluto in due volumi successivi che sono andati a sviluppare le vicissitudini dei personaggi secondari. Il primo volume rimane comunque a sé stante e non è necessario leggere i seguenti per avere una storia completa.

Amarsi Troppo… Per Uccidersi! | Strisce a fumetti.

Basato su fatti di vita realmente accaduti, questo fumetto ripercorre la convivenza di una coppia dal loro primo incontro alla convivenza. L’unico “ostacolo” al loro idillio consisterà nei due adorabili gattini di lei. Lui non ha mai convissuto con degli animali e li considera una privazione al suo spazio personale. Con tenacia, pazienza e un pizzico di ironia affronteranno le situazioni più disparate. Riusciranno a raggiungere una pacifica coesistenza?

Sto-caz amee - Da fangirl a superstar in 2,9 sec. | Romanzo breve - Demenziale.

Il libro più stupido mai scritto sulla Terra, ma necessario.

Sfogo/polemica dell’autrice verso tutte quelle storie (spesso uscite da Wattpad) che nonostante siano un concentrato di relazioni tossiche, manzi addominalati e gnocche stratosferiche, vengono pubblicate e hanno successo mondiale. In questo libro di appena 69 pagine, sono riassunti tutti i cliché, le incongruenze e gli accadimenti che rompono il patto della sospensione dell’incredulità nelle cosiddette “fyccine” (storie che hanno come prestavolto personaggi famosi).

Il secondo prima di morire | Romanzo breve - Introspettivo.

Disponibile solo su Wattpad.

J.M. è invischiata in una vita ordinaria e da tempo spoglia di speranze e aspettative.

Sospesa in una bolla di illazioni sulla puerilità di un'esistenza sprecata, ne rimacina i contenuti nel breve tragitto che compie da casa al lavoro, ma in un attimo tutto cambia: una macchina le piomba addosso quando sta attraversando l'ultimo tratto di strada e la realtà si ferma. Persone, oggetti, il tempo stesso, sembrano congelati, mentre lei rimane l'unica in grado di muoversi.

Costretta dagli eventi, si incamminerà alla ricerca di una risposta in un mondo che non fornisce indizi e che si mostra per la prima volta per come l'ha sempre percepito: indifferente al suo passaggio.

Dal bit alla carta | Guida self.

Disponibile su Wattpad, Instagram e sito web dell’autrice. Questa piccola guida sviscera punto per punto alcuni dei passi fondamentali del self-publishing a partire dalle motivazioni per cui si dovrebbe scegliere. È una guida amatoriale basata sull’esperienza di auto-publicazione e non ha pretesa d insegnamento ma solo di condivisione.

Tutti i libri sopra citati sono disponibili GRATUITAMENTE su Wattpad all’account www.wattpad.com/user/janefademerrick

inoltre:

- EBOOK/PDF IN REGALO: Le ceneri della Fenice (la trilogia), Sto-cazz-amee, Il secondo prima di morire, Amarsi troppo per uccidersi: scrivere a janefade.merrick@libero.it

- GRATUITI SU INSTAGRAM:

Sto-cazz-amee, Il secondo prima di morire, Pillole di Self (tutti a puntate) sull’account www.instagram.com/janefademerrick

Amarsi Troppo …Per Uccidersi! sull’account www.instagram.com/amarsitroppoper


 

giovedì 6 agosto 2020

ANTONIO TABUCCHI

IL ROMANZO REQUIEM:
SOGNI E RICORDI TRA FANTASMI E INCONSCI (O ANIME?)



CENNI BIOGRAFICI

Antonio Tabucchi nasce il 24 settembre del 1943 a Pisa, anche se viene registrato un giorno prima, il 23 settembre; mentre sulla città si abbattono i primi bombardamenti americani. Suo padre è un commerciante e sua madre un’ostetrica.

Tabucchi trascorre l’infanzia nella casa dei nonni, presso il borgo di Vecchiano. Ha un grande passione per l’arte, che matura grazie alle gite a Firenze in cui lo coinvolge lo zio materno.

La lettura è un’altra grande passione. Questo stretto rapporto si fortifica, specialmente, quando lo scrittore a 14 anni è costretto a letto da un’ingessatura.

Frequenta il liceo a Pisa; poi si reca a Parigi dove assiste, come uditore, a lezioni di Filosofia presso La Sorbona. Quando decide di tornare in Italia si ferma alla stazione di Paris Gare Lyon… dove ha occasione di avere un incontro determinante. Proprio lì decide di acquistare la versione francese della poesia Tabacaria, di Álvaro de Campos (eteronimo di Fernando Pessoa). Da quella lettura, di un testo sofferente, onirico e profondo, scatta la scintilla tra Tabucchi e Pessoa.

Lisbona. From Pixabay, edited.

Nel 1965 decide, quindi, di recarsi in Portogallo a bordo della sua Fiat 500. A Lisbona incontra la futura moglie Maria José Le Lancastre. Tabucchi si presenta alla giovane con la curiosa domanda “Aimez-vous la litérature?”

A Lisbona conosce diversi intellettuali perseguitati dal regime dittatoriale di Salazar[1] ; entra anche in contatto con i poeti surrealisti.

Tabucchi si laurea nel 1969 con una tesi sul surrealismo in Portogallo. In seguito, continua gli studi presso la Scuola Normale di Pisa.

Nel 1970 lo scrittore e Maria José si sposano. Dalla loro unione nascono due figli: Michele e Teresa.

Nel 1975 viene pubblicato, dall’editore Bompiani, il primo romanzo Piazza d’Italia.

Per un periodo lo scrittore fa l’insegnante di latino e italiano nella provincia di Pisa.

Nel 1977 fonda, insieme alla moglie e a Luciana Stegnano, la rivista semestrale «Quaderni Portoghesi».

Del 1978 è il secondo romanzo, intitolato Il piccolo naviglio; edito da Mondadori. Nello stesso anno, Tabucchi viene chiamato ad insegnare presso l’Università di Genova, e vi insegnerà per più di dieci anni.

Nel 1981 esce la raccolta di racconti Il gioco del rovescio. Due anni dopo inizia la collaborazione con il quotidiano «La Repubblica».

Tra il 1983 e il 1987 pubblica una serie di racconti e i romanzi Notturno Indiano e Il filo dell’orizzonte.

A partire dal 1987, detiene per due anni la carica di direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Lisbona. Del 1988 è l’opera teatrale I dialoghi mancati; nello stesso anno prende vita la collaborazione con il quotidiano «Il Corriere della Sera».

Nel 1989 il Presidente della Repubblica Portoghese conferisce a Tabucchi L’Ordine do Infante Dom Henrique; il governo francese, invece, nomina lo scrittore Chevalier des Arts et des Lettres.

Lo studio su Pessoa Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa viene pubblicato un anno dopo.

Nel 1990 inizia l’impegno di Tabucchi come insegnante presso l’Università di Siena, che durerà fino al 2005.

La particolare raccolta di racconti L’Angelo Nero e il romanzo Requiem escono nel 1991. Requiem è stato concepito e scritto in portoghese ed è tradotto in italiano da Sergio Vecchio, per Feltrinelli editore. La versione italiana viene pubblicata un anno dopo. Grazie al romanzo Tabucchi vince il Premio Pen Club.

Nel 1994 esce Ultimi tre giorni di Fernando Pessoa: un delirio. In questo libro Tabucchi immagina Pessoa sul letto di morte che riceve i fantasmi dei suoi eteronimi; il tutto tra il biografico, l’immaginario, il macabro e l’onirico: in pieno stile Pessoa-Tabucchi. Dello stesso anno è l’importante romanzo Sostiene Pereira, che vince il Premio SuperCampiello. Il libro guadagnerà molti altri riconoscimenti.

Lo scrittore viene chiamato dall’École de Hautes Études di Parigi, dove tiene lezioni su Pessoa in seguito pubblicate.

Tabucchi, è da sottolineare, era uno scrittore “impegnato”: sempre nel 1994 è, infatti, tra i fondatori dell’International Parliament of Writers, sostenendone la missione di proteggere gli scrittori perseguitati per le loro idee.

Nel 1997 esce il romanzo La testa perduta di Damasceno Monteiro.

Tra gli scritti del periodo è da evidenziare il reportage Gli Zingari e il Rinascimento. Vivere da Rom a Firenze, pubblicato da Feltrinelli. Lo studio fa guadagnare a Tabucchi il premio spagnolo Hidalgo per la cultura gitana.

Nel 2000 il Pen Club[2] italiano propone all’Accademia di Svezia il nome di Tabucchi per il Nobel.

L’anno successivo esce il romanzo epistolare Si sta facendo sempre più tardi, edito da Feltrinelli.

In quel periodo lo scrittore si esprime criticamente sul Governo Berlusconi, in diversi articoli.

Del 2003 è il testo Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori. Del 2004 il romanzo Tristano muore.

Antonio Tabucchi viene insignito del Premio Francisco Cerecedo nel 2004: importante riconoscimento dell’Associazione Giornalisti Europei, consegnato dal Principe delle Asturie. Tabucchi guadagna il Premio per la sua esplicita difesa della libertà di espressione.

Lo scrittore riceve, nello stesso periodo, la nazionalità portoghese.

La sua attitudine all’impegno ideologico e civile si traduce, sempre nel 2004, nella sua candidatura nella lista del Blocco di Sinistra alle elezioni per il Parlamento Europeo.

Due anni dopo, nel 2006, Tabucchi pubblica una raccolta di interventi scaturiti dalla sua penna e apparsi su riviste nazionali e internazionali. Oca al passo. Notizie dal buio che stiamo attraversando include testi dai temi più svariati come il terrorismo, il ritorno del razzismo e il revisionismo.

Nel 2007, lo scrittore riceve la Laurea Honoris Causa dall’Università di Liegi.

Del 2009 è la raccolta di racconti Il tempo invecchi in fretta.

Dopo un articolo di Tabucchi, apparso su «L’Unità», il Presidente del Senato Renato Schifani richiede allo scrittore un risarcimento di un milione e trecentomila euro. L’articolo in questione tratta dei fatti legati alla permanenza di Schifani in Sicilia; i suddetti fatti erano già stati raccontati da altri ma Tabucchi resta l’unico oggetto della protesta. Lo scrittore si difende sostenendo il diritto dei cittadini alla conoscenza dei trascorsi di un personaggio pubblico e ancor più di un importante esponente politico. L’editore Guillard lancia l’appello “Sosteniamo Tabucchi”, pubblicato dal quotidiano francese «Le Monde»[3] . L’appello si diffonde rapidamente anche in Italia. La Cassazione assolverà Tabucchi solo nel 2019, riconoscendogli il diritto di critica.

Nel 2012 esce il libro Viaggio e altri viaggi. L’anno successivo viene pubblicato Racconti con figure.

Lo scrittore viene invitato a un Festival brasiliano ma decide di non partecipare a causa del rifiuto del Brasile a estradare il latitante Cesare Battisti[4] .

Nel 2012 lo scrittore muore di cancro a 68 anni, presso l’Hospital da Cruz Vermelha di Lisbona. Le sue ceneri sono conservate nel Cimitero dos Prazeres, nella Cappella degli Escritores Portugueses.

Dopo la morte di Tabucchi hanno risuonato tra i mezzi di comunicazione le parole della direttrice della Fondazione Pessoa, Ines Pedrosa: “Il Portogallo gli deve molto”. La Pedrosa non manca di ricordare il carattere politico della letteratura di Tabucchi… che è stata una preziosa testimonianza abile a superare la breve memoria dei mezzi di comunicazione. L’invito della Direttrice è chiaro e potente:

“Gli scrittori continuano a vivere finché li leggiamo.”


REQUIEM

Ph. Francesca Lucidi. Edizione Feltrinelli, 1998

Il romanzo è breve e multidirezionale. La lettura di questo testo implica un percorso che invita ad andare avanti subendo arresti in pieno disorientamento: si deve a quel punto tornare indietro perché ci sono numerosi rimandi che chiedono la volontà di non affrettarsi alla fine ma di riuscire a cogliere spunti nascosti, che paiono semplici ma che sono assai complessi, richiedenti attenzione e tempo. Si legge qualcosa che sembra essere stato già accennato, ed ecco che ciò che sembrava superfluo deve essere ricercato nelle pagine precedenti, compreso di nuovo, collegato, ancora e ancora, ad altro. Il racconto racchiude piccoli ulteriori racconti che non prendono il via solo dai personaggi incontrati dal protagonista ma anche dalle trattazioni celate, dalle frasi che paiono casuali ma che sono una summa della vita dello scrittore e dell’esistenza del misterioso personaggio che il protagonista deve incontrare.

L’autore e il protagonista, chiamato “io” (così dice Tabucchi nell’introduzione), si sovrappongono in una narrazione che è una riflessione totale e riassuntiva, un’autobiografia infestata dalla biografia di un “altro”, un testamento e un commiato.

Il romanzo è un Requiem: ciò che dice il titolo è affermato con chiarezza nell’introduzione. Il personaggio deve fare la sua orazione nel solo modo possibile: in forma di romanzo. Dopotutto è uno scrittore che produce il testo e il narratore, nella sua sovrapposizione a Tabucchi, è uno scrittore. Il requiem è un’orazione ma anche una messa e una composizione musicale. L’autore parte dalla scelta della lingua, che non si esplica nell’obbligato e solenne uso del latino: l’idioma scelto è il portoghese. Lo scrittore è italiano ma ciò che chiama la lingua portoghese è l’ambientazione, la “natura” del personaggio morto che il protagonista deve incontrare, e le caratteristiche stesse di questa lingua che viene vista da Tabucchi come luogo perfetto di affetto e riflessione.

«Questo Requiem, oltre che una “sonata”, è anche un sogno»

Se partiamo dalla prima definizione, Tabucchi si distacca dalla solennità per indirizzarsi verso il sentimento della familiarità: sceglie la lingua di un paese che lo ha adottato e che lui stesso ha scelto di “adottare”. Lo strumento che sarebbe abile a dar vita a questa melodia non è l’organo di una cattedrale ma è più identificabile in un’armonica o un organetto… sì perché questa sonata viene eseguita sulla strada e serve uno strumento da portare con sé.

In questa storia si parla di morti… dopotutto è un requiem. I morti, però, non sono entità lontane da piangere ma figure reali che parlano, camminano, mangiano e provocano. Morti e vivi sono messi sullo stesso piano e nello stesso mondo, che è un mondo dell’affetto, del sogno e dell’inconscio… con una punta di rimorso.

LA TRAMA appare semplice e tratta di una persona che da una situazione di tranquillità campagnola si trova catapultato a Lisbona perché deve incontrare sul molo una persona importante, un grande poeta.

Vi devo comunicare, se non lo avete ancora sospettato, che il personaggio tanto atteso è Fernando Pessoa.

Il fantasma dà appuntamento al protagonista alle dodici… e il vivo così tanto abituato ai vivi si presenta al molo a mezzogiorno, sotto il sole torrido dell’ultima domenica di luglio. Solo dopo riesce a capire che probabilmente quell’orario indicava la mezzanotte, momento molto più in linea con le apparizioni spettrali.

Da quel momento inizia la giornata dell’”io”, che vagherà tra Lisbona e i suoi dintorni incontrando una lista di personaggi già indicata all’inizio del romanzo: sì, l’autore compila una vera lista di soggetti che include vivi e morti senza distinzione.

Seguire il personaggio, grazie allo stile di Tabucchi, significa provare una nuova sovrapposizione… che questa volta coinvolge i nostri sensi fisici e i nostri sentori mentali. Il calore di quella domenica lo sentiamo addosso nel sudore appiccicoso che attanaglia l’”io” all’inizio della sua PRESUNTA ALLUCINAZIONE.

Molte edizioni riportano il titolo REQUIEM: UN’ALLUCINAZIONE, altre abbreviano. Le due scelte implicano questioni assai importanti… se dopo quei due punti si sceglie di dare una definizione a quell’ultima domenica di luglio. In realtà non è chiaro cosa accada dato che nel testo di parla sì di allucinazione ma anche di sogno, di finzioni… e di storie redatte e immaginate da scrittori.

Nulla nel romanzo è identificabile con certezza. L’unica cosa chiara è che il protagonista deve incontrare il fantasma di un famoso poeta, presumibilmente a mezzanotte. Ciò che accade nel frattempo sembra essere determinato prima dalla casualità e poi dal destino.

Ogni personaggio incontrato diventa il pretesto per riflettere sulla vita, sul presunto declino del mondo nel presente (della storia e del libro), sulla fortuna e i suoi scherzi o manifestazioni; altresì ogni soggetto è uno spaccato della società e delle classi, delle virtù e delle fragilità umane.

L’intera umanità e il protagonista si frammentano in tante personalità.

Un drogato diventa il mezzo per parlare di surrealismo ed Erik Satie; un venditore ambulante di biglietti della lotteria legge articoli filosofici sull’anima e si intrattiene con l’Io che si lamenta di aver preso l’Inconscio (maiuscolo nel testo), visto come una malattia. Il venditore crede che al Sud si abbia l’anima… come se questa sia una fiamma calda e confortante rispetto al freddo e disorientante Inconscio mitteleuropeo. Un venditore della lotteria che parla di queste cose… beh, in Requiem è possibile e anche necessario. È anche vero che questo dissertatore, poi, annuncia di dover tornare al suo ruolo di “semplice zoppo” e scambia il giornale sull’anima con quello sul calcio comprato senza piacere dal protagonista. Ogni personaggio non si sa se sia una marionetta, una maschera dell’autore o un simbolo. In realtà questi presunti vivi sembrano più inconsistenti e sospesi dei morti. Ogni barista, lavoratore o donna incontrati si trova in un luogo di esistenza ristretto, come un fantasma legato a una casa infestata o a un cimitero dimenticato.

Il venditore della lotteria è anche la manifestazione di un ricordo letterario… e quindi lì viene il sospetto che quei simboli non riguardino Tabucchi bensì Pessoa. Il protagonista ricorda che prima di “arrivare” a Lisbona stava leggendo il Libro dell’Inquietudine, in cui il un venditore della lotteria importuna Bernardo Soares (uno degli eteronimi di Pessoa)… a volte si sogna ciò che abbiamo sperimentato appena prima di addormentarci.

Da un inizio pacato e annoiato si passa per dissertazioni che sembrano quelle consuete che si sperimentano quotidianamente a una fermata dell’autobus. Una prima porta apre a Lisbona, una seconda porta in forma di cancello apre a un uscio. Una Zingara (il maiuscolo ha le sue ragioni) sta prima dell’uscio e lo preannuncia attraverso la lettura delle mani del protagonista, dopo aver venduto allo stesso delle magliette taroccate che riproducono una famosa marca in modo creativo. Anche questo romanzo pare un falso ben eseguito e dai colori assai gradevoli.

Il protagonista inizia il percorso nel disagio, e in un malessere fisico talmente evidente da far preoccupare un povero tassista abusivo che stenta a seguire gli indirizzi confusi che il protagonista ha bene a mente. Tutto questo caos trasognato si trasforma via via in momenti di autentico piacere, al tavolo con un morto o con i piatti della cucina portoghese. Sì, la cucina portoghese ha un ruolo di primo piano in questo romanzo, con nomi e descrizioni. Ovviamente mangiando pesante si fanno gli incubi e il sonno si fa pesante a sua volta… dal piacere spunta ogni tanto del disagio, nulla che il letto pulito di un albergo a ore non possa curare. E non bisogna pensare male, il protagonista si reca in certi posti proprio per dormire. L’Io prende delle medicine per calmarsi, che funzionano ma spossano. L’anima di un defunto non manca di fargli notare quanto siano velenose le presunte medicine per l’anima. Anche qui sovrapposizione: anima su anima.

Le digressioni sono quasi più numerose delle apparizioni di vivi e morti. Le conversazioni con persone mediocri e costrette in una vita di doveri e placida ignoranza diventano il pretesto per ridicolizzare la cultura ufficiale, le definizioni, persino i generi letterari. Le classi umili vengono esaltate in una diminuzione apparente, che alla fine non fa che sottolineare una coscienza di classe forse tardiva… come tardiva è la consapevolezza della possessione subita dall’Io da parte di quel fantasma di cui si deve pur far qualcosa.

La tardività è parente del rimorso, anche questo paragonato a una malattia come avviene per l’Inconscio.

Le malattie te le prendi senza volerlo e spesso te le porti dentro tutta la vita… magari anche Pessoa è una malattia, una dalla quale Tabucchi vuole assolutamente guarire per tornare a sentirsi sé stesso.

Come si risolverà l’incontro di mezzanotte?

Prima bisogna prendersi tempo e magliette pulite per attraversare Lisbona e dintorni per tutto il giorno. Tanti incontri non hanno nemmeno un epilogo, eppure sembravano così importanti!

Infarti, suicidi… tutto appare normale in una narrazione anormale. Si fanno domande ma le risposte vengono spesso tralasciate perché ciò che conta pare essere solo il fantasma del prestigioso poeta. E anche questo fatto sembra rappresentare quanto questa messa “da morto” e messa “per un morto” sia necessaria per creare un distacco, per elaborare e accommiatarsi.

 

INDICAZIONI E AVVERTENZE (come riporterebbe il bugiardino di una medicina per l’anima)

Seguite le tracce, ascoltate bene e godetevi ogni singolo incontro.

Il fantasma forse in vita era un mago… e, comunque, un mago dovrebbe restare tale anche dopo la morte; quindi questa magia chi coinvolge e come? Chi ha chiamato lo spettro e per quale via si incammina sulla terra o in un Inconscio/sogno?

Pessoa era un occultista e un membro di diverse associazioni segrete di stampo massonico. Vi sembra strano che si parli di magia? E quella citazione di Erik Satie, fatta a cospetto di un drogato/allucinato, è casuale?

I nomi di Pessoa e Satie sono entrambi collegati all’antico e misterioso ordine dei Rosacroce.

Il protagonista cita spesso la fortuna, i numeri. La magia dei numeri e dello stato astrale di nascita non è un vezzo ma è un richiamo, un rimando.

Requiem è pieno di cose che appaiono ciò che non sono; in realtà sono anche ciò che sembrano ma sono anche un mezzo per altro. Tutto è un portale per un portale. Ogni parola è ciò che è, ciò che è stato e ciò che potrebbere essere o sempre sarà. Il ricordo spinge indietro ma la volontà originaria di Requiem è assolutamente quella di andare avanti.

Ricordate come iniziò l’amore di Tabucchi per Pessoa? Vi inserisco qualche verso della Tabacaria; provate a leggerli dopo aver completato la sonata/sogno:

 

“Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e trovato e scordato.

Oggi sono diviso fra la lealtà che devo

alla Tabaccheria dirimpetto, come una cosa reale dal di fuori,

e alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.”

/-/

“Mi hanno subito riconosciuto per chi non ero, e non l’ho smentito e mi sono perso.

Quando ho voluto togliermi la maschera,

era attaccata al mio viso.

Quando l’ho tolta e mi sono visto allo specchio,

ero già invecchiato.”

 

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[1] Governo autoritario istituito nel 1932 e destituito da un colpo di stato militare incruento, nel 1974. La rivoluzione che porta alla liberazione del Portogallo è anche chiamata la Rivoluzione dei Garofani.

[2] [2] Antica organizzazione di letterati fondata nel 1921 a Londra. Il nome fa riferimento all’oggetto per scrivere ma le iniziali richiamano anche le categorie incluse: Poets, Essaysts, Novelists. L’Organizzazione ha anche rapporti con le Nazioni Unite. Attualmente sono compresi nell’organigramma anche gli esponenti di tutte le forme di comunicazione scritta, come, ad esempio, i giornalisti.

[3] È interessante l’articolo del quotidiano «La Repubblica», che ironizza anche sul fatto che gli avvocati del protestante chiamino il grande scrittore “giornalista”. L’articolo è disponibile al link http://temi.repubblica.it/micromega-online/sostiene-schifani-condannate-tabucchi/.

[4] L’ex terrorista degli anni di piombo evaso dal carcere di Frosinone nel 1981. Battisti ha trovato per molti anni rifugio in Brasile, anche se ha anche maturato, contestualmente, diversi anni di carcere. Solo nel 2018 il Presidente Michel Temer dà l’ordine di estradizione. Il ricercato fugge ma viene arrestato dall’Interpol in Bolivia. Trasferito in Italia, viene condannato all’ergastolo.

 


venerdì 31 luglio 2020

JEROME KLAPKA JEROME

BRIVIDI E SORRISI (COMPOSTI)
 IN
RACCONTATI DOPO CENA


CENNI BIOGRAFICI[1]


Jerome Klapka Jerome nasce il 2 maggio del 1859 a Wasall, antica cittadina della contea industriale dello Stafforshire. Pare che il nome sia stata una scelta del padre, un predicatore evangelico.

A dieci anni viene ammesso alla Philological School di Lisson Grove. Nel 1873 muore improvvisamente il padre di Jerome. A causa del grave lutto, il giovane Jerome è costretto a lasciare gli studi… ma le disgrazie non finiscono qui: a soli quindici anni resta anche orfano di madre.

Le vicissitudini della vita portano Jerome a fare i lavori più disparati: impiegato delle ferrovie, segretario di un imprenditore edile, tuttofare nello studio di un avvocato. Tenta anche l’insegnamento, che abbandona per dedicarsi al giornalismo e all’attività teatrale.

È proprio il mondo del teatro a prospettare una soluzione alla solitudine e all’indigenza di Jerome.

L’autore scrive numerosi articoli e racconti umoristici ispirati all’ambiente teatrale, i quali saranno poi riuniti nel 1885 nel volume intitolato On the Stage and Off: The Brief Career of a Would-be Actor. La sua commedia Barbara viene rappresentata, nello stesso periodo, nel famoso Globe Theatre di Londra.  Seguono le pubblicazioni di The Idle Thoughts of an Idle Fellow, e il lavoro più noto dell’autore Three Men in a Boat. To Say Nothing to Dog (Tre uomini in barca. Per tacer del cane). Il seguito di Tre uomini in barca verrà pubblicato nel 1900 con il titolo Three Men on the Bummel (Tre uomini a zonzo): questa volta, i protagonisti della spedizione fluviale umoristica si recano in Germania. L’autore trae ispirazione proprio da un suo viaggio nel paese scelto per la nuova ambientazione.

Tra il 1892 e il 1897, Jerome collabora con la rivista «The Idler» e fonda il settimanale «To-Day».

Del 1902 è il romanzo Paul Kelver.

Jerome, nel 1908, mette in scena al St. Jame’s Theatre di Londra la commedia in tre atti The Passing of the Third Floor Back, che ottiene un buon successo. In seguito, pubblica il divertente romanzo They and I, che racconta uno spaccato della vita di campagna; in tale contesto viene mostrato, alla maniera di Jerome, il rapporto tra un padre e i suoi figli.

Purtroppo, la vena umoristica dell’autore si esaurisce e viene profondamente colpita dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Jerome prova a partecipare come volontario ma per colpa della sua età non viene arruolato; non rinunciando alla sua idea si unisce alla Croce Rossa, in Francia.

Nel 1919, dopo la Guerra, pubblica l’oscuro All Road Lead To Calvary (Tutte le strade portano al Calvario). L’opera mostra quanto Jerome esca amareggiato dall’esperienza bellica; infatti, il contenuto tratta della corruzione degli ideali e dell'animo umano.

Un anno prima della morte, nel 1926, esce l’autobiografia My Life and Times.

La vita di Jerome viene interrotta da un ictus il 14 giugno del 1927.

L’autore, però, ha trattato nei suoi scritti anche temi molto in voga nell’Inghilterra dell’Ottocento… l’orrore e gli spettri sono ciò di cui andiamo a parlare in questa infestazione fugace che subiamo con piacere dallo spirito letterario di Jerome.

 

TERRORI E FANTASMI 

JEROME E IL GUSTO DI UN’INGHILTERRA INNAMORATA DEL “BRIVIDO”

Già a metà dell’Ottocento la moda dello spiritismo si era diffusa negli ambienti alto-borghesi attraversando i cieli, dagli Stati Uniti all’Europa[2]. Questa tendenza non poteva non influenzare anche la letteratura… quando quest’ultima era ancora ad appannaggio delle classi più abbienti. In Inghilterra la letteratura d’intrattenimento mirata al divertimento dei lettori aveva una certa fama e un pubblico molto nutrito: i temi non erano impegnati e la paura era il sentimento prediletto, emozione che andava ricercata attraverso storielle sensazionali corredate di illustrazioni accattivanti. Questo gusto e questo tipo di letture ebbero una spinta maggiore a partire dal Forster’s Act del 1870, che pose la base per l’istruzione di tutti i bambini dai cinque agli undici anni… il pubblico non dotto si estese e i prodotti destinati anche.

Jerome non manca di criticare questa letteratura di consumo: basta leggere il suo racconto Una storia commovente[3], che riflette sulla funzione auspicabile quando si parla di arte. Jerome ci racconta come uno scrittore possa vendere facilmente l’anima per ottenere il successo… e ci propone, di contro, un’idea di letteratura come “compito divino, che viene dato a pochi, il compito di aiutare i figli di Dio al mondo per renderli più forti, nobili e sinceri”. Potremmo pensare, a questo punto, che l’autore non cede alla tentazione di scrivere di fantasmi… beh, non è così.

Nel 1891 pubblica la raccolta natalizia Told after supper (Raccontati dopo cena), per la Leadenhall Press.

Questo racconto di racconti parte da un “normale” dopocena inglese, ambientato durante la Vigilia di Natale, in cui gli astanti si raccontano storie di fantasmi tra sigari e tanto alcool. I temi così tanto famosi all’epoca vengono ripresi alla maniera di Jerome: l’umorismo sostituisce i particolari brutali, la violenza e le storie lacrimevoli… e il tutto diventa un’assurda didattica che intrattiene e al contempo riesce comunque a regalare qualche brivido, ovviamente se riusciamo a uscire dalla fame contemporanea per il sensazionalismo molto più acuta di quella ottocentesca.

Da questo racconto riusciamo a conoscere la particolare società inglese ridendo; possiamo anche commuoverci ma ciò che resta è un senso di straniamento che ci lascia nel dubbio sulla veridicità dei fantasmi… come se delle prove possano essere così importanti quando si parla di queste cose. La lezione di vita è dietro l’angolo, e possiamo goderne sorridendo tra uno spettro petulante e una famiglia inglese che ha lo scopo primario del buon nome e del decoro. Ovviamente ne parleremo più diffusamente tra un po'…

Jerome pubblica, poi, una vera raccolta di racconti del terrore intitolata Novel notes, nel 1893. Tra questi ho letto Lo scheletro, inutile dire che ve lo consiglio. Il tema viene ripreso, parzialmente, in John Ingerfield, datato 1894.

Enrico De Luca ci fa sapere che Jerome conosce Charles Dickens[4] nel 1870: questo incontro credo abbia avuto un impatto decisivo. Guardiamo a ciò che scrive Dickens nel 1850:

«Non scompariranno mai le vecchie case con le gallerie risonanti di echi, le tristi camere da letto di rappresentanza, le ali infestate dai fantasmi, chiuse da tanti anni, nelle quali eravamo liberi di scorrazzare, con piacevoli brividi lungo la schiena, e di incontrare tutti gli spettri[5] che volevamo; i quali, però (forse è il caso di precisarlo) si riducevano a pochissimi tipi o classi fondamentali: poiché i fantasmi mancano di originalità e “passeggiano” per sentieri battuti.»

Queste parole sono il perfetto entrée per prepararsi a Raccontati Dopo Cena; ed ora è giunto il momento che vi avevo promesso qualche riga fa.

 

RACCONTATI DOPO CENA di Jerome K. Jerome
ATTRAVERSO L’EDIZIONE CURATA DA ENRICO DE LUCA PER CARAVAGGIO EDITORE

 

Ph. Francesca Lucidi. Immagine dell'edizione presa in esame: Caravaggio Editore 2019

L’EDIZIONE 

RACCONTATI DOPO CENA è stato pubblicato nel 2019 dalla Caravaggio Editore, nella Collana I CLASSICI RITROVATI diretta da Enrico De Luca.

Il volume è piccolo e leggerissimo. La copertina flessibile e setosa lo rendono piacevole da maneggiare. Non c’è una sovraccoperta ma sono presenti delle alette interne con inserite le specifiche sulla storia, l’autore e il curatore dell’edizione.

La carta è scura, ruvida in modo delicato. Già dal frontespizio ci rendiamo conto di cosa ci aspetterà a livello grafico. 

Ph. Francesca Lucidi. Immagine dell'edizione presa in esame: Caravaggio Editore 2019

L’edizione presenta le illustrazioni originali di Kenneth M. Skeaping: scelta assai azzeccata e godibile in ogni angolo di questo libricino, che sembra il perfetto corpo per quella letteratura d’intrattenimento per cui tanto si sdilinquiva l’Inghilterra dell’Ottocento.

L’introduzione di Ernico De Luca riporta rapide informazioni riguardo all’opera e cenni biografici su Jerome, inseriti in nota. Per la biografia avrei preferito un paragrafo a parte… ma forse questa scelta sarebbe stata più pesante rispetto all’agile movimento di questa edizione adatta per essere portata con sé con l’intento di sollazzarsi in mondi improbabili, in un mondo contemporaneo tra il troppo prevedile e lo scioccante.

Le illustrazioni sono molteplici e multiformi: ne troviamo della tipologia “a pagina singola”; godiamo, poi, dell’eleganza dei capilettera finemente decorati, presenti all’inizio di ogni capitolo; siamo avvinti dai vezzosi spot che spuntano da ogni parte della storia. Gli spot possono essere sia diegetici sia puramente evocativi di un sentimento, di un gusto e magari di un simbolo. Ogni illustrazione è in bianco e nero e questa scelta non sa di povertà ma di raffinatezza. Molto particolari sono i disegni che precedono l’inizio di ogni capitolo: sulla pagina di destra troviamo un’illustrazione ampia e scura che riporta il titolo della sezione (ovviamente in inglese), insieme a cornici, oggetti e figure inquietanti e allo stesso tempo buffe, scherzose; nella pagina di sinistra, spesso, scoviamo un piccolo spot centrale che sbeffeggia ma inquieta grazie ai significati sospesi e ai personaggi dai tratti spettrali, brutti… è anche vero che spesso ci vediamo circondati da cherubini e separatori dal sapore classico, e così tiriamo un sospiro di sollievo. In realtà, le presenti illustrazioni guidano e confondono, dicono e smentiscono: questo è quello che dobbiamo aspettarci di trovare in tutto questo libro.


LA STORIA (CON LE SUE STORIE)

La narrazione parte dall’interno, il narratore fa parte della storia ed è il protagonista; è anche vero che questo ruolo primario viene conteso da altri soggetti, dato che il racconto del narratore contiene altri racconti con altri interpreti.

Tutto si svolge durante il dopo cena di una Vigilia di Natale svoltasi a casa degli zii del narratore.

La scelta di quella notte non è da imputare all’autore o ai personaggi “vivi”, coloro che decidono il come è il quando sono i morti, i fantasmi.

Sì, questa è una storia di spettri e apparizioni… e il narratore introduce la faccenda con una disanima sulle regole vigenti Ghostland, la terra dei fantasmi. Queste entità sono abitudinarie e molto “a modo” quando si tratta di comportarsi come spettri rispettabili che fanno ciò che ci si aspetta.

Ph. Francesca Lucidi. Immagine dell'edizione presa in esame: Caravaggio Editore 2019

La società Inglese è uno degli oggetti dell’umorismo che pervade il libro: la "genetica" determina il gusto perverso nel raccontarsi storie tutte uguali dopo cene annebbianti, grazie a fiumi di alcool; nonostante queste consuetudini risultino monotone a chi vi partecipi… ma nessuno può farci niente perché se si riunisce un nugolo di inglesi scatta sempre il racconto da brivido. Anche i fantasmi chiamati in causa sono, lo ripetiamo, inglesi: si preparano per la grande parata della Viglia di Natale con attenzione ai dettagli del “vestiario” e degli “accessori”… e anche loro si quasi annoiano del loro compito, si sbronzano, e maledicono quella notte. Tutti, però, cedono a questa endemica tendenza e tornano a fare le stesse cose con la precisione, l’umorismo nero, il gusto per le disgrazie tipico di un inglese.

A questo punto non posso non rimandarvi alle parole di Charles Dickens che vi ho citato nei paragrafi precedenti.

La società inglese è ben stratificata e anche i fantasmi hanno le loro “classi”. I nobili spettri scelgono una sola notte per apparire in tutto il loro splendore, quelli più borghesi possono farsi vedere in momenti meno onorevoli come la Vigilia di Ognissanti o la ricorrenza di San Giovanni. È anche vero che dove c’è una disgrazia appare un fantasma inglese, con il sadico piacere di predire sfortune. I motivi per cui ci si può imbattere in uno spettro sono molteplici: questo lo detta l’inglesità, il ceto, e le giuste lamentele che un fantasma può avanzare. Sicuramente tutto ciò è un velato invito a esami di coscienza per i vivi, lo avvertiamo ma non ce ne rendiamo conto.

Questa storia è sì una vicenda di fantasmi ma il tutto è mitigato dall’umorismo dell’autore che si distacca dal piacere truculento della letteratura d’intrattenimento di moda in quel periodo. Jerome accarezza il tema senza forzare troppo la mano. Il mondo tremendamente ordinario si scontra con lo straordinario, attraverso lo sguardo pacato e dissacrante di un inglese beneducato. Il narratore di primo grado tiene ferma una prima persona singola, che ci domandiamo se sia in realtà una prima persona inattendibile; però, la presa non tiene e la storia esplode nei multipli punti di vista degli invitati alla cena che raccontano, ognuno, una storia di fantasmi che li vede coinvolti in prima persona.

I personaggi della cornice esterna sono il narratore, che si presume essere giovane, lo zio (la zia non interviene nei fatti ma solo nella preparazione dei piatti di una rispettabile cena della Vigilia, inglese), il curato del posto, il vecchio dottor Scrubbles, il signor Coombes e Teddy Biffles. In realtà non tutti loro vedranno la propria storia riportata dalla principale prima persona “quasi” attendibile: una narrazione ellittica sorpassa due di loro tra tovaglie lanciate, intermezzi e interludi.

Tutte le storie sono presentate come vere… anche se tutti sembrano scettici.

Lo scetticismo è una delle qualità dell’inglese medio di ceto alto. La fase del dopocena che precede le storie di fantasmi vede il curato che mostra ai suoi amici il gioco delle tre carte e i suoi malefici intenti ed effetti. Le carte si spostano velocemente e l’illusione crea l’inganno; il curato non azzeccherà l’intento… ma forse questa digressione ha una certa importanza. Sono proprio le digressioni a caratterizzare lo stile peculiare di Jerome: qualcosa scompare per poi riapparire in qualità di assenza. E in questo caso dobbiamo stare bene attenti a non finir per strada solo con le braghe… e questo lo capirete entrando, e completando questo dopocena.

I fantasmi di cui si parla sembrano non far paura perché sono malinconici, smemorati, quasi sciocchi. Qualcosa però ci fa salire un brivido…

La consuetudine normalizza qualcosa che dovrebbe essere raccontato con termini forti ed esclamazioni accese. No, tutto sembra perfettamente normale. Probabilmente è proprio questa sorta di quotidianità a farci avvertire il mondo del soprannaturale incredibilmente vicino, possibile.

Per scoprire tutto sulle abitudini dei fantasmi e per cercare di capire se un mulino possa contenere o meno una grande fortuna nascosta… dovete solo aprire le pagine e sedervi magari con qualche amico che abbia voglia di intrattenersi con voi, possibilmente a pancia piena. La colonna sonora è data dalle catene ben lucidate per l’occasione e dal silenzio: qualcuno non ama la musica, gli estranei e gli scocciatori… pena la MORTE!

E adesso scompaio per poi riapparire al prossimo contenuto.

Buona Lettura!

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Bibliografia e sitografia delle fonti (esclusa l’edizione presa in esame):

Jerome K. Jerome, Storie di fantasmi per il dopocena, Milano, La Spiga, 2007;

Massimo Scotti, Storia degli spettri, Milano, Feltrinelli, 2013;

Mario Praz in Enciclopedia Italiana, dal sito della Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/jerome-klapka-jerome_%28Enciclopedia-Italiana%29/#:~:text=JEROME%2C%20Jerome%20Klapka,Northampton%20il%2014%20giugno%201927.&text=Entrato%20cos%C3%AC%20trionfalmerite%20nella%20carriera,Idler%20(1892%2D97).;

https://www.liberliber.it/online/autori/autori-j/jerome-k-jerome/.

 

 

 

 



[1] Per le fonti sulla biografia dell’autore si rimanda alla bibliografia a fine contenuto.

[2] Per saperne di più si consiglia il contenuto del Penny Blood Blog sulle famigerate Sorelle Fox. Trovate l’etichetta nella parte destra del blog.

[3] Nonostante i miei numerosi sforzi non sono riuscita a reperire il luogo e la data di pubblicazione.

[4] Voglio ben pensare che abbiate letto o conosciate Un Canto di Natale, il celebre racconto dell’autore che ci racconta di fantasmi, peccati e redenzione. Teniamo ben presente la scelta della notte della Viglia di Natale.

[5] Per comprendere la differenza tra spettro e fantasma vi rimando sempre al contenuto sulle Sorelle Fox presente qui sul blog.