domenica 5 aprile 2020

SALVATORE QUASIMODO... E FORSE IL CUORE CI RESTA

SALVATORE QUASIMODO

POESIE

 Ph. Francesca Lucidi
L'edizione in foto è del 1992 e fa parte della collana "Tascabili Newton". Molti di noi forse possiedono un volume di quella collana: le famose bancarelle, piene di tesori, spesso rivelano questi piccoli oggetti malandati ma pieni di storia e carattere. Personalmente adoro queste edizioni: hanno spesso delle introduzioni ben fatte, il formato è maneggevole pur non procurando una grave miopia a causa dei caratteri. 

«Quasimodo ha certo dato assai di più di ciò che le nostre voci non sono riuscite a riconoscere.»

Carlo Bo

Salvatore Quasimodo ha dato voce alla solitudine in modo, in un primo momento, intimo… sempre circondando le parole di uno spazio di silenzi e immagini. La natura e l’uomo inquieto si fondono e compenetrano. La poesia pian piano diviene però per l’autore lo strumento non solo atto e abile a fotografare la misera condizione dell’uomo, così immobile nell’illusione di essere al centro del mondo… e poi confuso da illusori sprazzi di luce che non gli impediscono di giungere alla morte, alla fine (come nella poesia Ed è subito sera)… diventa anche strumento di rinnovamento.
La Seconda Guerra Mondiale, infatti, segna la poetica del Quasimodo, che lascia la PROPRIA solitudine per entrare in una condivisione del dolore che diviene universale. La poesia si fa etica… si fa strumento per la critica e il rinnovamento sociale. La poesia, però, non è separata dalla vita. I versi di Quasimodo, seppur nelle nebbie e le gelide nevi che circondano l’uomo, mostrano forse una via: LA PIETÀ UMANA. Il CUORE diventa il tramite attraverso il quale qualcosa può sopravvivere (come nella poesia Forse il cuore). 

 Ph. Francesca Lucidi

Propongo uno sguardo verso la visione sociale espressa nella raccolta Giorno dopo Giorno: assolutamente attuale e compresibile… e apro una flessione su come la raccolta stessa sembra scorgerci, ossia da come può vederci e comprenderci.
Ad oggi, in questo Aprile 2020, così lascio questo canto e questa pietà urlata nella desolazione:
Neve
Scende la sera: ancora ci lasciate
o immagini care della terra, alberi,
animali, povera gente chiusa
dentro i mantelli dei soldati, madri
dal ventre inaridito dalle lacrime.
E la neve ci illumina dai prati

come  luna. Oh, questi morti. Battete
sulla fronte, battete fino al cuore.
Che urli almeno qualcuno nel silenzio,
in questo cerchio bianco di sepolti.


L’INFANZIA, LA SICILIA E I PRIMI STUDI

Salvatore Quasimodo è il poeta di una quotidianità tormentata: il 
quotidiano viene espresso in un tempo dell’interiorità, e non è  più contornato con l’ironia pascoliana. Quasimodo nasce in Sicilia, il 20 Agosto del 1901 a Modica; nella sua infanzia attraversa sia la tragedia della Grande Guerra, che non combatté essendo nato nel 1901, sia il terremoto di Messina del 1908. Il padre Gaetano, capostazione, nel 1909 è incaricato  della riorganizzazione del traffico ferroviario della stazione di Messina a seguito del terremoto e di un successivo maremoto; in quel periodo la famiglia vive addirittura in un carro merci, situato su un binario morto della stazione. Salvatore Quasimodo consegue, nel 1919, un diploma d’indirizzo tecnico proprio a Messina. Durante il suo periodo messinese fondò nel 1917 il Nuovo Giornale Letterario, insieme al giurista Salvatore Pugliatti e al futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Sul mensile pubblica le sue prime poesie; in realtà l’unico rivenditore della rivista resta lo zio tabaccaio di La Pira.



 L’ABBANDONO DELL’ISOLA E IL “VIAGGIO” VERSO LA PRIMA RACCOLTA POETICA

La sua Sicilia resta il motore primigenio della sua poetica e anche il paesaggio che fa da sfondo e nutrimento alla sua espressione, che parte dalla constatazione di una solitudine silenziosa e profondamente intima, la quale attanaglia il poeta dal momento in cui deve lasciare la terra natia per motivi di studio e lavoro. Il poeta durante la sua vita attraversa l’Italia: frequenta Roma (vi si trasferisce nel 1919), pensando di terminare gli studi di ingegneria…  ma si barcamena tra diverse posizioni lavorative; il soggiorno fu però determinante perché in quel periodo inizia a studiare il greco e il latino sotto la guida di Monsignor Mariano Rampolla del Tindaro, pronipote omonimo del più famoso cardinale Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Papa Leone XII. A Roma collabora anche con diversi periodici. Le sue sofferenze economiche si dissipano quando è assunto dal Ministero dei lavori pubblici che lo assegna, come geometra, al Genio Civile di Reggio Calabria nel 1926. Nello stesso anno sposa, dopo una convivenza, Bice Donetti, più anziana di otto anni. Che muore nel 1946. A due anni dalla morte della moglie Quasimodo si risposa con la ballerina Maria Cumani. Da questo matrimonio nasce il figlio Alessandro Quasimodo, a sua volta poeta, attore e regista.
Dal momento che ha acquisito una posizione economica più solida, Quasimodo si immerge sempre di più nell’attività letteraria. Avviene così una svolta per la sua carriera e il suo sviluppo stilistico: viene invitato a Firenze dallo scrittore Elio Vittorini, che nel 1927 aveva sposato la sorella di Quasimodo Rosa. Vittorini lo introduce nella vita letteraria di Firenze e in questo frangente il poeta conosce, tra gli altri, Eugenio Montale e Alessandro Bonsanti. Alessandro Bonsanti in quel periodo dirigeva la rivista Solaria, proprio tra quelle pagine vengono pubblicate tre poesie di Quasimodo, che in quel periodo affina così il suo stile ermetico. Nel 1930 il poeta pubblica la sua prima raccolta: Acque e terre, proprio per le Edizioni Solaria.


IL “RITORNO ALL’ORDINE”

Ricordiamo che dopo la Prima Guerra Mondiale viene abbandonato lo slancio energico delle Avanguardie per quello che viene chiamato il “Ritorno all’ordine”: il ritmo poetico viene ricostruito, così come anche il verso. A differenza delle Avanguardie che costituivano una rottura con la tradizione, quest’ultima viene richiamata e si torna a versi come l’endecasillabo. In italia questo gusto di ritorno agli echi di Petrarca o Leopardi, è più forte: teorizzato sulla rivista La Ronda da Cardarelli, tra le riviste che lo promuovono c’è anche, appunto, Solaria.


L’ERMETISMO E LA RACCOLTA ACQUE E TERRE

L’ermetismo è la più grande corrente tra le due Guerre. Questa nuova tendenza si esprime con il culto della parola, che viene caricata di significato e isolata all’interno del verso. Non si ha più il fiume espressivo dannunziano, anche se alcuni echi di D’Annunzio possono ritrovarsi nella celebrazione della natura che Quasimodo racconta nella sua raccolta Acque e Terre. Nelle poesie di quello che viene chiamato “Il primo Quasimodo ermetico” si sentono gli echi del panismo dannunziano attraverso la presenza della natura dell’isola natia del poeta: come già detto, però, gli ermetici esprimono concetti importanti con pochissime parole, a differenza di quanto proposto dallo stile dannunziano. In Acque e Terre la Sicilia è presa come l’emblema di una malinconia che evoca una felicità perduta, e questa rievocazione del passato non fa che esaltare un’angoscia esistenziale che si evolverà verso livelli più “universali”. Questo sentimento di angoscia e ricordi circonda anche la seconda raccolta poetica di Quasimodo: Oboe Sommerso.


OBOE SOMMERSO

Quasimodo continua a girare l’Italia per motivi di lavoro: viene impiegato, nel 1931, presso il Genio Civile di Imperia; in seguito viene mandato a Genova.
A Genova conosce Camillo Sbarbato e tutti gli intellettuali intorno alla rivista Circoli. Per le edizioni della stessa rivista, Quasimodo pubblica la sua seconda raccolta: Oboe Sommerso, che raccoglie le poesie scritte tra il 1931 e il 1932. Tra questi versi si ritrova un Quasimodo che è ormai alla maturità stilistica, e che aderisce completamente ai modi ermetici. Ancora la Sicilia e una ricerca della pace interiore che si affida, qui, al divino (come nelle poesie DAMMI IL MIO GIORNO; L’ANGELO; AMEN PER LA DOMENICA IN ALBIS). Questo raccoglimento spirituale viene però rivolto anche alla Natura… sempre presente come personificazione dei moti dell’animo del poeta (ricordiamo le poesia PREGHIERA ALLA PIOGGIA).


VERSO MILANO: DALL’INTIMISMO AL CONFRONTO CON LA VITA IN “ED È SUBITO SERA” E “GIORNO DOPO GIORNO”

Quasimodo continua a viaggiare per lavoro, passa da Cagliari per poi trasferirsi a Milano, dove viene destinato alla sede del Genio Civile di Sondrio.
Nel 1938 lascia il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura. Inizia a lavorare in ambito editoriale per Cesare Zavattini. Collabora alla rivista Letteratura, vicina all’ermetismo.
In questo periodo inizia anche la traduzione dei lirici greci.
Nel 1941 è nominato professore di Letteratura Italiana presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano (vi insegnerà fino al 1968). Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1942, entra nella collana Lo specchio della Arnoldo Mondadori con la raccolta Ed è subito sera, in cui sono racchiuse anche le Nuove Poesie (scritte tra il 1939 e il 1942). Qui il ritmo poetico si fa più disteso: vi troviamo endecasillabi e versi lunghissimi. Quasimodo esce dalla propria solitudine individuale per abbracciare una visione universale della stessa. Il poeta si confronta con la vita, si sposta dal paesaggio siciliano e apre uno spazio su quello lombardo, che lo aveva accolto in quegl’anni. La poesia diventa pian piano una riflessione sulla condizione dolorosa dell’essere umano. Emblematici i versi della poesia Ed è subito sera:

Ognuno sta solo
sul cuore della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

Questi versi in realtà sono la terzina finale di una poesia della raccolta Acque e Terre: Solitudini, di diciannove versi più lunga; questo dimostra anche l’evoluzione in senso ermetico di Quasimodo. Questi versi sono adesso ciò che fa da overture alla raccolta, appunto, Ed è subito sera.
La solitudine del poeta diviene, qui, la solitudine generale dell’essere umano. Questo isolamento è dettato dall’incomunicabilità e dalla difficoltà dei rapporti interpersonali.
L’uomo è da solo mentre sta nella sua condizione illusoria che lo fa credere il centro del mondo. Ricerca il senso del mondo, il superamento della morte… e nel frattempo viene dolorosamente raggiunto da dolorosi sprazzi di luce illusoria che poi lo accompagnano fino alla fine, alla sera: alla morte.
I versi sono evocativi, isolati da spazi bianchi che esaltano la gravità delle immagini suggerite dal poeta. Le frasi sono coordinate tra loro in un silenzioso ma tumultuoso viaggio verso la constatazione della limitatezza dell’uomo. La luce benefica ma dolorosa non basta.
A differenza del dolore, poi dispiegato tra i versi di Montale, Quasimodo propone una poesia che ha un ruolo, che può fare qualcosa. Da specchio e comprensione della condizione dell’essere umano diventa poi espressione della coscienza popolare, e missione per un rinnovamento.
Quasimodo sceglie così di denunciare i mali del tempo.
La poesia, ora più comprensibile rispetto al “Primo Quasimodo”, passa alla fase del “Secondo Quasimodo” con la pubblicazione della raccolta Giorno dopo Giorno nel 1947.
L’impegno morale e civile dell’autore diviene così sempre più profondo, e richiama a una speranza possibile, nonostante le tragedie lasciate dalla Seconda Guerra Mondiale… la PIETÀ UMANA è l’unico riscatto possibile:

Sprofonderà l'odore acre dei tigli
nella notte di pioggia. Sarà vano
il tempo della gioia, la sua furia,
...quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l'indolenza,
il ricordo d'un gesto, d'una sillaba,
ma come d'un volo lento d'uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta: forse
un'ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un'acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore...

La poesia etica di Quasimodo si connota, sempre più maggiormente, di toni civili: diviene “epica”. Ciò è mantenuto e fortificato nelle raccolte successive, scritte dal 1949 al 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile.


IL PREMIO NOBEL

Dopo diversi riconoscimenti, nel 1959 Quasimodo ottiene il premio Nobel per la letteratura «per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi». L’assegnazione del Nobel al poeta non è stata scevra di polemiche, ma a questo proposito è bene ricordare le parole di Carlo Bo: «Quasimodo ha certo dato assai di più di ciò che le nostre voci non sono riuscite a riconoscere.»
Dopo aver ricevuto il Nobel, il poeta fa ritorno a Roccalumera, ultimo piccolo luogo della Sicilia ad aver accolto la famiglia Quasimodo, e consegna il premio al padre novantenne.
Salvatore Quasimodo continua i suoi viaggi in Italia e in Europa. Ottiene la laurea honoris causa dall’Università di Messina nel 1960 e, nel 1967, la laurea honoris causa dall’Università di Oxford.
Nel 1966 pubblica la sua ultima opera: Dare e Avere.


LA MORTE E LA SEPOLTURA
 
Nel giugno del 1968, mentre si trova per un premio letterario ad Amalfi, il poeta viene colpito da un ictus. Muore durante la corsa verso l’ospedale di Napoli.
Il corpo di Quasimodo viene tumulato nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, dove riposano anche le spoglie del grande Alessandro Manzoni.


INFORMAZIONI DI CONTORNO, MA NON TROPPO
Salvatore Quasimodo è stato anche un importante traduttore, occupandosi dei lirici greci, ma non solo: si dedica anche alle opere di Molière e Shakespeare. Di quest’ultimo molti lettori appassionati hanno in casa un volume tradotto dal poeta siciliano.
Quasimodo riesce a far parte anche della Massoneria. Nel 1922 viene iniziato presso la Loggia “Arnaldo da Brescia” di Licata.
 

martedì 31 marzo 2020

IL SOGNO DI ECATE di Carlotta Torielli. IRONIA E INCUBI "CONDOMINIALI"


IL SOGNO DI ECATE 

di Carlotta Torielli


Ph. Francesca Lucidi

Il sogno di Ecate è un racconto di Carlotta Torielli, scrittrice indipendente dalla mente vivace e fantasiosa. Carlotta possiede una padronanza del linguaggio che gli permette di rendere credibili descrizioni tutt’altro che pesanti… ma assolutamente assurde. L’assurdo è il contorno della vicenda raccontata in questa piccola storia… che però non è una ma “trina”. Come ci dice l’autrice nel prologo, Ecate è una divinità che ha come peculiarità la triplice simbologia legata al suo essere fanciulla, donna e megera. Ecate è “Trigemina”, ed è una divinità legata agli Inferi: ha la funzione di “psicopompa”; ossia fa da tramite tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, i quali vengono traghettati da questa entità femminea e legata a tradizioni oscure e acestrali.
 Di recente Ecate è stata riabilitata grazie alla stregoneria moderna che la identifica come una “madre” e una potente protettrice. Ecate è anche legata alla luna… alla fase calante del pallido satellite che sembra influenzare umori e amori.
 Carlotta ci presenta Ecate attraverso il racconto della sua realtà: sovrannaturale, ma che non sembra poi così lontana dalla quotidianità di una qualsiasi donna che lotta, fermamente, per qualcosa… anche se Ecate lotta dalla parte dei “cattivi”. La Dea è una donna, un membro di una relazione amorosa… e una guerriera. La vita sentimentale di Ecate sembra però non andare per il verso giusto, ma come ci dice l’autrice “non c’è mai nulla definitivo”. La nostra divinità ci appare però così umana anche grazie al motore della vicenda raccontata da Carlotta che all’inizio sembra essere un’altra Ecate infatti è stanca… così stanca da addormentarsi, ferita all’addome, all’ombra di un platano di un giardino condominiale, in un angolo di mondo dove la Guerra ancora non è arrivata. L’Apocallisse è giunta sulla Terra, ma ancora è lontana da quel condominio dove il Diavolo assume i volti e i gesti di persone qualunque.
La storia è divisa in tre microstorie che presentano diversi personaggi, che poi s’incontreranno tra loro, e intrecceranno le loro esistenze assurde ma tragicamente semplici nel loro desolante cinico egoismo.
La parte curiosa è che Ecate durante il suo sonno sogna: i personaggi dei tre intrecci (anche se la storia è una… ricordiamolo) sono gli spettri terrificanti delle sue visioni oniriche… cosa assai buffa se si pensa che Ecate è una soldatessa al servizio di Lucifero, e che qui si troverà a combattere un agitato sonno infestato, ad esempio, da due innocenti bambinette che adorano agghindare una testa umana mozzata.
Le bambine sono le prime protagoniste che si mostrano al lettore:  sono delle semplici creaturine di sette e cinque anni: Katy e Julie. Le due bimbe trovano una testa mozzata… in realtà non è che la trovano: l’orrendo reperto gli cade letteralmente dall’alto. Da dove viene quella testa? Chi l’ha tagliata? Alle bimbe in realtà importa solo custodire quel tesoro che rompe la loro quotidianità fatta di solitudine. Lasciate tutto il giorno presso Zia Leandra, un’anziana assolutamente poco conciliante con il modo di fare e le esigenge dei bambini, Katy e Julie fanno sì che quella testa congelata riesca a sostituire, in modo orribilmente funzionale,  compagni di giochi che scarseggiano (anche perché le piccole hanno un bel  caratterino, soprattutto Katy che ha un cinismo glaciale, e una predisposizione per le cose morte e disgustose), e i genitori sempre fuori per lavoro.
Katy e Julie avranno a che fare con un molestatore inquietante e al contempo goffo: George.
Il molestatore in realtà è un gay civettuolo che condivide il suo appartamento con Cat.
Cat è il motore della seconda parte: ed è una DONNA. La simbologia del femminile così evolve… come anche l’incarnazione della Dea Ecate.

Ecate sognerà teste mozzate, precipizi e canarini morti: i canarini della Signora Ecate H., detta Cate.
In tutto ciò la Guerra imperversa. Al mattino i genitori di Katy e Julie ascoltano alla radio di sanguinose battaglie ed armi chimiche… ma tutto sembra lontano… tutti si ritrovano nei loro piccoli egoismi perpetrando atrocità che saranno degne dell’incubo di una creatura infernale.
Il finale sembra chiaro… ma dopotutto “MAI NIENTE È DEFINITIVO”.



Il sogno di Ecate è disponibile su Amazon in versione E-book e in formato cartaceo.

Buona Lettura! Ma non distraetevi troppo: qualcosa di strano, magari anche “stranamente confortante”, potrebbe cadere dall’alto da un momento all’altro.

mercoledì 5 febbraio 2020

INTELLIGENZA E LIBRI CONTRO BULLISMO E SOPRUSI: La storia di MATILDE

IL ROMANZO MATILDE DI ROALD DAHL 

“I padri e le madri sono tipi strani: anche se il figlio è il più orribile moccioso che si possa immaginare, sono convinti che si tratti di un bambino stupendo.”

Roald Dahl non usa edulcorare i concetti, come i bambini dice sempre ciò che pensa, nel modo più colorito e brusco che si possa pensare. Egli scandaglia gli animi in modo magistrale: non presenta un mondo fatato e pervaso di purezza, Dahl parla dell’umanità… quella “grande” e quella “piccola”. Tutte le persone hanno presunzioni, possono essere cattive… possono essere terribilmente ordinarie e grette. Ciò che non è ordinario è il Mondo Dahl: scenari quotidiani vengono trasformati in sogni mostruosi, in contesti oppressivi o meravigliosamente colorati e assurdi. Sembra che i bambini siano il bersaglio del mirino creativo dello scrittore… in realtà lo sono ma non da soli… il motore dell’azione a mio parere sono gli adulti. I “grandi” sono la forza distruttiva dalla quale i “piccoli” devono, a volte, difendersi. I bambini imparano dai genitori, dagli educatori, e dagli adulti in generale una serie di informazioni disfunzionali su loro stessi e sulla realtà circostante. Ciò accade nella vita reale, ciò viene raccontato su milioni di lettini di milioni di psicanalisti. Leggere Dahl è una terapia molto più breve, e a volte credo anche efficace. I bambini possono riscattarsi, i bambini sono così potenti da provocare la morte o i tormenti di chi lo merita, siano essi genitori… o ad esempio streghe.  

 Ph. Francesca Lucidi
Edizione in foto: Editrice Salani 2019
Edizione letta e utilizzata in questo post: Editrice Salani 2019

MATILDE

Il romanzo Matilde fu pubblicato nel 1988: è la storia di una bambina prodigiosa, totalmente ignorata dai suoi ridicoli e disgustosi genitori (molto in Dahl è disgustoso, e questo feticcio non può non essere considerato come un tratto meravigliosamente infantile). La piccola Matilde è un genio, a diciotto mesi parla meglio di molti adulti e a tre anni ha già imparato a leggere da sola… purtroppo per lei in casa c’è solo un libro di cucina impolverato che legge e rilegge, e delle vecchie riviste (che probabilmente non aveva letto nessuno in precedenza).

 Ph. Francesca Lucidi
 Matilde ha due genitori: Il Signor Dalverme, un ometto secco che si muove velocemente nei suoi completi sgargianti… sfoggiando capelli nerissimi e curatissimi che svettano su una testa vuota da imbroglione (sì lui vende auto usate che sono, ovviamente, delle truffe), e su baffetti che fanno da accento a una “faccia da topo”; Matilde ha anche una madre… la Signora Dalverme, una donna grassa e troppo truccata, convinta  (a torto) del suo bell’aspetto e totalmente ignorante. Pensare che Matilde possa essere nata da questi due individui scortesi e superficiali fa assai impressione, contando anche il fatto che Matilde ha un fratello, Michele, che non ha assolutamente le qualità della sorella, e forse per questo non viene maltrattato così crudelmente come la piccola… probabilmente Michele non è per i Dalverme un paragone così doloroso per la loro scarsa qualità da esseri umani, come lo è Matilde.

Matilde dopo la risposta ovviamente scortese datagli dai genitori alla richiesta di avere un libro, come sempre fa da sola: inizia ad andare in biblioteca (appunto da sola), tutti i giorni, ed ha solo quattro anni. La Signora Felpa, la bibliotecaria, è stupita e intenerita da quella piccola figura che in pochissimo tempo legge tutti i libri per bambini… e arriva ben presto a leggere una lista di classici che pochi in vita possono dire di aver letto. La bibliotecaria come primo libro “da grandi” porge a Matilde Grandi Speranze di Charles Dickens; la piccola adora Dickens, e non si può certo dire che sia un caso. In questa storia, come in altre di Dahl, non si possono non riscontrare delle similitudini con Dickens: i bambini oppressi; gli adulti sciocchi, violenti o incapaci di provvedere ai propri figli… il riscatto dei bambini… e l’aiuto di qualche fenomeno soprannaturale e di qualche personaggio dal cuore d’oro per rimettere le cose a posto, anzi per far volgere la storia e la vita dei protagonisti a un livello di redenzione.

Matilde viene mandata a scuola un anno in ritardo (i genitori si erano dimenticati di iscriverla); una volta arrivata in classe la Signorina Dolcemiele, la maestra, viene subito a conoscenza, per caso, delle straordinarie doti di Matilde… tra le due nasce un rapporto speciale, e i compagni di Matilde non sembrano infastiditi da una coetanea così “avanti” nelle capacità. Matilde è tremendamente umile e tutto sembra essere un perfetto quadretto… ma il dramma non erano i Dalverme… il vero dramma è la direttrice della scuola, la Signorina Spezzindue: una donna violenta che odia i bambini, e ben più pericolosa dei genitori di Matilde. La Spezzindue ha anche a che fare con la malinconia che pervade l’esile figura della Signorina Dolcemiele… i motivi si scopriranno grazie alla perspicacia di Matilde e al suo speciale rapporto con la maestra. È proprio in classe che Matilde inizierà a manifestare dei poteri, oserei dire pericolosi… ma questi poteri saranno la chiave per la risoluzione dei drammi umani di questa storia. Ciò che fa la differenza è sempre il cuore delle persone, che scelgono se perpetrare il bene o il male. Matilde prima della manifestazione dei suoi poteri aveva già iniziato a vendicarsi dei suoi genitori… con piccoli scherzi innocenti… Matilde è convinta che chi è cattivo la debba pagare. In realtà i suoi scherzi sono solo il preludio a ciò che l’intelligenza della piccola può escogitare e poi far scaturire dalla sua mente eccelsa così vessata da un molto scialbo, materialista e crudele.

Tranquilli… non morirà nessuno, se non ricordo male. O forse qualcuno è morto, in passato, in circostanze fin troppo misteriose. Ora non potete far altro che aprire questo libro… Roald Dahl è uno slogan vivente alla lettura, come la sua piccola Matilde.

Poi vi svelerò qualche aneddoto gustoso su questo autore… ma nell’altra sezione del Blog, e non ora.


L’ILLUSTRATORE QUENTIN BLAKE

Mi preme citare l’illustratore che ha contribuito, in un modo assai speciale, alla fortuna delle storie di Dahl: Quentin Blake.

Ph. Francesca Lucidi 
Immagine dalla bandella posteriore della sovraccoperta dell'edizione Salani
Quentin, insuperabile illustratore, scrittore e disegnatore britannico, nasce nel 1932. Inizia la carriera da disegnatore a soli 16 anni per il giornale Punch. Si laurea in letteratura inglese al Downing College dell’Università di Cambrigde nel 1956, per conseguire poi un Master all’Insitute of Education. Famoso per aver illustrato i libri di Roald Dahl, ha illustrato in realtà più di trecento libri, anche i suoi. Nel 2002 vince il Premio Hans Christian Andersen per il suo contributo alla letteratura per l’infanzia. Nel 2005 viene nominato Commendatore dell’Impero Britannico per i servizi alla letteratura per l’Infanzia. Ancora attivissimo nonostante l’età… potete scoprire il suo modo di lavorare e persino fare un giro nel suo studio… basta andare sul sito dell’illustratore al link https://www.quentinblake.com/.

Per i trent’anni di Matilde disegna una copertina che ritrae la bimba divenuta ormai donna e direttrice della British Library. È davvero emozionate vedere la nostra piccola eroina felice tra i suoi amati libri… e ormai in un posto dove possa riconoscersi ed essere “riconosciuta”.



LA LISTA DEI LIBRI LETTI DA MATILDE IN BIBLIOTECA

 A soli quattro anni (e tre mesi), Matilde legge la seguente lista di libri per adulti; potete divertivi a confrontare le vostre letture passate o in corso… e magari giocare con lei in una gara di lettura che come vincita ha il nutrimento del vostro cuore e della vostra anima.



Il FILM

Dal libro Matilde di Roald Dahl è stato tratto il film Matilda sei Mitica! del 1996.

Con la regia di Denny DeVito e l’interpretazione di Matilde da parte della giovane attrice Mara Elizabeth Wilson, già nota negli anni novanta per il suo ruolo nel film Mrs. Doubtfire (1993), la storia di Dahl assume dei connotati meravigliosi. Con DeVito nei panni di Harry Wormwood (il Singnor Dalverme)… tutto diviene una parabola coloratissima e rumorosa. Nel film le fisionomie dei genitori di Matilde rispetto al libro vengono invertite, e grazie agli attori la scelta diviene credibile ed efficace. I colori… beh parlando di colori sono proprio questi ultimi a connotare ambienti e personaggi. Dagli accecanti toni dei vestiti e dell’arredamento riferibile alla famiglia Wormwood, ai colori pastello che circondano la dolce Matilda, fino agli orribili grigi e marroni che connotano la Signorina Trinciabue (trasposizione della Signorina Spezzindue), e la sua inquietante scuola. Tutto diviene grigio intorno ai cuori aridi… ma tutto viene illuminato dai disegni dei bimbi, così protetti e nascosti dalla Signorina Honey (trasposizione della Signorina Dolcemiele), alla vista della terribile preside. I poteri di Matilda divengono assai più inquietanti nella narrazione cinematografica: tutto è movimentato e molto più spaventoso rispetto al libro, anche perché rispetto a una narrazione scritta che debba assecondare la capacità di lettura di un bambino, e una certa brevità auspicabile per il suddetto motivo, il film si prolunga nell’esaltazione della straordinaria potenza della mente di Matilde. Alcuni tempi sono dilatati; in un primo momento la bimba non riesce neanche a mostrare alla Signorina Honey i suoi poteri, e anche i Wormwood sono magistralmente presentati attraverso i loro gesti quotidiani che vanno dall’ossessività per il cibo, per la cura dell’aspetto (con pessimi risultati)… fino alla loro Tv-dipendenza. Anche gli agenti che sorvegliano le attività illecite del Signor Wormwood sono personaggi assai esilaranti. Tutto è fiaba, con accenti gotici (grazie al maniero occupato illecitamente dalla Signorina Trinciabue), e con richiami a un certo cinema “anni novanta” pieno di eccessi ed esilaranti questioni assurde e misteriose: pensiamo alla scia delle storie di fantasmi; ai travestimenti e agli equivoci di decine di film che riscuotono ancora oggi molto successo… per non parlare dei protagonisti “bambini” che rivestirono un ruolo primario.  Ricordiamo a tale proposito il film Mamma ho perso  l’aereo, Mrs. Doubtfire (appunto); i numerosi film interpretati dalle Gemelle Olsen o dallo stesso Macaulay Culkin. Da non dimenticare gli importanti precursori del genere fantastico per l’infanzia, che però ancora oggi ossessionano noi adulti: i protagonisti del film I Goonies del 1985. Molti altri si potrebbero citare… per ora v’invito a unire l’esperienza letteraria “Matilde” con la visione del film, non resterete delusi!