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venerdì 18 settembre 2020

PETALI DI EMOZIONI

UN LIBRO DI STORIE ILLUSTRATE

DELL'EMERGENTE
ANNA ITRI

Ringrazio l'autrice per la copia digitale.

CENNI BIOGRAFICI SULL’AUTRICE

Anna Itri nasce a Napoli nel 1994. Percepisce e manifesta da subito un grande legame con l’espressione artistica tradotta in storie narrate attraverso colori e linee. Si forma come autodidatta, spinta dalla passione.

Il suo stile si ispira al mondo dei manga ma è anche intriso di realismo, romanticismo e fantasiose visioni tipicamente fiabesche. 

PETALI DI EMOZIONI

Ph. Francesca Lucidi.  Petali di Emozioni di Anna Irti, edizione digitale, 2020. Disponibile su Amazon, anche in cartaceo.

INFORMAZIONI GENERALI E STRUTTURA

L’autrice ha scelto l’autopubblicazione, avvalendosi di collaboratori per editing e impaginazione.

Il volume è breve, e la lunghezza scelta è assolutamente in linea con il tono generale dell’opera. Il libro è una raccolta di piccole narrazioni che racchiudono elementi fiabeschi e favolistici.

Ritroviamo le fiabe nel magico che pervade ogni personaggio, ambiente o fatto. Gli animali parlanti e le morali esplicite poste alla fine di ogni stralcio richiamano i caratteri e gli intenti educativi tipici della favola.

Stiamo parlando di un libro illustrato: ogni brano contiene disegni narrativi con elementi che si inseriscono nel testo o che occupano una pagina singola. Le illustrazioni mostrano quanto viene detto in parole, non aggiungono nulla alla storia ma ne amplificano gli effetti materializzando personaggi e visioni straordinarie. Lo stile delle parti grafiche è realistico, colorato e semplice. La suggestione del mondo dei manga si ritrova nei grandi occhi dei personaggi, ma alcune rappresentazioni sono perfettamente in linea con uno stile classico da libro di fiabe per bambini in vecchio stile.

Le singole narrazioni sono precedute da una copertina non illustrata dall’autrice ma realizzata graficamente. Le introduzioni visive contengono titolo del brano ed elementi decorativi.

Il corpo centrale è racchiuso tra interventi personali dell’autrice. L’introduzione è accorata ed evoca una sorta di “fanciullino” di Pascoliana memoria, non con ardore filosofico ma con sincero invito all’immaginazione e ai buoni sentimenti. Anna parla come un’amorevole amica, con un atteggiamento quasi materno.

A conclusione vi sono numerosi ringraziamenti, sempre estremamente accorati; a precederli, giochi illustrati che contengono rebus, numeri, esercizi di osservazione.

I brani inseriti nel volume sono quattro: LA CONIGLIETTA FUNNY, LUCCIOLA, NASINO NASINO e PETALI DI SPERANZA.

 

UNO SGUARDO AI QUATTRO BRANI

LA CONIGLIETTA FUNNY

Nel regno di Canu vive una ragazza di diciotto anni chiamata Funny. La ragazza è per metà un coniglio, dalle sfumature violacee.

Funny è una sognatrice e, soprattutto, una sarta. La ragazza vive con la grande speranza di poter vestire con una sua creazione qualcuno di veramente importante. Il regno colorato di Canu è fatto di nuvole pastello e carote dalle forme improbabili.

 Una Principessa e un Principe, come nelle migliori fiabe, stanno per convogliare a nozze. Questo matrimonio non è solo un evento istituzionale ma un’occasione di condivisione e festa per tutti gli abitanti del regno. La Principessa vuole un abito speciale e indice un concorso che fa drizzare le orecchie di Funny: l’abito scelto per le nozze sarà realizzato da un abitante di Canu; tutti sono invitati a partecipare e solo il grande giorno la Principessa svelerà il vincitore sfoggiando l’abito scelto.

Funny è umile, ma il suo grande cuore pulsa forte e richiama la ragazza al suo sogno.

La piccola sarta metà coniglio si mette all’opera: purtroppo i tessuti sono costosi e la ricerca non è facile… ma qualcosa, alla fine, attira l’attenzione di Funny.

Riuscirà la nostra coniglietta a realizzare il suo più grande desiderio? L’invito dell’autrice è rivolto a chi ha paura di non essere all’altezza, a chi non ha condizioni di partenza facili, a chi nonostante tutto questo non deve abbattersi.

Cosa rende speciale l’abito realizzato da Funny? Il sentimento. L’emozione e la bellezza vengono raccontati come valori uniti intimamente. La vera bellezza non è lo sfarzo, ciò che conta è la felicità che non viene dalla ricchezza materiale ma dalla forza del cuore, dalla facoltà di saper parlare agli animi e regalare un sorriso.

Ciò che conta davvero sono “i piccoli gesti fatti con il cuore”.

LUCCIOLA

Questa è la storia di un bambino, Pietro, e del suo giocattolo, Lucciola.

Lucciola è un panda rosso che emette una flebile luce visibile solo al buio. I due sono inseparabili e vivono insieme numerose avventure straordinarie, nella normale vita quotidiana che diventa uno scenario pieno di sorprese grazie all’amicizia tra Pietro e Lucciola.

Un giorno Pietro si ammala e Lucciola è riposto sulla sua poltrona davanti al letto del bambino. Il piccolo non ha la forza di alzarsi e giocare con il suo più caro amico… ma qualcosa, di notte, inizia a muoversi. Un cuore rosso diventerà il magico veicolo di un’energia misteriosa. Quante volte ci è sembrato di vedere oggetti muoversi, giocattoli ammiccarci dai grandi occhi lucidi.

Sì, Lucciola si animerà grazie alla più grande forza che esiste al mondo. Quanto si soffre, però, quando si fa di tutto per dimostrare a qualcuno il nostro affetto ma bisogna farlo senza farsi troppo vedere. Disegni, dediche affettuose: il rapporto tra Pietro e Lucciola raggiungerà un momento di vera magia.

Anni dopo, un adolescente sarà ancora in grado di rievocare l’incantesimo fatto di amore e immaginazione?

 NASINO NASINO

Anna è una bambina gentile che vuole molto bene alla sua coniglietta nera di nome Bonnie. Le due, pur essendo di sue specie diverse, riescono a vivere un legame profondo fatto di sguardi e soprattutto di gesti semplici ma allo stesso tempo assai potenti… come lo sfregarsi i nasi in segno di saluto e presenza, una presenza reale fatta di cura e attenzione.

Un giorno, Anna corre a chiamare Bonnie, come ogni mattina: nessuna “risposta”. La coniglietta è finita nel “mondo dei sogni”, così spiega la mamma ad Anna. Un legame così non si può dimenticare, e proprio il sogno sarà il luogo dove un grande arcobaleno accoglierà Anna per mostrargli come l’Amore non muore mai, e come veglia su di noi anche quando non ne vediamo la fisica manifestazione.

Un coniglietto piccolo piccolo sarà una visione e, poi, una speranza. L’Amore non si esaurisce, come la vita: queste energie si trasformano e possono fare cose straordinarie!

 PETALI DI SPERANZA

L’ultimo brano è anche il più lungo della raccolta: è una fiaba in piena regola, ma moderna e intrisa di temi e valori assolutamente attuali. Ovviamente non si raccontano le cose in modo letterale: i personaggi sono simboli, le vicende sono inviti alla riflessione vestiti di colori e fantasia.

In un villaggio c’è una strana leggenda che inquieta la popolazione: si parla di distruzione. La vegetazione sta iniziando a scomparire, ma prima di tutto questo un misterioso bambino compare davanti a una porta.

Una donna riceve da un petalo un messaggio e un fagottino dalla pelle scura da accudire.

Il bambino, però, ha delle particolarità che vengono celate al resto della gente… che non ricorda la notte della venuta del “dono”: tutti ne sono usciti trasognati e solo una donna sa, e compie il suo amorevole dovere di madre attenta.

Anemone, così si chiama il bambino, vive un po' in disparte: la gente lo vede diverso e lo guarda con sospetto, anche se la vera particolarità di Anemone viene tenuta ben nascosta.

La gente, però, non è tutta scontrosa. Il bambino, divenuto pian piano ragazzo, ha un caro amico di nome Elias.

Anemone nasconde sotto gli abiti dei germogli che continuano a uscirgli dalla pelle: meravigliosi racemi e fiori che lui strappa brutalmente per sentirsi come tutti gli altri.

Un giorno, durante il bagno, un germoglio fa capolino dal cuore di Anemone. Il ragazzo, che ha ormai quindici anni, tenta di strapparlo con forza ma prova un terribile dolore. Sentendo i lamenti del figlio, la mamma accorre da Anemone e comprende la situazione. Ormai è chiaro che quei rami sono parti vitali per il ragazzo; se li estirpa si fa del male, se li mostra rischia l’ira della superstizione dell’ignoranza. Dopotutto, nel villaggio ancora circola la paura di una catastrofe, e la vegetazione intorno alle case sta misteriosamente scomparendo.

Un giorno il segreto di Anemone viene scoperto, il ragazzo fugge verso un luogo che per anni ha esplorato con Elias, e lo ha fatto sentire sempre “a casa”. Ci si chiede chi sia la vera mamma di Anemone: petali fluttuanti, una grotta e il tempo daranno la risposta.

Questa è una storia di fedeltà, di amicizia e amore vero, di coraggio. Attraverso la storia di Anemone si comprende il valore della distanza, della forza di fare la cosa giusta… la facoltà di star vicino a chi amiamo anche se possiamo farlo solo in modi che non ci saremmo aspettati.

Ognuno ha splendide particolarità che bisogna difendere e mostrare fieramente. Essere sé stessi crea rapporti profondi; essere sé stessi spesso è difficile, ma che senso ha strapparci dal cuore i fiori della nostra unicità se il cuore viene via con quello stesso gesto?

 

RECENSIONE

Anna incarna i pregi delle sue storie: emana buoni sentimenti, è fatta di sogno e di fantasia; è forte e delicata nella volontà di comunicare un messaggio.

I suoi disegni sono confortanti, le sue narrazioni sono essenziali e fatte di fascinazioni che si vestono semplicemente di felicità, purezza e vibrazioni positive… un po' come gli abiti cuciti dalla sua Funny.

La sensibilità di Anna è grandissima: provoca risonanze di vissuto generale, ma anche personale, in ogni cosa che l’autrice crea. La coniglietta Bonnie è la materializzazione di un ricordo, di un affetto. I rami che sgorgano dal corpo del personaggio di Anemone sono la trasfigurazione poetica dell’unicità che ognuno di noi deve difendere e rispettare. Anna è unica, e fiera del suo essere romantica, ma è anche decisa a voler fare la sua parte nel mondo veicolando semplicemente il bene. È piacevole vedere che ancora si voglia parlare di amicizia, di storie fantastiche e di piccolezze che riverberano onde di luce immensa: nessuna tragedia, niente apocalisse o violenza… solo invenzioni che diventano reali perché le morali alla fine di ogni storia parlano di tutti noi. Questa autrice ha il dono della passione più vera e sincera; però, l’energia deve essere ben indirizzata e bilanciata dal pensiero, da un distacco salutare che faccia da dosatore di elementi: ogni formula magica necessità di rituali, regole e ordine.

Purtroppo, sono inciampata in momenti di sintassi spigolosa o incidentata; le parole scelte, a volte, non sono nell’ordine giusto e il significato ne risente, la lettura ne soffre. L’accorata introduzione che si rivolge agli adulti, bisognosi di ricordare il bambino che sono stati, chiama un target di pubblico che nel complesso non risulta ben definito. È sicuramente un libro adatto ai bambini, soprattutto, ma anche ai grandi. I giochi posti a fine volume sono un’idea deliziosa ma di una tipologia maggiormente pertinente a un prodotto per i più piccoli. Durante la narrazione ci si rivolge ancora agli adulti: credo che, per l’appunto, il target debba essere meglio definito e rispettato in ogni parte del testo che richiama il tipo di pubblico a cui ci si rivolge.

Anna è molto attiva sui social ed è amante della collaborazione: al termine del libro, l’autrice mostra alcune illustrazioni fatte dai suoi lettori, per un contest. I ringraziamenti prendono una grande quantità di spazio se si conta che il corpo principale della raccolta è breve.

Sarebbe bello se avendo una grande fantasia e una innata capacità manuale riuscissi a costruirmi una casa fatta di zucchero. Sarebbe straordinario prendere un pezzetto di muro per dolcificarmi una cioccolata calda… però siamo nel mondo reale: ok la magia, ma se un giorno il sole picchiasse più forte rischierei di vedere la mia bella casa di zucchero sciogliersi… e resterei anche senza un tetto sulla testa!

Consiglio ad Anna di considerare una nuova edizione avendo bene a mente il target e rispettando questa coordinata nelle scelte fatte per il testo. Una rilettura dei brani potrebbe aiutare ad appianare le parti dove non vogliamo che il lettore perda l’equilibrio, e magari rovesci la fetta di gustoso dolce che Anna ci regala. 

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Grazie e buona lettura!

 

mercoledì 26 agosto 2020

NEW YORK 1941 di Luca Giribone

 

L’AUTORE

Luca Giribone nasce a Torino nel 1975. Fin da giovanissimo si dedica alla scrittura, collaborando con La Stampa di Savona nell’inserto giovanile Il Menabò. Si trasferisce a Milano e segue la sua passione per il mondo della comunicazione: proprio per questa sua attitudine inizia a lavorare nel mondo pubblicitario come copywriter.

 SITO UFFICIALE DELL’AUTORE

Per sapere tutto sulla sua bibliografia e rimanere aggiornati su pubblicazioni ed eventi clicca QUI.

NEW YORK 1941. FORSE

Ph. Francesca Lucidi

INTRODUZIONE

L’opera qui presentata è stata pubblicata da Europa Edizioni nel 2017. Partendo dalle informazioni in quarta di copertina, New York 1941. Forse è un breve romanzo dichiarato come “noir, sapientemente hard boiled”; si promettono colpi di scena, si preannuncia che nulla è quello che sembra e, sempre nelle informazioni preliminari concesse al lettore, si citano i protagonisti e una questione legata alla corruzione dell’uomo più potente di New York. Fin qui niente di strano… se non fosse che questi dettagli sono relativi solo a metà del romanzo. Questa particolare “falla” finisce per trasformare in qualcosa di poco chiaro i potenziali punti di forza e i gorghi affascinanti in cui si trova avvinto il lettore. Partiamo dalla storia…

TRAMA E STRUTTURA

Img Pixabay Edited

Frank Logan è un giornalista del New York Daily, talentuoso e arrivista, sicuro ma spezzato. Sono proprio i suoi pensieri confusi a darci il benvenuto in una lettura che sicuramente mantiene la promessa relativa ai colpi di scena. Frank ci accoglie in un dormiveglia, anche se non si può parlare di quella situazione in senso stretto… le sensazioni però sono simili ma nulla è identificabile con certezza. Fin da questo primo incontro con il protagonista ci approcciamo alla struttura “doppia” del romanzo: i fatti raccontati dal narratore onnisciente sono riportati in tondo, e questo “Dio” creatore viene interrotto in maniera sommessamente potente dai pensieri dei personaggi, dai loro ricordi e dalla narrazione in prima persona di ciò che vedono, vivono e ricordano; i narratori invadenti interrompono la scrittura usuale con un corsivo marcato che suggerisce subito una rottura, potremmo dire una “falla” nell’intreccio apparentemente ben congeniato e diretto allo scopo del suo compiersi in maniera impeccabile.

Il ricordo… questo elemento è forse la chiave che il lettore dovrebbe cercare, dato che non c’è!

Ogni attore di questa storia psichedelica (ma non si era detto noir?) ripercorre alcuni momenti della propria vita fino a dover sbatter su un nome che non si riesce a ripescare nella mente, un data, un seguito a qualche vicenda che sicuramente sarebbe impossibile dimenticare per pura rimozione difensiva. Lo smarrimento del non ricordo viene avvertito da ogni personaggio: siamo partiti da Frank… ma ciò è vissuto anche da Dorothy.

Dorothy è un’affascinante avvocatessa originaria del sud, vive con Frank un amore intenso ma diviso tra la preoccupazione costante per le sorti del suo amato cacciatore di scoop e una risolutezza che fa splendere la donna, tra una sigaretta accesa e un rimprovero al suo amato troppo dedito all’alcol. Frank si sente perennemente colpevole davanti a Dorothy, sia per le sue piccole manchevolezze e debolezze che per l’effettivo pericolo a cui si espone ogni giorno… trascinando con sé la sua donna, che naturalmente risponderebbe di ogni passo falso, o oltre, di Frank.

Img Pixabay Edited

Questa volta la questione è davvero gigantesca e potenzialmente, molto potenzialmente, senza via di uscita… come le profonde fondamenta di un grattacielo approvato e voluto da tutti, ma che nelle strutture della sua costruzione nasconde parecchi cadaveri caduti per la crescita di qualcosa di più importante solo perché socialmente riconosciuto.

Il Sindaco Richmond ha saputo farsi strada distribuendo caramelle allucinatorie fatte di promesse, piccole necessità soddisfatte, sorrisi e apparizioni ben studiate su giornali improvvisamente felici per un’uscita inaspettata dal deficit finanziario. Frank ha fiutato il tipico odore della corruzione: un misto tra acqua di colonia costosa, fumo di sigaretta, e morte. Chi aiuterà Frank in questa suo assalto suicida? Potremmo pensare che l’amico poliziotto Jim Ross sarà l’aiutante prescelto.

GIMME THE BALL JIMMY!  

Jimm Ross è un segugio, o almeno da qualche parte deve pur esserci un animale da cerca in un corpo da ippopotamo ingurgita gelato.  Jim, come gli altri personaggi, non è di New York. La storia di Jim parte da lontano, da una casa abitata da altre persone dalla corporatura molto robusta… e la cosa non impedisce a Fleur Ross di occuparsi di quasi tutte le case dell’alta società di Boston, compresa quella dei Flynn, dove il capostipite Ross ha un bel da fare con quelle mani che sanno fare proprio tutto! Della famiglia Ross fa parte anche Bobby, un ragazzo disabile che ama alla follia suo fratello Jimmy. Fleur è una donna risoluta, la sola cultura accademica che Jimmy memorizza tra una definizione sprezzante sul mondo e la promessa solenne di badare SEMPRE a Bobby. Purtroppo, la vita di strada crea legami forti legati dalla voglia di fare branco, ma il branco ha la maledetta potenzialità di riversarsi violentemente sul membro più debole. Jimmy contravviene alla “grande promessa”; Jimmy “la palla”, perché è così che tutti lo chiamano, viene ingannato da un amore grande e apparentemente necessario e va contro sé stesso come se una forza dall’alto guidi la sua stupida e prevedibile vita fallace.

Jim Ross, ormai poliziotto, forse per rimediare a qualche senso di colpa, incontra Frank. Una panchina e una brioche con il gelato… un appuntamento misterioso dato al giornalista Frank Logan tramite un ennesimo biglietto anonimo. Il risoluto giornalista ha paura, ha capito e cerca come può di sopravvivere; se non per lui stesso… per Dorothy.

L’appuntamento è alle dieci di sera a Staten IsIand. Questo luogo in realtà non è solo il posto più adatto per venir uccisi tra le nebbie e le ombre della brulicante malavita degli anni Quaranta… Staten Island è un “PUNTO DI VISTA”. Sì, vi siete affezionati a questa storia? Sicuramente potreste darmi una risposta affermativa: chi non vorrebbe giustizia per la vedova Marley? Adesso, però, dovete dimenticare tutto, stracciare la quarta di copertina e prepararvi a un vortice che risucchia i multipli punti di vista della narrazione per fare in mille pezzi il presunto bel romanzo noir e far esplodere tutt’altro.

Frank sicuramente è destinato a patire la punizione per il solito “aver ficcato il naso”, qualcuno magari interviene, come nelle più rosee aspettative. Jim un ruolo alla fine lo assume… anche perché sa decisamente molto di più di quello che si potrebbe mai aspettare.

Un convento di suore, la speranza di Frank di aver trovato un “informatore”; Bobby che nella notte accoglie un poliziotto e un giornalista da romanzetto d’appendice per portarli nel profondo della... consapevolezza?

Bobby? Sì, Bobby è il classico individuo così puro e sensibile da poter essere il tramite per mondi, o verità, che non riusciamo a percepire perché persi nel vacuo quotidiano chiacchiericcio.

A questo punto devo essere onesta e dirvi che arriva la fantascienza, il futuristico, il metafisico… il metanarrativo.

Il romanzo, noir mezzo hard boiled, vedrà Frank attraversare una porta che lo obbligherà a una vista obbligata che fa male agli occhi e alla testa, e la morfina che ha preso prima dell’incontro con Bobby non può bastare.

Ho parlato di un autore che gioca a fare Dio: Frank dovrà scegliere se compiere un atto di fede per cercare di scoprire il significato della vita e della morte, e soprattutto penserà a Dorothy, a quanto deve a lei almeno un tentativo.

Negli anni Quaranta il mondo è duro e fatto di armi, silenzi e bocche cucite sapientemente: tutti vogliono vivere nella totale superficie di un apparente benessere, se non realmente presente almeno in potenza (il Sogno Americano!). La guerra, nel 1941, ancora sembra una cosa che non riguarda le casette ricolme di famiglie ben assemblate e nascostamente crepate all’interno.

Ed è tutto un mondo limitato a una morale appassita e alla vita quieta di una coppia felice di non esssere capace di pensare al significato della vita stessa, o di essere, al contrario, capace di non pensarci.

Potreste dire che da allora non sia cambiato poi molto il quadretto sociale, il punto è proprio questo: passato, presente e futuro a volte si manifestano in lapsus che ci fanno credere di aver dormito troppo poco, Frank dovrà svegliarsi e decidere di cedere alla non decisione. In fine…

Bastava solo stare lì ad aspettare.

ANALISI E RECENSIONE

Ripartiamo dalla quarta di copertina:

Un romanzo noir, sapientemente hard boiled, parrebbe al lettore.

Questa storia ha, inizialmente, tutte le caratteristiche del noir metropolitano: New York fa da protagonista con i suoi intrecci, le sue ferite, il suo benessere parziale misto al martirio delle fasce più deboli. La componente sociologica che distacca il noir dal semplice giallo deduttivo si distribuisce tra i personaggi positivi in lotta con il crimine. Si sa, però, che la parte dei buoni non è così edificante in storie di questo genere… il protagonista è un personaggio ambiguo che si trova a svolgere il suo ruolo non per una volontà di giustizia per una malsana ricerca di risposte, dettata anche e soprattutto da motivazioni personali.

Sarà. Ma i giornali campano di sventure. Forse col tempo ti abitui al fatto che una tragedia è uguale a un buon numero di copie vendute. E finisci per essere contento quando un treno deraglia e muoiono trenta persone.

Nel noir il protagonista finisce per essere la vittima, non c’è un solo delitto da decifrare ma un’intera collettività marcia da affrontare dal punto di vista di una vita dissoluta, disordinata e che procede con un piede nel lato della malavita stessa. In questo caso non abbiamo il classico detective privato con un passato turbolento nella polizia ma un giornalista… lo stigma viene però recuperato nel passato di Frank: il padre era un poliziotto che sembra incarnare meglio i dettami dell’hard boiled, in esasperazione.

Come è morto tuo padre Frank?

Rispetto al noir, l’hard boiled è invaso di azione; in questo romanzo si passa da sommessi movimenti e storie poco confortanti fino a un’azione preceduta, però, dai tipici climax del thriller. Nel mezzo una voragine…

Ci si abitua ad una storia, che potremmo dire scontata per quanto sia ben dentro i suoi panni, ma quella storia così ben delineata in quarta di copertina… ad un certo punto implode.

Fin qui non possiamo non apprezzare la scrittura perfettamente studiata dall’autore, anche se sfuggono piccole imprecisioni come delle virgolette alte poco attenzionate o un sindaco declassato ad assessore. Sviste editoriali facilmente risolvibili.

Nella prima parte del romanzo mi sono concessa un innamoramento folle nei confronti dei personaggi, grazie alle confessioni “corsive”. Queste sono le parti a cui il lettore deve fare particolare attenzione: i nomi che sfuggono, i ricordi che sfumano nel nulla nonostante gli sforzi dei loro deboli detentori… cosa succede? Come è possibile che il nome di una sorella morta o il decesso di un genitore sfuggano come il numero di telefono di un conoscente utilizzato poche volte?

La storia di Jim e del fragile Bobby ha riempito il mio spirito di rabbia e commozione: in poche pagine la storia dei reietti di una città che promette meraviglie, la saggezza della strada mista alla sua indicibile e spietata rabbia.

 Niente, a un certo punto siamo nella storia, siamo a Staten Island e dobbiamo gettare tutto a mare.

Sicuramente viene ben mantenuta la promessa di stupire e, nonostante lo straniamento iniziale siamo costretti ad andare avanti totalmente avvinti dalla necessità di capire; anche il protagonista prescelto deve capire, anche se non “crede”.

Buttate via il noir, l’hard boiled… qui arriva la fantascienza.

Img Pixabay Edited

Ecco il punto caldo. Il lettore vuole essere stupito ma non va mai tradita la sua fiducia. Mettiamo il caso che io acquisti un libro che in quarta di copertina promette storie di vita quotidiana… che “non sono quello che sembrano”. Si sfiora l’eventualità che le storie possano generare brividi o inquietudine, ma non si cita espressamente l’horror. Mettiamo anche il caso che io odi l’horror, che questo genere non faccia proprio per me… pensate al mio stato mentale quando, a metà delle pagine del mio volume, mi trovo in una bella storia horror con tutti i crismi. Come dovrei sentirmi? Potrei andare avanti se la storia ormai mi ha coinvolta, o posso rimettere il libro sugli scaffali abbandonando qualcosa che non avrei voluto per me.

In New York 1941 si citano il noir e l’hard boiled in quarta di copertina, si chiama in causa lo stupore del lettore, in modo quasi tautologico; poi se abbiamo la curiosità di leggere la biografia dell’autore siamo informati del fatto che il libro sviluppa “temi fantastici”, tutto qui.

Siamo chiari: questo romanzo parte dal noir, si sposta sull’hard boiled (perché comunque i duri fanno sempre il loro effetto), e poi è nettamente fantascienza, sfociando nella metafisica. Le mura del genere che si evoca come principale cadono e resti tra le macerie. Badate bene, il libro è scritto bene e la storia è fatta per stupire… e forse, proprio qui, si è andati appena un po' oltre.

Il tuo Dio è il tuo autore. Il Dio che potrebbe far morire è l’onnipotente padrone del tuo destino scritto su un foglio di carta.

Img Pixabay Edited

Nella storia ci troveremo davanti a questa frase, e nulla sembrerà più vero.

La fase oltre gli eventi, la svolta metafisica che propone una serie di mirabili riflessioni metanarrative è assolutamente potente… riuscendo a coinvolgere anche un’allergica alla fantascienza come me.

Qui lo shock iniziale allarma e fa temere un sensazionalismo puntato all’emersione di un mostro marino letterario vorace. Alla fine, Luca Giribone sa quello che fa, ma dovrebbe considerare che anche i lettori sanno quello che fanno.

New York 1941 può essere oltrepassato nel successivo romanzo dello scrittore: TRYTE (il quale parrebbe un seguito, che però non posso assolutamente immaginare).

Secondo voi da cosa dipende la vita di un personaggio? Conan Doyle tentò di uccidere il suo Sherlock Holmes, sappiamo tutti chi reclamò più volte il suo primato: il lettore.

Il Dio del personaggio è l’autore o il lettore? Il Dio dell’autore chi potrebbe essere?

Io preferisco pensare tutto in termini meno assolutisti: collaborazione questa parola mi piace.

Consiglio la lettura di questo romanzo perché sicuramente è qualcosa dalle immense potenzialità; basta solo che questo potenziale non ceda, in futuro, alle lusinghe del “nuovo” e del “mai visto prima” in modo eccessivo fino a sbatterci contro il viso ben rasato. Il film Matrix lo abbiamo visto un po' tutti… ma le copie dei gialli di Agatha Christie non smettono di attrarre un gran numero di voraci lettori.

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Buona lettura!

 

 

martedì 11 agosto 2020

AMARSI TROPPO PER UCCIDERSI

 UN FUMETTO 
di
JANE FADE MERRICK

Ph Francesca Lucidi

VITA DI COPPIA, "GATTINI", E UN GIOCO CELATO (ma non troppo) PER I LETTORI

Amarsi troppo per uccidersi è un fumetto pubblicato in self-publishing da Jane Fade Merrick. Il nome da me citato non è quello reale della nostra autrice ma è uno pseudonimo: lei è riservata e nasconde la sua identità. In realtà si riesce a capire QUASI tutto sull'autrice di ATPU (Amarsi troppo per uccidersi) leggendo le sue strisce, ma questo lo vedremo in seguito.

Il fumetto è in formato orizzontale, la copertina è flessibile e colorata e al suo interno racchiude numerose strisce che sono al contempo autoconclusive e consequenziali: presentano spaccati autonomi e anche l’evoluzione della storia dei due protagonisti, o forse dovrei dire quattro. Le strisce sono delineate con un tratto delicato e sottile, su uno sfondo bianco. La scarsità di teatro è proprio una delle caratteristiche da me più apprezzate: la quotidianità viene esaltata dalla velocità del momento del disegno e del racconto; i protagonisti sono semplici e reali; gli eventi sono comuni e riconoscibili da qualunque lettori. Sì, il bianco e nero e la linea sottile sono il linguaggio di una vita quotidiana raccontata come lo schizzo che tracciamo inconsciamente mentre siamo al telefono, in cui magari ci troviamo a fare la caricatura di un nostro amico, o delineiamo i profili della nostra casetta ideale.

La scelta dell’autopubblicazione non far deve pensare a un ripiego: Jane crede in questo mezzo di diffusione e ne abbraccia forme e modi in maniera eccellente. Il fumetto è curatissimo, piacevole e amabile perché si evince tutto l’amore che vi è dietro, tutta la cura e la passione dell’autrice.

La storia è semplice: un ragazzo e una ragazza si incontrano, si piacciono… e tutto appare perfetto se non fosse che lei vive con due gattini, animali che il partner, primamente entusiasta, non tollera particolarmente.

Le tappe di questa piccola e tenera storia d’amore, che non ha nulla di epico, vengono man mano raccontate mostrando i caratteri di entrambi, e anche il loro background. I personaggi non hanno nomi, fino a che i “nomignoli” che scelgono per vezzeggiarsi donano un’identità: PICCOLO e PICCOLA entrano nel loro ruolo di amanti sbadati e dolcissimi, alle prese con lo smisurato affetto per gli animali di lei e l’apparente freddezza di lui.

Piccola è dolcissima, pigra, sbadata; è anche indipendente, risoluta e matura. È una ragazza attiva che fa la commessa, vive da sola e si prende cura di due gattini in un modo tipico per la sua personalità… in modo dolcissimo e sbadato. Piccolo è apparentemente pragmatico ma in realtà appare più pigro della sua Piccola; lui si “accoda” alla vita della sua dolce metà, occupando divani e sedie con un libro in mano (che sembra sempre lo stesso)… commentando ogni cosa. Infatti, i pensieri segreti e le conclusioni caustiche che Piccolo trae da ogni evento sono davvero esilaranti.

Il rapporto complicato di Piccolo con i “gattini” appare una disfunzione familiare… e capirete il perché dalle prime strisce. Lui sembra amare la pulizia e l’ordine ma la sua attitudine freddina si scioglie davanti alla sua Piccola dagli occhi grandi e il caschetto piastrato. Sono una coppia anticonvenzionale, perché? Non sono fighi, non amano lo shopping o i locali alla moda, non sono adepti della movida (parola e paradigma ormai fin troppo in voga), ma loro non si incensano e non si propongono a modello… loro finiscono per constatare che in realtà non sanno mai cosa fare il sabato e la domenica: questo è l’esilarante mondo creato da Jane Fade Merrick. Piccolo e Piccola sono gli amici che vorrei, e che probabilmente molti di voi vorrebbero. La vita di coppia che si racconta è romantica in una attitudine assolutamente poco romantica: si sentono odori sospetti, i “gattini” attaccano l’intimità, i film sono quelli sbagliati e i sughi sono sempre gli stessi… e a volte qualcuno scappa bruciaticcio. La storia d’amore che possiamo vivere è quella di ognuno di noi: imperfetta, disagiata e goffa. Tutto, però, è estremamente sincero, e questo è ciò che ho amato di Jane, profondamente.

   
Ph Francesca Lucidi. ATPU di Jane Fade Merrick

L’umorismo dell’autrice passa dal sottile, allo sguaiato (senza mai eccedere), al “nero”. Beh, chi non è cresciuto guardando le avventure di quel famoso gatto che sognava di fare arrosto il suo nemico topo? che poi tanto nemico non era. Il rapporto di Piccolo con i “gattini" è un po' questo: amore e odio, e immaginazione macabra. Non aspettiamoci il politicamente corretto, non ce lo aspettavamo per QUEL gatto e QUEL topo, e non dovremmo neanche ora.

Questa storia di VITA DI COPPIA ha una chicca per noi… sì! Perché questo fumetto è anche un GIOCO PER LE COPPIE. Il fumetto di Jane è costellato di giochini e stimoli di cui godere dall’inizio alla fine, perché possiamo leggere le strisce aprendo a caso, perché sono corte e autoconclusive, ma fanno parte di un progetto più grande e bizzarro. Sopra ogni striscia troviamo riportata una PERCENTUALE DI VERIDICITÀ, che va da 0 a 100. Questo perché? Innanzitutto, in questo modo possiamo conoscere la misteriosa autrice e farcela amica (oh, quanto mi sono riconosciuta nelle Jane/Piccola al 100%); poi, l’autrice invita a ripetere il gioco da noi, valutando la situazione illustrata dandogli una percentuale di veridicità in corrispondenza con la nostra vita personale e di coppia. Questa IDEA GENIALE è un modo nuovo per comunicare. Spesso si vive una quotidianità frenetica e ci abituiamo a ingoiare pensieri e considerazioni o a non vedere con occhio attento le bellezze della nostra "vita insieme". Giocando con Jane possiamo vederci dal di fuori. Se è vero che il cervello umano funziona ad immagini e che immaginare è un processo creativo che può spingerci allo sviluppo… ECCO CHE LA MAGIA è fatta, attraverso un giochino. Magari possiamo imparare a passare il tempo in maniera “diversa” ma senza vivere la noia che a volte attanaglia il week-end di Piccolo e Piccola.

Se volete adottare questa coppia sconclusionata e un’altra coppia, ma di “gattini”, ecco, questo fumetto vi aspetta! Grazie alla mia affiliazione Amazon potete acquistare il fumetto cliccando QUI: si aprirà la pagina del prodotto all’interno dello shop. Il Penny Blood Blog potrà avere, così, la possibilità di ricevere un piccolo contributo da reinvestire in tanti altri libri sui quali discorrere insieme!

Vi riporto la lista di tutti i lavori di Jane Fade Merrick, con delle note che mi ha mandato direttamente lei; io ho riportato tutto fedelmente… perché la adoro.


FRA LE SUE OPERE:

Le Ceneri della Fenice | Romanzo d'esordio - Narrativa Generale - Drammatico.

Iniziato come libro auto-conclusivo, questo racconto si è poi evoluto in due volumi successivi che sono andati a sviluppare le vicissitudini dei personaggi secondari. Il primo volume rimane comunque a sé stante e non è necessario leggere i seguenti per avere una storia completa.

Amarsi Troppo… Per Uccidersi! | Strisce a fumetti.

Basato su fatti di vita realmente accaduti, questo fumetto ripercorre la convivenza di una coppia dal loro primo incontro alla convivenza. L’unico “ostacolo” al loro idillio consisterà nei due adorabili gattini di lei. Lui non ha mai convissuto con degli animali e li considera una privazione al suo spazio personale. Con tenacia, pazienza e un pizzico di ironia affronteranno le situazioni più disparate. Riusciranno a raggiungere una pacifica coesistenza?

Sto-caz amee - Da fangirl a superstar in 2,9 sec. | Romanzo breve - Demenziale.

Il libro più stupido mai scritto sulla Terra, ma necessario.

Sfogo/polemica dell’autrice verso tutte quelle storie (spesso uscite da Wattpad) che nonostante siano un concentrato di relazioni tossiche, manzi addominalati e gnocche stratosferiche, vengono pubblicate e hanno successo mondiale. In questo libro di appena 69 pagine, sono riassunti tutti i cliché, le incongruenze e gli accadimenti che rompono il patto della sospensione dell’incredulità nelle cosiddette “fyccine” (storie che hanno come prestavolto personaggi famosi).

Il secondo prima di morire | Romanzo breve - Introspettivo.

Disponibile solo su Wattpad.

J.M. è invischiata in una vita ordinaria e da tempo spoglia di speranze e aspettative.

Sospesa in una bolla di illazioni sulla puerilità di un'esistenza sprecata, ne rimacina i contenuti nel breve tragitto che compie da casa al lavoro, ma in un attimo tutto cambia: una macchina le piomba addosso quando sta attraversando l'ultimo tratto di strada e la realtà si ferma. Persone, oggetti, il tempo stesso, sembrano congelati, mentre lei rimane l'unica in grado di muoversi.

Costretta dagli eventi, si incamminerà alla ricerca di una risposta in un mondo che non fornisce indizi e che si mostra per la prima volta per come l'ha sempre percepito: indifferente al suo passaggio.

Dal bit alla carta | Guida self.

Disponibile su Wattpad, Instagram e sito web dell’autrice. Questa piccola guida sviscera punto per punto alcuni dei passi fondamentali del self-publishing a partire dalle motivazioni per cui si dovrebbe scegliere. È una guida amatoriale basata sull’esperienza di auto-publicazione e non ha pretesa d insegnamento ma solo di condivisione.

Tutti i libri sopra citati sono disponibili GRATUITAMENTE su Wattpad all’account www.wattpad.com/user/janefademerrick

inoltre:

- EBOOK/PDF IN REGALO: Le ceneri della Fenice (la trilogia), Sto-cazz-amee, Il secondo prima di morire, Amarsi troppo per uccidersi: scrivere a janefade.merrick@libero.it

- GRATUITI SU INSTAGRAM:

Sto-cazz-amee, Il secondo prima di morire, Pillole di Self (tutti a puntate) sull’account www.instagram.com/janefademerrick

Amarsi Troppo …Per Uccidersi! sull’account www.instagram.com/amarsitroppoper


 

lunedì 6 luglio 2020

UNA VERSIONE DARK DELL'ALICE DI LEWIS CARROLL

BUCANEVE NEL REGNO SOTTERRANEO

DI PAOLO FUMAGALLI
Img. Francesca Lucidi


INTRODUZIONE

Bucaneve nel Regno Sotterraneo è un libro di Paolo Fumagalli, pubblicato da Dark Zone Edizioni nell’aprile del 2018.

Bucaneve può considerarsi un racconto lungo: si svolge esclusivamente intorno a una misteriosa e oscura avventura vissuta dalla protagonista, a un solo nucleo narrativo.

Il tempo in cui si dipana la storia è indeterminato, e ciò contribuisce a contestualizzare il tutto in un ambiente fiabesco, dalle denotazioni mutate in senso schiettamente dark. L’autore accoglie il lettore con un’introduzione che comunica il punto di riferimento dell’intera narrazione: Alice nel Paese delle Meraviglie. Fumagalli è innanzitutto un fan, un amante appassionato delle “creature” di Lewis Carroll; e anche dell’immaginario dark contemporaneo firmato Tim Burton. Fumagalli riflette sulla versione di Alice proposta dal regista: il film non si presenta come una rilettura in chiave oscura della storia di Carroll, o del film Disney, ed è più un sequel autonomo che forse ha mancato le aspettative di Fumagalli.

L’autore di Bucaneve cerca di dare vita al suo desiderio creando una storia che possa partire da Alice per poi giungere in territori più spaventosi che “meravigliosi”; con un tocco, però, di ironia e assurdo… per non tradire gli spunti principali del modello originario.

Chi non ha letto Carroll può comunque godere del racconto di Fumagalli, cogliendone i tratti specifici che, a mio parere, sono i punti migliori del libro.

 

TRAMA

Bucaneve è una bimba costretta a letto da qualche tempo: è affetta da una misteriosa malattia che consuma energie e vitalità… e anche il colorito, che appare, ogni giorno, più evanescente e spettrale.

La piccola si consola grazie alle amorevoli letture della madre, che ogni sera la culla tra le storie di un libro ben preciso (evocato e non nominato). La stanza che racchiude questi momenti è sospesa tra il letto, i libri, uno specchio e la finestra.

Lo specchio sembra il triste monumento a una Bucaneve divenuta donna… che non sappiamo se potrà mai arrivare ad ammirare il suo riflesso. Il letto è protezione e prigione: Bucaneve cerca con tutte le forze di contrastare la sua debolezza e contempla l’orizzonte da una finestra le cui tende ogni sera vengono chiuse.

Una notte, però, quelle tende non vengono chiuse… Bucaneve si alza a fatica e inizia a contemplare i fantasmi dell’oscurità: immagini di alberi e contorni multiformi che diventano esseri fantastici.

Tra la finestra e lo specchio, a un certo punto, si crea una sorta di misteriosa connessione: piccoli riflessi (dati dalle stelle?) attirano la bimba presso la superficie riflettente. Rumori e inquietudini, strane luci e sentori senza nome. A un tratto lo spazio si dissolve per ricomporsi in qualcosa che Bucaneve non si sarebbe mai aspettato, e neanche il lettore.

La morte è la seconda protagonista del racconto: anche la piccola si interroga sulla relazione che intercorre tra la morte, il sonno e il sogno… e questi sono tre elementi che hanno grande considerazione, nel libro e nel “Regno”.

Bucaneve si trova a dover combattere per uscire da un luogo che riesce a identificare, più o meno, ma non riesce a capire come possa essere finita proprio lì. A quel punto, inizia il cammino della protagonista in luoghi tetri, neri e asfissianti. Tutto è confusione e stupore; tra animali parlanti e saccenti, tra foreste sconfinate e colori sempre vaghi nel loro cromatismo funereo.

Bucaneve è giunta, chissà perché, nel REGNO SOTTERRANEO. Lei si chiede cosa sia quello strano posto, e anche noi, leggendo, ci interroghiamo sulla natura del “trapasso” della bimba.

Tutto, lì, ha un significato, un aspetto e una velocità DIVERSI… rispetto al mondo “di sopra”.

La protagonista cerca di cogliere i sensi nascosti parlando con corvi, gatti che fingono di essere neri… e beh sì, anche cavalieri senza testa.

Come ogni regno ci sono un ordinamento, un ordine/disordine costituito, e dei governanti. Nel Regno Sotterraneo i cimiteri non sono un luogo silenzioso e le lapidi sono molto chiassose e chiacchierone; tutto ciò è ammesso ma GUAI a introdurre dei cani. I cani rosicchiano le ossa e di ossa è fatto qualcosa di veramente vitale per il Regno.

Bucaneve viene ben accolta da tutti, specialmente da due streghe mangiabambini, che le offrono una corroborante minestra rossastra. Con le streghe non si corre nessun pericolo: loro mangiano i bambini, ma solo quelli cattivi; e mai viene infranta questa regola.

Il percorso della protagonista trova una singolare evoluzione dall’incontro con il Becchino, e con il suo bizzarro caprone che un caprone non è. Proprio grazie a questo personaggio, Bucaneve verrà introdotta alla corte della Regina, la quale è una giocatrice accanita di PALLA MORTA. La partita, a cui tutto il Regno è invitato, sarà un’importante occasione di rivelazione: ciò non dall’evolversi della partita stessa ma dalle occasioni scaturite da una “palla” andata un po' troppo lontana, e da un tiro davvero pessimo.

Bucaneve chi troverà durante la sua ricerca?  E questo cosa comporterà nella narrazione?

Non è chiaro il perché la piccola si trovi lì e quale sia il senso di molte mutazioni che la piccola subisce durante la sua avventura. Le risposte non sono confortanti, o forse sì. Solo i cimiteri conoscono quelle risposte e ce le mostreranno.

 

ANALISI (E CONSIDERAZIONI)

La narrazione si divide tra il narratore onnipresente, e onnisciente, e i pensieri e i dialoghi che ruotano intorno a Bucaneve.

La passione di Fumagalli rende sovrapposti il narratore e l’autore; il tutto partendo da ciò di cui veniamo a conoscenza grazie all’introduzione. Il dichiarato materiale di partenza è riconoscibile, e crea l’ossatura generale della storia. Lo stile è razionale, pulito e ordinatissimo; ciò va a porsi dinanzi alla tempra dark e onirica dei contenuti. Significante e significato sono come un gatto nero che scrollandosi diventa bianco… anche se, forse, in questa questione di stile accade il contrario.

Il linguaggio del narratore è serio e al contempo appassionato; i modi di Bucaneve sono forse troppo simili a quelli del narratore… tanto che solo le indicazioni grafiche riescono a distinguere le due voci.

In questo caso credo che, probabilmente, la piccola sarebbe “emersa” in maniera più forte e peculiare con una costruzione del linguaggio connotata pensando a lei come ad altro rispetto a un autore adulto, razionale (anche se appassionato), e nel pieno delle forze. Non è il narratore che parla come il protagonista ma, qui, il protagonista parla e pensa in modo troppo simile al suo regista. 

Secondo me il racconto è adorabile e le ambientazioni sono fenomenali; è anche vero che, secondo me, è la veste editoriale a penalizzare il nobile intento iniziale. A mio parere, Bucaneve merita una Graphic Novel o per lo meno delle illustrazioni che possano accompagnare e colorare una storia che, in fin dei conti, è macabra e a volte anche molto triste. Questa scelta potrebbe aiutare anche nella maggiore centratura del target dichiarato (+7). La storia è per persone sensibili; ma questi animi inquieti e romantici, forse, verrebbero carezzati dalla narrazione per immagini che può alleggerire l’impatto e aiutare enormemente la figura della protagonista, e tutti i personaggi presentati.

I punti di maggior valore sono quelli che non hanno il marchio Carroll ma Fumagalli. L’incontro con le streghe è stato il momento di maggior piacere per la mia lettura. Le descrizioni, che sono il vero PUNTO FORTE di tutta la storia, sono adorabili; i personaggi hanno il loro spazio e lo occupano meravigliosamente.

Penso che le illustrazioni avrebbero permesso di affiancare e dare respiro a una narrazione che a volte vorremmo durasse un po' di più.

Alcuni hanno criticato il finale… io non vedo cosa possa esserci di assurdo in questa faccenda. Alla fine, si tratta di una fiaba macabra che si stiracchia e si lamenta in un sonno confuso… sicuramente quel finale chiamerebbe un seguito; e ciò renderebbe questo cerchio di parole e sale molto più purificante per gli amari avvenimenti.

L’autore deve credere nel suo solo immaginario, che ha le sue coerenze e le sue bellezze: non sarà Carroll ma alla fine ai curiosi interessa qualcosa di mai visto… a volte, almeno a me.

Io spero davvero che ci sarà una nuova edizione e una rivisitazione della storia; e che si possa pensare a un seguito.

Non vorrei Bucaneve morta (secondo voi lo è? LO SARÀ?).

Consiglio la lettura a chi vuole che le storie “diverse” abbiano voce. Probabilmente, pensandoci, non proporrei le complesse e multifocali macabre suggestioni della storia ai bambini di sette anni. Un giovane adulto dark, nerd, sensibile e curioso penso possa apprezzare questo libro a pieno.

Buona lettura!

  

giovedì 11 giugno 2020

I RAGAZZI DELLA VIA BOERI di Enrico Tommasi

 UN ROMANZO DI FORMAZIONE

TRA RISVOLTI FANTOZZIANI E PROFONDA UMANITÀ

Ph. Francesca Lucidi

I RAGAZZI DELLA VIA BOERI
di Enrico Tommasi

Edito da Primiceri Editore nel 2019

In foto la versione Ebook, visualizzata da Kindle Fire 7.

TRAMA

Il periodo storico da raggiungere, armati di maglioni fatti a mano e musicassette, è quel lasso di tempo che inizia nel 1980 e si estende per almeno quattro anni; direi per due vite… dato che l’autore, che è qui anche il narratore, afferma di essere nato a Salerno nel 1961 e a Milano nel settembre del 1980.

Il nodo emotivo e diegetico del romanzo si svolge a Milano nel pensionato Egidio Trezzi, struttura dell’Opera Cardinal Ferrari, sito in via Boeri numero 3.

Un gruppo di ragazzi, provenienti da tutte le parti d’Italia, lascia la tana “familiare” e si dirige al Trezzi. Tutti sono stati dichiarati “non idonei” a una più ambita collocazione… ma questo fortuito tiro della sorte li cambierà per sempre: da quel momento, tutti, diventeranno e resteranno dei “Trezzini”.

Il narratore ripercorre le tappe di quel periodo dall’abbandono della calda Campania, della madre protettiva e così “italiana” e del padre militare austero e pudico nelle manifestazioni sentimentali, fino ad accompagnarci nel percorso di questo umoristico e nostalgico romanzo di formazione.

Il Trezzi non accoglie solo studenti poco abbienti (anche se molti mostrano una certa spavalderia nell’ostentare un benessere economico che è solo il risultato di una mente fantasiosa e di una curiosa capacità di “adattamento”); il pensionato ospita anche lavoratori che si trovano a Milano per mantenere una famiglia lontana. Ciò che rende il Trezzi un posto molto “caro” è la presenza, appunto, dei CARISSIMI: la struttura si adopera anche per l’accoglienza e la nutrizione dei diseredati della società, di quelli che senza mezzi termini chiamiamo distrattamente BARBONI.

Il narratore incontra i “Carissimi” nelle prime battute di questa commedia milanese. Anche lui, come noi, aveva considerato superficialmente quelle creature invisibili; il Trezzi gli fa, però, il regalo di attirare la sua attenzione su tutte quelle cose della vita che fino a quel momento erano ottenebrate dalla sicurezza dei pasti materni e dei baci notturni paterni, ricevuti di nascosto fingendo di dormire.

Il Trezzi è un casermone quasi inquietante: è perennemente cinto da una nube di fumo di sigaretta, nebbia e olezzi provenienti da ogni parte. Questo strano microcosmo, in realtà non così lontano dal centro nevralgico della Milano adornata e luccicante, diventa però immediatamente la VERA CASA del protagonista. Questo ragazzo, essendo figlio di un militare, ha subito diversi trasferimenti… e si accorgerà, forse troppo tardi, dove si sono realmente fissate le sue radici emotive, inconsce e “umanitarie” (ma questo lo capiremo alla fine di questa strana e colorita cronaca).

Dopo il dettagliato racconto di partenza, sgomento e adattamento ecco che inizia la visita nel freak show trezzino. Il protagonista incontra una MAREA di personaggi che rappresenta tipi e sottotipi umani, maschere, superstizioni; idiomi e usanze…  particolarità gastronomiche e stili disparati. La lista dei nomi da ricordare è assai lunga. Il valore di questo affollato compendio umano è nelle generali categorie principali: la BANDA DEI SALENTINI, LE GUARDIE E I LADRI… I POLITICANTI… I CARISSIMI; nel mezzo il protagonista, forse un po’ insicuro e camaleontico nel suo educato adattarsi a tutto e a tutti (più o meno). Egli non spiccherà mai particolarmente, anche perché la magia sta proprio nel suo ANNULLARSI (e questo lo spiegherò presto nel successivo paragrafo).

Nella storia dei Trezzini si mostra la STORIA dell’Italia sotto ogni punto di vista: economia, disagi, scontri politici e tentativi; paure e sommosse pacifiche e meno pacifiche. Alla fine, tra scorribande e aule dell’Università Cattolica, viene raccontata un’evoluzione persone e universale: una piccola società di ragazzotti diventa il MANIFESTO di un’Italia in cambiamento dove le differenze tra le varie località è marcata ma, anche, dove l’incoscienza giovanile non ancora inquinata dai meccanismi del mondo è il mezzo per comprendere, unire e mondarsi. In realtà, lavarsi via gli odori del Trezzi non è cosa facile: è proprio questo che spinge l’autore a raccontare la storia a distanza di molti anni. Alla fine capiremo perché; alla fine capiremo tanti perché che magari non sono affari del protagonista ma affari nostri… noi in certe circostanze cosa avremmo fatto?

 

STILE (se così si può dire, al Trezzi)                   

L’autore e il narratore coincidono: questo è dichiarato in modo chiaro, fiero, FERMO. Il protagonista non credo possa identificarsi in un solo individuo, neanche nello stesso narratore: il Trezzi, poi, è solo un edificio… i Trezzini, invece, non sono le sole anime che parlano, o in silenzio raccontano. Credo fermamente che il vero protagonista del romanzo sia l’UMANITÀ: in senso stretto e nel più ampio significato.

Si potrebbe pensare a una focalizzazione fissa, a un unico punto di vista interno: in realtà lo sguardo del narratore sa attraversare ogni uscio e si alterna tra soggettività e onniscienza (quasi vojeuristica).

Il linguaggio è semplice e colloquiale, nutrito di dialoghi inframezzati da espressioni dialettali e saggezza fin troppo popolare, ma per questo esilarante.

Ogni cosa è paragonata a un’immagine: le similitudini e le metafore sono davvero molte, forse troppe. Non c’è da dimenticare che è un racconto a posteriori, e che è un adulto uomo affermato che racconta una gioventù che ai giovani d’oggi sembra una razza aliena. Molte di queste figure retoriche di paragone sono sviluppate da raffronti militari e storici… che senza una passatina su Wikipedia non sono, sempre, immediatamente intuibili. Anche il cinema, quello popolare, ha un ruolo nella creazione di questi specchi sovrapposti: BENVENUTI AL SUD, FANTOZZI… o L’ALLENATORE NEL PALLONE tra gli immaginari citati.

Segni e simboli sono qui di una nobile BASSEZZA. È necessario approcciare al romanzo senza pregiudizi: dopotutto è un maschio diciottenne che parla… di altri maschi e di cose assolutamente da VERI UOMINI.

Non vi è retorica ma tante sfigate partite di calcio e poco lusinghiere massime sul gentil sesso… ma è ovvio che prendere alla lettera tutto questo è un errore: il romanzo è una TESTIMONIANZA, magari non comprensibile a tutte le generazioni o a tutte le mentalità… ma è sincero e RUSPANTE.

A fare da cornice a questo caos rumoroso e poco elegante vi sono l’Introduzione e l’Epilogo.

L’introduzione è curata proprio da uno dei Trezzini. I nomi citati nel romanzo sono ovviamente inventati, i personaggi NO. Io sono stata una privilegiata nell’aver “saputo” a quale Trezzino imputare introduzione e abitudini che sono stata costretta a conoscere leggendo questa storia (la cosa mi ha fatto una certa impressione!). La chiusa è tessuta dall’autore che si ricongiunge così con il narratore diventando un UOMO TUTTO D’UN PEZZO: non nel senso abituale ma nella riunificazione di ricordi, esperienze di vita e consapevolezze.

In realtà, le parti che ho apprezzato di più sono state proprio l’inizio e la fine… probabilmente perché sono una donna nata nel 1983. Sono d’accordo con l’autore sul fatto che questo romanzo sia stato scritto in trance: a volte tutto corre molto velocemente e, per chi non è Trezzino, non è sempre facilissimo ricondurre nomi, caratteristiche e puntine da disegno piazzate sulla cartina dell’Italia.

L’umorismo è l’imbragatura di sicurezza che non abbandona mai il lettore: tutto è familiare, confortante anche quando le condizioni “climatiche” sono tragiche.

Immagine recente del "Trezzi". Fonte: http://www.viaggispirituali.it/strutture-turismo-religioso/lombardia/pensionato-egidio-trezzi-dell-opera-card-ferrari_1909/

 BREVE ANALISI

Lo sforzo da compiere per apprezzare questo romanzo è l’IMMEDESIMAZIONE. L’attivazione di una forte empatia è sicuramente dipendente da fattori anagrafici: chi è nato in un mondo ancora non affollato dalla tecnologia ricorda quei rapporti non caratterizzati da una eccessiva presenza manifestata attraverso i mezzi di comunicazione; ciò facilità la comprensione emotiva.

Anni fa, sembra strano pensarlo, si passavano mesi senza “sentire” gli amici geograficamente lontani… ma i rapporti erano cementati ad un suolo impastato dal legame profondo della condivisione reale del quotidiano. Tutto ciò è molto, molto bello… permettetemi di dirlo. Per chi ha vissuto quella realtà è un dolce ritorno; per i millennialsè l’occasione per una lezione di storia, autentica, e che forse non avrebbero altrimenti l’occasione di sperimentare.

Il romanzo è al contempo egoista e GENEROSO.

L’autore si monda di qualche piccola innocente colpa causata da quella frenesia di vita che annebbia i ricordi e i “debiti” con l’esistenza; questo porta a una presentazione della storia in modo molto personale.

La soggettività della scrittura è il terreno dove si gioca la partita con questo libro.

Tommasi è, però, al contempo GENEROSO: il Trezzi ci manifesta un altruismo a volte perduto, trascurato… durante la descrizione delle festività natalizie possiamo ritrovare quella critica sociale esperenziale da “Canto di Natale”. La retorica sicuramente non è il mezzo scelto; il LIRISMO di alcune parti è, però, ciò che mi ha coinvolta maggiormente e mi ha permesso di emozionarmi, anche quando mi sono trovata a leggere di comportamenti assolutamente lontani da me.


Cari universitari mi rivolgo a voi: penso che qualche brivido di commozione vi assalirebbe molto facilmente.

Cari genitori… anche voi ne potreste venir colpiti: lo capirete se vorrete armarvi di attrezzature di fortuna e partire per un viaggio che ha tra le pieghe la realtà che spesso i vostri figli nascondono, per puro AMORE.


Ecco una vecchia foto scattata all'intero dell'Opera Cardinal Ferrari. Si rimanda al sito ufficiale: