mercoledì 6 gennaio 2021

LA VECCHIA DEI CAMINI. Vita pubblica e segreta della Befana

 

Di CLAUDIO LAPUCCI (Saggistica Breve per Graphe.it Edizioni)

“Viene la Befana,

vien dai monti a notte fonda.

Com’è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana”

(Dalla poesia LA BEFANA di Giovanni Pascoli)

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE AL SAGGIO

Edito nel 2018, un piccolo saggio che propone un discorso sui significati e le tradizioni dell’Epifania, ormai sempre più legata alla figura della Befana e meno identificata esclusivamente con il valore che riveste per la Cristianità. Il tutto in meno di cinquanta pagine. Un breve sguardo per i curiosi, per gli amanti della storia; o semplicemente per gli affezionati della nostra cara Befana. C’è chi crede nella magia, o chi la vuole confutare… beh tutto questo gruppo di lettori variegati può trovare non pochi spunti dalla nutrita bibliografia. Le pagine di Lapucci sono un inizio, uno sguardo multidirezionale che può farci giungere in case di Orchi o in boschi “infestati” dalle fate (sì, infestati). Una lettura che si interrompe per un rumore furtivo o un’ombra che sfugge da un pertugio. Vecchi rancori della storia per chi fece del male, o non fece del bene, e forse diventò la Befana. Si cita la nonna di Nerone, Il Cireneo; la moglie di Pilato che espiò anch’essa. A proposito… molti monti della Alpi portano il nome di Pilato, c’è chi dice che proprio lì trovò esilio. Attenti alla buona cura, anche verso gli animali: essi tra loro parlano e svelano le nefandezze dei padroni, alla Vigilia di Natale e per altri nella notte dell’Epifania. Le filastrocche raccontano di consuetudini, timori e insegnamenti che all’uomo servono e che la Befana circondano per farne il vessillo; e vi riporterò spezzoni presi dal testo, mi sono piaciute immensamente queste interpolazioni: l’odore del folklore e del camino che ti entra nel naso, mentre il pane riempie l’aria e le cose di una volta tornano a parlare con forza. Un merlo, un gatto o un moscardino… da vicino il mondo che non notiamo ascolta e vede; sta a noi esser giusti e gentili. Dopotutto il dolce sapore del dono ricevuto fa lo stesso effetto di quando si masticano parole gentili o si portano alla bocca le mani degli altri per accoglierle e baciarle, anche simbolicamente.

Documenti storici e “Befanotti”, burle e vendette per il tirchio. Aria di Carnevale… e no è un caso. Portiamo in trionfo la Vecchina, il simbolo dell’eredità, del rinnovamento e del bilancio; la giustizia umile, il dono e il monito. Credere nell’invisibile aiuta a non abituare gli occhi solo a quello che ci si para davanti, a non essere schiavi di un progresso che priva di retaggi o di consuetudini che permettono aggregazione, insegnamento e, perché no, una bella dose di divertimento. Ma voi sapete dove abita la befana? Pare che in Toscana qualcuno sia stato a casa sua, ma una volta visitata la casina “magica” è impossibile ritrovarla. Il luogo, quasi esatti, ve lo svelerà la lettura.

LA BEFANA: GUARDANDO DA OGNI LATO, ASCOLTANDO OGNI ANTICO BISBIGLIARE

La Befana è un essere antico, una forza ancestrale che nasce come personificazione della natura, nelle apparenze più povere, semplici. Dall’amabilità delle tradizioni contadine inizia a prendere i connotati bonari: una vecchia che porta i doni di notte, e conosce le verità dei cuori e trascina via con sé feste ed energie dell’anno passato. Una nuova opportunità, seguita a un monito che può avere la sostanza del carbone, l’odore dell’aglio o della cipolla, l’inconsistenza penetrante della cenere.

È innegabile che siamo affezionati alla Befana; alla sua soppressione della festività, decisa nel 1977, la gente non reagì bene… nel 1985 fu ristabilito “l’ordine naturale” e la Befana tornò.

Ma come è fatta la Befana? Sappiamo che veste mucchi di panni rattoppati, ciabatte o scarpe rotte. Ha il naso adunco e la pelle rugosa; è piegata dagli anni ed è schiva e silenziosa…  ma badate che tutto vede e ascolta, sempre. Meglio non sorprenderla durante il suo lavoro: oltre a scappare non tornerebbe mai piu! E qui la tradizione è una legge, non una diceria. Nella sua umile solennità, la vecchina è accompagnata da un bastone o gerla; si serve di una scopa o un ciuchino per attraversare lo spazio e caricarsi di doni o oggetti simbolici. Vive in luoghi remoti, per lo più in cavità delle montagne, nei boschi… e per questo è amica dei boscaioli. Frequenta le carbonaie ed è sempre ricoperta di fuliggine. Lei sa che nell’uomo non alberga solo il bene; pare, addirittura, che durante l’anno cammini sui tetti delle case, di notte. Lei ascolta e conosce le azioni dell’uomo, non solo dei bambini. Questa energia perpetua, che lei rappresenta, porta con sé l’anima pagana della ritualità naturale: ogni cosa vivente si spoglia della vecchia vita.

Non è un caso che sia legata al focolare; c’è da dire che anticamente le case erano molto basse e le canne fumarie potevano permettere a un uomo alto di trovarsi con la testa nel cielo e sotto le stelle.

Il saggio ripercorre tradizioni passate di porta in porta, da focolare in focolare; perché è proprio quest’ultimo luogo a rappresentare il cuore della famiglia, la sacralità della casa, e l’agente magico e purificatore delle mura domestiche.

Molte altre sono le usanze legate al fuoco; è da ricordare il CEPPO: la parte del tronco che sta tra le radici e la parte dell’albero che si dirama. La simbologia richiama il punto di unione tra cielo e terra. Si soleva scegliere un ceppo e bruciarlo alla Vigilia, per alcuni doveva durare fino a Capodanno, per altri doveva arrivare fino all’Epifania. Questo pezzo di legno veniva persino benedetto o ornato; il saggio cita numerose consuetudini legate a località disparate, anche lontano dall’Italia. In alcuni angoli della Francia si soleva conservare parti del Ceppo: nel caso si fosse cambiata abitazione, schegge venivano bruciate nel nuovo focolare e altre parti venivano sepolte lungo i muri esterni. Da noi è conosciuta persino una AVEMMARIA del Ceppo. Fuoco e cenere, vecchiaia… il senso e il significato della morte sono fortemente legati alla magia purificatrice e istruttiva che circonda il folklore di molte notti di festività.

E Gesù Bambino? Il suo culto fu introdotto nel XII secolo; anche in questo caso si pensava potesse proteggere le case, e un bambinello veniva sotterrato nelle fondamenta delle abitazioni. Ma il ruolo della Vecchina pare il più antico e longevo: nella COROGRAFIA FISICA, STORIA, STATISTICA DELL’ITALIA dello ZUCCAGNINI il bambinello non compare nella veste di portatore di doni; contando che il trattato è vastissimo e copre il periodo che va dal 1835 al 1845.

Neanche I RE MAGI hanno offuscato la funzionalità della figura della befana e le sue simbologie: i fantocci a forma di vecchia bruciati come buon auspicio; ciò nel corso del tempo, dato che prima si facevano solo dei grandi falò e la direzione del fumo veniva ben guardata per prefigurarsi il raccolto futuro. La befana è un sacrificio della vita, è anche energia che si estingue per ritornare. È eredità, simboleggiata dai doni; è il raccolto che l’uomo fa di ciò che ha prodotto durante l’anno in termini di azioni buone. I MAGI rappresentano più la regalità del divino, la Befana la vita semplice e la povertà; non dobbiamo stupirci che le genti si siano maggiormente riconosciuti in essa. RE portatori di doni e Vecchina hanno in comune la capacità di fare un viaggio lungo in breve tempo; è da ricordare, però, che i Magi hanno impiegato tre giorni per giungere al Salvatore e numerosi anni per tornare a casa. Lapucci ci indica come più completa storia dei Re Magi l’opera di GIOVANNI HILDESHEIM, carmelitano tedesco del XIV sec.

LA BEFANA E IL CARNEVALE: CORTEI E MASCHERATE

Le celebrazioni popolari raccontano di numerosi cortei, di trionfi grotteschi. I fantocci del Carnevale e le “vecchie” da bruciare; in entrambi i periodi si prefigura un ordine nuovo e una diversa stagione. Lapucci ricorda la descrizione delle feste legate alla Befana dell’Abate Gaetano Buganza che, nelle POESIE LATINE (1786), racconta delle strade di Firenze zeppe di gente che canta, urla e fa schiamazzi; mentre una Befana viene portata in trionfo su una sontuosa carrozza. Le persone brandiscono una scopa, e la “nobile” figura sorride.

Il saggio ci parla di cortei, in alcune località ancora praticati, nei quali comitive mascherate battevano le vie paesane, le case poderali, le fattorie; anche i luoghi dove si lavorava anche di notte, come i frantoi. Questi gruppi cantavano e portavano allegrie e buon augurio; manifestazioni associabili alle questue della notte della Vigilia di Natale, con differenziazioni per territori e periodi storici. La Befana spesso accompagnava questi figuri mascherati, tutti recitavano esilaranti scenette nelle quali la trama era quasi sempre la stessa: una giovane deve maritarsi, la Befana vuol rubargli l’amato e nasce una baruffa che porta la Vecchina a un malore o addirittura alla morte. Interviene il dottore che prescrive salsicce, dolci e vino… ed ecco che avviene la resurrezione con annessa raccolta dei beni salvifici. Non essere visitati era quasi un affronto, non rispondere alla “bussata” implicava reazioni verbali niente affatto gentili. L’Italia centrale lascia diverse testimonianze in merito a questa usanza; la bibliografia chiarifica fonti interessanti.

CHI ERA LA BEFANA? NOMI FAMOSI ED ESPIAZIONI

Si narra che Ponzio Pilato e sua moglie, Claudia Procula, andarono in elisio nelle Gallie o sulle Alpi. Lui morì e la donna espresse la volontà di espiare la colpa del consorte che mandò a morte il Salvatore con la sua indifferenza. Claudia divenne la custode delle anime dei bambini non battezzati, che sarebbero rimasti con lei fino al Giudizio e oltre, in un giardino fiorito. In Alto Adige si racconta che la consorte di Pilato fosse diventata una specie di fata, chiamata Frau Brechta. In altre tradizioni religiose si parla di un pentimento di Pilato, il quale è anche stato fatto santo dai Copti, i Cristiani d’Egitto.

Il Saggio cita diverse “trasformazioni” in qualcosa di simile alla Befana. È chiamata in causa anche la nonna di Erode. In Trentino, invece, la consorte Erodiade pare si fosse trasformata in fata; viene chiamata Redòsega o Redòsa, dal numero “dòdese” (dodici) perché pare appaia a mezzanotte.

Elementi che intrecciati tra loro avrebbero contribuito a formare e arricchire la figura della Befana, con le sue caratteristiche.

L’ELEMENTO MAGICO

Nel MALMANTILE (1668) di Lorenzo Lippi, Il Minucci nelle note parla della Befana come di uno spauracchio usato per spaventare i bambini. Addirittura, pare esistessero due figure: una buona e una cattiva.

Il Nieri ci parla di fate, lontane dall’immagine fiabesca a noi nota. Le fate possono essere buone o cattive, passano per le abitazioni e non amano le persone poco gentili. In Abruzzo, nella cittadina di Penne, si narra di una fata vestita di celeste con un cappello a cono sulla testa… attenzione, non fa magie ma si siede su di voi mentre dormite per rubarvi il respiro. Le fate della tradizione hanno un viso rugoso e non affascinante, e sono piuttosto vicine al mondo delle genti, osservando.

La Befana pare una strega, ma ha mantenuto i connotati assolutamente buoni e positivi. Come una strega vive da emarginata. In Toscana si narra che un filo di fumo si possa intravedere tra monti e cime degli alberi; la tradizione locale è chiara: la Befana abita a Coldevento. Piccole tracce, modeste entrate; se si fa attenzione si può accedere alla casupola della Vecchina, posto che presenta anche un magazzino colmo di giocattoli e carbone. La leggenda, però, racconta che se si vuole ritrovare l’abitazione della Befana una seconda volta resteremmo delusi, è impossibile. Dimenticavo che la Befana ha altresì fieno e stalle per nutrire e accogliere i ciuchini che lavorano per lei.

In merito agli animali si sussurra molto: le spie della portatrice di doni o rimproveri silenti sono molte. Corvi, merli, gatti e topini; queste bestiole sono spesso associate anche alle streghe, nel nostro caso fanno da informatori per distinguere i buoni e i cattivi. Una leggenda narra che alla Vigilia di Natale, o nella notte dell’Epifania, gli animali parlino tra loro. Sempre in Toscana, i bovi direbbero così:

«Biancone!»

«Nerone!»

«Te l’ha data la ricca cena il tuo padrone?»

«No, non me l’ha data»

«Tiragli una cornata!»

L’origine della credenza sarebbe da attribuire a una distorsione popolare delle profezie messianiche che la Chiesa legge nella liturgia natalizia. In particolare, quella di Isaia (11-6,8):

“Il lupo dimorerà con l’agnello;

il leopardo si sdraierà accanto al capretto;

il vitello e il leoncello pascoleranno insieme

e un piccolo fanciullo li guiderà.

La mucca e l’orsa pascoleranno insieme;

i loro piccoli si sdraieranno insieme.

il leone si ciberà di paglia, come il bue.

il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;

il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso”.

Il saggio è acquistabile ad un prezzo di un euro e novantanove, se vorrete avere spunti curiosi il testo potrebbe essere una breve lettura stimolante.

Vi lasci con la parte finale di una canzone sui Magi e l’Epifania, raccolta nel Mugello:

“Buona gente, è qui finita

questa storia se è gradita,

tocca a voi or farvi onore

per la festa del Signore.

 

Gira, gira padroncina,

la dispensa e la cucina,

anche voi girate, sposa,

e donateci qualcosa

per far festa in allegria

per la Pasqua Befania.”

 

L’elemento Pasquale non può che richiamare la rinascita auspicata da tutte le tradizioni che hanno amato, e amano, celebrare la morte invernale della natura.

 

 

 

 

 

 

domenica 3 gennaio 2021

LE AVVENTURE DELLA GATTA LUDOVICA

 UNA GATTA NERA E UN ANZIANO VEDOVO: 

LA NARRAZIONE DI UN'AMICIZIA SPECIALE CHE DÀ IL VIA A UN'ESPERIENZA CHE PROFUMA DI GENTE E STORIE, E DONA NUOVA DIGNITÀ ALLE PICCOLE COSE IN UNO SCENARIO IMMENSO COME UNA GRANDE CITTÀ... E, SOPRATTUTTO, LA VITA STESSA

Testo di Angelo Petrosino

Illustrazioni di Sara Not

ANGELO PETROSINO

Da più di trent’anni scrive testi per ragazzi; lui che i ragazzi li ha conosciuti davvero, grazie al suo passato da insegnante. Si è occupato anche di giornalismo e traduzione. Attualmente collabora con la rivista «Pagine Giovani».

SARA NOT

Sara è mamma di due ragazzini, e anche di “Micia”… la musa ispiratrice che ha portato alla creazione dell’immagine meravigliosa della Gatta Ludovica. La Not collabora con le più grandi case editrici italiane, ma il suo lavoro frizzante, espressivo e unico è arrivato anche oltreoceano.

LE AVVENTURE DELLA GATTA LUDOVICA

INTRODUZIONE ALLA TRAMA


Ph Francesca Lucidi

Targata Einaudi Ragazzi, e pubblicata nel 2020, questa storia è un contenitore di realtà straordinario. Attraverso gli occhi e i pensieri di Gatta Ludovica, e grazie alla sua profonda amicizia con un anziano vedovo, riusciamo a visitare angoli, piazze; piccolezze e magnificenze della città di Torino. Il viaggio più intenso, però, è quello nelle vite delle persone, dei numerosi soggetti che esprimono bellezza, bruttezza, crudeltà… ogni sfumatura dell’animo e ogni lato delle azioni. Ludovica è la discriminante: la gatta osserva, interagisce, interviene e PARLA.

Ludovica è una gatta nera, una gatta di strada abituata a cavarsela da sola e ad assaporare la libertà con le sue dolcezze e i suoi aspri imprevisti. Ma la piccola fiera felina, dagli occhi grandi e svegli, incontrerà chi non è così selvaggio ma che come lei conosce le difficoltà, la resilienza, e anche la solitudine.

AMELIO è un anziano ultraottantenne, vedovo. Ah! La sua amabile moglie mancata da poco ancora riempie le giornate del vecchietto popolando le ore di ricordi, e parlando attraverso vividi sogni che spargono malinconia ma permettono di mantenere vivo un amore potente che continua a illuminare la vita di Amelio.

Una notte, Luisa, la moglie di Amelio, propone al marito una rivoluzione: adottare una gatta.

L’anziano e dolce insegnante in pensione sa tutto sui libri, ma non molto di animali. La sera, spesso, si ferma a guardar fuori, godendo del fresco. La notte gli anziani sembrano esser curiosi e in allerta, quasi come i gatti.

Una donna ogni sera arriva con le sue sporte e nutre una colonia di mici, che spuntano fuori dal nulla al solo sentore dell’arrivo della loro benefattrice. Quale migliore aiuto per la missione di Amelio!

La donna è chiara: NON VENDE GATTI. Ma i due individui soli, gentili e sinceri entrano subito in sintonia; con i modi semplici e i gesti concreti di chi conosce la vita e non si perde in chiacchiere. Posso rassicurarvi che Amelio riesce a soddisfare il suo desiderio, prima, però, bisogna procurarsi tutto il necessario per curare un micio. Un anziano sa essere meticoloso, perché sa che la distrazione può essere pericolosa e la casualità fa perdere tempo e confonde. Una piccola attesa, delle schiene un po' malandate. Basta una panchina per aiutare un’annusatina, ed ecco che Ludovica è già sulle gambe del suo nuovo padrone. La donna lo aveva detto che aveva proprio in mente un animale adatto per l’anziano; bisogna però ricordare che un gatto ha i suoi tempi… e che probabilmente sarà lui a scegliere voi, e non il contrario.

Ph Francesca Lucidi

La convivenza fra i due va a gonfie vele: dopotutto Ludovica parla e Amelio la capisce. Badate bene che la micia non proferisce parola con chiunque.

Le istruzioni si susseguono: occuparsi di un gatto richiede il precisissimo adempiere a una serie di gesti e abitudini, poche ma chiare e imprescindibili. Amelio si racconta e ascolta la sua micia. Dopocena porta la gatta con sé e vanno verso la scuola: dove di giorno si consuma chiasso e un pizzico di pericolo, ecco che di notte c’è quiete. La gente guarda in modo strano l’anziano che gira incappottato con in braccio una pelosa gatta nera dagli occhi grandi. A loro due non importa, dopotutto entrambi conoscono il vero valore delle cose, del tempo e della libertà di pensiero.

Purtroppo, un giorno, Amelio inizia a tossire, tossire forte. La diagnosi è chiara e richiede un ricovero in ospedale. Di certo Ludovica non viene lasciata in balia dell’abbandono; c’è chi pensa a lei… ma non basta. Qualcosa nella micia inizia ad architettare, a pensare e rimuginare. Una fuga fulminea e inizia l’incredibile avventura di una gatta che non si gira mai dall’altra parte davanti a un cattivo; non si piega ai pregiudizi; ringrazia chi si comporta bene e sa confortare i cuori soli e le anime afflitte. Ludovica salva vite, sgomina malviventi e riesce a far scattare allarmi delle macchine saltando dalla cima di un albero (ma che male le anche!).

Ph Francesca Lucidi

Il suo cuore, che batte fortemente sotto il folto pelo nero, corre tra la gente ma non può fare a meno di anelare il grembo di Amelio. Riusciranno a riunirsi? E vi sembrerebbe incredibile se vi dicessi quanti manigoldi, superstiziosi e gretti individui farebbero del male a un povero gatto, specialmente se nero.

Tenetevi forte: mortadella, tonno, occhi attenti e altruismo. Questo il bagaglio per scorrazzare con Lodovica.

ANALISI

I TEMI: COSE SERIE PER UN GATTO E PER UNA PERSONA!

“I PENSIERI LI REGALA LA VITA. I LIBRI CONTRIBUISCONO A PERFEZIONARLI.”

Quale migliore citazione di questo testo da mettere davanti a voi. La storia di Ludovica è, infatti, soprattutto una storia fatta di tante storie, di tante esistenze che si intrecciano tra loro o si stagliano nel loro vuoto o nella loro vita grigia, priva di autonomia, efficacia o avventura. In realtà la solitudine pare un filo rosso che si interseca con altre decine di colori fatti di come il mondo va; soprattutto oggi, se consideriamo certi fattacci che andremo a leggere. Alcune trame sono sbrogliate, morbide, persino luccicanti! Ognuno di noi ha questo filo che fuoriesce dall’animo e si incontra con quelli degli altri: ci incastriamo, creiamo disegni meravigliosi, ci uniamo per rafforzarci.

Dalla matassa potreste fare una bellissima copertina per un micio, i gatti adorano le attenzioni: ma che siano gratuite, mi raccomando! Ludovica ci insegnerà anche a fare del bene, a perpetrare la cura o la cosa giusta senza aspettarsi applausi, stando nell’ombra e gioendo solo di un una buona mangiata, una carezza o un giaciglio sicuro. Ricordate, LE FUSA NON SI FANNO A COMANDO! Le relazioni di questa gatta, che durano magari una manciata di minuti, sono più autentiche di molti rapporti o interazioni a cui siamo abituati: non vi è “merce di scambio”, non vi è falsità o pregiudizio. Un compagno per un sorriso può essere un barbone, uno zingaro, un macellaio malvisto dalla gente; un prete e persino un carabiniere. Quest’ultimo potrebbe farci comodo perché il mondo è pieno di ladri e scansafatiche che vogliono fare del male agli altri per non usare zucca e schiena lavorando onestamente (tranquilli, qui ci penserà Ludovica).

I personaggi riescono a essere perfettamente tratteggiati in poche pagine, i diversi capitoletti sono finestre sul mondo verso il quale siamo distratti, costantemente. Potessimo ascoltare una madre che parla con il figlio malato, potessimo farlo veramente con attenzione, sapremmo “ascoltare” nel modo giusto; sapremmo cosa fare? Tentiamo spesso di essere grandiosi andando alla ricerca di manifestazioni plateali e frasi perfette per ogni occasione, quando una carezza può smuovere energie grandissime; va bene anche una strusciatina se siete gatti.

L’autore ci accompagna nella riscoperta dei gesti piccoli, e delle cose fatte con calma riscoprendo il raro gioiello della semplicità; il tutto in uno scenario immenso: una grande città e la vita stessa.

“Domani ho in mente di cucinare il minestrone. Non uno di quelli già pronti che si vendono nei supermercati. Lo preparerò io, una verdura dopo l’altra.”

Cristina è la vicina di Amelio, una donna semplice, una casalinga non particolarmente istruita ma entusiasta della vita e del suo ruolo. Una persona generosa che aiuta i vicini, che tagliuzza verdure e non manca di essere curiosa anche riguardo i libri e la cultura di Amelio. L’anziano non si trincera dietro alle conoscenze che può aver maturato un insegnante, al contrario non canzona mai Cristina e la invoglia anche a provare a leggere. L’autore propone diverse riflessioni sull’amore per la lettura e il rispetto per essa; perché i libri non sono un lusso per pochi o una medaglia al valore, sono anzi “valori” aperti a tutti, democraticamente. Un vecchissimo libraio sarà anche preoccupato per le sorti della sua bancarella di usati: il nipote scansafatiche butterebbe tutto chissà dove… e poi i libri regalano tempo prezioso e sono dilatatori verso eternità che riescono a persistere grazie alla dedizione di chi ancora vuole ascoltare le parole degli scrittori, i tormenti dei poeti, il tutto da ogni epoca.

“Sì. Il tempo è una ricchezza che ci è stata sottratta.”

Questo libro è anch’esso una dimensione, una visione che permette di ridurre le preoccupazioni ambiziose, di riscoprire l’amicizia sotto ogni forma. Tutti i luoghi nascondono tesori e amore, ma anche insidie. Il segreto sta nello sguardo, nel punto di vista che questa storia permette di farci moltiplicare, ampliare.

Un buon bicchiere di latte fa felice un gatto, un anziano e un bambino. Dicono che i vecchi ridiventino lattanti, bimbi piccoli: il cerchio della vita è una cosa di tutti, ma troppo frequentemente ignoriamo chi sta attraversando fasi diverse dalla nostra, corriamo dietro a impegni che ci assorbono totalmente fino ad arrivare a dimenticare un neonato in auto. LE AVVENTURE DELLA GATTA LUDOVICA è una profonda riflessione sul tempo, sul vivere e sul morire.

Una buona vita porta a una buona morte, qualcuno ha detto una cosa del genere. Alzate i baffi e le antenne:

“E che cosa hai pensato?

Che non bisogna sprecare nemmeno un minuto delle nostre giornate […]”

Ph Francesca Lucidi

Buona lettura, ringrazio di cuore l’autore per avermi inviato il suo libro.

Godetevi anche le illustrazioni, non mancheranno di procurarvi seria commozione, un riso potente e una tenerezza avvolgente.


Se volete acquistare il volume basta cliccare QUI: grazie alla mia affiliazione con Amazon si aprirà la pagina dedicata al prodotto nello shop. Se acquisterete tramite il mio link potrete permettere al Penny Blood Blog di ottenere delle monete virtuali, fornite da Amazon, da investire in altri volumi sui quali discorrere insieme!

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 30 dicembre 2020

LA MONGOLFIERA ARCOBALENO

 

Un originale e coraggioso albo illustrato in formato orizzontale; una “Fiaba Tao” per i piccoli… che per il Tao sono anche i piu grandi. Tutti possono godere della profondità e della conoscenza che permeano queste pagine allegre e coscienti, nate dalla penna di Kiki Blu e dai disegni di Veronica Sgrulloni.

Ph Francesca Lucidi

QUALCHE PAROLA SULL’AUTRICE

Kiki, Chiara: una donna che molto sa e tutto rispetta; una mamma; una persona che studia incessantemente e illumina i significati che condivide con gli altri grazie alle sfumature dei suoi capelli blu, e tra quelle ciocche nasconde le lauree che non la pongono mai su podio, su uno scranno. Kiki si siede a terra e parla a tutti. Condivide la sua passione per la lettura e la sua devozione per la conoscenza tramite i profili social (su Instagram mamma_bookita), e il suo blog. Il sito di Kiki non contiene solo recensioni, lei ama snocciolare riflessioni, mescolare colori e attirare avventori che da lei possono sedersi e conversare. Interviste agli autori, interventi su argomenti di ogni tipo. Chiara ha prodotto questo albo perché sa la potenza del mezzo e dell’argomento scelti. Il volume qui presentato è stato autopubblicato, ed è una scelta che apprezzo perché è indice di sicurezza, e un pizzico di libertà e urgenza di voler dire qualcosa secondo i propri tempi… e posso dire che avevamo bisogno di questa fiaba, adesso.

IN CIELO E IN TERRA, OVUNQUE E DA NESSUNA PARTE: UN VIAGGIO VERSO L’UNIONE DEL TUTTO

C’è una mongolfiera che è sempre in cammino tra cielo e terra. Cielo e terra sono due, come anche la nostra mongolfiera, che non è “una”.

Il nostro strabiliante mezzo per volare è fatto di una cesta e un pallone, uniti da corde. Ed è qui che facciamo la conoscenza di Cestina e Palloncino. Ma badate bene, il dualismo nel Tao non è mai separazione ma è unione degli opposti, è completezza che si equilibra nella diversità e nella complementarietà.

Il Taoismo è antico, è una filosofia che tra origine dalla misteriosa figura di Lao Tzu, il quale ci ha lasciato il TAO TE CHING, il testo principe di questo pensiero rivoluzionario. E pensate che Lao Tzu visse nel VI secolo a.C.: c’è chi è riuscito a cambiare il dopo partendo da prima, chi travalica il tempo perché pare esser riuscito a spiegare con parole semplici i misteri del cosmo. Molto si discusse sulla reale esistenza di Lao, e ormai si è concordi nel sostenere che il Tao sia stato scritto da più mani. La leggenda, le testimonianze e la potenza di questo pensiero lo rendono comunque stabile, perché non dice verità ma mostra semplicemente l’ovvio, ciò che è… e ci può far vedere la reale armonia che noi combattiamo sempre in nome delle nominalizzazioni, delle definizioni, delle separazioni, degli scontri e del voler questo o quello. Cestina e Palloncino sono i protagonisti di un’allegoria potente e semplice: sono due parti che si separano perché cercano cose differenti, o per lo meno credono di volere altro rispetto a ciò che hanno costituito. La mongolfiera subirà una sorte che porterà in campo il Coniglietto Tao, un roditore lettore, uno scavatore eccellente.

A questo punto devo chiedervi se scavando pensereste di trovarvi in cielo, su in cima. Questo potrete scoprirlo seguendo TAO.

Queste le parole di Lao Tze:

“Il Tao è aldilà delle parole

e al di là della comprensione.

Le parole possono essere usate per parlarne,

ma non possono contenerlo.

 

Il Tao esisteva prima delle parole e dei nomi, prima del cielo e della terra,

prima delle diecimila cose.

È il padre e la madre illimitati di tutte le cose limitate.


Quindi, per vedere, al di là dei limiti,

il sottile cuore delle cose,

liberati dei nomi,

dei concetti,

delle aspettative, delle ambizioni e delle differenze.”

La MONGOLFIERA ARCOBALENO è tutto questo, parte da una Filosofia di tolleranza, libertà, unione e flessibilità e la rende comprensibile con poche parole; con simboli di lampante significato. Le stesse illustrazioni mostrano il TAO, ci fanno vedere il cerchio che non è una forma geometrica ma il cammino di ogni cosa che esiste, o è esistita. Anche perché, ciò che cessa di essere torna alla matrice e al Tao… quindi il non essere non è mai il nulla: leggendo questo piccolo libro capiamo le funzioni delle cose, il fatto che l’essere semplicemente è e non è; la morale è un concetto che non concerne la naturalità del cosmo; il giusto non è un punto di vista ma una postura dell’animo di chi sa moderare il suo correre (in basso o in alto), perché sa che tornerà comunque al punto di partenza.

Queste le parole di Chiara:

“ALLORA TUTTO PUÒ CAPOLGERSI, L’ALTO DIVENTA BASSO E IL BASSO DIVENTA ALTO, IL BIANCO ABBAGLIANTE DEL CIELO SI FONDE CON I COLORI DELLA TERRA E DEL MARE”.

L’unione degli elementi, lo sposalizio tra lo YIN e lo YANG; questi ultimi due rispettivamente rappresentanti del Femminile e del Maschile, del freddo e del caldo, dell’immobilità e del vorticoso movimento.

Questa fiaba richiamando il Tao diventa una storia di inclusività, di amicizia nel senso più nobile del termine: rispetto delle differenze e unione consapevole di diversità. LA MONGOLFIERA ARCOBALENO è un lavoro sapiente che può introdurre i bambini a concetti semplici e importanti da cui la società allontana. Saper vedere oltre la terra volgendo gli occhi al cielo, saper anche essere radicati nel terreno, stare tra la gente e riuscire a leggere il cuore dell’altro: essere saggi non ha età, quindi sono certa che i vostri bambini avranno la pazienza di farvi crescere con questa storia (permettetemi una risatina).

A fine volume troviamo delle tavole bianche da colorare. Vi sembra una scelta dettata solo dalla volontà di intrattenere i bimbi? Beh, io ho visto il Tao anche in questo. Leggiamo ancora Lao:

“Trenta raggi si riuniscono in un centro vuoto

ma la ruota non girerebbe senza quel vuoto.

Un vaso è fatto di solida argilla,

ma è il vuoto che lo rende utile.

Per costruire una stanza, devi aprire porte e finestre;

senza quei vuoti, non sarebbe abitabile.

Dunque, per utilizzare ciò che è

devi utilizzare ciò che non è.”

Buona lettura!

 Se volete acquistare il volume basta cliccare qui QUI: grazie alla mia affiliazione con Amazon si aprirà la pagina dedicata al prodotto nello shop. Se acquisterete tramite il mio link potrete permettere al Penny Blood Blog di ottenere delle monete virtuali, fornite da Amazon, da investire in altri volumi sui quali discorrere insieme!

Grazie!

Ph Francesca Lucidi

 

 

domenica 27 dicembre 2020

LOIS LA STREGA, una novella che rinasce dalle ceneri brucianti dei terribili eventi di SALEM

UNA STORIA CHE RIPARTE DALLE AZIONI DELL'UMANITÀ PER GUARDARLE CON GLI OCCHI DI UNA DONNA CORAGGIOSA

ELIZABETH GASKELL RACCONTA LA VICENDA DI UNA "STREGA": LOIS BARCLAY

L’AUTRICE

Elizabeth Gaskell nasce a Londra il 29 settembre del 1810. Figlia del pastore William Stevenson, unitariano. Gli unitariani, nati in seno al Cristianesimo Protestante, rifiutano l’idea di Trinità e pongono in dubbio la divinità di Cristo e dello Spirito Santo.

Elizabeth rimane orfana a un anno di vita. A quattro anni viene adottata dalla zia materna e vive la maggior parte dell’infanzia a Knutsford Cheshire, cittadina di campagna vicino a Manchester.

L’unico fratello della Gaskell muore in mare intorno agli anni venti dell’Ottocento; anche per questa triste ragione si allentano i legami con il padre, in quale era già in cattivi rapporti con la cognata.

La famiglia adottiva è borghese e unitariana, nonché legata per parentele e matrimoni con personaggi eminenti, tra cui William Turner. Elizabeth assorbì dall’ambiente un atteggiamento liberale e tollerante; si dedica a vaste letture e inizia a nutrire sue autonome opinioni.

Nel 1832 si sposa con William Gaskell, pastore unitariano della cappella di Cross Street impegnato alacremente nelle questioni sociali. Intorno al pastore ruotano intellettuali progressisti e pastori dissidenti.

Il cambiamento di vita è considerevole per Elizabeth: Manchester si presenta come un centro in piena espansione e mostra la realtà della nuova civiltà industriale.

Nei primi anni di matrimonio, i coniugi si occupano anche dell’istruzione dei figli degli operai, bambini che spesso a loro volta lavorano nelle fabbriche. Elizabeth sente la mancanza dei paesaggi della sua infanzia ma resta affascinata dal sentore di indipendenza che pervade Manchester.

Nel 1844, muore l’unico figlio maschio William.

Il lutto affligge profondamente Elizabeth; il marito cerca di sostenerla e la convince a iniziare a scrivere per trovare sollievo e distrazione. Nel 1848 esce MARY BARTON, anonimo: un crudo affresco dell’ambiente operaio, motivo per il quale viene messo al bando da diverse librerie e biblioteche. L’attenzione da parte del pubblico, però, è grande.

Inizia anche la collaborazione con Charles Dickens, con l’uscita di OUR SOCIETY AT CRANFORD, pubblicato sulla rivista edita dallo scrittore, Household Words. Dickens convince la Gaskell a scrivere un seguito e se ne assicura la pubblicazione, insieme ad altri lavori successivi.

Un altro grande nome che si interseca alla vita di Elizabeth è quello di Charlotte Brontë, con la quale instaura una forte amicizia e scambia un nutrito epistolario. Il padre di Charlotte chiede alla Gaskell di scrivere la biografia di Charlotte. Datato 1857, il lavoro in questione guadagna un grande successo.  

Scrittrice feconda di romanzi e racconti, ha prodotto anche meravigliose storie gotiche sempre in linea con un’attenta analisi e critica sociale.

Con i proventi dei suoi lavori, la scrittrice acquista un cottage ad Alton, nell’Hampshire. Lì muore circondata dalle figlie, all’età di cinquantacinque anni, il 12 novembre 1865.


LOIS LA STREGA

Ph Francesca Lucidi

L’AMBIENTAZIONE STORICA


BREVI ACCENI AI PROCESSI DI 

SALEM

I Puritani erano i seguaci del Puritanesimo, una corrente cristiana che sosteneva, appunto, la purificazione della Chiesa d’Inghilterra da quanto non strettamente indicato nelle Sacre Scritture. E cosa ben più “pericolosa”, credevano che la Chiesa dovesse essere svincolata dal potere politico. Il tentativo di riforma fu immediatamente limitato in Inghilterra, motivo per il quale si diffuse oltre i confini spingendosi verso le colonie. Le congregazioni emigranti portarono nel Nuovo Mondo le convinzioni in una chiesa purificata, rigida e pronta a riconoscere come unico capo della comunità solo il Cristo.

Il puritano doveva seguire una vita umile ed obbediente: la lotta al peccato, insito nell’uomo, era la priorità. Le comunità riconoscevano come guida una stretta cerchia di anziani, eletti direttamente dai fedeli. La rigidità nei costumi, la paura verso il diverso identificato nell’indiano, nel pellerossa spesso associato alle attività del Maligno, creano un terreno fertile fatto di superstizione e paura.

Gli indiani si nascondevano nella boscaglia, assaltavano i coloni e, dopotutto, stavano reagendo alla perdita dei loro sacri terreni di vita e caccia. La vita era dura e l’oscurantismo risentiva degli echi di quelle strane popolazioni native, spesso mescolate ai coloni perché alcuni indiani erano tenuti in casa come servitù.

Gli inverni erano rigidi, ma l’inferno parve far divampare improvvisamente le sue fiamme tra il 1691 e il 1692. In realtà, già tra il 1647 e il 1688 furono giustiziate 17 persone.

Ma fu dal 1691 che prese il via la più estesa ondata di accuse ed esecuzioni per stregoneria del territorio del Nuovo Mondo.

Tutto iniziò da due giovani, Elizabeth Parris, la figlia del pastore Samuel Parris, e sua cugina Abigail Williams. Le due cominciarono a comportarsi in modo strano, a strisciare sotto ai mobili, a emettere strani versi… a parlare in tali maniere da far venire i brividi. La diagnosi fu chiara: possessione diabolica. Inizialmente il pastore Parris non volle diffondere la notizia e si rimise nelle mani di Dio. La paura e la superstizione, però, non conobbero quiete e si diffusero a macchia d’olio. Coincidenze, animali ammalati, bambini caduti a terra… ben presto intorno alle due giovani “sventurate” si formò un nutrito coro di possedute: tra i nomi si ricordano Ann Putnam, Betty Hubbard, Mercy Lewis, Susannah Sheldon, Mercy Short e Mary Warren. Ben presto venne fatto il primo nome: la strega era Tituba, la schiava caraibica che da anni viveva e serviva in casa dei Parris. In realtà la donna non fu mai condannata a morte; fece lunghe confessioni, parve diventare una strana “consulente” degli accusatori. Tituba in seguito fuggì e si persero le sue tracce. La stessa sorte non toccò ad altre donne accusate, torturate e giustiziate; di tutte le età ed estrazioni sociali. Ricordiamo Sara Osrborne, una povera anziana inferma; tra le accusate anche la figlia di quattro anni di un’altra “strega”, stiamo parlando di Dorothy Good, figlia di Sarah Good.

Le accuse e l’odio parvero seguire alberi genealogici, legami di parentela, confini territoriali. È chiaro come vi fossero sottese antipatie e interessi personali nella diffusione delle dita puntate verso il prossimo.

In realtà, prima di iniziare dei veri processi v’era da risolvere un problema: non c’era un Governatore dal 1689; per questo motivo i reali inglesi inviarono Sir William Phips. La corte era composta da sei membri, nominati da Phips, e dal vicegovernatore William Stoughton.

In tutto furono impiccate 19 persone, un uomo morì schiacciato da una montagna di pietre perché si rifiutava di testimoniare; 150 furono imprigionate per sospetta stregoneria e 200 persone furono accusate. I numeri non devono parer esigui dato che la popolazione del New England contava appena centomila unità.

In realtà, tutto si fermò grazie ai dubbi sul peso delle testimonianze; no, non ci fu un immediato slancio di coscienza. Alcuni dissero di aver sentito le ragazze sussurrare di nascosto di aver inventato tutto; altri addussero dubbi più religiosi, evidenziando che alcune ragazze avrebbero attirato su di loro quei sintomi perché avevano praticato divinazione prima delle visioni. La pratica della divinazione era ovviamente aspramente proibita dal puritanesimo. Alcuni membri della chiesa puritana iniziarono a criticare i processi; alla fine, in settembre, il Governatore Phips ordinò la sospensione dei processi. Furono assolti i 49 imputati dei restanti processi pendenti.


COTTON MATHER

Figlio del pastore Increase Mather, fu il più giovane studente di Harvard, entrandovi a soli dodici anni per gli studi in medicina. Si laureò ma pensò di non seguire le orme paterne per colpa di un difetto di pronuncia; un amico, però, lo riuscì a persuadere e Cotton diventò pastore del 1685. Fu collaboratore del padre nella seconda chiesa di Boston. Profondamente convinto dell’esistenza delle streghe, scrisse anche un trattato intitolato WONDERS OF THE INVISIBLE WORD; pubblicato nel 1693. Noto per aver preso parte alle vicende di Salem, in realtà non fece mai parte della giuria. Egli era interessato molto alla questione e criticava i metodi adottati dai giudici. Di vedute particolari, Cotton pareva quasi essere più “liberale” dei suoi simili: sosteneva anche che gli Indiani potessero essere sbiancati nell’animo grazie al battesimo. Fu un medico sperimentatore e sostenne e si adoperò per l’inoculazione del vaiolo. Era, però, un forte sostenitore della schiavitù. Durante i processi raccomandava la liberazione dei rei confessi, cosa che, ovviamente, non venne considerata dalla Corte. Chadwick Hansen, con il suo WITCHCRAFT OF SALEM del 1966, ha tentato una più profonda analisi ridimensionando l’aura esclusivamente negativa creatasi intorno a Mather.

Dopo i processi, però, Cotton Mather fu uno dei pochissimi che non dichiarò pentimento. Morì solo cinque anni dopo il padre. Fu vedono tre volte, ebbe quindici figli dei quali solo due gli sopravvissero.


UNA CURIOSITÀ SCELTA DA ME

Nella contemporaneità, molti sono i prodotti di fantasia che i media propinano al pubblico romanzando, rimaneggiando, o rimescolando gli eventi di Salem: dalla serie tv omonima a Le terrificanti avventure di Sabrina. Una della “Sorelle Sinistre”, personaggi di quest’ultima serie citata e a sua volta ripresa da un noto fumetto, porta il nome di “Dorcas”: per capire le origini del nome dobbiamo tornare ai processi di Salem.  Dorothy Good era la figlia di William Good e Sara Good, una delle vittime del terribile periodo di Salem. A soli quattro anni, Dorothy fu imprigionata e interrogata. La piccola sosteneva che la mamma era la sposa del diavolo, e non mancava di mordere chiunque le capitasse a tiro. Diceva anche di aver avuto in dono da sua madre un serpente… un “famiglio”, un chiaro servo delle streghe, per i giudici. Erroneamente il suo nome fu scritto come “DORCAS” dal magistrato Hathorne.

La piccola fu rilasciata sotto cauzione.


IL ROMANZO DI ELIZABETH GASKELL

 

INTRODUZIONE e UNO SGUARDO ALLA TRAMA (SENZA ANTICIPAZIONI ECCESSIVE, PROMESSO!)

L’edizione da me letta è stata pubblicata nel 2017 dalla Lit Edizioni.

“E dovete ricordarvi, voi che leggete questo racconto nel XIX secolo, che la stregoneria era, per Lois Barclay duecento anni fa, un peccato terribile.”

Pubblicato nel 1859, LOIS LA STREGA, è una novella scura e severa; accusatrice e seria; compassionevole verso i malcapitati adocchiati dal bieco e terrificato sguardo del puritano. È la storia di una giovane di diciotto anni, una fanciulla pallida e delicata, dagli occhi grigi, a quanto pare, ammaliatori… Questo piccolo libro brucia di denuncia, di una donna per le donne, e di una liberale per la libertà e i diritti dell’individuo.

Prendendo spunto dai terribili eventi occorsi a Salem alla fine del XVII secolo, Elizabeth Gaskell segue le sorti di un’orfana; non nata senza genitori ma spezzata dal dolore di aver perso ogni cosa, persino la speranza nell’amore.

 L’Inghilterra aveva le sue contraddizioni, ma pareva più lenta nel condannare le “streghe”. Una capanna nella boscaglia, un’emarginata e il suo gatto… poi le acque del fiume che diventano rosse e una profezia che urla le sue verità. Il lettore dovrà ricordare bene determinate parole, sopportare una visione macabra, triste, priva di misericordia e umanità. Queste responsabilità e moniti sono in primis, però, per la giovane Lois.

Il Nuovo Mondo attende, da un fiume all’Oceano. Un capitano burbero e giusto, silenzioso e schietto allo stesso tempo. E una lettera che si presenta come il lasciapassare di Lois verso una nuova vita, magari una nuova opportunità. Un primo accogliente approdo, delle donne che sembrano saper vivere in un modo dominato da uomini e regole scritte ovunque e propinate ad ogni occasione. Un breve stralcio di serenità, prima che due promesse lascino Lois in una casa oscura: non è il colore, non è la sola luce che mancano, è un sentore di fitto malessere, di infelicità e affetti malsani. La madre di Lois ha scritto una lettera, prima di morire: suo fratello deve accogliere la nipote. Alla fine, le uniche compagnie che avrà Lois saranno una zia, Grace Hickson… talmente pia che “il devoto signor Cotton Mather ha detto che persino lui ha da imparare da me”; la cugina Faith, verso la quale inizierà a provare una cieca devozione; la cuginetta Prudence, pestifera, innamorata del pettegolezzo e della zizzania; il cugino Manasseh, cacciatore impavido sempre chino su un grande libro, sgradevole di aspetto non per voler essere superficiali… ma a voler ben interpretare due occhi neri nel guardare e insistenti nel seguire Lois. Resta un’indiana, Nattee: serva fedele e particolarmente legata a Faith, tra confidenze all’ombra del focolare e alla luce di pentole in ebollizione di segreti e parole che echeggiano in lingue che non possiamo comprendere.

“E quanta era grande la misericordia umana a quel tempo? Ben poco, e Lois lo sapeva. L’ istinto, più che la ragione, le aveva insegnato che il panico era vigliaccheria, e la vigliaccheria genera crudeltà.”

Posso aggiungere che il Maligno ha la faccia di chi invidia, la lingua della bugia; il peccato originale non è il solo neo sulla carne della gente ma vi svettano scuri l’individualissima propensione al possesso, il desiderio di essere importanti, visti… di avere occhi solo per sé. Tradimenti, crudeltà gratuita, visioni e insistenze che ti spingono all’angolo nelle notti invernali dove il sole pare aver voltato le spalle a Salem per una personale volontà. Una disamina puntuale di Elizabeth Gaskell, che parte dalla storia, presa in prestito con uno scopo lampante e dichiarato, e s’incammina sotto il mantello di una innocente creatura. Occhi grigi nell’ombra, convulsioni, l’ingenuità di un racconto dettato dalla voglia di sentir ancora quello scialle invisibile che è la famiglia; “STREGA!”, “STREGA!”. La colpa della fiducia, il peccato della bellezza e della solitudine.

Vorrete sapere se quelle due promesse torneranno alla porta di Lois… Vedo rovi, sento il sapore di pane sporco e duro.

Una novella eccellente d’onore, coraggio e devozione. Non pensate alla religiosità quanto alla devozione per giustizia, fratellanza, e bontà d’azione.


ANALISI E OSSERVAZIONI

Elizabeth Gaskell prende in mano un evento storico, luttuoso, vergognoso; lo prende in una presa forte, legittima le sue parole con note che rimandano ad eventi storici e versetti biblici. Assume i punti di vista esterni di chi vuole parlare ai contemporanei facendo conoscere una realtà che pare, già allora, sconcertante; lo fa assumendo la postura puritana per metterne in luce i succhi putrescenti; lo fa indossando i panni di un’orfana che rievoca suoi dolori antichi. Gli eventi di Salem vengono ripresi cambiando qualche nome ma mantenendo le mura umide delle prigioni, l’ombra della forca che imperversa sul capo di accusati e accusatori, e avvicinando un lume a personaggi realmente esistiti che non devono essere dimenticati, come Cotton Mather.

Negli anni si sono susseguite scuse, remore… o affermazioni ancor più forti di legittima difesa del gregge del Signore. Qui sì, si ragiona anche sul perdono, sulle scelte e su ciò che una mente e un cuore possono provocare: morte, cura, oppressione o follia. Elizabeth Gaskell parla coraggiosamente, quando le donne cercavano di mostrare figure femminili che nell’umiltà della loro condizione riuscivano a proferir gentili sentenze, fedeli ai propri ideali e sprezzanti dell’ignoranza e la pochezza altrui. Il legame dell’autrice con Charlotte Brontë mi fa tornare alla mente alcune frasi proferite da Jane, protagonista del capolavoro di Charlotte JANE EYRE: parole dure, che paiono uscire da un corpo gelido e da uno spirito inflessibile; quando invece il dolore e la solitudine si stanno solo mantenendo vive sulle gambe solide della rettitudine vera, quella nata da un cuore puro e fedele, non legato ai precetti altrui ma agli universali valori del bene e del giusto.

LOIS LA STREGA è una breve lettura indimenticabile, almeno per me. Una mano sulla coscienza, un libro aperto sul passato e uno sforzo di pensiero e azione proiettati al futuro.

Buona lettura!

 

 Se volete acquistare il volume basta cliccare qui QUI: grazie alla mia affiliazione con Amazon si aprirà la pagina dedicata al prodotto nello shop. Se acquisterete tramite il mio link potrete permettere al Penny Blood Blog di ottenere delle monete virtuali, fornite da Amazon, da investire in altri volumi sui quali discorrere insieme!

Grazie!


martedì 22 dicembre 2020

LA NOTTE PRIMA DI NATALE

 UN RACCONTO GROTTESCO, GENIALE; 

TRA I FUMI DELLA FIABA POPOLARE  E LE STRETTE DI UNA SAPIENTE CRITICA SOCIALE

... alla maniera di 

NIKOLAJ GOGOL

Ph Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

Pubblicato per la prima volta dalla Garzanti nel 2019, ci troviamo di fronte a un volume piccolissimo, potrebbe essere un diario, un quadernetto di appunti, un libro di preghiere: tre immagini che possono avere a che fare con la storia che andreste a leggere. Curato da Paolo Nori e introdotto dallo stesso con “Sette piccole cose sulla «Notte di prima di Natale»”, che ne contestualizzano la fortuna critica, aprono un breve sguardo alla tormentata natura di Gogol, e citano una condanna a morte assai illustre che passa per la lettera di un critico e finisce con una grazia… ma quest’ultima informazione dovremo andarcela a cercare da soli; devo dirvi che si cita Dostoevskij, siamo chiari.

LA NOTTE PRIMA DI NATALE

PREPARETE IL BICCHIERE… TUTTA D’UN FIATO: CENNI SULLA TRANA, ANALISI E RIFLESSIONI

Nel reparto manoscritti della Biblioteca Lenin di Mosca, al numero 3231 dell’inventario, c’è un quaderno che contiene questo racconto, ed altri: il quaderno era di Nikolaj Gogol. La carriera del Nostro inizia male, con l’autopubblicazione di IDILLIO IN QUADRI; un po' ignorato e fortemente criticato ecco che il lavoro finisce, in tutte le sue copie, tra le fiamme. Gogol e il suo servo fanno un falò, così come accadrà con il secondo volume di AMINE MORTE, poco prima della dipartita dello scrittore. Fuoco e tormenti religiosi in un animo che è riuscito a portare il realismo ad un livello in cui il riso è funzionale, in cui il grottesco sa essere poetico; per dirlo con le parole Nabokov: “Dà la sensazione di qualcosa di ridicolo e stellare allo stesso tempo”. Gogol, indicato come precursore del realismo magico, scrive NOTTE PRIMA DI NATALE tra la fine del 1831 e l’inizio del 1832, e sarebbe stato il primo racconto del secondo volume del libro LE VEGLIE ALLA FATTORIA VICINO A DIKAN’KA; questo libro incanta la critica e Puskin di cui tratteggia “l’allegria ingenua e furba al tempo stesso”. Se pare che i tipografi si torcessero dalle risate mentre lavoravano a quelle pagine così “stellari”, posso affermare che lo stesso potrà capitare a voi lettori; il tutto verrà però circondato da magia bianca, canti, odori di cibo che vi faranno venire l’acquolina. Attenti al cielo, che pare molto più abitato di quel che potremmo pensare: streghe, scope che rincorrono le padrone, diavoli seduti sotto la luna, maghi e un diavolo che, però, scende sulla terra. Prima di Natale il male pare in subbuglio, per una grande tragedia? Beh, non direi, anche se la luna se la vedrà brutta e “stretta”, e qualche amante scoprirà che un sacco sarà il giaciglio a cui l’adulterio alla fine lo spingerà. Ah, Solocha e la sua bellezza, che in realtà è solo maestria: ma dove mai avrà preso questi incanti da propinare agli uomini?

C’è da dire che Solocha ha un figlio, il fabbro Vakula, che è anche un bravissimo pittore e un devotissimo fedele; l’amore lo terrà alle strette. In una notte dove si cantano le koljadki, e i ragazzi girano per le case agghindati e festosi, e raccolgono pasticci di carne o pane e salame; le slitte sono adornate e pronte a partire, in particolare qualcuno deve raggiungere la casa del diacono: lì si promettono bevute che hanno il sapore di mele secche, miele, prugne… ma altri hanno intenti diversi. La vendetta porterà un diavolo a cercar rivincita per un impietoso ritratto che lo presenta alla gente ridicolmente riempito di botte.

Un fabbro, una bellissima dama civettuola, un padre che qualcuno vuole allontanare, altri far fare dietro front; un diavolo brutto, piccolo e nero. Ah, le pene d’amore e le pene dell’orgoglio: diavolo e uomini sono accumunati da un bel po' di guai, in una notte che promette una commedia grottesca che mette in scena le miserie umane universalizzandole da nomi propri che potrebbero essere qualsiasi nome.

E se forse la luce nella tormenta potrebbe tornare… due scarpette luccicanti saranno il brillare più grande, il prodigio di vita e amore, forse. Un viaggio dall’Ucraina a Pietroburgo, a cavallo di una domata bestia assai improbabile. Magistrale critica della società e delle debolezze, con all’interno elementi autobiografici come la divisione d’animo tra fervore religioso e personali aspirazioni.

Una cosa è certa: fate attenzione ai vostri sacchi, alle vostre mogli e ai vostri mariti… per motivi molto diversi!

ULTIME CONSIDERAZIONI

Leggendo questo racconto abbiamo la possibilità di camminare tra la neve con una resistenza mai avuta prima, se gli abitanti di questa città ucraina sono assai abituati, la narrazione di Gogol ha la capacità di farci entrare nella vicenda con tutte le scarpe, nella neve ovviamente. I canti e le luci sono inebrianti, l’allegria permea le descrizioni; i vizi umani ci paiono anche più sopportabili perché c’è il sapore della fiaba popolare che coccola il lettore. Ricordiamoci che i russi fanno sempre le cose con una certa serietà: guardate bene a personaggi e dialoghi. Nel racconto troviamo i cosacchi, la comunità nomade militare che aveva in sé un sangue ricco e fiero, e i capelli neri della bella Oksana sembrano rievocare origine lontane.

Un discorso fatto, nientemeno, che alla Zarina snocciolerà questioni che nel tempo saranno cruciali per le sorti dei cosacchi.

Storia e folklore ci portano a spasso assieme alla narrazione di una religiosità popolare fatta di superstizione, rigore e peccato. Vi devo ripetere di guardare il cielo, ma sappiate che tra la gente si sa chi può vederle o no (le streghe); guai a discutere! E se l’amore puro di Vakula è il motore di tanti percorsi, ripensamenti e di una notte insonne… l’istituzione matrimoniale è resa anche nel suo svilupparsi tra infelicità, cattiverie e infedeltà: sacramento obbligato, e a volte mantenuto per  ridurlo a una scodella, una volta piena di gnocchi fumanti, oramai vuota.

Le pietanze descritte ci appanneranno lo sguardo con un fumo caldo e delizioso; i personaggi improbabili sono un bel po', ognuno con qualcosa di magico, ridicolo ma atto a stimolare riflessioni illuminanti. Vi pare possibile andare a chiedere un “miracolo” a chi, si dice, parli con il diavolo?

QUALCHE CITAZIONE, veloce, presto!

“Ma quando mai l’avrebbero smessa, con la vanità? Si può scommettere che a molti sembrerà stupefacente vedere il diavolo che si comporta nello stesso modo. Ma la cosa più spiacevole è il fatto che lui, davvero, credeva di essere bello, mentre a guardarlo veniva vergogna.”

˜

“Che meraviglia, il brillar della luna! È difficile raccontare come sia bello, in una notte del genere, stare con una compagnia di fanciulle che cantano e di ragazzi pronti a tutti gli scherzi e a qualsiasi trovata che solo una notte allegra può suggerire. Si sta caldi, nel cappotto imbottito, per il gelo le guance brillano ancora di più, e è il maligno in persona, da dietro, che ti spinge a fare il monello.”

˜

“Com’è possibile che un pensiero, contro la tua volontà, ti si ficchi in testa?”

˜

“Signorello, nel secchiello,

Che ci metta un bel tortello,

Un pugnetto di pappina,

Di salame una fettina!”

˜

“Non deve andare molto lontano, chi il diavolo ce l’ha in spalla”.


 Se volete acquistare il volume basta cliccare qui QUI: grazie alla mia affiliazione con Amazon si aprirà la pagina dedicata al prodotto nello shop. Se acquisterete tramite il mio link potrete permettere al Penny Blood Blog di ottenere delle monete virtuali, fornite da Amazon, da investire in altri volumi sui quali discorrere insieme!

Grazie!