venerdì 9 ottobre 2020

IL FIGLIO DEL CIMITERO di NEIL GAIMAN

 

LA STRAORDINARIA STORIA DI FORMAZIONE DI UN BAMBINO CHIAMATO “NESSUNO”, CHE VIVE GRAZIE ALL’ESISTENZA DELLA MORTE

Ph. Francesca Lucidi. Edizione Mondadori 2009

INTRODUZIONE

Il figlio del cimitero è un capolavoro per ragazzi, un fantasy horror uscito nel 2008… ma che deve la sua ispirazione a tempi assai precedenti. Pubblicato con il titolo originale The graveyard book, questo libro che narra “la storia del bambino che viveva tra le tombe” iniziò a prendere forma nel 1985, quando la famiglia Gaiman abitava nel West Sussex. Beh, Neil e i suoi cari vivevano proprio davanti a un cimitero; un giorno lo scrittore vide suo figlio Mike, che all’epoca aveva solo due anni, vagare tra le tombe spensierato, in “groppa” al suo triciclo.

Il volume è riuscito a guadagnare numeri prestigiosi premi: la Medaglia Newbery, Il Premio Locus per il miglior libro per ragazzi, nonché il Premio Hugo per il miglior romanzo.

Il Premio Hugo viene assegnato ogni anno durante la Worldcon (World Science Fiction Convention). Il congresso mondiale della fantascienza riconosce la potenza immaginativa della storia di Nobody Owens, il “figlio del cimitero”.

Gaiman ottiene anche la prestigiosa Carnegy Medal.

L’incanto di questo libro è rafforzato dal lavoro di un prezioso partner di Gaiman, un uomo che ha dato forma e linee, a incubi, “sogni” e straordinarie apparizioni: Dave McKean.

McKean conobbe Gaiman quasi per caso, crearono insieme il loro primo graphic novel nel 1987; e così, con Casi Violenti, iniziò un sodalizio che è passato tra fumetti, illustrazioni, e copertine.

L’illustratore e fumettista creò con Gaiman la serie a fumetti Black Orchid; ha curato il progetto grafico della straordinaria serie della Vertigo Sandman, di cui ha disegnato ogni copertina. Non dimentichiamo che il famosissimo romanzo Coraline (2002) prese facce e bottoni proprio dalle mani di McKean.

Ne Il figlio del cimitero, l’artista ci accoglie all’inizio di ogni capitolo del romanzo tramite illustrazioni evanescenti che tratteggiano modi e personaggi fatti di sospiri, di ricordi, di passato. L’estrema espressività di queste entrate, che si susseguono nel corso della lettura, riesce a farci sentire ancora più parte di quella vita tra i morti, intrisa di così tanta vita che lo stupore e la fascinazione non posso che avvolgerci nella meravigliosa magia creativa dello scrittore contemporaneo che è riuscito a creare un codice comunicativo intriso di ogni potenzialità della vita, delle emozioni, della fantasia. Ogni cosa, in Gaiman, viene percepita come reale, perché finalmente ciò che viene accantonato perché poco usuale riesce a contattarci, e a far capire forte e chiaro un messaggio che sa di una completezza unica.

I libri di Neil Gaiman non sono storielle per ragazzi, sono missioni eroiche per la salvaguardia della “stranezza”, della percezione che vince sulla mera sensazione. Grazie a Gaiman tutti riescono a comprendere come i grandi valori del coraggio, dell’amore e dell’apertura siano raggiungibili ovunque e per chiunque. Lo stereotipo dello “spaventoso” spesso allontana dalla semplicità delle cose; non è pericoloso ciò che non si vede o ciò che è diverso, anzi, come ci insegna questo libro… le insidie si nascondono meglio alla luce del sole, magari dietro a un sorriso socialmente perfetto.

Siete pronti a non aver paura? Posso dirvi che anche i morti hanno i loro pregiudizi e timori: grazie a Nobody Owens impareremo tutti ad apprendere dagli errori e a trasformare esperienze spaventose in forze che possono trovare in noi… UN PADRONE.

CENNI SULLA TRAMA

“C’era una mano nell’oscurità

e impugnava un coltello.”

Una notte di morte e sangue… un uomo vestito di nero di nome Jack cerca e non trova il motivo per cui è entrato in quella casa al numero 33 di Dunstan Road.

Ripide scale, che si possono scendere agilmente se si poggia il sederino a terra… insomma, se ci facciamo ruzzolare un po'. A volte un esserino molto piccolo, grazie all’istinto e alla curiosità, può raggiungere mete straordinarie.

Poca distanza, che in proporzione è tantissima, ed ecco il cancello di un vecchio cimitero. Lì vicino alla Città Vecchia. L’uomo chiamato Jack percorre lo stesso cammino di un piccolo essere umano che si ritrova tra le braccia evanescenti ma calde di una donna, una donna morta. Il Fante del mazzo, il Jack, cerca di seguire la sua preda ma un custode lo ferma. L’uomo che accoglie il cattivo profanatore di quel luogo sembra aver fermato facilmente la corsa.

“L’uomo chiamato Jack era alto. Quest’uomo era più alto ancora.”

Così inizia l’avventura di Nobody Owens. Il perché di questo nome risiede nella saggezza di un tutore che non è vivo e non è morto, e nell’amore genitoriale di chi da morto realizza un desiderio. La “Cittadinanza del Cimitero” non è qualcosa da dare con leggerezza, ma qualcuno interviene a cavallo di un bianco destriero enorme… mentre vestiti di ragnatele e grigio bagliore sanciscono la nuova vita di un bambino che diventa “Nessuno”.

Da quel momento un umano viene cresciuto dai morti, e ce ne sono davvero tanti nell’antico cimitero che vanta tra gli abitanti anche un certo Caius Pompeius. Nobody cresce grazie alle cure e agli insegnamenti di persone che hanno un nome, un cognome; a volte anche un brutto carattere e delle fissazioni come quando erano vivi. Se non fosse per il contesto e la natura dei personaggi… sembra la normale storia di un ragazzo che cresce discutendo con i genitori, ribellandosi all’autorità e agli “insegnanti”; Nobody ha anche amici più o meno simpatici, come accade per gli altri suoi coetanei, solo che i compagni di giochi del nostro protagonista non crescono insieme a lui… e indossano sempre gli stessi vestiti che li avvolsero quando una malattia che non aveva nome, ma un aggettivo, li fece giungere lì dove Nobody ora vive e cresce.

La situazione è chiara… il ragazzo non può uscire dal cimitero, è troppo pericoloso. La sua cittadinanza particolare gli permette di non farsi vedere dai vivi, se non vuole; e altre cosucce le imparerà via via… anche grazie a una presenza femminile un po' arrabbiata, ma con un cuore spezzato che ritrova la conciliazione dopo secoli, proprio grazie a Nobody.

Come in ogni cimitero normale i vivi ci camminano in mezzo, distrattamente… e mentre il ragazzo cresce guarda gli altri suoi simili, in cui non si riconosce ma verso i quali si sente naturalmente spinto.

 Scarlett intanto gioca tra le tombe, e lei invece crescerà… ma a volte crescere ci fa dimenticare tutte le cose che non possono essere accettabili. Anche se si parla di un amico, dello Sleer, di vero terrore che si tramuta in un legame che non si dovrebbe spezzare.

Nobody cresce e sbaglia spesso, sbaglia e silenziosamente impara; oh, sì, questo gli servirà. L’uomo chiamato Jack non smette di cercare il compimento che non avvenne.

Vampiri, Mastini di Dio… ed ex presidenti degli Stati Uniti, veri o presunti, che sanno succhiare un osso come nessun altro. Il giovane Owens vive la sua formazione con risultati normali ma in modi inusuali, anche terribili. Una scuola umana può essere più sicura e accogliente di un cimitero? Basterebbe non farsi notare.

La storia di Nobody Owens si dipana davanti ai nostri occhi increduli e alla nostra pelle dolcemente attraversata da una fredda carezza: da zero a quindici anni il protagonista vive la sua sopravvivenza… fino al giorno in cui una vecchia ninna nanna ritroverà le parole che erano state dimenticate:

“Affronta la vita.

Son affanni e piaceri. Che non sian inesplorate

Le strade di ieri”.

 STRETTI IN MACABRADANZA… ORA ASCOLTATE DA VICINO

Ph Francesca Lucidi

ANALISI E CONSIDERAZIONI

Potremmo iniziare con il dire che è un romanzo di formazione, di avventura… un fantasy horror per tutti, una storia per ragazzi; che il narratore è onnisciente, che il corollario del gotico e della letteratura “di paura” è completo. Si potrebbe dire che il tempo del racconto va veloce e il tempo della storia in sé vede riuniti quindici anni di vita di una persona in quasi quattrocento pagine, di pura magnificenza immaginativa.

Tutto questo è vero ma limitato.

Gaiman non è un semplice scrittore, è un costruttore, un sapiente architetto di monumenti alla stranezza; è un custode di cimiteri, di sogni, di incubi… delle emozioni tutte e della realtà al completo. Le creazioni di Gaiman non sono filtri, sono invece inchini che ti introducono a una visione che ti fa guardare in faccia TUTTO. La vita e la morte, le cose piacevoli e quelle meno piacevoli hanno pari dignità attraverso i loro significati… che non scaturiscono solo dalla luce, da ciò che possiamo toccare con mano: dopotutto la realtà, è comprovato, non è altro che una “mappa della realtà”, la costruzione scaturita da ciò che il nostro cervello giudica come accettabile, attraverso condizionamenti interni ed esterni. Gaiman sblocca l’inconscio, i traumi, le incomprensioni; fa camminare ciò che di solito è fermo e si nasconde. Racconta quello che realmente succede tutti i giorni, ma lo fa creando un codice di comunicazione nuovo, che rende intelligibili e accettabili le cose che ci spaventano.

Il mondo del cimitero è un parallelo coerente con ciò che c’è qui, fuori dai cancelli delle altre dimensioni.

Leggendo la storia di Nobody diventiamo persone migliori: chi si sente emarginato impara che può sviluppare capacità straordinarie, e che non deve sempre “svanire” per sopravvivere.

I morti erano persone, e come noi hanno sentimenti e pregiudizi che Nobody esplora. Il ragazzo passa molto tempo da solo ma dona alla solitudine la dimensione della conoscenza. Il giovane Owens restituisce dignità ad abomini di tanto tempo fa, dona speranza a chi è reietto anche nell’universo degli invisibili, di quelli che fanno paura. Anche la paura prova timore… e questo è un concetto gigantesco.

Ogni personaggio, attraverso la scrittura incantatrice e disvelatrice di Gaiman, snocciola frasi di una bellezza sconvolgente. Nessuna descrizione troppo accurata, niente che distolga dalla percezione reale del Cimitero. Se la sensazione è la semplice attivazione dei nostri organi di senso; la percezione è la nostra elaborazione di questi stimoli… Gaiman è uno scrittore della percezione che ad ogni parola non ti fa capire ciò che una frase denota ma ti fa percepire esattamente ciò che leggi. Leggere IL FIGLIO DEL CIMITERO ti fa cambiare, sempre che uno voglia scegliere di lasciare aperte le proprie potenzialità; in quanto vivi dobbiamo renderci conto che abbiamo questa responsabilità… prima che possiamo fare un giro su un grande cavallo bianco, al momento giusto. A volte la pensiamo come Nobody:

“Quanto sarebbe stato bello muoversi in quelle terre oltre i confini del cimitero, e quant’era bello essere il padrone di quel suo piccolo mondo”.

Però, noi dobbiamo cambiare, svilupparci: è la nostra naturale missione.

          “Sei sempre te stesso, quello non cambia, e intanto non fai che cambiare e non puoi farci nulla.”

E se i vivi e i morti non devono mai danzare insieme… forse c’è un’occasione. Un solo ballo, un abbraccio magari da dimenticare, ma che ci renderà più consapevoli anche se non sapremo il perché. Un fiore bianco e il bacio dell’inverno: su, unitevi alla MACABRADANZA!

“Signora di grigia sembianza

Guidaci in MACABRADANZA…”


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Grazie e buona lettura!


 

 

 

 

 

martedì 6 ottobre 2020

SUSINE E IL DORMIVEGLIA

TOMO I

Nella luce

Di

Bruno Enna e Clément Lefévre

Edito da Tunué (2018)

 

Ph. Francesca Lucidi

GLI AUTORI

BRUNO ENNA

Nato nel 1969, l’Italiano Bruno Enna lavora in noti e prestigiosi contesti come la Walt Disney Company Italia o la Sergio Bonelli Editore.

Nel 1997 debutta sul settimanale TOPOLINO, e collabora a diversi progetti: è da citare la “Trilogia Gotica” che comprende Dracula di Bram Topker, Lo strano caso del dottor Ratkyll e mister Hyde, Duckestein di Mary Shelduck.

Sceneggiatore per le serie tv WinxClub e Monster Allergy, dal 2004 entra a far parte anche della grande famiglia di Dylan Dog, presso la Sergio Bonelli Editore.

Nel 2016, scrive per la casa editrice francese Soleil Coer de papier, disegnato da Giovanni Rigano; e i volumi della storia illustrata da Clément Lefévre Susine et le dormeveil.

Nel 2019 vince il Premio Papersera, riservato agli autori Disney che si sono particolarmente distinti nella loro carriera.

CLÉMENT LEFÉVRE

Nato nel 1978, studia graphic design a Parigi e inizia a lavorare nel mondo della comunicazione. Illustratore autodidatta, approda nel mondo della letteratura per ragazzi solo 2009.

Riesce a diffondere le sue opere a livello internazionale collaborando con case editrici come Soleil, ETnbsp, Threshold Youth, Chocolate. In italia pubblica con Tunué anche La spaventosa paura di Epiphanie Frayeur, oltre al frutto della collaborazione con Bruno Enna Susine e il dormiveglia.

Attualmente lavora a tempo pieno come autore e illustratore. Partecipa altresì a numerose mostre presso gallerie in Francia e altri paesi del mondo.

 

SUSINE E IL DORMIVEGLIA

Nella luce

STRUTTURA E CENNI SULLA TRAMA

Susine è un ricco albo illustrato di grandi dimensioni. La copertina rigida presenta un piatto anteriore interamente illustrato: è già una porta, una vista improbabile su un mondo straordinario. Gli elementi che circoscrivono una serie di personaggi assurdi sono gli accenni degli occhi di susine e della sua mente, della sua testa che sarà il portale per un viaggio assai particolare; nella parte superiore possiamo riconoscere i tratti di un gufo o di una civetta, interpretati in senso antropomorfo: quell’accenno di volto presenta quello che sarà lo psicoterapeuta di Susine… questo è un viaggio all’interno di una mente, di un inconscio. Chissà che questa sia la chiave per la comprensione della storia.

All’interno c’è tutto il mondo illustrativo: aperture che sono paesaggi; spot che presentano capitoli, protagonista e personaggi/oggetti; passanti che abbracciano le doppie dimensioni e accompagnano il testo presentando ogni cosa che accade, ogni cosa che Susine vede. I colori sono prorompenti, su toni caldi e associazioni niente affatto realistiche.

La storia è raccontata come reale dal punto di vista di chi ha vissuto davvero il DORMIVEGLIA. È Susine che racconta, una protagonista che, però, non è più bambina ma si proietta in un ricordo, in una visione a cui siamo invitati.

«Ricordo che, a quel tempo, vivevo al 12 di Rue de Cauchemars, non avevo

Il cellulare e potevo giocare solo per mezzora con il Ds Lite. Ricordo anche che,

quando dicevo “cacca” tutti ancora ridevano.

La mia camera era una stanza-da-figlia-unica, piena di cose di cui non mi va di parlare.

E comunque, a me interessavano solo i cappelli i berretti, i tubi di plastica morbida e lo scotch! Con un buon rotolo di scotch per me era facile costruire

un nuovo Coprizucca Canalizzatore

Nel Prologo ci vengono introdotti elementi che anticipano il secondo Tomo, e ci spiegano come esistano due “mondi” nel Dormiveglia: il Mondo di Prima, leggero; e il Mondo di Dopo, pesante.

Molta importanza hanno le luci e le ombre… e non a caso il tomo primo si intitola Nella luce. Ma questo lo capiremo tra poco.

Susine è una bambina sola, socializza poco e i genitori la lasciano spesso da sola… così presi dal lavoro e dalla loro personale faida da perpetrare l’uno contro l’altro. L’unica figura che sembra calmare e tenere attaccata Susine ai sentori del reale è la nonna. Purtroppo, la sorte ha in serbo una brutta separazione per la piccola… e questo cambierà tutto.

Susine è una bimba particolare e la soluzione più semplice sembra quella di inviarla di filata da uno psicologo. Fortunatamente la scuola ne ha uno bello e pronto. Le cose non sembrano cambiare molto, fino al giorno in cui il caso si adopera di nuovo con strane carte ruvide e “macchiate” che compaiono sulla scrivania dello psicologo di Susine. La curiosità della piccola mette in moto un meccanismo di gesti, sensazioni e percezioni: uno dei misteriosi cartoncini mostra “chiaramente” un Coprizucca Canalizzatore. Per costruirne uno non servono oggetti molto complicati, per il collegamento occorre un televisore, spento.

Ph. Francesca Lucidi

Susine partirà.

La piccola è disarmata davanti a una realtà completamente diversa, ma con sé porta qualcosa di molto prezioso: i racconti che gli narrava sempre la sua cara nonnina, il cui odore riusciva sempre a sentirsi addosso.

Susine capisce subito di essere arrivata nel misterioso mondo del Dormiveglia di cui gli aveva parlato la nonna… quando ancora c’erano le orecchie: sì, la nonna era stata chiara sul fatto che in quel posto si è sospesi tra il buio e la luce e lo spazio è così affilato da poter tagliare le orecchie!

Se in questa altra realtà le lacrime di Susine possono sciogliere una sabbia assai infastidita, e il mare non è proprio un mare normale, la gente qui può anche EVOLVERSI, e come? Essendo felice.

Il regno è governato da una misteriosa Regina delle Lacrime, e Susine attira subito l’attenzione perché lei ha un’ombra, che non sa affatto di liquirizia. Nella luce le “persone” non hanno un’ombra, e il fatto che Susine ne abbia una ben visibile e che non ha sapori di nessun tipo… fa sì che la piccola venga chiamata, nientemeno, al cospetto della Regina.

Il viaggio comprenderà un treno che non va su terra, e passeggeri mezzi persona e mezzi qualunque altra cosa. Bisogna pagare il biglietto e un uomo senza testa che vende teste da passeggio sarà molto gentile con Susine. Un minuscolo palombaro e uno zombie da corsa la accompagnano… ma restare troppo nella luce può far ammalare la tua ombra!

La piccola compie il suo primo viaggio, accompagnata dalle storie della nonna, e scopre anche di saperne raccontare di sue… con effetti assai particolari!

Ora non posso dirvi troppo altrimenti potrei perdere le orecchie! Sta a voi procurarvi un Coprizucca Canalizzatore. E magari un biglietto, senza doverlo chiedere a qualcuno senza testa che potrebbe essere nel pieno di una terribile emicrania!

COME È RACCONTATA LA STORIA?

STILE, SUGGESTIONI E VALUTAZIONI

Il linguaggio utilizzato è molto semplice, il tutto a bilanciare perfettamente la storia assurda, surreale, piena di stimoli immaginativi ed illustrazioni esplosive e ipnotiche.

André Breton, il redattore del Primo Manifesto Surrealista del 1924, sarebbe probabilmente un grande fan di questo albo illustrato. Se il Dadaismo aveva accentuato e promosso all’estremo il collage del reale con scomposizioni e riassemblamenti inusuali, ecco che il Surrealismo porta la rivincita sul reale e le regole dell’arte a un altro livello. Le immense scoperte fatte da Sigmund Freud sull’inconscio, e tutto ciò che sappiamo, vengono prese come punto di partenza per la liberazione dell’Inconscio, del sogno, di una realtà “altra”, non meno importante, anzi. La rivincita del soggettivo, iniziata con il Simbolismo, esplode e abbatte il muro verso le dimensioni nascoste dell’altrove psichico, percettivo e visivo.

Ph. Francesca Lucidi

Susine è una continua associazione di oggetti e tratti comuni reinterpretati nella plasmazione di figure che non esistono ma che esistono e persistono perché Susine le crea, le vede e le vive. Non è un caso che io abbia citato i principi del Surrealismo quando in questo albo troviamo una bambina che va dallo psicologo e vive una realtà complicata da cui chiunque vorrebbe fuggire. Il Dormiveglia è reale? Ma che domanda è mai questa? Lo è. Ciò che ci sembra di ascoltare quando ancora non siamo svegli del tutto noi lo ascoltiamo con le orecchie, il nostro mezzo di percezione che in comunicazione è il più collegato alla ragione: il canale uditivo è il privilegiato delle persone “superlogiche”. La vista è solo qualcosa che serve a chi vive di immagini; le sensazioni come il gusto, l’olfatto e le emozioni sono, invece, ciò che più tocca complessivamente… e nell’albo in oggetto troviamo tutto; ricordate che le ombre hanno un gusto?

Pensate che un albo illustrato sia fatto di colori belli e una storiella? No! Un Albo è un mezzo di comunicazione che implica una grande conoscenza dei meccanismi comunicativi. Ricordate che l’uomo comunica finché vive, e capire come ciò accade è una pratica istintiva ma anche un’arte fine ed elaborata. Non a caso il nostro illustratore ha lavorato tanto tempo proprio in questo campo.

Non è da sottovalutare l'aspetto metanarrativo di SUSINE, in cui narrare può scatenare metamorfosi visibili che sono la manifestazione esteriore di ciò che accade all'interno di chi racconta e di ascolta una storia; ovviamente nell'inconscio/dormiveglia le cose vanno un pò al contrario...

Ph. Francesca Lucidi

Susine può affascinare i piccoli, comprendere i giovani speciali che non si riconoscono nella realtà che sembra decapitare ogni slancio inusuale; può anche essere un mezzo di studio o di liberazione per gli adulti che, come i genitori di Susine, hanno perso le orecchie! Ma queste orecchie si perdono vagando tra i mondi percettivi o stando a bisticciare sul pavimento normale di una quotidianità “reale” dove nessuno si prende cura della propria ombra?

Ringrazio la Casa Editrice Tunué, di cuore.


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Grazie e buona lettura!

 

 

sabato 3 ottobre 2020

UN ALBO ILLUSTRATO PER CONFRONTARSI CON LA FUGGEVOLEZZA...

POLLINE
Una storia d’amore
di
Davide Calì e Monica Barengo

Edizioni Kite
Ph. Francesca Lucidi

DAVIDE CALÍ

Nasce a Liestal, in Svizzera, il 5 febbraio del 1972. Fumettista e scrittore, ha pubblicato anche sotto pseudonimi (Miyazawa, Daikon).

Cresciuto in Italia, ha iniziato la sua carriera come fumettista. La carriera come scrittore per ragazzi si avvia nel 1998. Dal 2004, gli Stati Uniti sono la patria dove la maggioranza dei suoi lavori viene pubblicata. Anche in Francia, Davide Calì, è pubblicato in maniera continuativa da diverse case editrici. In Italia, i suoi lavori sono curati principalmente dalle case editrici Kite, Orecchio Acerbo e Biancoenero.  Ha collaborato anche con Arka e Zoolibri.

Alcuni suoi fumetti vengono pubblicati regolarmente sul mensile francese Mes Premiers J’aime lire.

Davide Calì lavora anche nel campo della formazione: ha collaborato con il MiMaster di illustrazione editoriale, con l’Ars in Fabula di Macerata, L’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino; ha tenuto anche un corso all’Accademia di Belle Arti di Tallin, in Estonia.

Calì è molto impegnato in numerosi progetti di promozione della lettura, anche utilizzando il Web. Ha anche deciso di donare a titolo gratuito alcuni di questi progetti, e ne hanno beneficiato librai, insegnanti e bibliotecari… e la lettura!

I suoi testi sono così amati che dei suoi lavori sono diventanti dei testi destinati al teatro per ragazzi; questo accade non solo in Italia ma anche in Francia, Belgio e Giappone.

Molto ricca è la lista delle sue opere… come anche quella dei riconoscimenti ottenuti.

MONICA BARENGO

Nasce a Torino nel 1990, amante dell’immagine e della lettura, Monica ottiene il diploma con indirizzo Arti Figurative al liceo P. Marinetti di Caluso.

Grazie a una borsa di studio per merito studia allo IED di Torino.

Tra i riconoscimenti ottenuti spicca la selezione alla mostra Children’s Book Fair di Bologna del 2012.

 

POLLINE

Ph. Francesca Lucidi

“Un mattino una ragazza che mai aveva coltivato fiori

si accorse che nel suo giardino,

da una pianta che nemmeno sapeva di avere,

ne era spuntato uno bianco, bellissimo.

Nel giardino c’erano diverse piante: alcune erano spinose.

Altre ancora avevano foglie sottili e lunghe, alcune davano

Fiori, altre no, ma di nessuna conosceva il nome.

Quel fiore bianco spuntato tra il verde senza nome

divenne subito il suo preferito.”

Così inizia questo albo illustrato breve, poetico, sospeso in un giardino di significati multipli evocati, e simboli forti che si celano dietro frasi lievi e apparentemente semplici.

Il formato materiale è grande, i colori sembrano simulare lettere, inviate… chissà, a sé stessi o a qualcuno. La carta appare leggermente ruvida e una vegetazione rappresentata in maniera malinconica, monocromatica, nasconde gli innumerevoli colori dell’animo in poche tonalità che si dividono tra delicati tratti scuri illuminati da chiarori sporchi. L’unica figura umana è la protagonista senza nome: le proporzioni sono innaturali e l’artistica visione dell’illustratrice travalica il tratto per creare una manifestazione delle emozioni e delle evocazioni grazie alla posizione delle mani, alle espressioni accennate di un volto tondo e spigoloso come una luna piena. Tutto è molto lunare, perché perso tra pensieri e malinconie… interrogativi e sospiri.

I protagonisti indiscussi a livello grafico sono la ragazza e il fiore bianco, gli unici due elementi che riportano tonalità più chiare che fanno spiccare questo affresco minimale in cui oggetti quotidiani come una tazza di caffè diventano l’interpretazione di un tempo, di una fase, di un momento che contiene gesti e aspettative; “pieni” e “vuoti”.

Un oggetto compare spesso: una forbice che sembra quasi identificare la vita con le sue occorrenze, le sue apparenti crudeltà manifestate in privazioni e allontanamenti.

Questo albo racconta una storia piccola e semplice che non ha uno svolgimento che si risolve in un finale chiaro. La favola interviene attraverso un animale parlante che non snocciola una morale ma frasi che invitano a un compito per niente facile.

L’Amore è il tema principale, ma non aspettiamoci il racconto di un incontro tra due persone. La ragazza e un fiore creano un legame, anzi, la giovane sente dentro di sé una possessione amorosa nascere dal nulla. La felicità, la felice fatalità non dura… il tempo passa e la protagonista soffre pensando all’oggetto del suo sentimento che gli sfugge. I “perché” nella sua testa sono molti, l’avvilimento si sostituisce alla sorpresa positiva. Questo perché quelle forbici agiscono apparentemente senza un motivo e la ragazza si trova spiazzata.

Tutti noi, quando qualcosa ci abbandona o ci viene portato via… ci chiediamo il perché. Aspettiamo, spesso, eternamente il ritorno di qualcosa, o di qualcuno.

Le parole di quell’animale parlante ci irriterebbero… un anno passa e qualcosa nell’aria ricongiunge la ragazza a quelle frasi enigmatiche che aveva ascoltato.

Facciamo attenzione ai pochi elementi che l’albo ci mette a disposizione: la forbice lascia spazio a una chiave. Cosa sbloccherà quella chiave?

Vi capita mai di sentire nell’aria il profumo di quel qualcosa che non è più tra le nostre mani, e in quel sentore sentiamo sì forte quella presenza che ci manca. Sollievo, o dolore? L’Amore può esistere solo in corrispondenza con un “oggetto”? Crediamo che prendendoci cura di ciò che amiamo questo non potrà mai lasciarci… a volte la cura non basta.

Giro il piatto posteriore dell’albo e vi riporto delle parole:

“Dovresti amare solo per amore,

né per dare qualcosa né per esserne ricambiata.

Dovresti godere di ciò che hai,

non di ciò che ottieni”.

Ph. Francesca Lucidi

Il fiore e la chiave ci congedano… e spero sarete curiosi di sapere se la ragazza è riuscita ad arrivare a un pensiero, a un’illuminazione balsamica per il suo cuore afflitto.

Questo è un albo per adulti, secondo me. È un piccolo volume che non fa domande ma ne genera molte.

L’allegoria proposta è applicabile a molti eventi della vita. Si vede che i due autori sono lettori che amano i lettori… perché è proprio a questi ultimi che viene data la responsabilità del senso totale di questo libro. 


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Grazie e buona lettura!

 

 

martedì 29 settembre 2020

IL MISTERO DI VIRGINIA HAYLEY

 DI 
ALESSIO FILISDEO
Edizioni NPS

Ph. Francesca Lucidi. Copia digitale ricevuta in omaggio da NPS edizioni

BIOGRAFIA DELL’AUTORE

Alessio Filisdeo è nato ad Ischia nel 1989. Gli piacevano i racconti fantasy, i supereroi… ma ciò che cambiò tutto fu qualcosa che colpì e avvolse interamente il suo mondo immaginativo e creativo: a sedici anni vide il film Intervista col Vampiro, e Filisdeo mutò; dopotutto l’incontro con un vampiro non può lasciare le cose come stanno.

Già scriveva, ma da quel momento la figura del vampiro e il contesto gotico annesso restano abbarbicati nella sua mente, e nella sua ispirazione, come un’edera robusta. Tenta di mandare nel mondo le sue storie con numerose difficoltà. Filisdeo sembra rivestire perfettamente i panni del classico scrittore squattrinato dedito anima e corpo alla sua vocazione. Riesce a pubblicare tre lavori con la casa editrice Nativi Digitali, e qui… ci apre le porte di una Londra vittoriana che è un omaggio a quel mondo che tanto lo rapì, per non lasciarlo più andare via.

IL MISTERO DI VIRGINIA HAYLEY

INFORMAZIONI E CENNI SULLA TRAMA

Il romanzo è stato edito da Nps Edizioni nel 2019. È disponibile in formato ebook e cartaceo ed è acquistabile in tutti gli store virtuali e sul sito della casa editrice.

È composto da 194 pagine che si rivolgono agli amanti del genere fantastico e soprattutto del gotico, delle creature della notte che aleggiano tra oscure magioni, leggende, morti sospette e misteri accattivanti.

Adesso è il momento di aprire una lettera:

“Dal detective Allan DeWitt, dell’Agenzia Investigativa Pinkerton, all’ispettore capo Theakstone di Scotland Yard.

Londra, 28 settembre 1892

Signore,

con la presente, notifico la conclusione della mia indagine svolta per vostro conto. Troverete allegato alla missiva un nutrito rapporto che sono certo reputerete più che esauriente.”

Ora, dobbiamo scorrere in avanti tra parole educate tinte da malcelata inquietudine:

“Nell’ultimo mese ho assistito ad accadimenti a cui, Iddio mi sia testimone, nessun essere umano dovrebbe mai anelare a diventare spettatore. Miracoli, orrori oltre ogni immaginazione, tradimenti, cospirazioni.”

Il romanzo, quindi, non sarebbe altro che il resoconto di un’indagine. In realtà, un occhio onnisciente vede e conosce tutto, e si diverte a svelare ogni cosa con calma, con pacati accenni che vanno a toccare le corde degli amanti del gotico scatenando riconoscimenti, ragionamenti e giudizi. I meno esperti dell’occulto riescono a godersi una narrazione che abbraccia ogni personaggio, luogo o accadimento in una scrittura precisa, adatta, poetica; assolutamente inebriante.

Per incontrare il nostro “povero” detective DeWitt si dovrà attendere un bel po', ma ci dimenticheremo momentaneamente di lui perché una donna è stata trovata uccisa.

Una giovane di circa venticinque anni giace in terra senza vita, il collo è quasi staccato dal corpo… tale è stata la forza inflitta per sgozzarla. Ci sono elementi che fanno pensare a un rituale, ma nel quartiere di Whitechapel, la “tomba della rettitudine”, si pensa subito a un ritorno dello Squartatore. Il Sergente Godfrey della Polizia Metropolitana ha dovuto affrontare davvero un orrendo risveglio.

 Si pensa che la giovane sventurata dai tratti bellissimi, delicati, sormontati da una capigliatura di un nero profondo sia la solita prostituta che il caso, o la scelta, ha messo sulla strada di un maniaco… forse del peggiore mai conosciuto. Una donna emerge dalla folla, il volto è coperto; una certa nobiltà e bellezza emanano da una figura che, con forza, afferma che la vittima non era una prostituta.

Posso dirvi che ciò è la verità… dimenticate per un attimo Lo Squartatore: il motore maligno di questa storia è forse fatto di carne umana, ma i suoi attori sono esseri straordinari che si troveranno a collaborare nonostante la loro natura li renda nemici mortali.

Questo cammino non si ferma nei bassifondi, ma sorvola, letteralmente, i tetti di Londra per giungere ai primi battiti di un grande evento mondano. Una giovane di diciassette anni sta per fare il suo debutto in società. Purtroppo, tutta l’attenzione sembra discostarsi dalla festeggiata per restare attaccata alla triste fine della bellissima giovane che aveva un nome: Virginia Hayley.

Una misteriosa donna dai tratti affascinanti, ma celati, parla alla giovane con fare ammaliante, con una forza ipnotica che non sembra tipica di un normale essere mortale. Lo scopo della donna dai capelli neri, e la carnagione bianchissima, è di essere presentata a Sir Haversham.

Sir Haversham è convinto di voler richiamare in servizio Sebastian Wincott, un investigatore caduto nell’oblio del dolore e dell’oppio. La donna misteriosa sta raccogliendo informazioni… e in una fumeria raggiunge Wincott. Le descrizioni di ambienti e personaggi sono soavi, ammalianti e inquietanti come una sonata di pianoforte che invochi il chiaro di luna. Beh, proprio la notte è la comune madrina che lega la donna misteriosa a Sebastian Wincott: i due si riconoscono, i due capiscono che devono incrociare i loro destini nel comune intento di scoprire cosa è accaduto all’assassinata Virginia Hayley. Due cuori spezzati, due anime che bruciano di fiamme del colore dell’inferno. “Doppi” ferini si trovano accumunati da un destino che in un mese deciderà le sorti di molte persone.

Londra appare divisa tra forze sovrannaturali costrette a compiere il bene per contrastare un potere inquietante e difficile da combattere perché celato dietro ad abiti aristocratici, titoli, posti di rilievo in una società che sembra poter sacrificare vite nel nome della supremazia di pochi.

La polizia pare voler ostacolare la buona riuscita dell’indagine: appare strano affidare un caso a un investigatore in disgrazia… le cose non tornano, e forse un simbolo che riporta una squadra e un compasso può aprire le porte di circoli che ospiteranno gironi infernali fatti di sangue e morte.

Un ululato, due occhi fissi e senza vita che carpiscono informazioni e vite; le forze occulte di Londra si nascondono e dei rossi boccoli si muovono all’ombra di tappeti orientali e fiaccole che tremano perché un potere grande, malvagio e antico sta per sorgere. Il sangue scorre su una mappa e un incantesimo guida due anime maledette verso il compiersi di una giustizia che non possiamo distinguere nelle categorie del bene e del male: la volontà malvagia di un solo uomo può bastare a distruggere tutto. Il mondo è fatto di singoli che hanno più potere di quanto si creda. Il male si cela e adopera nell’inganno. Il male come lavora? Scava nel dolore altrui e si attacca come un parassita dove la vita cede. Molte vite verranno rubate, in tutti i sensi. Tranquilli… scoprirete ogni cosa riguardo i protagonisti e il loro passato.

Cosa lega la misteriosa donna a Virginia Hayley, perché Wincott accetta di uscire allo scoperto nonostante il pericolo che corre esponendosi ad eventi che possono svegliare in lui qualcosa di irrefrenabile, feroce…

Secondo voi una strega è per forza cattiva? Una capricciosa voce ridacchia, consapevole della sua fine; io credo che non si debba mai sottovalutare una strega, in ogni senso.

Nella Londra vittoriana si sentono citare nomi che richiamano a tante altre storie che fanno parte del bagaglio d’incubi della letteratura gotica. Dopotutto serve raccomandarsi ai meno raccomandabili, perché un domani oscuro sta per sorgere:

“Un futuro ove la fallace giustizia umana verrà sovvertita dal caos delle ere antiche”.

Per saperne di più forse dovrete andare a parlare con il Signor Poole. Tra le mura di un museo, pieno di reperti e misteri, passeggia un uomo niente affatto comune. Bartholomew Poole conosce tutti i segreti del mondo antico: una terribile profezia controversa che racconta l’ascesa del terribile Regno di Ra adesso sembra chiara alla mente di Poole. Il male può aspettare secoli e secoli prima di venir fuori al momento giusto.

Ma in quel museo non solo i geroglifici riescono a parlare: il Signor Poole quando guarda Wincott e la misteriosa dama dai capelli neri non vede solo ciò che appare.

Ascoltate le parole della donna che ha tanto a cuore la risoluzione del caso di Virginia Hayley (chissà poi perché…):

“Perché a scapito di ciò che pensa il sergente Godfrey, i mostri esistono davvero, e la ragionevolezza di quest’epoca è un misero riflesso della follia che vi alberga, un orrore che sia voi che io abbiamo sperimentato sulla nostra carne”.

Però, dobbiamo fare un patto… dovete dimenticare le etichette di bene e male, dovete essere pronti a collaborare con la notte, con la morte, con le ombre; dovete scendere a patti con il bisogno di lottare a qualunque costo. Svegliate la MORALE DEL LUPO:

“Per la fiera non esisteva la giustizia, e il male andava oltre la facciata delle più superficiali antipatie. Ella non era legata al materialismo mortale, né era dominata da alcun artificioso moralismo. Scrutava da cacciatore, e le prede erano classificate in base a un unico e solo criterio: la loro pericolosità. La capacità di lottare, se necessario.”

Ho questa lettera tra le mani, e devo invitarvi ad aiutare le ombre a trovare chi sta recidendo i “Fiori del Male” per far sorgere il caos. Giovani donne sono state brutalmente uccise, delle monete brillano come a sorridere e prendersi gioco della vita lacerata dalla follia, o forse da un lucido piano. Carne incisa: occhio, serpente, pentacolo.

Agente DeWitt, cosa può dirci?

“Il mondo, dicono, è un luogo oscuro e crudele. Credetemi, non volete sapere quanto in realtà sia ancora più oscuro e crudele”.

ANALISI E RECENSIONE

Ah, finalmente un testo pressoché perfetto: niente refusi, nessun inciampo in una sintassi abbarbicata in modo instabile; lessico adatto al contesto, cura dei particolari e di ogni termine utilizzato. Le frasi scorrono lievi e potenti come una brezza autunnale che porta i primi respiri di un inverno che si avvicina: brividi sommessi misti a fremiti più forti, atmosfera decisa e riconoscibile. Una suggestione inebriante inizia dai primi battiti della storia per accompagnarti con braccio saldo.

Questo romanzo è un omaggio al gotico: numerosi rimandi ammiccano tra le frasi per richiamare un pubblico più esperto ed accompagnare i neofiti. L’autore sa quello che fa, e compie tutto con una vocazione nutrita di conoscenze di genere che evocano gli artefici di un immaginario, ancora oggi, capace di raccontare, spaventare, innamorare tra colpi cardiaci che provano il torace dei lettori appassionati.

Se avete amato la serie tv Penny Dreadful non potete non riconoscerne i tratti; è anche vero che leggendo si notano nomi non messi lì per caso: cognomi come Ruthven, Walpole… posseggono personaggi che sono stati creati per abitare una summa che si mette il manto del manierismo per riuscire in una creazione che è ben lontana dal semplice rimando o dal mero richiamo ad un target. Fare le cose alla “maniera di” implica sapienza di costruzione ed uso di tecniche e contenuti.

 Una strega afferma di aver letto un certo libro: Dracula, di Bram Stoker; la storia si svolge a due anni dalla pubblicazione del grande capolavoro sui vampiri. Tra le ambientazioni è richiamato il tristemente noto quartiere di Whitechapel, il terreno di gioco dello Squartatore… una magione grande e oscura ospita un “Triste Principe”: questo luogo mima le sembianze di un certo CASTELLO DI OTRANTO a cui tanti devono il prestito di spifferi infestati e mostri eterni.

La storia non ha sbavature, la narrazione è avvincente tra le ellissi e i sommari che velocizzano il tempo del racconto il quale riesce, in un testo abbastanza breve, ad onorare un secolo affascinante come l’Ottocento, e a svolgere un racconto che ha la sua indipendenza, nonostante i debiti.

Il MISTERO DI VIRGINIA HAYLEY contiene tutto ciò che un appassionato del gotico vorrebbe incontrare: vampiri, fiere dannate, incantesimi e leggende del mondo antico. Anche la realtà ha il suo posto; infatti, grazie a questo romanzo viene raccontata una Londra attanagliata dalla povertà e dalla corruzione, si cita la moda dello spiritismo tanto in voga all’epoca… si mettono in campo i misteri dell’Antico Egitto, che trovarono terreno fertile nella passione per l’esotico di un’Inghilterra che era riuscita ad allungare le sue mani su tutti gli angoli del mondo. Guerre lontane, mitologia e uomini normali con dolori straordinari; il tutto mescolato ad elementi del fantastico raccontanti con uno stile elegante, tratteggiato con tante pennellate veloci, e anche violente, che nell’insieme creano un affresco che è poesia, malia, ma anche intrattenimento ben riuscito.

I titoli dei capitoli sono essi stessi una narrazione spezzata: brevi frasi paiono versi ermetici che continuano a spingere il lettore tra le strade di Londra, nonostante il timore, nonostante i pericoli.

La scrittura così perfetta crea un’empatia con il lettore resa intensa grazie alla passione di un autore che scrive non solo per creare un prodotto ma per dare voce a un ardore personale vivido che riesce a condividere con noi nel migliore dei modi.

La casa editrice è giovane, l’autore non è un grande nome. Io posso dire che mai mi sarei aspettata un tale risultato così coerente e completo.

Quando sono tornata indietro nella lettura non è stato perché una frase mal fatta mi impediva di comprendere un senso; facevo passi indietro per godermi il “panorama” ancora una volta prima di proseguire.

Il testo non è poco impegnativo perché ciò che ai “lettori della velocità” sembra scontato è un gioco di rimandi che serve anche come istruzione a chi si avvicini per la prima volta al genere. Il prodotto editoriale è ben pensato per soddisfare un target, ma è adatto anche a irretire persone non abituate a certi brividi. Unico consiglio… credo che una prefazione, che possa orientare i meno esperti, renderebbe questo testo ancora più perfetto, e soprattutto adatto davvero a tutti. Sia ben chiaro che la lettura è sicuramente giusta per adulti e giovani adulti. A volte la questione si fa piuttosto “rossa”, ma qui anche la violenza è trattata come una sinfonia oscura che percuote ma non ferisce.

 

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Grazie e buona lettura!

 

 

 

 

giovedì 24 settembre 2020

POESIE di Giorgio Caproni



BIOGRAFIA E PRIMI SGUARDI AI SUOI VERSI


Giorgio Caproni
nasce a Livorno il 7 gennaio del 1912, da Attilio Caproni e Anna Picchi. La città di nascita resterà sempre nelle memorie personali e letterarie dell’autore: evocandosi dal ricordo degli affetti primigeni e trasfigurandosi nei suoi versi allegorici, ben radicati in immagini quotidiane, nitide e al contempo evocative.

Anna Picchi è una sarta e sa suonare la chitarra e il mandolino. La musica sarà un’eredità importante per il giovane Caproni; infatti anche il padre è dedito alla musica: Attilio Caproni suona il violino… ed è anche un appassionato di Dante, in particolare della Divina Commedia, che acquista in edicola in dispense. Questi piccoli particolari diventeranno le radici culturali ispiratrici di Giorgio Caproni.

Le difficili condizioni economiche della famiglia, causate dall’arruolamento di Attilio nella Prima Guerra Mondiale e dai tumulti sociali che prepareranno il terreno per l’ideologia fascista, costringono la famiglia a trasferirsi presso i quartieri più popolari. Per un periodo coabitano con una coppia di lontani parenti, fatto assai normale in un’Italia sofferente.

Nasce la terzogenita Marcella, successiva a Giorgio. La famiglia si trasferisce prima a La Spezia e poi a Genova, una città che si imprime nell’animo dell’autore che dichiarerà: “Sono io che sono fatto di Genova”.

Giorgio aveva iniziato gli studi elementari a Livorno e li completa a Genova. Si iscrive, poi, alla Scuola Tecnica Antoniotto Usodimare. Il padre incoraggia il figlio a studiare violino. A tredici anni, Giorgio si diploma in composizione all’Istituto Musicale Giuseppe Verdi. Di notte… suona nell’orchestrina di un dopolavoro. A causa della propria indigenza, Giorgio deve interrompere la formazione musicale e inizia a lavorare: farà anche il fattorino per uno studio legale.

La musica resta una base importante dove nasceranno le armonie e le suggestioni sonore e strutturali caratterizzanti le poesie di Caproni.

Giorgio viene contagiato dall’amore paterno per la musica ma anche per la Divina Commedia; inizia ad avvicinarsi alla poesia moderna, letture che definirà “infatuate”.

Nel 1932 invia i primi versi al direttore della rivista genovese I Circoli, i componimenti vengono, però, rifiutati.

Lo stesso anno vede Giorgio arruolarsi nel 42° Reggimento Fanteria di Sanremo. Porta con sé le memorie letteraria abitate da Ungaretti, Montale, Saba. Durante le guardie notturne scrive componimenti, che confluiranno in Come un’allegoria (1936).

Due anni dopo, dopo la fine dell’impegno militare, si prepara da privatista agli esami per la scuola magistrale; un professore antifascista di nome Alfredo Poggi lo affianca e gli permette di approfondire Dante, ma anche Catullo, Virgilio e Lucrezio.

Giorgio riesce a diplomarsi e successivamente prende servizio come maestro elementare a Rovegno, nell’alta Val Trebbia. La carriera di insegnante è molto importante per lo scrittore, e la porterà avanti il più possibile, fino al 1973.

Il giovane maestro, nel suo trasferimento, porta con sé la fidanzata genovese Olga Franzoni, ragazza molto cagionevole di salute. La giovane, purtroppo, muore di setticemia poco dopo. La dipartita della sua amata, occorsa poco prima delle nozze, piega profondamente Giorgio… che la ricorderà per tutta la vita, come fosse un fantasma, il ricordo di una mancanza incolmabile.

“[…] E intanto lenta scaturiva,

dal silenzio infinito, un’altra corte

infinita di brividi sul viso

scolorato toccandoti: ma fu

storia anch’essa conclusa – né ora più

m’è soccorso a quel tempo ormai diviso.”

(Biciclette da Il passaggio d’Enea)

 Però, la vita continua e il giovane si trasferisce a Pavia, sempre per motivi di lavoro. Nella nuova residenza incontra Rosa Rettagliata, che sposa nel 1938. La donna, apostrofata nelle poesie come “Rina”, è l’altro polo amoroso dei versi del poeta: colei che porta con sé una speranza di continuità, di vita che si rinnova e non torna indietro. Rina è l’esistenza quotidiana che va avanti, anche se tra le angustie del vissuto, anche matrimoniale.

Rina è ciò che salva il poeta dal baratro:

“Senza di te un albero

non sarebbe più un albero.

Nulla senza di te

sarebbe quello che è.”

(A Rina, in Galanterie)

Nel 1938, il maestro Giorgio Caproni approda a Roma, alla Scuola Giovanni Pascoli di Trastevere. L’Italia entra in guerra e Caproni viene richiamato alle armi. Partecipa alla Campagna di Francia e successivamente compie diversi spostamenti e peregrinazioni.

Particolarmente importante è l’incontro con il giornalista e scrittore Libero Bigiaretti, il quale lo presenta all’editore Luigi De Luca: Finzioni viene, così, pubblicato.

Lo scrittore Pietro Bargellini, invece, lo presenta all’editore Vallecchi che pubblica a Caproni Cronistoria.

Arriva l’armistizio dell’8 settembre 1943, lo scrittore si trova in congedo dai familiari della moglie. Rifiutandosi di unirsi alla Repubblica di Salò, entra nella resistenza partigiana della Val Trebbia; viene impiegato principalmente in mansioni di approvvigionamento. Lo scrittore dedicherà versi cupi a questo periodo della sua esistenza, come nella raccolta I Lamenti.

Nel 1945 torna a Roma. Cambia più volte casa e alla fine si stabilisce nel quartiere di Monteverde in un’abitazione senza riscaldamenti. Molto vicino a Caproni… vive, in una residenza ben più dignitosa, Attilio Bertolucci.

Lo stipendio da insegnante è troppo basso, e lo scrittore cerca di arrotondare come correttore di bozze di una tipografia. Però, iniziano ad aprirsi le porte dell’ambiente letterario. Inizia a frequentare Attilio Bertolucci e Pier Paolo Pasolini. Il poeta Carlo Betocchi, a cui era stata affidata la trasmissione radiofonica L’Approdo, invita Caproni in radio diverse volte.

Bertolucci diventa il lasciapassare per la casa editrice Garzanti. Cerca anche di far ottenere a Caproni un congedo dal lavoro, ma Giorgio si rifiuta… come farà anche per la possibilità di un posto fisso in RAI.

Tra il 1966 e il 1972, la Rizzoli impiega il Nostro come consulente editoriale. Nel frattempo, si moltiplicano le letture radiofoniche delle sue opere. Caproni lavora alacremente anche come traduttore. Si impegna altresì nell’attività giornalista: collaborerà con importanti testate schierate come l’Unità, L’Italia Socialista… ma lo scrittore non manifestò mai un forte interessamento politico in senso stretto.

Negli anni Sessanta, attraversa un momento di difficoltà a causa di un intervento chirurgico allo stomaco. In seguito, la morta della sorella e del fratello creano un senso di solitudine intorno al poeta. A consolarlo i numerosi inviti all’estero, e i viaggi nei quali viene spesso accompagnato dalla figlia Silvana. A Parigi parteciperà a una lettura di versi con il poeta Mario Luzi. Diverse prestigiose università vogliono guadagnarsi un intervento di Giorgio Caproni: lo scrittore si reca, infatti, all’Istituto Italiano della Columbia University, a Berkeley e a Stanford.

Durante un viaggio in Germania, sempre in compagnia della figlia Silvana, inizia a concepire la raccolta che uscirà poi postuma, Res Amissa.

Il primo gennaio del 1984, il rettore dell’Università di Urbino, Carlo Bo, consegna a Caproni la Laurea Honoris Causa in lettere e filosofia.

Del 1985, è la Cittadinanza Onoraria conferita dalla città di Genova.

Giorgio Caproni muore a Roma il 21 gennaio del 1990, nella casa in via Pio Foà dove abitava dal 1968. È sepolto nel cimitero di Loco di Rovegno, accanto alla moglie Rina.

 

LA POETICA DI CAPRONI… e intensifichiamo i precedenti sguardi già indirizzati

Ph Francesca Lucidi



Versi che si vestono da aforismi, continui enjambement che fanno procedere la lettura scalino dopo scalino. Un orecchio musicale che tramuta la scrittura poetica in partitura. Se guardiamo alla storia creativa della raccolta postuma Res Amissa, possiamo scorgere un poeta che scrive appunti sui righi di uno spartito musicale; se torniamo indietro al Conte di Kevenhüller, dobbiamo avere a che fare con una divisione in “Libretto”, “La Musica” e “Altre Cadenze”. La formazione musicale ereditata dai genitori intesse strutture apparentemente semplici che, però, costruiscono allegorie altissime: stazioni che diventano purgatori, strade che ospitano osterie (come in Borgoratti) circondate da sospensioni in cui i significati restano negli interrogativi che spesso assillano i versi di Caproni. Tutto, però, è reso con parole semplici, motivo per il quale si è parlato impropriamente di “realismo”.

 Il passato del poeta ritorna sempre: la poesia diventa un regno tra la vita e la morte, tra il presente e il continuo tentare di andare avanti guardando all’indietro. Si è parlato di stazioni, sì, un luogo caro al poeta, dove, tra treni e tram, lo sguardo di Caproni vede ciò che esiste infestato da ciò che non c’è più. La morte cammina tra le strade del quotidiano come si fosse in una Commedia Dantesca al contrario. L’eredità del violino, l’eredità di quelle dispense di Dante acquistate dal padre, umile lavoratore. Il movimento del ritorno è sempre presente, nello spettro del primo amore e soprattutto negli incontri con la parvenza della madre Anna, “Annina”.

Chi viaggia spesso in treno ha occasione di vivere spesso l’alba, e molte albe sono scure.

Prendendo ad esempio due componimenti, entrambi illuminati da una nebbiosa alba, si può ben assistere a due forme vocative e di attesa “dichiarate”, diverse ma molto simili.

Il primo, contenuto in Il passaggio d’Enea, e dal titolo Alba, ha intorno diverse supposizioni e contestualizzazioni. È ambientato nella latteria di una stazione, vi è una delle consuete attese del poeta e semplici oggetti e rumori infestano l’aria. In una intervista rilasciata al settimanale Gente, Caproni racconta che si trovava nella latteria per attendere la moglie in arrivo da Genova, dato che a Roma ancora non era pronta un’abitazione consona. Ma dei versi sembrano raccontare un’altra storia. Partiamo dalla metà:

[…] io quale tram

odo, che apre e richiude in eterno

le deserte sue porte? … Amore io ho fermo il

polso: e se il bicchiere entro il fragore

sottile ha un tremitìo di denti, è forse

di tali ruote un’eco.

Nell’ultimo capitolo dell’unico romanzo del Caproni, rimasto incompiuto, intitolato La dimissione, il poeta racconta dei momenti precedenti alla morte di Olga… il suo primo amore. La giovane, presa da un momento di rabbia sommessa, rimprovera l’amato per il modo in cui gli porge il bicchiere d’acqua da lei richiesto. Olga è un tema ricorrente, una presenza che viene inserita cercando di celarne l’identità.

Se si giunge all’ultimo verso del componimento non si può non vedere una delle più ingombranti compagnie dei versi di Caproni, la quale ha tra le braccia sia Olga che Anna:

[…] non dirmi che da quelle porte

qui, col tuo passo, già attendo la morte.

Sì, vi è il gesto semplice di una attesa in un luogo reale, ma i luoghi di Caproni sono descritti come tangibili ma sono luoghi psichici, onirici… varchi oltre la realtà.

L’oltretomba che si mescola agli odori e ai materiali di un posto senza importanza… è evocato, anzi visto, in Ad portam inferi, componimento parte dei Versi Livornesi, dedicati alla defunta madre, contenuti in Il Seme del piangere.

Una donna, apparentemente confusa, siede e, davanti a un cappuccino, cerca di scrivere al proprio figlio… che non riesce a rimembrare chiaramente. Tenta anche di scrivere al marito,e nel frattempo si accorge di non avere le chiavi di casa. Nelle righe per il marito parole di congedo non auliche, ma allegoriche alla maniera di Caproni. La donna ricorda al marito del caffè sul gas, del burro nella credenza; invita il coniuge a fumare meno (forse per lungimiranza data da una nuova condizione ancora non cosciente ma definitiva). Le righe vanno verso il congedo parlando del contatore del gas. Ad un tratto un fremito: la fede al dito non c’è. Il cappuccino è freddo e i ricordi diventano immagini confuse. Il figlio diventa il marito, e questa è una tipica mutazione che si ritrova in molte poesie di Caproni:

Nemmeno sa distinguere bene,

ormai, tra marito e figliolo.

Vorrebbe piangere, cerca sul marmo il tovagliolo

già tolto […]

Alla fine, la potenza dei viaggi di Caproni che sfaldano le lamiere di un tram e di un treno apparenti… e mostrano eternità inquiete, narrano la morte tramite la semplicità dei gesti di una persona che fu viva e che ora è persa, forse non meno dei vivi che lascia.

«Signore cosa devo fare,»

quasi vorrebbe urlare,

come il giorno che il letto

pieno di lei, stretto

sentì il core svanire

in un così lungo morire.

*

Guarda l’orologio: è fermo.

Vorrebbe domandare

al capotreno. Vorrebbe

sapere se deve aspettare

ancora molto. Ma come,

come può, lei. Sentire,

mentre le resta in gola

(c’è un fumo) la parola,

ch’è proprio negli occhi dei cani

la nebbia del suo domani?

Il critico Pier Vincenzo Mengaldi fa notare come l’inattualità della poesia di Caproni, nel contento letterario del suo tempo, rende quei versi “attualissimi”.

Caproni resta in disparte per lungo tempo, e l’attenzione dei critici inizia ad avvicinarsi dopo un articolo di Pier Paolo Pasolini del 1952; possiamo oggi darci la possibilità di esplorare questo sé radicato nella realtà ma assolutamente assente perché trapassa i misteri attraverso gestualità frammentate da un ritmo poetico che incalza tra nebbie, cose isolate e messe lì a contornare una lettura a scalini che scendono o salgono verso il mistero primo, e ultimo della vita.

Un figlio può mutare in un marito, e viceversa, perché le contraddizioni di Caproni permettono rigenerazioni di forme fisiche attraverso la narrazione del ciclo delle cose, anche se siamo piuttosto distratti dal pensiero del gas aperto…

Dopo questi umili cenni, se volete acquistare un volume su Giorgio Caproni vi propongo una raccolta. Grazie alla mia affiliazione con Amazon, se cliccate QUI verrete indirizzati alla pagina dedicata nello shop. Acquistando tramite il mio link sosterrete il lavoro del Penny Blood Blog, il quale potrà ottenere dei compensi virtuali da reinvestire in libri sui quali discorrere insieme.

 

Ph. Francesca Lucidi

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA DELLE FONTI

https://www.ilsommopoeta.it/giorgio-caproni

https://www.academia.edu/31243574/_Alba_di_Giorgio_Caproni_?auto=download

https://www.treccani.it/enciclopedia/giorgio-caproni_res-4f6a36cc-87ea-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/

https://giugenna.com/tag/res-amissa/

 Giorgio Caproni, I Miti Poesia, Arnoldo Mondadori Editore, 1997.